[12.45.34] Marino Zecchini: EMERGENZA RIFUGIATI DI RAS EL JDHIR
Migliaia di persone sono fuggite dalla Libia, sono lavoratori che prestavano la loro opera nella nazione di Gheddafi. Africani e orientali impiegati nell’edilizia e nel piccolissimo commercio al minuto. Secondo le stime ufficiali erano un milione e mezzo di anime emigrate dal loro paese in cerca di un possibile guadagno.
La guerra civile li ha costretti a raggiungere i confini con l’Egitto e con la Tunisia. Fuggiti da una situazione di pericolo, hanno cercato la salvezza oltre il confine, presso Ras el Jdhir dove si è formato un girone dantesco di dannati, una umanità assiepata nella sabbia del deserto implora la salvezza, ed il ritorno a casa. Donne, bambini e uomini a migliaia vivono negli accampamenti allestititi dalle organizzazioni umanitarie in una condizione sociale e igienica difficile. I finanziamenti destinati della Commissione Europea alle organizzazioni umanitarie in aiuto ai rifugiati provenienti dalla Libia è di 30 Milioni di euro, mentre il fondo di sorveglianza alle frontiere di 1820 milioni. Queste sono cifre sproporzionate tra loro viste le enormi differenze si deduce che le poche migliaia di tunisini che sono sbarcati a Lampedusa hanno prodotto un sentimento di difesa del suolo italiano e europeo di altissimo costo. Mentre i 140.000 rifugiati in Tunisia possono essere liquidati senza troppi scrupoli con pochi soldi.
Gli accampamenti sul territorio Tunisino si trovano a 6 chilometri da Ras el Jdhir che è il confine con la Libia. Sul campo sono presenti numerose associazioni dall’Unione Europea tra cui alcuni italiani. In genere questi cooperanti altamente qualificati alloggiano nei lussuosi Hotel di Zarzis a 80 chilometri dall’accampamento e si recano con auto e autisti a nolo sul campo per ritornare in giornata negli accoglientissimi alberghi a 4 e 5 stelle insieme ai villeggianti. Tutto questo è normale? Possiamo credere faccia parte di un protocollo d’azione che rientra nella consuetudine? Forse che lo studio della logistica e il supporto d’aiuto viene oggi inteso anche in questo modo?
Penso che i poveri siano molto più solidali con altri poveri. Sarà per questo che il popolo tunisino si è attivato formando comitati spontanei in aiuto ai rifugiati. Gruppi di normali cittadini di Zarzis, Ben Gardane, Tataouine di diverso orientamento religioso e laico si sono organizzati. Le loro mogli cucinano grandi pentoloni di kuskus, gli uomini raccolgono pane, latte, coperte che vengono distribuiti nei campi. Senza protocolli, senza metodi ma con autentico coinvolgimento emotivo. I rifugiati nonostante siano stretti in una situazione esplosiva fanno buon viso a cattivo gioco. Si mettono in coda ed attendono il loro turno per ricevere aiuto. Un inferno in cui l’umanità stride con l’umanitario.
Le organizzazioni hanno fatto allestire migliaia di tende e alcuni cubi in plastica per le necessità corporali, la puzza fetida si spande e la repulsione è forte, una coda di donne è in attesa, ognuna attende educatamente il suo turno per defecare. Gruppi di giovani neri provano a intonare canti per esorcizzare la malasorte. Alcuni bambini giocano a palla, si dice che ci siano state nascite sotto le tende. Altri manifestano contro Gheddafi. Una grande tenda bianca è stata adibita a moschea, una moltitudine si prepara alla preghiera, con l’aiuto di una bottiglia d’acqua esegue le abluzioni. Code chilometriche di uomini attendono, non si capisce cosa, forse la speranza di continuare a vivere. Mi avvicinano alcuni uomini: somali, eritrei e nigeriani , mi dicono che loro non torneranno mai a casa, mi dicono che se tornassero sarebbe per loro la morte: noi vogliamo andare in Europa, oppure resteremo qui nell’accampamento di Ras el Jdhir.
Sulla strada è arrivato un autobus, che porterà alcuni dei rifugiati all’aeroporto di Jerba, un primo passo verso casa, sul fianco dell’autobus una grande scritte: “gran turismo tunisino”.