Riallacciandomi al post di Cattone del 05/03,
Caro “Don Cattone”,
le tue considerazioni sono (nel senso generale) sacrosante e non si può che apprezzare il buon senso e la saggezza delle tue parole.
Ti assicuro che le stesse tue considerazioni io le faccio quasi ogni giorno, parlando a me stesso, e cerco di convincermi della fortuna che ho per tutto quello che questa nostra “civiltà” ci offre.
Se c'è una cosa l'Africa che c'insegna, con tutte le sue miserie e con tutte le sue “assenze”, è proprio ad apprezzare le cose che hai, le tue “ricchezze” e le tue sicurezze quotidiane. Quando torno da ogni viaggio, per es., mi sento in colpa tutte le volte che faccio una doccia un po' più lunga o che tiro lo sciacquone del water dopo aver fatto la pipì, pensando a tutta l'acqua che va “sprecata” e al bisogno che n'avrebbero laggiù…
Però queste considerazioni razionali, spesso, contrastano con quella sensazione forte di aver lasciato laggiù qualcosa d'importantissimo, di prezioso che qua non hai… Una sensazione di perdita, di voglia di tornar giù per rivivere o per cercare quel qualcosa che nessuno di noi ben sa cosa sia…
Perché proviamo queste sensazioni, quest'indefinibile senso di perdita, questo mal d'Africa…?
Qualcuno lo sa ?
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A me l'unica spiegazione possibile che m'è venuta in mente è che :
- L'uomo, come specie, si è evoluto nel corso di milioni di anni sempre lottando disperatamente per la sua sopravvivenza contro una natura difficile e spesso ostile, ha dovuto competere con predatori, freddo, le intemperie, le carestie, la crudeltà dei suoi simili, ecc… Comunque sempre competere e lottare per sopravvivere. E questo fino a pochi decenni fa…! (Mio padre mi raccontava della sua infanzia nell'immediato dopoguerra, trascorsa sempre nella miseria più nera e nella quotidiana lotta per la sopravvivenza: rubare un po' di frutta al contadino o riuscire a portare a casa due o tre uova era una grandissima conquista ed immensa gioia. Era la salvezza dalla fame. E questo solo 55 anni fa.)
Nel giro d' una sola generazione siamo passati dalla miseria al benessere, dalla fame all'obesità, ma il nostro subconscio è sempre quello che si è formato attraverso le centinaia di migliaia di anni di evoluzione: è il subconscio dell'animale che deve lottare per sopravvivere. Per il quale è normale dover lottare per sopravvivere. Non dovendo lottare più… qualcosa viene a mancare… forse qualcosa di importante…forse è quel qualcosa che, sotto sotto, ci manca, che ricerchiamo nella bellezza primitiva ed atavica del Sahara, nelle difficoltà del viaggio, nei rituali dell'accampamento serale attorno al fuoco, in quel senso di libertà assoluta che ci regala l'Africa. Forse quando siamo laggiù torniamo ad essere quello che realmente siamo, quello che l'Evoluzione ha creato con tanta pazienza e tanta perfezione nel corso di milioni di anni.
Quello che eravamo fin a poco tempo fa ed adesso non siamo più…
Sarà meglio…peggio… Difficile rimpiangere quei tempi passati, la miseria, le privazioni, il freddo, le malattie, le violenze, ecc… ecc… Lamentarsi della nostra vita moderna è un po' da ipocriti… ma forse non è nemmeno ipocrisia, è solo la reminiscenza di quello che non siamo più ma che, però, fa sempre parte del nostro bagaglio culturale inconscio. E che non possiamo “cestinare” dopo solamente una generazione di sviluppo e modernità.
Perciò, anche se il nostro lato razionale e obbiettivo sa ben apprezzare le cose che abbiamo, il nostro modello di vita, le nostre comodità (infatti, poi, nessuno abbandona questo tipo di vita per andare a fare il Tuareg nel Sahara) …il lato inconscio-atavico continuerà a “rimpiangere” le lotte per la sopravvivenza dei tempi andati…
E, forse, è proprio questo “rimpianto” che genera quel senso di vuoto, di perdita di cui si diceva...
… Ma chissà se poi sarà davvero questo…
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….Eheee…. a non averci da fare un c***o in ufficio…
(…Si, perché il messaggio lo stavo inserendo sabato alle 13, quando ho avuto problemi alla connessione… )
[ 08 Marzo 2004: Messaggio editato da: Senio-S ]