Questo paese è molto bello e ricco di contrasti naturali, sociali e culturali. Chi ama fare 4×4 si trova ad esplorare lande desolate, montagne, deserti, ambienti comunque poco o per nulla frequentati dal turismo di massa. Alberto, come tutti gli amici che lo seguono, sono consapevoli già in partenza che attraversano territori spesso poveri e uno modo amichevole per farlo è scambiare o donare materiale utile. Ogni paese è abitato da più o meno nomadi o persone comuni che vivono in modo umile e semplice. Il Marocco è uno di quei paesi africani densamente abitato a tutte le quote e quindi lungo il tragitto ci si trova spesso davanti a realtà totalmente lontane dalle nostre. Queste realtà, in particolare quelle dei nomadi, ci avevano affascinato nel viaggio del 2006 soprattutto dopo che il destino ha fatto in modo che noi interagissimo con loro.
Non voglio proporvi una descrizione dettagliata di eventi, ma solo evidenziare le cose rilevanti e utili per chi volesse progettare un viaggio analogo nel periodo estivo, senza troppe difficoltà tecniche ma il più possibile fuori dai tracciati del turismo organizzato. In particolare, trovate informazioni aggiornate sulle piste che abbiamo percorso. Le foto danno un’idea degli ambienti e delle condizioni delle strade. Lascio alle guide cartacee e virtuali le informazioni turistiche più tradizionali. Il viaggio è durato tre settimane a cavallo tra giugno e luglio 2008, l’equipaggio era formato da genitori e due ragazzi di 16 e 17 anni.
Alla domanda: come è andato il viaggio in Marocco? Risposta: un viaggio emotivo, caratterizzato da emozioni contrarie e contrastanti. Premesso questo non bisogna sottovalutare le guide e i reportage di chi è già stato: il Marocco è molto bello, ma le persone meno, purtroppo, anche se qualche eccezione c’è stata… Forse siamo stati sfortunati noi, ma abbiamo risentito di una mancanza di cordialità e ospitalità, quasi sempre apparente e di un continuo gioco di compassione per spillare soldi, contrariamente a quanto vissuto in Tunisia altre volte. Lungo questo diario comparirà spesso il termine “ciavada”, che in dialetto veneto significa “fregatura o derubato”, perché è stata la parola tormentone di questa forte ed ennesima bella esperienza africana.
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