By Fabrizio Motta – Vittorio Sala
Originally Posted Saturday, January 1, 2000
Il motore si sta scaldando girando lento nel primo pomeriggio di un martedi’ di fine luglio. Le ultime cose sono sistemate anche se il veicolo era gia’ pronto e caricato da qualche giorno. Finalmente imbocchiamo líautostrada direzione Genova e la mente si riscopre improvvisamente libera e pronta – anzi ansiosa – di ricevere e recepire il turbinio emozionale di sensazioni che sappiamo attenderci al di la del mare.Questo stato di estrema rilassatezza mentale e’ scosso ogni tanto dal pensiero degli ultimi interminabili weekend passati ad allestire il mezzo e alla correlata apprensione per guasti piu’ o meno probabili, ma questo non turba certamente la sensazione travolgente che permea la pelle ogni qualvolta si percepisce il “partire”.Il porto di Genova ci riporta alla realta’ piu’ vera. Ebbene si: un brandello díAfrica a pochi passi da Milano.Sole e afa non ci abbandonano un momento durante le formalita’ díimbarco, ma anche líattesa (3 ore abbondanti !!) viene stemperata dai colori vivaci dei personaggi che ci circondano: gli stessi che incontriamo tutti i giorni piu’ o meno mimetizzati nelle nostre strade, ma qui con un aspetto e una cordialita’ certo diversi (ho la sensazione che anche noi ai loro occhi suscitiamo le stesse impressioni… ).Comunque siamo gli unici italiani e, con i componenti di tre Land francesi dirette in Libia, gli unici europei.Meglio. Il viaggio va meglio del previsto: viaggiamo con SNMC e scopriamo di avere anche una cabina (chiaramente divisa con altri passeggeri) ed i nostri compagni di viaggio (moglie e marito con relativo marmocchio) si rivelano simpatici ed estremamente cordiali.Tra ritardi vari arriviamo a Tunisi alle 8 di sera pronti a sobbarcarci le solite formalita’ doganali: saranno un paio díore. Non di piu’.E invece la fortuna,nostra compagna inseparabile, ha deciso di premiarci subito offrendoci la grande e credo unica occasione di sbarcare a La Goulette assieme ad altre due navi: in tutto circa 2000 vetture,tutte tunisine, tutte con carichi oltre il limite dellí impossibile e tutte – dico tutte !! – da controllare: non ne hanno tralasciata neanche una. Totale 4 ore e mezza.Finalmente fuori.Via di corsa da Tunisi in direzione Ovest verso Beja. Ormai e’ la una di notte: arriviamo al paesello di Bordji el Amri. Ci accampiamo nellíunico Funduqdove siamo rifocillilati con enormi sadwich tunisienne e grappoli díuva.Almeno questo, dopo la dogana!!Líindomani siamo precisi, come nuovi:pronti per cominciare il nostro tour che ci fara’ percorrere il lungo e in largo tutta la nazione, cercando di evitare al massimo le “armate Alpitour”.
Continuiamo verso Ovest dir.Beja per poi a Mejez el Bah deviare a Sud verso Testour e poi Teboursouk . Eí tutto pregevolissimo asfalto che ora ci da quasi fastidio, ma che sara’ silenziosamente quasi rimpianto poi piu’ di una volta…
Visitiamo Dougga:rovine romane tra le piu’ importanti della Tunisia. Unica tappa “storico-culturale”, perlomeno cosi’ definibile secondo i normali criteri turistici di classificazione. Comunque non male. Qualche kilometro di pista poi ancora asfalto. El Kef ci delude un poí: volevamo passarci la notte, ma dopo un paio díore spese a vagare per la cittadina decidiamo di spostarci verso sud, fino alla Table de Jugurtha. Líitinerario che segue e’ tutto su pista e corre sul confine Algerino. Infatti i controlli non tardano ad arrivare e sulla strada che porta a Souk Ahras (in Algeria) dalla cui sinistra si dirama la pista per Guarn Alfaya siamo gia’ bloccati dalla omnipresente Garde National. Mezzíora per spiegare chi siamo, dove andiamo, perche’ andiamo, perche’ abbiamo perso i mondiali… sappiamo che questo ritornello si ripetera’ molte altre volte.Le nostre aspettative non saranno deluse. La pista non ha nessun problema: si snoda tra campi e colline e villaggetti vari con punti di riferimento sempre certi: impossibile sbagliare qui. Guarn Alfaya e Tajerouine sono i riferimenti per questo tratto. Da meta’ pista in poi il panorama e’ dominato dalla forma squadrata e imponente della Table de Jugurtha:eccezionale.Da sola vale una deviazione nel Nord Ovest tunisino.
E’ un tavolato roccioso, piatto alla sommita’, dal quale si gode di una vista realmente impagabile sulle pianure circcostanti. La pista ci conduce al paesino di Kaalat es Sinan,dove pernottiamo: a farne le spese e’ un poveraccio Algerino che viene letteralmente buttato fuori dalla propria stanza per far posto ai sottoscrittti: situazione imbarazzante al limite dellíingestibilita’. Da Kaalat es Sinan lungo una strada asfaltata ci si avvicina alla Table. Appena si scorgono delle case si devia sulla sinistra sulla pista rocciosa che gira intorno al massiccio. La pista si fa sempre piu’ ripida e rocciosa:sassi, capre e ripidi pendii a sinistra,Guglie e pareti a strapiombo a destra.Seconda ridotta. A un certo punto una deviazione a destra ci apre una piccola pianura dove si puo’ lasciare il mezzo e salire a piedi fino alla sommita’ della Tavola. Incredibile:scale!!.Il tracciato(10 minuti ma molto ripidi)e’ comunque facile e sicuro perche’ non si tratta díaltro che di salire una scala scavata nella roccia e assolutamente non esposta:e mollatela sta macchina che qui ne vale proprio la pena!!! (e poi due passi non vi fanno neanche male..).Inutile dire che anche li’ in cima appare il solito pastore… La giornata terminera’ con il nostro arrivo a Gafsa, la prima “oasi” del sud.
Dalla Table de Jugurtha la pista ritorna sul fondovalle e ci porta fino a Kaalat Kasbah. Il percorso continua su asfalto passando per Thala,Kasserine e Feriana. Da qui una bellissima deviazione di circa 50 km all’interno di uno Oued ci portera’ quasi a Gafsa. Due fennec ci accompagnano per brevi tratti. Gli argini del oued non sono sempre definiti e in alcuni tratti addirittura líunico segnale che identifica il corso del fiume sono le latte arrugginite e le varie immondizie che la poca acqua (quando c’e’!!) si porta da chissa’ dove. Gafsa.E si capisce che si sta cambiando terra… Certo e’ solo un assaggio, ma il cambiamento di paesaggio dei 50 Km che precedono la cittadina e il clima stesso di Gafsa fanno intendere che stiamo per cominciare…. Finiamo la giornata girovagando per la citta’ vecchia dove ci concediamo un ricco cuscus. La mattina,dopo uníoretta spesa nel souk, andiamo a fare colazione nellí oasi: il pane di miglio si sposa benissimo con la nutella di casa nostra, e a quanto pare il mix e’ gradito anche a un anziano personaggio che trascorre con noi questa pausa relax tra le palme. E poi via per Gabes
Tutto asfalto, tutto dritto, per fortuna il supplizio e’ breve. Non sostiamo nella cittadina marittima, ma ci dirigiamo subito allí imbocco della pista che ci portera’ fino a Matmata. Il riferimento di inizio pista era allucinante: chi di voi e’ stato in tunisia sara’ abituato a vedere degli enormi cippi di pietra con indicazioni o anche senza scritta alcuna., Bene, il nostro cippo di riferimento era invece alto 10 cm (sto esagerando in eccesso !!) e nascosto tra bassi cespugli. Questo significa che per un ora due poveracci hanno vagato a piedi su un tratto di 2 km circa cercando un maledettissimo microcippo (andar per funghi in tunisia a fine luglio non e’ il massimo della vita ….calma africana…) La pista si snoda tra Oued e aride campagne non sempre ben segnalata (un paio di tratti lunghi 2 o 3 km sono proprio a libera fantasia)ma comunque facile. Si scoprono angoli realmente suggestivi: panorami da presepio, piccoli villaggi e radure di palme.Si impongono soste frequenti: e il tempo non basta mai per apprezzare appieno l’ ambiente che ci circonda. HDJ80. Ho imparato ad odiare questo veicolo. Il gran Toyotone era un mito, ma ora basta!! Le prime ore del mattino vedono Matmata riempirsi di fuoristrada provenienti dalla costa e carichi di turisti. Il primo impatto e’ allucinante, ma in realta’ non ho ancora ben capito se la vera Matmata e’ quella che abbiamo trovato noi al crepuscolo della sera precedente e questi turisti stanno rompendo un incantesimo, oppure questa e’ la realta’ in cui noi siamo capitati, sbalzati dal sogno surreale che ci ha accompagnato per tutto il tragitto effettuato ieri. Poco male: ora non ho tempo per pensare a queste cose, devo preoccuparmi della ruota che qualche buoníanima pia ci ha bucato questa notte……(da notare:unica foratura in 5000 km…). Il tempo vola quando ci si diverte !! ridendo e scherzando a ruota riparata e’ gia’ mezzogiorno: si parte per Chenini.
Tutto sterrato chiaramente. Techine, Beni Keddache e poi Ksar Hadada, dove ci fermiamo per una Boga e per visitare lí albergo ricavato da cio’ che resta di un enorme villaggio fatto solo di gorfas.Non male. Facciamo appena in tempo a berci i nostri boissons e a scambiare due chiacchere con un personaggio locale che arriva un Toyota. La smacchinata di turisti (tra líaltro di Milano) sgrana gli occhi appena vede la nostra targa: due palle veloci e ci eclissiamo. Chenini e la moschea dei 7 dormienti. E un caldo da ricovero. Non ricordo bene che ore fossero, ma non resistiamo piu di 20 minuti al sole: forse non eravamo ancora abituati perche’, a pensarci ora e paragonando la situazione ad altre con badile e piastre in mano, in fondo non era poi cosi’ male…
Lasciamo Chenini e prendiamo la pista verso ovest che porta a Ksar Ghilane. 45/50 Km circa di terreno misto ,a tratti sabbioso ma mai impegnativo. La pista e’ sempre ampia, molte volte si divide per ricongiungersi sempre fino a raggiungere la pipeline che da El Hamma porta a El Borma e poi a Bordji el Khadra. Noi comunque ci fermiamo prima: ormai e’ quasi buio, a ksar Ghilane mancano 25 Km … Troviamo il Cafe’ de Nomades-Sahara Club, un simpatico locale stile pub irlandese in mezzo alle dune con litri e litri di fresca Guinness alla spina…Probabilmente e’ líeffetto del sole, ma in quel momento la capanna di foglie di palma di Naceur e Ahmed e’ molto molto meglio di qualsiasi pub, soprattutto perche’ cíe’ acqua. Fresca.Ci fermiamo a dormire con loro.
Líospitalita’ si esprime da entrambe le parti nello scambio di cibarie: loro ci cucinano il pane nella sabbia e noi la pasta.. sempre nella sabbia perche’ nel frattempo si era alzato un vento caino. Credo sia opera della stessa beneamata fortuna che ci ha offerto la piacevole serata in dogana… La mattina ci salutiamo di buonora dopo le foto e il rituale scambio di indirizzi. Ci si incontrera’ di nuovo ,inschallah… Raggiungiamo e oltrepassiamo la pipeline:la sabbia di prima mattina e’ tutta uníaltra cosa, e anche il Toyota e’ contento..Oltrepassiamo la colonna Leclerc ed entriamo nellíoasi per raggiungere il Camping Paradis. Qui troviamo ad attenderci Aissa con le autorizzazioni militari: questo pezzo di carta sara’ nostro compagno inseparabile fino oltre Remada.Ci rinfreschiamo e ci godiamo per un paio díore la tranquillita’ mattutina dellíoasi (sappiamo bene che il pomeriggio e’ tutta uníaltra cosa… vedi Matmata!!) e verso le 10 facciamo il pieno ai serbatoi, medichiamo un poveraccio con una mano ustionata e partiamo per El Borma. Decidiamo di effettuare una deviazione dal nostro roadbook e di saltare Bordji Bourguiba proseguendo diretti verso sud sulla vecchia pipeline.Da Ksar Ghilane torniamo sulla pipeline che avevamo oltrepassato in mattinata:la imbocchiamo in direzione sud.Dopo il prmo controllo militare (a circa 30 km) la pista peggiora leggermente, ma e’ sempre uníautostrada anche se spesso invasa da sabbia e dunette.. Il bello viene ora, cioe’ non appena oltrepassiamo la deviazione per Bordji Bourguiba.Líunico nostro riferimento e’ un punto gps a 90 km circa che dovrebbe essere il luogo in cui la vecchia pista si riunisce alla pipeline da Bordji Bourguiba. La pista si fa piu’ incerta e in tratti sempre piu’ frequenti e sempre piu’ lunghi lascia il posto a cordoni di dune (comunque non molto alti) o a piane sabbiose. Ho sempre sostenuto che il GPS fosse uno strumento divino, ma mai come in quel momento lího considerato un dono del cielo .A parte un paio di sabbiature non molto gradite non ci sono stati problemi.In molti tratti abbiamo dovuto ispezionare a piedi il terreno per trovare i passaggi migliori e per individuare brandelli e residui di pista allí orizzonte.Calma africana. A un certo punto , dopo una discesa da alcune dune il terreno si faceva piu’ ampio e non cíera piu’ una direzione intuitiva se non quella del gps., senonche’ scorgiamo in lontananza, 200 mt sulla sinistra, un copertone.. ci avviciniamo…. una scritta bianca indicava El Borma a sinistra scostandosi leggermente dall’indicazione del satellitare. Líunico riferimento degli ultimi 80 Km….. ci sentiamo a casa. 15 Km dopo circa raggiungiamo la pipeline che ci portera’ verso sud. La tensione cala e ci permettiamo un quarto díora di relax in mezzo al nulla: una sigarettina e una cassetta dei Doors. Sulla pipeline la presenza umana non manca mai, e questo, quando si viaggia in due con un solo veicolo, e’ un conforto psicologico da non sottovalutare… .Proseguiamo per poi deviare a ovest verso El Borma.
Gli ultimi 60 km valgono da soli tutto il viaggio. Ci stiamo avvicinando al confine algerino e contemporaneamente entriamo sempre piu’ nel Grande Erg Orientale. La pista e’ sempre buona, ben definita e anche se molto sabbiosa non presenta alcun problema. Líauto procede serpeggiando tra cordoni di dune alte piu’ di trenta metri. Stazione petrolifera di El Borma: e’ difficile immaginare posto piu’ squallido. 100 Km quadrati di pozzi, trivelle, containers e di tubi che corrono ovunque sopra e sottoterra sono uno spettacolo abominevole, ma sono anche il 60% dell’ economia tunisinaÖ.Ci concediamo un piccolo lusso (.. e lo paghiamo caro: 34 D in due !!) e dormiamo alla base petrolifera: comodissimi containers con aria condizionata, doccia e frigo (udite, udite..) pieno d’acqua fresca!!
Il giorno seguente lasciamo El Borma direzione El Khadra effettuando una deviazione in fuoripista che ci portera’ a incontrare la pipeline un po’ piu’ a sud, dopo una trentina di km. con poca sabbia. Kilometri di tole e sabbia (.. con un paio di piantate e relative sbadilate..) ci accompagnano fino a El Khadra che ci appare verso le 4 del pomeriggio come una bellissima macchia verde. Formalita’ solite alla caserma: chiediamo indicazioni per raggiungere il mitico palo dei tre confini (libico,arlgerino e tunisino) e ci sentiamo rispondere che non ci sono problemi, basta proseguire su pista sabbiosa per 2 o 3 kmÖ.. ah, un particolare.. attenti perche’ sia a destra che a sinistra ci sono le mine, ma se andate tranquilli pas de problem. Il nostro spirito eroico decide che forse una Apla’ al baretto di Monsieur Dhau e’ molto piu’ interessante di un pezzo di ferro piantato nella sabbia. Restiamo. Una doccia fredda (veramente fredda perche’ li’ il pozzo pesca molto in profondita’ e la pressione e’ cosi’ elevata che l’ acqua resta fredda) ci rimette in sesto e dopo un paio d’ore decidiamo di ripartire anche perche’ l’asse posteriore perde olio (paraolio e cuscinetto ci hanno salutato..). Sono ormai le sei: viaggiare e’ bellissimo quando puoi abbassare i finestrini e accorgerti che li’ fuori qualcuno ha spento l’enorme phon che ci accompagna per tutta la giornata.Arriviamo a M’Chiguig e decidiamo di montare il campo pchi km dopo il controllo militare. E’ quasi buio ormai e sfruttiamo gli ultimi chiarori per consumare la nostra cena (solito tonno, sgombri, fagioli e frutta secca).Sentiamo dei latrati di cani in lontananza e giustamente non ce ne preoccupiamo. All’ alba mi sveglio con un cane che mi guarda negli occhi attraverso la zanzariera. Un autentico relax. Superato il problema “cane affamato” partiamo immediatamente verso birzar/lorzot/remada, ma dopo pochi km di tole la nostra bagagliera ci regala un’ora di svago, crollando letteramente sul tetto tranciando di netto gli otto punti di supporto. Abbandoniamo la traditrice ai lati della pista e cerchiamo di stipare il tutto alla meno peggio all’ interno. Purtroppo dovremo lasciare anche altre cose, ma ci accorgeremo presto che nel deserto nulla va perdutoÖ Ci fermiamo a una stazione di pompaggio per fare gasolio e colazione e poi via senza piu’ soste rilevanti ( ne’ volute e ne’ forzate nonostante il problema al semiasse sia sempre piu’ evidente) fino a Remada. Micropausa the/boga. Macro pausa relax a El Achouch, piccola oasi a pochi km da Remada. Per sera siamo a Tatouine:la civilta’, purtroppo..forse.Pero’ qui c’e’ un albergo e ora ne abbiamo bisogno.Ci fermiamo due notti per poter visitare Medenine e Ouled Soltane (bellissime gorfas anche se un poí a pezzi!! Occhio ai bambini:sembra di essere in Marocco).Il giorno seguente incontriamo due ragazze spagnole che girano la Tunisia con mezzi locali (bus e louages): divideranno con noi le disavventure dei 7 giorni che seguiranno.
Da Tatouine ci spostiamo a Ovest, quindi trasferimento su asfalto a Gabes, El Hamma., Kebili fino a Douz. Attraversando Gabes improvvisamente blocco l’auto. Incredilbile: in un negozietto “di tutto un po'” sotto un portico, in mezzo a ogni tipo di cianfrusaglie si erge gloriosa la nostra bagagliera. Ci fermiamo a parlare con il personaggio che l’ha ritrovata:e’ proprio lei, ed e’ arrivata prima di noi !!
Da Douz, Timbahin era la meta che ci eravamo prefissi, ma il solito paraolio ci fa capire con eloquenti e convincenti spruzzate d’olio che non e’ il caso di insistere. Optiamo per una piu’ salutare escursione a Zaafrane, Sabria e El Farouar. Qui proseguiamo deviando su una pista sul chott dove veniamo raggiunti da un vecchio toyota. A bordo ci sono dei personaggi che avevamo conosciuto a El Farouar: vogliono fare una foto. Siamo poi invitati a seguirli per una quarantina di km di chott, fino ad arrivare all’ impianto di perforazione petrolifera in cui lavorano. Sono dei tecnici di una societa’ Ungaro-tunisina che sta sforacchiando mezzo chott. Ci abbeverano e rifocillano abbondantemente. A grande richiesta (nostra) il capo campo ci infila 4 elmetti e ci porta a visitare l’impianto. Prima di salutarci siamo nuovamente omaggiati di un cartone colmo di frutta varia e acqua fresca. E’ chiaro che non ci sono parole di ringraziamento sufficienti a manifestare le sensazioni che origina un incontro come questo .Al ritorno ci coglie il tramonto: ne approfittiamo per fermarsi sul chott a cenare con l’ottima frutta ricevuta. Ripianificando l’itinerario con le nuove variazioni dovuti allo stato del mezzo, ci accorgiamo di avere giorni in piu’, per cui decidiamo in una pausa relax da trascorrere nella “piscina” di Ksar Ghilane. 3 ore scarse di pipeline da Douz e siamo ancora da Aissa. Pomeriggio in totale immersione
Vogliamo dormire sotto le stelle: prendiamo in prestito delle coperte e verso sera ci spostiamo verso la “capanna-bar” di Naceur e Ahmed. 40 minuti scarsi di pista e siamo li’, questa volta ospiti dei nostri amici. Dopo un ottimo cuscus passiamo la serata con improvvisate taniche-bonghi ad accompagnare canti italo-ispano-berberi fino a quando ci addormentiamo avvolti nelle coperte e negli cheche. Il giorno dopo ci portera’ (dopo aver salutato gli amici di ksar ghilane, restituito le coperte e soprattutto i visti militari) verso Tozeur.
Procediamo su pipeline fino a El Hamma.C’e’ della sabbia ma senza problemi: si viaggia veloci ma a un certo punto l’auto si impunta, sbanda violentemente a sinistra per poi rimbalzare a destra. Un onda di sabbia rossa si abbatte sul parabrezza e in un attimo invade l’abitacolo: per fortuna siamo fermi .. e dritti !!. Gli unici 100 mt di pseudo-fechfech gli abbiamo beccati noi:giu’ dall’ auto si sprofonda fino al polpaccio. Per fortuna lo strato non e’ profondo e lentamente l’auto supera il tratto molle. E si riparte. Dopo parecchio asfalto passiamo Kebili e siamo sul Chott el Djerid. Abbandoniamo l’ asfalto per proseguire paralleli a 200 mt sul chott. Dopo qualche km ci riavviciniamo alla strada per risalire ma, a circa 20 mt, la crosta si rompe all’ improvviso e la sgasata riesce solo a portare al sicuro le ruote di destra: l’ auto e’ bloccata: il fango impedisce l’ apertura della portiera sinistra e le ruote sono praticamente sommerse. L’ inclinazione e’ quasi a trenta gradi.Nei tentativi per uscire dal fango il ponte posteriore si riempie di sale. Molta gente si ferma per aiutarci senza esito alcuno. Si spala parecchio (senza esito) con le gambe immerse nel fango caldo. Una HJ60 rischia di piantarsi con noi e un camion non ce la fa. Vittorio parte verso Tozeur con il francese dell’ HJ60 per recuperare dei mezzi agricoli. All’ auto restiamo io, Silvia e Ingrid. Sono passate quasi 4 ore, Vittorio non si vede ed e’ ormai il tramonto:mi sto preparando a montare la tendina quando si ferma un autobus con due libici. Per fortuna hanno un cavo d’acciaio molto lungo che, unito alla strop, consente il traino direttamente dall’ asfalto. Un paio di tentativi, un gancio di traino quasi strappato, e siamo fuori. Ringraziamenti, strette di mano e foto si sprecano. Dopo circa 20 minuti arriva anche Vittorio: l’ auto cammina senza apparenti danni rilevanti per cui possiamo raggiungere Tozeur, dove il mezzo si meritera’ un lavaggio coi fiocchi: il fango salato e’ veramente micidiale e si infila proprio dappertutto, indurendo poi in pochissimo tempo.Scopriamo a questo punto che la fragilita’ dello strato di sale vicino alla strada e’ dovuto alla strada stessa, che con il peso del suo terrapieno impedisce il formarsi di una crosta solida.
Con base Tozeur,visiteremo poi le oasi di montagna di Chebika (cascatina con inevitabile doccia..) Tamerza e Mides (tutti alla sbarra del confine algerino!!).Da Tozeur e’ un lento ritorno. Le tappe saranno Karouan, l’antica citta’ santa, e poi Monastir (sigh!non andateci mai..)dove saluteremo le nostre amiche. A El Fahs non c’e’ albergo e questo ci ha dato la possibilita’ di assaggiare ancora una volta l’estrema cordialita’ e generosita’ dei tunisini. A tarda sera stavamo armeggiando sotto l’auto senza sapere ancora dove dormire quando ci si presenta Faissal: parla italiano e ha capito che siamo messi malissimo. Siamo suoi ospiti. Il giorno dopo, dopo una mattinata passata nell’officina di un suo amico a riparare i danni della tole e del chott, cuciniamo pasta per tutti. Ripartiamo:sosta a Beja. Sosta forzata a Tabarka:il differenziale ci avverte con un rumore simile a un coro di cammelli che e’ rimasto senza olio. Rimpiazziamo l’olio, ma il paraolio e’ comunque rotto e il tamburo si sta impastando d’olio e fango ( il surriscaldamento era costante,la frenata era zero). E’ sera tarda: Tabarka ha prezzi da ladrocinio (tutti gli hotel sono pieni: un criminale ha il coraggio di chiederci 40 D per dormire su una terrazza !!) quindi decidiamo di spostarci verso Biserrte e di dormire in un bosco. Siamo fermati dalla polizia: quattro balle e una sigaretta.. Gli spieghiamo dove dormiremo e loro ci indirizzano a Sidi Mechreg.E’ una piccola spiaggia con un albergo tranquillo ed economico.Un giorno di mare ci fa bene: forse stavolta torno fresco e riposato e guardandomi mia madre non dovra’ vergognarsi ancora di me !! Sono le ultime tappe.
Biserte (non ne vale la pena..), Mateur e Tunisi. E’ il 20 agosto e ormai siamo imbarcati: scorre lento il tempo quando intorno hai solo mare. Scorre lento il tempo quando stai per ritornare e ancora non hai trovato un motivo per cui ne valga la pena. Strani pensieri, sempre presenti ad ogni fine, sempre pronti ad annegare nelle prime settimane che verranno.Fino a quando un nuovo partire non sara’.
Buona strada a tutti