Originally Posted Wednesday, June 9, 2004
Per i nosti esperimenti useremo un differenziale Land Rover per semiassi a 10 cave, un pezzo molto diffuso.
In questo caso il differenziale era già smontato ma se dovessimo smontarlo da una macchina la prodedura sarà la seguente, nel caso di un ponte posteriore: sollevare la macchina poggiandola in modo stabile con i ponti su dei cavalletti, smontare le ruote e svuotare bene tutto l’olio dal tappo di scarico del differenziale, poi passeremo a sbullonare le flange dei semiassi dai mozzi. A questo punto basta sfilare i semiassi di 200mm circa per liberare il differenziale. In questa fase si può incontrare una certa difficoltà se la guarnizione della flangia s’è un po incollata tenendo unite di fatto le due parti.
Ora, da sotto il veicolo, bisogna sbullonare l’albero di trasmissione dalla flangia del differenziale, l’albero, ancora attaccato all’uscita del transferbox potrà essere legato con uno spago al longherone del telaio in maniera che non ci impedisca il lavoro. Altrimenti occorrerà sbullonarlo anche dal transferbox.
A questo punto bisognerà sbullonare la serie di dadi che tengono la “pera” del differenziale.
Tutti i bulloni sui quali abbiamo agito fin ora sono filetto 3/8 di pollice filettatura UNF testa 9/16 di pollice. Il passo molto fine, se da una lato agevola coppie di serraggio alte, per contro, si intasa facilmente di sporcizia e data la qualità non proprio eccelsa dei materiali è facile trovarne molti sfilettati, soprattutto a causa dell’ignoranza di qualche meccanico che, avendo perso o rovinato il dado originale, ha provato a “piantarcene” qualcuno filettato UNC o metrico. Il mio consiglio è quello di controllare tutte le filettature, pulirle e magari sostituire tutta la bullonatura degli alberi di trasmissione con analga ma realizzata in classe 10.9 – 12.9 o magari in A6 (sarà difficile). Normalmente di serie vengono impiegati bulloni autofrenanti tipo “freno haeslock” che hanno il vantaggio di tenere pulito e asciutto il filetto dove accoppiato ma sono inservibili dopo il un paio di avvitaggi a causa del filetto molto “fine” e della sporcizia. Perciò in viaggio sarà meglio portarsene qualcuno di ricambio.
L’alternativa, visto che non è poi semplice trovare dadi autofrenanti UNF e in classe >>8.8 sarà usare dadi alti e le solite rosette “grower” Occhio comunque perché lo spazio all’interno della crociera è limitato, perciò accertatevi che non vi siano interferenze fra le bullonature e l’ingrassatore ad esempio.
Così abbiamo sbullonato la “pera” del differenziale, in realtà se stessimo aprendo un ponte anteriore il tutto sarebbe complicato ulteriormente ma ai ponti anteriori dedicheremo qualche altra pagina.
Ora bisogna “scollare” la “pera” dal ponte facendo attenzione perché pesa una Madonna, dunque dopo aver piazzato sotto un bel cric da officina picchietteremo tutt’attorno con un mazzuolo di gomma dura o un martellone e una tavola di legno interposta. Non inseriamo nulla fra le due flange per eviatare di creare abrasioni e scheggiature che renderebbero diffile la presa della nuova guarnizione.
Finalmente Abbiamo in mano il nostro differenziale, costituito da corona, pignone, ingranaggi planetari (ovvero quelli sui quali si infilano i semiassi) e ingranaggi satelliti(ovvero quelli più piccoli montati sul perno trasversale.
La prima cosa da fare sarà quella di controllare visivamente se vi sono tracce di ossidazione (soprattutto se il diff in oggetto è stato recuperato da una demolizione) e depositi di limatura. Potrebbe anche capitare di trovare delle scaglie sottili simili a stagnola.
Dopo aver lasciato scolare per bene il differenziale dentro un secchio andremo a pulire con uno straccio i denti in maniera da poter vedere macrodannneggiamenti ad esempio pezzi di dente rotto, cementazioni usurate. In seguito ci accingeremo a effettuare una serie di misure e valutazioni: a differenziale montato e smontato.
Smontiamo il differenziale:
Il differenziale stà insieme così: il pignone è montato su un perno tenuto in posizione da una coppia di cuscinetti conici come accade per i mozzi ruota, i cuscinetti vengono caricati l’uno contro l’altro per mezzo del dado che trovate al centro della flangia. Una serie di spessoramenti contro i cuscinetti permette di posizionare il pignone più o meno avanti sul suo asse e l’effetto lo vedremo quando parleremo delle registrazioni.
Tutto il complessivo di corona, satteliti e planetari è mantenuto in posizione da una coppia di cuscinetti, questi ultimi trattenuti da una coppia di cavallotti, che hanno la possibilità, per mezzo di due ghiere a vite, di spostare tutto il complessivo in maniera da registrare l’accoppiamento col pignone.
Ora andremo a smontare il complessivo dalla pera e capiremo meglio come funziona questo meccanismo.
Le ghiere a vite, una volta sistemate in posizione, sono tenute ferme da due staffette. Come vedete dalle immagini, la sede del cuscinetto è ricavata per metà nella fusione della “pera” e per l’altra metà da un cavallotto
Innanzitutto smontiamo le staffette estraendo con un batois adeguato la spina conica che tiene la staffetta attaccata al cavallotto.
La ghiera è ora libera di girare, la sua rotazione (avvitamento) agisce sull’anello esterno del cuscinetto conico, perciò, oltre a precaricare il cuscinetto è in grado di regolare la posizione del complessivo; Infatti, svitando di un millimetro (calcolato assialemente) la ghiera sinistra e avvitando altrettanto quella destra, avremo spostato tutta la corone
di un mm verso sinistra. Svitiamo le due ghiere levandole e poi andiamo a sbullonare i due cavallotti. Ora tutto il complessivo può essere staccato.
Rimaniamo così con in mano la corona con tutto il gruppo di ingranaggi lasciando il pignone nella sua sede nella “pera”.
Controlliamo lo stato dei cuscinetti. In linea teorica potrebbe essere inutile in quanto a questo punto i cuscinetti si cambiano, ma potremmo anche essere nel caso di un differenziale stranamente rumoroso ed essere alla caccia della causa misteriosa. Ebbene, le sedi coniche sono libere mentre il cuscinetto vero e proprio sarà rimasto piantato sulla sua sede nel complessivo. Osserviamo prima le sedi, dopo averle pulite notiamo che sono di un bel colore ferro, senza macchie bluastre che spesso indicano un surriscaldamento, non hanno strisce e sembrano consumate regolarmente. Solo in alcuni punti possiamo notare delle vaiolature (foto), segno che hanno camminato molto ma hanno girato sempre bene, il differenziale era probabilmente registrato correttamente. Osserviamo ora i rulli del cuscinetto e le gabbie che li tengono in posizione: Una volta puliti e oliati, premendoci la sede girano senza fare strani rumori, i rulli non hanno colori bluastri o bande nerastre, segno di una usura regolare. Solo un rullino ha una grossa vaiolatura (si vede nella foto). In conclusione questi cuscinetti avrebbero potuto continuare a funzionare ancora per parecchia strada.
Smontiamo la corona dalla gabbia degli ingranaggi. Sul retro vedrete una serie di bulloni testa da 5/8 di pollice , quelli originali hanno due scanalature ricavate nella testa, sul bordo della corona da qualche parte vedrete stampata la dicitura UNF, indica che le filettature nella corona sono tipo UNF. Con un’avviatore ad impulsi sviteremo i bulloni dopodichè con un mazzuolo di gomma andremo a sfilare la corona dalla sua sede battendo leggermente tutto attorno. A questo punto sarà possibile sfilare il perno dei satelliti e liberare gli ingranaggi interni.
Il perno è tenuto da due seeger, una volta levatone uno, senza problemi si sfilerà. Dato il limitato numero di giri effettuati dai satelliti stessi, in sede di progetto non si è pensato ad interporre una gabbietta a rulli o qualche altro sistema, gli ingranaggini girano direttamente sul perno, una lavorazione laterale permette all’olio di infilarsi fra satellite e perno. Sfilato il perno tutto resta in posizione, per sfilare gli ingranaggi è necessariofar girare i planetari in maniera che trasportino i satelliti verso le aperture.
Ora possiamo sfilare gli ingranaggi, pulirli e osservare l’usura.
Osserviamo gli ingranaggi: La corona deve presentarsi integra senza scheggiature, controlliamo l’usura dei denti osservando gli strati superficiali alla ricerca di vaiolature e microfratture. Passiamo poi ai satelliti e ai planetari; che sono quelli che si “tritano” con più frequenza, non mancheremo certo di osservare segni di usura quali:
aloni e usura degli stati di cementazione dovute a funzionamenti non alineati, sbeccature sulle parti più periferiche dei denti, piccole crepature superficiali. In questo caso osserviamo che il dente nella seconda foto stà tendendo a sbriciolarsi,e nella terza e quarta una profonda ma sottilissima crepa attraversa tutto il dente e l’intero ingranaggio da parte a parte e porterà ad una completa rottura alla prima occasione, la cementazione è partita in più punti, tutti i denti hanno evidenti segni di usura superficiali.
Personalmente sono convinto che i fenomeni di rottura dei differenziali siano dovuti in generale a briciole anche consistenti di materiale che si vanno a infilare fra i denti mentre questi si accoppiano, essendo poi le sezioni trapezoidali, le briciole si piantano andando a saturare i giochi dimensionali. Quando una briciola è fra due denti, tutto il carico, in termini di kgm di coppia e kg sul dente, viene ad applicarsi su quel decimo di mmq occupato dalla briciola, in più i denti, per la loro forma a cuneo si “piantano” fra di loro e il gioco è fatto. Lo stress che si genera è fatale. A questo fatto uniamo poi che le trasmissioni con laschi impongono agli ingranaggi stessi di urtare violentemente fra di loro quando la trazione nei percorsi accidentati viene repentinamente a mancare per poi ritornare.
Controlliamo anche la parte degli ingranaggi che sfrega contro il complessivo, alla ricerca di rigature anche generose risultato di scheggie di materiale che con l’olio si sono andate a infilare dietro agli ingranaggi.
Purtroppo non ci è dato sapere le tolleranze dimensionali delle sedi dei planetari, le quali, se fortemente usurate o ovalizzate inevitabilmente potrebbero portare a fenomeni di vibrazione in caso di repentine variazioni del regime di rotazione.
Ricordiamo che l’inevitabile utilizzo nelle coppie ipoidi di oli ep con elevate doti antiurto implica anche un forte trattenimento da parte dell’olio delle impurità, le particelle sono trattenute dalla viscosità e durante il moto nulla possono le calamite presenti sui tappi.
Se gli ingranaggi sono in buone condizioni, innazitutto andiano ad osservare il perno, è normale che si manifesti un alone nella parte dove giravano i satelliti, alcuni appassionati landrover hanno notato il verificarsi di usura che portava i satelliti a essere laschi sullo stesso. Ora abbiamo in mano i perni e gli ingranaggi ma anche qui non ci è dato sapere ne le tolleranze dimensionali né quelle di accoppiamento perno-foro. Non andremo a cercarle su manualistica di meccanica (anche se si potrebbe), procederemo con un metodo più empirico: Innanzitutto montiamo uno alla volta l’ingranaggio sul perno verificando la presenza di laschi avvertibili, poi con un buon calibro, magari digitale, andiamo a rilevare la quota dei perni verso la mezzeria e poi andiamo a confrontarla con la porzione dove girano gli ingranaggi verificando fenomeni di ovalizzazione. Appurato che non vi è differenza o è nell’ordine dei centesimi, verifichiamo ora l’usura dei fori nell’ingranaggio. Verifichiamo con il calibro la presenza di ovalizzazioni, poi prendiamo la quota alle due estremità e al centro, se le quote sono differenti vuol dire che sottoposto a carico costantein una direzione l’ingranaggio ha deformato la foratura. Se le differenze arrivano nell’ordine del decimo è necessario valutare che questo inciderà sulle geometrie di accoppiamento fra satellite e planetario portando a usure più rapide del normale e imprevedibili.
Abbiamo controllato gli ingranaggi, ora osserviamo le sedi dove questi girano nel complessivo; osservando la parte postariore dei satelliti ci saremo già fatti un’idea. A differenza del differenziale centrale per il quale esistono apposito spessoramenti per i satelliti, per i differenziali anteriori e posteriori questo non è possibile, pertanto la progressiva usura delle sedi nel complessivo comporta l’allontanamento delle coppie coniche satellite/planetario. Il tutto è meramente limitato dal fatto che nei differenziali dei ponti i satelliti sono pressochè sempre fermi e muovono soltanto in curva.
Per smontare il pignone occorre svitare il bullone suddetto dopo aver levato la coppiglia che lo tiene bloccato. Molto spesso la sede del dado all’interno della flangia si rivela un ricettacolo di acqua e dunque spesso la flangia è completamente ossidata. Per svitare il dado occorre una barra per il bloccaggio delle flange come in foto. In realtà normalmente il dado non è comunque avvitato con elevate coppie di serraggio perché altrimenti si pianterebbero i cuscinetti.Svitato il dado potremo sfilare la flangia. Osserviamola e andiamo a controllare che non siano presenti scanalature sul corpo che spesso sono causate dall’uso di paraoli rotti. Se troviamo una flangia segnata abbiamo poche speranze: purtroppo in questo caso il paraolio non si può montare “un po spostato” perché la sede ha un fondo corsa e se lasciato troppo esterno andrebbe a strisciare contro la flangia stessa danneggiandosi.
Nella foto vediamo tutti i componenti dell’alberello del pignone compresi i rasamenti che servono per la registrazione.
Tutte le valutazioni che possiamo fare sui giochi in movimento del differenziale vanno comunque fatte a diferenziale montato.
Piazziamo il differenziale montato in una morsa, in maniera da avere tutto libero di girare. Iniziamo con delle valutazioni “a mano”: blocchiamo la flangia dell’albero con una barra per il bloccaggio delle flange, facciamo in modo da assicurare la barra in modo da immobilizzarla e proviamo a verificare movimenti anomali provando a inserire i semiassi e facendoli ruotare nella stessa direzione, assicuriamoci che i satelliti non si inclinino ma rimangano ben fermi, valutiamo così anche eventuali laschi fra pignone e corona o nelle sedi dei semoiassi.Queste sono valutazioni che portano a osservare danni grossolani.
Per valutazioni più precise prendiamo un tastatore ad ago di tipo centesimale, montiamo il suo braccio fissandolo ad uno dei fori di fissaggio della flangia della “pera”, sistemiamolo in maniera da puntare il dito ortogonalmente alla corona sulla faccia opposta a quella con i denti, come nelle prime due immagini qui a sisnistra. Azzeriamo la ghiera del tastatore dopo averlo leggermente caricato, facciamo un segno col pennarello sulla corona e iniziamo a farla ruotare lentamente. Per tutte queste misurazioni che andremo a fare si sottintende che il differenziale deve essere pulito e privo di accumuli di sporcizia, leggermente oliato in maniera da renfdere omogenei i movimenti. Come osserviamo nelle prime due foto, effettuato mezzo giro constatiamo che l’ago dello strumento rileva una variazione di quota. Questa variazione è dovuta a un non perfetto assemblaggio della corona sul complessivo che trattiene gli altri ingranaggi. Le cause possono essere diversi: Durante il montaggio, minuscole briciole sono rimaste imprigionate fra le due facce a contatto oppure non tutti i bulloni sono stati stretti alla medesima coppia di serraggio o, molto peggio, non si è proceduto con un ordine di avvitatura a stella. In tutti i casi sarà necessario smontare tutto e assicurarsi di rimontarlo al meglio. Nel nostro caso qui illustrato rileviamo una variazione di 0.06mm che personalmente valuto accettabile solo se dopo lo smontaggio e accurato rimontaggio non riusciremo ad abbatterla ulteriormente.
Passiamo ora a valutare il lasco dovuto all’accoppiamento fra corona e pignone: in questo caso menteremo il tsatatore con il dito sldamente piantato contro un dente del differenziale e con l’asse più allineato possibile alla tangente in quel punto. Azzeriamo la ghiera dello strumento. In questo caso la misura non sarà corrtta in quanto dipenderà dall’angolo con il quale è posizionato lo strumento ma ci permetterà di valutare un lasco che a mano sembra impercettibile ma è tutt’altro e ce ne accorgiamo in rilascio. Facciamo leggermente ruotare la corona fino a che può (ricordiamo che il pignone è immobilizzato dalla barra di bloccaggio della flangia)) e osserviamo che lo strumento rileva un notevole scostamento che nel nostro caso sarà sulla tangente ben oltre un decimo.
Per risolvere il lasco che ora affligge il nostro differenziale dobbiamo accoppiare più precisamente il pignone alla corona. Questo si fà con due azioni: variando gli spessori che sono presenti sul pignone e regolando le due ghiere filettate che agendo come abbiamo visto sui cuscinetti che sorreggono inl complessivo ci permettono di spostarlo millimetricamente più a destra o più a sinistra.
La procedura di calcolo dei rasamenti, tenendo conto della misura stampigliata sulla testa del pignone, è ben spiegato negli overhaul manuals della Casa Produttrice, qui ci limiteremo a valutare come allineare correttamente pignone e corona ricorrendo ad uno stratagemma.
Cambiando i rasamenti spingiamo il pignone più in avanti, lavorando sulle ghiere dei cuscinetti spostiamo il complessivo a destra o a sinistra. Ebbene, questo incide sull’area di contatto che si viene a formare fra i denti del pignone e della corona. Noi dobbiamo fare in maniera che l’area di contatto sia la maggiore possibile e sia centrata. Per poter valutare questa area applicheremo del minio o del turchinetto sui denti del pignone, dopodichè andremo a osservare l’area di contatto che si trasferirà su quelli della corona. Si può anche fare all’incontrario. Se l’area di contatto è verso la cresta o verso la base dei denti della corona allora sarà necessario agire sulle ghiere dei cuscinetti, se l’area è spostata verso il centro o vesro la periferia della corona allora sarà necessario sostituire i rasamenti del pignone. Una volta ottenuto un accoppiamento corretto faremo attenzione a effettuare diversi giri assicurandoci che non si manifestino interferenze tali da indurire la rotazione. Comunque piuttosto che rischiare di piantare la coppia è sempre meglio lasciarla leggermente più lasca.
Una volta terminate le verifiche con il turchinetto riapplicheremo il tastatore come prima. Il lasco dovrà essere appena percettibile allo strumento, pochi centesimi e la verifica dovrà essere effettuata in diversi punti della corona.
Rimontiamo i tastatore caricato sul piano posteriore della corona come prima e andiamo ora ad osservare il lasco dovuto al caricamento dei due cuscinetti principali del complessivo, proviamo a muoverlo assialmente lungo la direzione dei semiassi. Non deve essere avvertibile alcun lasco ma la corona deve ruotare liberamente.
Ricordiamoci comunque che queste regolazioni non sono miracolose e sono possibili su ingranaggi non eccessivamente usurati, riaccoppiare ingranaggi molto consumati significa spesso portarli ad un cedimento ulteriormente prematuro, in quanto il progressivo consumarsi di una coppia porta comunque ad una usura maschio-femmina che assicura la più ampia superficie di contatto. Andando a riaccoppiare le coppie di ingranaggi, questi verranno riportati nella loro posizione iniziale ma con una geometria dei denti variata per l’usura e con cementazioni non più affidabili. Il risultato più comune soprattutto nei cambi e nei riduttori è un fischio persistente udibile soprattutto nelle marce basse e anche a velocità ridotte.buon lavoro!