Mi trovo totalmente in accordo con Peter.
Ceratamente l'idea portante di un viaggio in sahara è, per me, l'assoluta consapevolezza di essere ospite di quei luoghi e , soprattutto, di quelle persone che ci vivono, a volte anzi sopravvivono. Nonostante il relativamente breve tempo che la mia necessità a sfamarmi e mantenermi in questo nostro occidente dominato dalle malefiche lancette degli orologi mi lascia a disposizione per essere fisicamente in Nord Africa, penso di fare di ogni minuto della mia quotidianità un prolungamento, un'estensione del viaggio stesso, tanto da ritrovarmi, spiritualmente, perennemente immerso in quelle latitudini.
Vuoi scrivendo e scambiando pareri, vuoi documentandomi per future traversate in progetto, vuoi ancora curiosando nelle biblioteche più remote sui costumi, la storia, l'etnologia in genere, la morfologia del territorio di quelle zone che il mare divide da me per lunghi periodi dell'anno.
Proprio per questo il mio "male d'africa" è la costrizione a volte violenta che il mio per forza di cose dover sopravvivere (leggasi affitti, bollette e quant'altro...)mi impone facendomi essere, mio malgrado, lontano da quella sabbia che sicuramente è parte della mia anima da molti anni.
E se il "viaggio" è già tale nel momento in cui mi siedo ad un tavolo con una mappa russa di fronte al naso ( nasone), o nel momento in cui con mille ripensamenti e rifacimenti studio, provo e riprovo lo stivaggio di scorte viveri ecc nella pancia della mia Camilla 4x4, nello stesso tempo mi manca il contatto con la gente che di quei luoghi polverosi e silenziosi rappresenta il colore e l'essenza. Ilmio viaggiare quasi sempre da solo con la mia auto e la mia compagna, libero dall'inconsapevole muro creato sempre e comunque da un Gruppo di viaggiatori che si muovono compatti, mi ha donato la gioia e l'emozione di poter vivere le persone e,ma di riflesso,i luoghi in cui vivono.E se è vero che mi diverto come un bambino a scavalcare e discendere le dune, malato di quella "dunite" che colpisce i veterani delle sabbie,è altrettanto vero che è infinitamente più appagante sedermi sul sif di una bella duna e godermi il silenzio, lasciare che tutti i suoni che in realtà lo compongono mi scendano dentro, perdermi tra quelle sabbie ocra consapevole del fatto che custodiscono le nostre stesse radici.
Se è vero che il bivacco in solitaria nel Niente mette apprensione e molto spesso mi ritrovo all'erta a spiare dalle zanzariere del mio AIr Camping con la paura di chissà quale Babau notturno è altrettanto vero che nell'isolamento piccole cose come il fuoco che arde nel buio, il cantare della caffettiera sulle braci o il respiro del vento tra i rami rinsecchiti di un'acacia divengono cariche di intimismo,potenti mezzi che mettono a nudo i lati più reconditi del nostro essere uomini o donne, liberi da qualsiasi vincolo culturale, da qualsiasi politicizzazione dell'io.
E no, al mio ritorno non vengo ingoiato da altri valori più meramente occidentali, perchè le emozioni vissute laggiù restano, cambiano, fanno crescere e modificano il nostro( o perlomeno il mio) essere la persona che sono.
Io sono sempre in sahara. Questo intendo quando dico "La sabbia è in me"
Robo Gabr'Aoun