Beccatevi sta interessante teoria...
E' un po' lunghetta... ma fa riflettere.
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Dal 7 all'11 aprile 2003 a Vienna si terrà il 4°
Meeting dell'OPEC.
Prima d'allora è necessario che tutti i pozzi
petroliferi iracheni siano controllati!
Che succederebbe se l'OPEC passasse all'Euro?
di Paul Harris, da Soberania.info
- Traduzione di Tito Pulcinelli
tratto da
http://www.informationguerrilla.org L'idea ossessiva di Bush su Bagdad si basa su molte
ragioni. In altri articoli che ho scritto per
YellowTimes.org, feci allusione non tanto alle ovvietà
delle ragioni addotte contro l'Iraq, bensì alla guerra
di Bush contro l'Europa. Io credo che questa sia la
ragione principale della fissazione con l'Iraq.
Quando un paese va in guerra, si preparano piani su
chi sarà vittorioso e su chi perderà; nessuno scatena
una guerra sperando di essere sconfitto, però non
sempre l'obiettivo manifesto dell'aggressione é
l'obiettivo vero della guerra. A volte non si tratta
di quel che speri di ottenere con la guerra, bensì di
quello che gli altri perderanno; e non deve per forza
essere un tuo nemico dichiarato quello che ti aspetti
che soffrirà le conseguenze maggiori della guerra.
In questo caso, Bush spera che la vittima sia
l'economia europea, che é robusta e probabilmente sarà
ancor più forte in un futuro vicino. L'ingresso della
Gran Bretagna nell'Unione Europea é inevitabile; la
Scandinavia lo fará in tempi ravvicinati. A maggio del
2004, entreranno dieci nuovi paesi e questo fará
aumentare il PIL dell'UE a circa 9,6 trilioni di
dollari e 280 milioni di persone, di fronte ai 10,5
trilioni di dollari e 280 milioni di persone degli
USA. Questo, per i nord-americani, é un formidabile
blocco concorrente; ma la situazione é molto più
complessa di quel che indicano queste cifre. E molto
dipende dalla piega che prenderanno gli avvenimenti in
Iraq.
Come tanti altri, ho scritto che questa guerra che é
alle porte si combatterà per il petrolio. Sicuramente
vi sono altre ragioni, però il petrolio é la causa
scatenante. Ma non per le ragioni che comunemente si
adducono.
Non é per le enormi riserve ancora vergini che si
ritiene esistano in Iraq, che non sarebbero state
sfruttate a causa delle sue antiquate tecnologie; non
é per le brame del governo USA di mettere le zanne su
questo petrolio. E' piuttosto per le zanne che i
nord-americani vogliono mantenere lontano da lì.
La causa di tutto questo non é l'11 di settembre, né
l'improvvisa illuminazione che Saddam continuava ad
essere un tipo ripugnante, né il cambio di governo
negli Stati Uniti. Quel che ha accelerato le cose é
stata la decisione presa dall'Iraq il 6 di novembre
del 2000: sostituire il dollaro con l'euro nel suo
commercio petrolifero. Allora, questo cambio sembrò
uno stupido capriccio, perché l'Iraq stava perdendo
una gran quantità di utili a causa di una
dichiarazione politica di principio.
Però prese questa decisione, e il deprezzamento
continuo del dollaro nei confronti dell'euro, sta a
significare che l'Iraq fece un buon affare cambiando
riserve monetarie e divise per il commercio del
proprio petrolio. Da quel momento, l'euro si é
rivalutato del 17% sul dollaro, cosa che si deve
applicare pure ai 10 bilioni di dollari del fondo di
riserva dell'ONU "petrolio per cibo".
Sorge una domanda che, probabilmente, si é posto anche
Bush: che succederebbe se l'OPEC passasse all'euro?
Alla fine della seconda guerra mondiale, nella
conferenza di Bretton Woods venne firmato un accordo
che fissava il valore dell'oro a 35 dollari l'oncia e
con questo divenne lo standard internazionale con il
quale si misuravano le monete. Però nel 1971, Nixon
cancellò tutto questo, e il dollaro divenne lo
strumento monetario principale, e solo gli USA possono
produrlo. Il dollaro oggi é una moneta priva di
copertura, sopravalutato, nonostante il record del
deficit di bilancio e lo status di paese più
indebitato del mondo. Il 4 di aprile del 2002, il
debito era di 6021 trilioni di dollari a fronte di un
PIL di 9 trilioni di dollari.
Il commercio internazionale é diventato un meccanismo
grazie al quale gli USA producono dollari e il resto
del mondo produce quel che i dollari possono comprare.
Le nazioni non commerciano più per ottenere "vantaggi
comparativi", ma solo per ramazzare dollari da
destinare al pagamento del debito estero, che é
fissato in dollari. E per accumulare dollari nelle
riserve monetarie con la finalità di preservare il
valore delle monete nazionali. Le banche centrali
delle nazioni, per prevenire attacchi speculativi alle
proprie monete, sono costrette a comprare o trattenere
dollari, in una misura equivalente all'ammontare del
proprio circolante.
Tutto ciò crea il meccanismo del dollaro forte che, a
sua volta, obbliga le banche centrali ad immagazzinare
dollari, cosa che rende ancor più forte il dollaro.
Questo fenomeno é conosciuto come "egemonia del
dollaro" e fa sì che le merci strategiche -soprattutto
il petrolio- siano quotate in dollari. Tutti accettano
i dollari perché con essi si può comprare il petrolio.
Dal 1945, la forza del dollaro consiste nell'essere la
divisa internazionale per gli interscambi petroliferi
globali (petro-dollari). Gli USA stampano centinaia di
migliaia di miliardi di dollari senza nessun tipo di
copertura: "petro-dollari" che sono usati dalle
nazioni per pagare la fattura degli energetici agli
esportatori dell'OPEC. Ad eccezione dell'Iraq e,
parzialmente, del Venezuela.
Questi petro-dollari sono poi riciclati nuovamente
dall'OPEC negli USA, sotto forma di lettere del tesoro
o altri titoli con denominazione in dollari: azioni,
beni immobiliari ecc. Il riciclaggio dei petro-dollari
rappresenta il beneficio che, dal 1973, gli USA
ricevono dai paesi produttori di petrolio per
"tollerare" l'esistenza dell'OPEC.
Le riserve di dollari debbono essere investite nel
mercato nord-americano, cosa che, a sua volta, produce
utili per l'economia USA. L'anno scorso, nonostante un
mercato in netto ribasso, l'ammontare delle riserve
USA é cresciuto del 25%.
L'eccedente nei conti dei capitali finanzia il deficit
commerciale. Dato che gli USA creano "petro-dollari",
loro controllano il flusso del petrolio. Siccome il
petrolio si paga in dollari e questa é l'unica moneta
accettata in questi scambi, si arriva alla conclusione
che gli USA possiedono il petrolio del mondo gratis.
Di nuovo: che succederebbe se l'OPEC decidesse di
seguire l'esempio dell'Iraq e cominciasse a vendere il
petrolio in euro? Una esplosione economica. Le nazioni
importatrici di petrolio dovrebbe mettere in uscita i
dollari dalle rispettive riserve delle banche
centrali, e rimpiazzarli con gli euro. Il valore del
dollaro precipiterebbe, e le conseguenze sarebbero
quelle di un qualsiasi collasso di una moneta:
inflazione alle stelle (vedi Argentina), i fondi
stranieri in fuga dal mercato dei valori
nord-americano e ritiro dei fondi dalle banche come
nel 1930 ecc.
Tutto questo non avverrebbe solo negli USA. Il
Giappone ne uscirebbe severamente castigato, data la
sua totale dipendenza dal petrolio straniero e
l'incredibile sudditanza al dollaro. Se crollasse
l'economia giapponese, crollerebbero quelle di molti
paesi – non escluso gli USA - in un effetto domino.
Questi sarebbero gli effetti potenziali di un
"improvviso" passaggio all'euro. Un cambio più
graduale sarebbe più gestibile, ma altererebbe
ugualmente l'equilibrio finanziario e politico del
mondo. Vista la vastità del mercato europeo, la sua
popolazione e la sua necessità di petrolio (ne importa
più degli USA), l'euro potrebbe rapidamente diventare
- di fatto - la moneta standard per il mondo.
Esistono buone ragioni perché l'OPEC - come gruppo -
segua l'esempio dell'Iraq e adotti l'euro. Non vi é
dubbio (dopo tanti anni di umiliazioni subite dagli
USA) che potrebbero approfittare delle circostanze per
emettere una dichiarazione politica di principi. Ma
esistono anche solide ragioni economiche. Il poderoso
dollaro ha regnato incontrastato dal 1945 e negli
ultimi anni ha guadagnato ancor più terreno con il
dominio economico USA. Alla fine degli anni "90, più
dei quattro quinti delle transazioni monetarie e la
metà delle esportazioni mondiali, sono avvenute in
dollari. L'obiettivo della guerra di Bush contro
l'Iraq, naturalmente, é assicurarsi il controllo di
quei giacimenti e porli sotto il segno del dollaro;
successivamente passerà ad incrementare
esponenzialmente la produzione e forzare i prezzi al
ribasso. Alla fin fine, l'obiettivo di Bush é
scongiurare con minacce di ricorrere alle vie di
fatto, che qualsiasi paese produttore passi all'euro.
A lungo termine, il vero obiettivo non é Saddam, é
l'euro e l'Europa. Gli USA non se ne staranno con le
mani in mano ad assistere allo spettacolo di questi
"ultimi arrivati" degli europei che tengono in pugno
le redini del loro destino. E meno che mai, che
assumano il controllo della finanza internazionale.
Naturalmente, tutto dipende dal folle piano di Bush e,
soprattutto, che non scateni la terza guerra mondiale.
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"The Truth is out there - I Want to believe".
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Ciaociaociao