Spero di fare cosa gradita a tutti mostrando la foto di un fiasco sahariano utilizzato su un autocarro di una Compagnia Autosahariana nel 1935-36, proveniente dalla collezione di Gabriele Zorzetto. Come potete notare c'è un apposito supporto 'di circostanza' per trasportarlo, correttamente esposto all'aria per favorire l'evaporazione dell'acqua sulla tela e mantenere fresco il contenuto.

Una descrizione dell'epoca è presente qui, a pag.64:

Fra le tante raccomandazioni vi fu quella di porre attenzione all'uso dell'acqua in dotazione per dissetarsi; ciascuno di noi aveva in dotazione un fiasco sahariano di due litri (era un normale fiasco ricoperto di tela di sacco bagnata da tenere esposto alle correnti onde avere acqua piuttosto fresca); in aggiunta sul camion c'era un bidone di riserva.

ma era di normale vetro?

e' un principio che usavano anche i contadini per avere acqua fresca nei campi, e funziona benissimo, avvolgendo un fiasco in un tessuto molto traspirante (usavano le balle di canapa) impregnato di acqua , posto all'ombra, per effetto dell'evaporazione dovuto a minime correnti d'aria il contenuto del fiasco si raffredda; ed ecco che il buon vecchio "cunta" aveva il vinellino fresco anche d'agosto.... ne seccavano un fiasco a testa a fine giornata nei campi (mezzo vino e mezzo acqua)..... i contadini erano solo poveri, non grulli.... contadino: scarpe grosse e cervello fino!!!

saluts.

vabbè, la borraccia coperta di stoffa la conosco bene: ma sarei curioso di conoscere il materiale: il vetro dei fiaschi è piuttosto sottile, infatti venivano impagliati...oltre tutto uno da due litri è anche bello pesante...un colpetto e addio acqua...

A quanto si vede nella foto e si legge in quel testo si trattava di normali fiaschi che, immagino, venivano prima "spagliati" e poi fasciati. Il collo esposto nella foto sopra non sembra di vetro particolarmente sottile. Peraltro i fiaschi che mi è capitato di vedere negli anni erano tutti più spessi delle normali bottiglie, a occhio e croce...

Immagino anche che la fasciatura di tessuto, oltre a tenere fresco il contenuto, contribuisse ad ammortizzare eventuali urti.

Qui un altro fiasco a fianco ad uno "normale".

Un altro riferimento trovato dall'amico Gabriele Zorzetto, relativo ad un Ufficiale del IX Battaglione Libico in AOI: "chiamavamo fiasco sahariano il recipiente rivestito di tela iuta tratta da qualche involucro" (Patanè Pietro L., Dal tempo di faccetta nera alla bandiera nera di Ponte Perati, Istituto Grafico Editoriale Italiano, Napoli 2001, p. 49).

Qualcuno può citare l'occasione (e magari il testo) nel quale Almásy parlò del fiasco sahariano?

Rapporto del Comando della Zona Militare di Cufra - Ufficio Presidio

Cufra, li 23 aprile 1933 XI° - N° 23 Riservatissimo

A pag. 11:

(...)
"Sono rimasti meravigliati che possedevamo un frigorifero a Cufra. Ho loro donato dei fiaschi sahariani refrigeranti e dei nostri turbanti dei quali avevano molto ammirato la praticità.
Il De Almasy ingenuamente mi ha fatto capire che era meravigliato della nostra organizzazione per il deserto sia nelle grandi che nelle piccole cose e che effettivamente ci credeva più indietro."
(...)

Il Capitano Comandante Inter. della Zona
(Cesare Fabbri)

P.S.: In effetti rileggendo il passo non è chiaro se Almasy si complimentava per la praticità dei turbanti o dei fiaschi sahariani e dei turbanti...

...magari meno prosaicamente.....si complimentava per il "contenuto" dei fiaschi....

Certo, da Cufra portò 12 fiaschi di Chianti con cui costituì il celeberrimo "Chianti Camp". Senza il loro aiuto non avrebbero mai scoperto la loro Zerzura...