Già, il mal d'Africa... che stia forse diventando una cosa "dovuta", quasi compresa nel prezzo?
Mi auguro di no.
Mi auguro che questo male, che può colpire anche al di fuori del continente nero, ed allora si chiamerá “mal d'India” o chessó io, (certo in Africa è + facile per via del legame ancestrale e per la facilità nel "sentirsi a casa") sia il frutto di un percorso che piano piano faccia cadere i molti tabù oramai radicati nella nostra vita quotidiana...
Perdersi, ritrovarsi, tentare di capire e confrontarsi... queste sono alcuni degli atteggiamenti che, se affrontati con la mente aperta (un po' come il buon segugio apre le narici in cerca della preda), permettono l'infezione.
Esistono secondo me diverse fasi che passano, è ovvio, anche dal viaggio in gruppone e non è un male in se... anzi, molti di noi é di li che sono partiti.
Ma se si fiuta bene, prima o poi, ci si ritrova con altre idee in testa e, molto differenti da quelle di partenza.
Mi sono fatto l'opinione oramai che l'andare in moto, in auto, a piedi… sono solo dei passaggi obbligati verso il semplice “andare”.
Il deserto diventa il luogo, il mezzo il modus operandi, ma “andare” è altra cosa ancora, perché non implica nella scelta il dove e soprattutto il come.
E' a questo punto che scatta il male! Scatta perché si sente di dover cercare/dare altro… vuoi il contatto con le genti (positivo o meno che sia), vuoi il vuoto assoluto, vuoi ancora il battito del proprio cuore che impazza durante uno scavalcamento di dune…
Perché negarlo? Tutti speriamo di esserne contagiati ma, come laggiù non esiste il tempo, anche per questo tipo di cose non c'è una scadenza… e allora bisogna pazientare e arrendersi, si arrendersi alle emozioni, solo cosí il contagio sarà completato.
Io non so se ne sono affetto ma, rubando una definizione a Robo…, è da un po' che non sono “quasi mai” tornato… qui'!
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Gianluigi
H.Galletto "Rommel"
Honda AT750 "Ramla"