ho trovato un bell'articolo che parla del nomadismo di azalai
lo condivido con voi
buona lettura


Il nomadismo virtuale di "AZALAI"
e la leggenda della carovana del sale dai mille cammelli:
il significato sta nel nome

Racconto di: Antonella De Robbio
"I nomadi, sulla Terra, tracciano linee di erranza: direzioni migratorie di branchi di renne o di bisonti, percorsi legati alla presenza periodica di punti d'acqua, allo spostamento delle zone di raccolta secondo le stagioni, [...] La Terra è la memoria degli uomini. Il suo paesaggio è la mappa delle epopee, il bacino dei saperi. Tutto lo spazio vive. I canti e i racconti narrano la Terra; la terra ricorda il tempo del sogno, il tempo delle origini che è sempre presente e muore insieme agli dei, se i canti non vengono ripresi, i viaggi di nuovo intrapresi e le linee di erranza sono disertate. E si riparte ancora in cammino, seguendo le orme degli antenati. Si torna sugli stessi luoghi, si canta di nuovo la Terra. E il passato rivive perchè non è mai passato".

Per oltre 2500 anni, i Nomadi del Grande Deserto hanno percorso le Vie di Comunicazione della Antica Rete Transharariana alla ricerca di sorgenti e corsi d'acqua, veicolando il sale e la polvere d'oro all'interno di un sistema di scambi che ebbe un inizio "muto di componenti verbali".
L'antica Rete di collegamento, attiva dal V secolo a.C., ebbe momenti di intenso scambio di beni tra genti e civiltà, tra popoli che non si comprendevano tra loro negli idiomi, ma solo nei significati simbolici di ciò che essi si scambiavano.

Il Sahara non fu sempre un Deserto, ma fu il "giardino perduto" narrato da Erodoto1; nel V secolo a.C. Erodoto ; in un celebre passo che racchiude tutta la poesia del luogo descrive:
"All'incirca ogni dieci giorni di cammino ci sono blocchi di sale e collinette, e sulla sommità di ciascuna collinetta zampilla da mezzo il sale acqua fresca e dolce, e attorno vi abitano degli uomini".

Questi uomini erano i padri dei Tuareg, gli Atlanti, descritti come gli abitanti delle terre a sud degli Hoggar, uomini che "non si nutrono di alcun essere animato e perciò non hanno sogni", si muovevano in lunghe carovane attraverso le piste sahariane in cerca dell'acqua sempre più rara, trasportando sale e polvere d'oro. Per Diodoro , erano gli Antololi, nome che in greco significa "indipendenti" o "uomini liberi", si nutrivano di miglio, e controllavano le vie di accesso al Monte (Atlante?).
Erodoto lo descrive come il "Monte stretto e circolare da ogni parte alto, tanto che le sue vette non si possono scorgere" mentre Plinio; narra che questo Monte "si innalzi da in mezzo al deserto al cielo ... qui nascono spontaneamente frutti d'ogni genere e tali che alle voluttà non può mai mancare appagamento ... di giorno non si vede nessuno dei suoi abitanti e tutto è silenzioso, di un silenzio terrificante"

Il nome attuale, Tuareg, fu loro attribuito dagli Arabi, deriva dalla parola 'targa', che significa "canale di irrigazione" o "giardino".
I leggendari Tuareg, gli antichi Berberi, bellicosi custodi degli accessi alle miniere di salgemma, con a capo la crudele e sensuale Regina Tin Hinar, sono i più noti tra i popoli Nomadi del Sahara. Controllavano le piste verso il Niger, attraverso la catena degli Hoggar. Fondarono il Centro Carovaniero di Tademekkar nel II secolo d.C. e in seguito, nel XI secolo, la città di Timbuctù (o Tombouctou), la "Firenze del Sahara", oggi città del Mali, sulle rive del fiume Niger.
Particolari nel loro aspetto fisico, altissimi e con tratti del volto differenti da ogni altro gruppo sahariano, soprattutto negli occhi celati dal un velo nero che ricopre quasi interamente il loro volto.

Il velo, disposto su una calotta di feltro rosso (la cherche come la chiama Cahill, il leggendario viaggiatore dei nostri tempi?) per ripararsi dai venti del Sahara e dalle piogge di sabbia che sconvolgono i pensieri, o per l'antica leggenda che li vede "secondi" alle loro donne?
Tuttora hanno lingua e scrittura propria, il Tifinagh, che in berbero significa "I caratteri", scrittura che in molte delle loro tribù sono solo le donne a conoscere.
Nel Tifinagh o Tifinar, l'alfabeto è composto di sole consonanti e le singole parole non separate tra loro, si possono scrivere in tutti i sensi: orizzontalmente, verticalmente, da sinistra a destra e da destra a sinistra, dall'alto verso il basso e dal basso verso l'alto.

Nelle incisioni rupestri del tempo sono narrate le piste lungo il deserto, i protocolli di scambio:
i graffiti e i dipinti sono i libri di conoscenza che oggi ci giungono, a distanza di millenni, a raccontarci di antiche civiltà sommerse. Nelle biblioteche di pietra le vie di comunicazione i resti delle città, che ne costellavano i percorsi, segnano il passato come in carte geografiche perdute.

In seguito, dove visse l'Elefante, sterminato dalle guerre Romane, si introdusse il Cavallo e poi il Dromedario (nel 500 a.C.) chiamato dalle genti del luogo Cammello, in un territorio che andava via via desertificando, con depressioni e bacini chiusi chiamati Chott, i deserti o mari di sale.
E il temibile deserto prese il sopravvento sul giardino perduto, è il periodo di Siwah, oasi dell'oracolo di Ammone (Aman, acqua) Era il 521 a.C. quando l'Armata del Re Cambise, fondatore dei Persiani, venne completamente inghiottita con i suoi 50.000 uomini dalle sabbie del Sahara. Venne spazzata via dal Khamsin (che significa cinquanta) vento infuocato del sud che disidrata lentamente i corpi, e che soffia per cinquanta giorni.
Prima di Cambise, come Diodoro cita, anche le spedizioni di Semiramide, Eracle, e del Dioniso Greco, che pur avevano conquistato tutto il mondo, dovettero desistere dall' impresa.
Duecento anni dopo, Alessandro il Grande fu accolto invece come figlio del dio, perchè il deserto non si rivela a chi cerca di violarne i segreti più intimi.

Le città, situate lungo i percorsi in punti strategici per i rifornimenti, e collocate agli incroci degli assi di percorrenza commerciali, 'univano' i diversi ambienti geofisici e le diverse vie di comunicazione (fluviali, vie carovaniere, percorsi di altura) per confluire all'interno di un sistema d'interscambio ove carichi di sale, pacchetti di beni e polvere d'oro avevano lo stessso identico valore. Ma i veri poli erogatori del servizio, nello scambio muto del sale, erano le Oasi.

Tutto ciò appare incredibile, ma avveniva all'intero del Grande Deserto, grande mare interno, fucina di popoli e di rituali, mare che separava, catturava, univa, selezionava e riportava sotto altra forma.
Questa infrastruttura altamente sofisticata e tecnologicamente avanzata, si fondava appunto principalmente sull'Oasi.
Anche oggi spazi, percorsi e giochi di luce si rincorrono, apparentemente in modo caotico, forse random, ma in realtà ogni cosa nell'oasi è al suo posto, all'esatto posto che spetta ad ogni cosa, in relazione ad un ordine precostituito e all'interno di una rigida organizzazione gerarchica.
La "geometria del caos" può forse svelare il segreto dell'Oasi?
Le stradine buie sembrano segnare i percorsi labirintici di architetture mentali sconosciute, dove gli elementi primari (acqua, luce, terra) si intrecciano in successioni caotiche apparentemente senza senso.

Le curve geometriche che apparentemente si susseguono in modo disordinato sono in realtà ordinate da un ordine perfetto, ciò che virtualmente sembra chiuso e limitato ha in realtà lunghezze infinite. In matematica l'analisi dei frattali si riconduce allo studio delle strutture e dei campi ricorsivi, la teoria della ricorsività, affascinante campo di indagine che cerca di carpire la struttura logica fondamentale dei processi cogniti dove autoreferenza e autosomiglianza si ripropongono in un gioco infinito. Possibilità, Fato, Anticipazione, Chaos, Rischio e Probabilità sono gli ingredienti di una ricerca continua.
Ogni piccola parte di un frattale ripropone se stessa, è identica al suo tutto e, come scrive Hofstadter, è "Come un racconto all'interno di un racconto", come una citazione all'interno di un'altra citazione all'infinito, come in un quadro di Escher o nel teorema di Goedel .

E' in questo contesto, reale per il passato e virtuale per il presente, che si muove ancora l' Azalai, la Carovana del Sale dai Mille Cammelli, con il suo carico di salgemma scambiato al pari dell'oro.
L'Azalai, antica parola Tuareg che significa "separarsi per poi ricongiungersi di nuovo", è il faticoso cammino della conoscenza, lento come la carovana dei mille cammelli che rappresenta.
Con il suo pesante carico di sale, organizzato in pacchetti ben disposti, che devono giungere a destinazione, si muove verso lo scambio di beni tangibili in trasferimenti continui. I pacchetti del sale, beni tangibili scambiati con l'oro, viaggiano in transizioni infinite, lungo le reti comunicative, in navigazioni controllate, tra deserti di sabbie e piaghe di salgemma.
Costeggiando villaggi e rovine, lungo corsi d'acqua cessati, impiega nove mesi per ritornare indietro col carico d'oro. Nel frattempo nel villaggio nuovi eventi hanno avuto inizio.

Ancora verso il 1450, le carovane arabe, venute dalla costa, con il grano e l'orzo e dall'Egitto con interminabili file di cammelli, si incontravano a Tamentit con quelle che trasportavano l'oro in polvere da Timbuctù e il sale in barre da Teghaza.

Il valore dei beni tangibili si stacca dai suoi supporti, il valore del sale metafora del sapere si stacca dai pacchetti; la preziosità dell'oro è la luce della conoscenza che si sgancia dal suo valore economico come bene moneta di scambio e diviene "puro contenuto".
Il bene intangibile della conoscenza, nel movimento informativo della nuova società dello scambio, ricostruisce percorsi e ricrea i pacchetti informativi che viaggiano veloci sulle nuove carovane tecnologiche, alla ricerca di informazioni lungo la rete da riportare a destinazione.

Poi, alla fine del Quattrocento, le nuove scoperte geografiche e la possibilità di circumnavigare il Golfo di Nuova Guinea portarono le civiltà del Deserto verso l'oblio.

O furono forse i venti di sabbia che oscurano il cielo a tempesta a inghiottire l'ultima Azalai?
O forse fu uno scherzo dei Djinn, esseri soprannaturali, demoni o angeli del deserto, vortici o turbini che correndo sulle ampie distese assolate si portarono via anche l'ultimo dei miraggi?

La carovana riprende il suo cammino, ... lungo le vie della comunicazione odierna, segue percorsi virtuali ricostruiti. Errando in zone aperte, esplora ambiti delimitati, attraversa ponti, tra cancelli aperti e linee deviate.
L'Azalai ripercorre antiche vie, alla ricerca di testi che descrivono le narrazioni dei popoli e le storie degli uomini, riporta le informazioni frantumate in pagine ricomposte, ricongiungendo separazioni antiche e nuove.

Ma forse l'Azalai esiste ancora, non solo nell'immaginazione: ad oggi, nel Mali, alcune caravaniere per il Tafilet, per il Terat e l'Hoggar sono ancora frequentate.
C'è chi narra di averla vista percorrere le antiche vie, con gli stanchi cammelli carichi di blocchi di sale. Pare passi ogni sei mesi e si fermi lungo villaggi e città a portare alle genti un bene che tuttora è estremamente prezioso, il sale che,oggi come allora, è un articolo tra i più richiesti, in quanto la loro organizzazione si rivela inadeguata al rifornimento dei prodotti essenziali.
Tra un gruppo di crateri estinti da milioni di anni, a Tegguidù Tessoù, centinaia di uomini lavorano alle pozze di sale, a temperature impossibili, in procedure operative rimaste identiche nel corso di generazioni, fango di sale rassodato in pani bianchi e messi sul dorso dei cammelli in un viaggio che durerà non meno di tre mesi.

Ma la gente del luogo si chiude in un muto silenzio a chi chiede della carovana del sale, a chi chiede di Azalai.
Solo il poeta nazionale del Mali, Kaletìgui Marikò, per anni carovaniere, racconta ...
"Azalay ... fatta di tanti cammelli pazienti e di pochi uomini coraggiosi. Fatta di passi, a milioni, ripetuti. Filo che si scioglie, s'allunga, si snoda. Pitone che avanza segnando anelli sulla sabbia".
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Ma sha'-llah!