By Nicola e Clara
Originally Posted Wednesday, December 31, 2003
Tunisia 2003 – 2004:
le oasi di montagna, il “Festival del Sahara” a Douz e i villaggi berberi
di Nicola e Clara
(fotografie di Cristina, 12 anni)
Parte 2 (vai alla parte 1 vai alle notizie utili)
Troviamo un artigiano che vende tappeti “naif” in lana da lui prodotti. Ne acquistiamo uno molto bello, bianco, con rilievi fatti in fibra di palma rappresentanti capanne, cammelli ed altri oggetti, bordato con alcuni pendagli di pietra nera con la forma della “mano di Fatma“. Andiamo poi alla “maison de la Culture” dove è allestita una mostra artistica con dipinti, foto ad altre attività inerenti la vita sahariana. Interessante una rassegna di erbe medicinali organizzata da un esperto, che fra l’altro ha messo in mostra vecchie foto di Douz risalenti all’inizio del secolo, particolarmente interessanti per gli appassionati di fotografia.
Il pomeriggio abbiamo in programma di tornare alle 15 sul piazzale delle manifestazioni per la seconda giornata del festival. Purtroppo un problema “dentistico” di mia figlia (la minore) ci costringe a rinunciare. Lo studio del dentista, essendo domenica, è chiuso. Rimandiamo pertanto la visita al giorno dopo.
I nostri amici vanno invece al festival dove c’era stata in precedenza l’inaugurazione. Ci dicono poi che è meno interessante del giorno prima: in pratica si attende l’arrivo dei partecipanti alla maratona dei cavalli partita la mattina presto. Il pubblico è intrattenuto con esibizioni di danzatori.
29 dicembre 2003 – Il programma di oggi prevede il giro delle oasi di Zaafrane, Es Sabria, Al Faouar, il ritorno a Douz e il proseguimento per Matmata. Dobbiamo però andare prima dal dentista per cui la partenza è momentaneamente rimandata.
Alle 8.30 siamo al suo studio, aperto a quell’ora come indicato sulla targa apposta all’esterno della casa (in effetti la targa era scritta in arabo e l’unica cosa comprensibile erano i numeri da cui abbiamo dedotto che si trattasse dell’orario di visita). C’era solo la collaboratrice che si è affrettata a cercare per telefono il dottore.
Arrivato dopo un’oretta, ci ha lungamente intrattenuto parlandoci dei suoi studi in Francia e della sua attività nella regione. Era una persona giovane, simpatica, molto colta che si vedeva aveva piacere a parlare con degli stranieri. Comunque noi eravamo sulle spine perchè avevamo fretta di partire e cercavamo di “tagliare” i convenevoli. Risolve velocemente il problema di mia figlia togliendole due denti da latte.
Facciamo ritorno al campeggio dove nostri amici ci stavano aspettando. Parlando, conveniamo che non ci piace che abbiano “bidonato” i nostri figli con dei tatuaggi fasulli, e decidiamo di andare a protestare. Entriamo tutti nel negozio e cominciamo a reclamare: il giorno prima ci avevano raccontato balle sulla durata del tatuaggio e noi pretendiamo la restituzione dei soldi. Il “tatuatore” cerca di giustificarsi ma le sue scuse non reggono a lungo e spinto dal padrone del negozio, che evidentemente è informato del problema, ci restituisce i 18 DT. Promettiamo di fargli una pubblicità negativa
Chiusa la spiacevole parentesi e poiché è quasi mezzogiorno decidiamo di ridurre il giro previsto arrivando fino a Zaafrane. Lasciamo il campeggio (4 DT a persona, 4 DT il camper, 1 DT l’elettricità) e imbocchiamo la strada che si inoltra verso il deserto. Si cominciano a vedere le prime dune, l’inizio del deserto del sud. Superiamo Zaafrane di alcuni km . Vorremmo proseguire, immaginando la bellezza del paesaggio che si potrebbe vedere, ma purtroppo non abbiamo il tempo.
Per chi vorrà passare una notte nel deserto dopo Zaafrane sulla destra della strada (mi sembra all’altezza del km 27, ma non sono sicuro) si vede una vecchia pista chiusa da un mucchio di sabbia. Proseguendo lungo la strada si incontra di nuovo la pista sulla destra. Entrando da questa parte è possibile inoltrarsi lontano dalla strada e sostare. Vediamo parcheggiati due camper italiani che avevamo già incontrato in altri posti. Invertiamo la marcia e facciamo ritorno a Douz. Riattraversiamo il paese e imbocchiamo la direzione di Matmata. Un leggero vento solleva la sabbia creando bellissimi effetti sull’asfalto. Verso la metà incrociamo il bivio sulla destra che porta verso a Ksar Ghilane. Verrebbe voglia di infilarsi nella pista, ma sulla base delle informazioni che abbiamo non sembra percorribile dai nostri mezzi.
Prima di arrivare a Matmata si incominciano e vedere alcune abitazioni scavate nella montagna con bambini che ci invitano ad entrare. Arrivati in paese veniamo avvicinati da una guida turistica (così diceva il tesserino appuntato sulla giacca) che ci propone la visita alle abitazione sotterranee. Noi le abbiamo già visitate lo scordo anno, però le abbiamo messe in programma anche questa volta per i nostri amici. Sono qualcosa di particolare che va assolutamente visto.
Parcheggiamo nel piazzale davanti all’albergo “Sidi Driss” dove anni fa hanno girato alcune scene di “Guerre Stellari” e iniziamo la visita. Il giro è pressoché identico a quello dello scorso anno, con la differenza che la guida di allora parlava molto bene l’italiano ed era stata estremamente prodiga di spiegazioni. Questa invece, probabilmente per problemi linguistici, è poco loquace.
Le abitazioni troglodite sono scavate nel terreno argilloso ed hanno una profondità che varia dai 5 ai 10 metri. Sono costituite da un pozzo centrale nelle cui pareti sono poi scavate le camere. Quelle sul fondo del pozzo servono per abitazione o ricovero degli animali. Quelle più in alto sono usate come granai. Hanno la caratteristica di mantenere una temperatura costante vicino ai 22° sia in estate che in inverno.
Sono interessanti da visitare anche se si prova un po’ d’imbarazzo ad entrare in casa d’altri. Per gli abitanti è un modo per guadagnare qualche dinaro.
Penso che ormai siano poche le persone che si adattano a vivere in queste abitazioni. Tutto intorno si vedono casette in muratura e un gran numero di antenne paraboliche sul tetto.
La guida non manca naturalmente ci portarci all’albergo di “Guerre Stellari” le cui camere sono scavate nella roccia. Ce ne indica due in cui si può entrare. Avranno il vantaggio della temperatura costante, però entrando, il cattivo odore (di piedi) fa rimpiangere la mancanza di ricambio d’aria.
In ogni modo la visita è stata interessante e ai nostri amici è piaciuta molto. Paghiamo alla guida la cifra concordata (3 DT a persona) e gli regaliamo alcune confezioni di biscotti per i suoi figli.
Ripartiamo in direzione di Gabes, dove abbiamo intenzione di trascorrere la notte (lasciando la piazza dell’albergo sbucare sulla strada principale, girare a sinistra e proseguire sempre dritto. Girando a destra invece si imbocca la strada che porta verso Medenine. Per errore l’abbiamo percorsa per una decina di km. E’ migliore dell’altra perché è stata appena rifatta ed allargata, però ci è stato detto che ad un certo punto i lavori sono interrotti e non è percorribile dai nostri mezzi. In effetti, le informazioni che abbiamo raccolto su internet sconsigliano ai camper di percorrerla. Può darsi che l’anno prossimo sia completata e si possa arrivare direttamente a Medenine con un bel risparmio di tempo e km).
Arriviamo a Gabes verso le 19. La nostra meta è “place de la Libertè”, dove sarebbe possibile parcheggiare per la notte, ma nessuno, neanche alcuni poliziotti a cui chiediamo informazioni sanno dove si trova. Decidiamo di provare a vedere se possiamo fermarci nel parcheggio di qualche albergo. Verso la zona del porto troviamo l’hotel Oasis. Chiediamo alla reception ma ci negano il permesso. Ci indirizzano al “Centre de stage et de vacances” dove sarebbe possibile sostare. Chiediamo informazioni nessuno però sa dirci dove si trova, e peraltro dubitiamo che sia aperto in questo periodo dell’anno.
Decidiamo allora per una soluzione “fai da te”. La zona del porto è troppo isolata, buia e defilata e non ci dà sensazione di sicurezza. C’è una piazza con una specie di vascello luminoso. Dandogli le spalle parte un viale che va verso l’interno. Ad un certo punto si biforca in due strade. Alla biforcazione c’è un giardino cintato e dietro al giardino una piazzetta, di fronte ad una locale dove servono succhi di frutta. Parcheggiamo in questa piazzetta e passiamo tranquillamente la notte.
30 dicembre 2003 – La mattina presto partiamo alla volta di Tataouine. La meta sono i villaggi berberi di montagna e gli ksar . Passiamo la cittadina e ci dirigiamo verso Douiret, che si trova sulla strada per Chenini.
Questo villaggio berbero, non sembra essere una meta turistica dei viaggi organizzati, per questo è pressoché deserto. Parcheggiamo i mezzi e cominciamo a salire il sentiero. Il villaggio è arroccato in cima ad una collina. Nella parte bassa c’è una bella moschea bianca ristrutturata. Girando poi tra i resti delle casupole si nota lo stato d’abbandono e la mancanza di restauri.
Solo poche abitazioni sono in buono stato. Su una c’è una targa che menziona il progetto di un ente (ASNAPED) mirante al recupero della zona. Chissà quanto tempo ci vorrà! Tra le case purtroppo si vede molta immondizia, rottami, sul tetto di una addirittura 2 copertoni d’auto. E’ un vero peccato che non sia fatta pulizia.
L’insieme delle casupole è affascinante. Ai piedi del paese si vedono numerose tombe di santoni (marabutti). La sorpresa si ha quando si giunge sulla cima: nella vallata alle spalle si vedono ancora decine e decine di casupole costruite sul versante della collina. Volendo è possibile scendere un sentiero e risalire sul versante opposto per visitarle. Sembra che alcune siano ancora abitate.
Lasciamo Douiret e ci dirigiamo a Chenini, altro villaggio berbero, a pochi km di distanza. Il paesaggio che si attraversa è veramente incantevole. Lungo la strada si possono vedere vaste macchie di ulivi. In questa zona arida, priva di sorgenti sotterranee d’acqua, è stato possibile introdurre la coltivazione degli olivi grazie ad un sistema di irrigazione chiamato “jessour”. In pratica si tratta di piccole dighe che trattengono l’acqua piovana e i sedimenti. L’acqua è assorbita lentamente dal terreno e lo mantiene a lungo umido, mentre i sedimenti gli portano nutrimento. Leggeremo poi nel libro acquistato al museo di Tataouine che sulla strada d’Ezzahra un gruppo di ulivi ha prodotto in una raccolta quasi 1.000 litri di olio.
Dopo pochi km scorgiamo il paese arroccato sulla montagna di fronte. Sulla destra spicca la sagoma bianca della moschea. Ricordo che, quasi vent’anni fa, quando vidi per la prima volta Chenini fu arrivando con il fuoristrada attraverso una difficile pista di montagna Oggi è una meta turistica “gettonata” e ci sono parcheggiati pullman e numerosi fuoristrada delle solite agenzie. Troviamo anche noi un posto per sostare e iniziamo la visita. In effetti, è più bello vederlo da lontano che girare all’interno a piedi. Le costruzioni sono tutte diroccate, non sembra esserci un progetto di recupero, ma quello che soprattutto lascia sconcertati è la gran quantità di immondizia, bottiglie di plastica e rottami di ogni genere in mezzo alle rovine.
Questo fatto ci lascia un po’ delusi e non saliamo neanche fino in cima alla collina. Scattiamo alcune foto e ripartiamo dirigendoci alla volta di Guermessa che, come ci ha detto un altro amico viaggiatore, Giacobbe Vallarelli, è un posto veramente bello ed e soprattutto fuori degli itinerari turistici. Per raggiungerlo bisogna andare in direzione di Tataouine e qualche km prima si trova il bivio sulla sinistra. Sulla carta è segnata anche una strada che poco dopo Chenini raggiunge direttamente Guermessa, ma si tratta di una pista non percorribile dai camper (almeno per il momento).
Raggiungiamo il paese nuovo e un cartello indica la direzione per il vecchio villaggio berbero. E’ arroccato sopra uno sperone roccioso. Per visitarlo bisognerebbe percorrere un lungo sentiero su per la montagna e ci vorrebbero alcune ore Ormai è pomeriggio e purtroppo il tempo non è sufficiente. Quello che si riesce a vedere sembra in uno stato migliore dei precedenti. Mentre scattiamo alcune foto arriva un funerale che si dirige verso il cimitero che si trova proprio davanti a noi. Il defunto è trasportato sul pianale di un furgone, avvolto in lenzuolo bianco. Il veicolo è seguito da un gruppo di persone che recita preghiere, tutti uomini, vestiti col classico burnus di lana e il cappuccio sulla testa. Con discrezione ripartiamo per non disturbare la cerimonia.
Ci dirigiamo verso Tataouine. C’è ancora un’ora di sole e decidiamo di chiudere la giornata visitando Ksar Ouled Soltane, che si trova circa 20 km. Veramente affascinanti i paesaggi che si attraversano. Ad un certo punto all’orizzonte appare una collina con arroccato in cima lo ksar. Dopo una breve salita si entra nel centro del paesino. Lo ksar è molto piccolo e ben tenuto. Una rapida visita e via. Si sta facendo buio e la strada non è molto bella da percorrere di notte.
Tornando da Guermessa in direzione di Tataouine, poco prima di immettersi sulla strada P19 che conduce a sud, sulla sinistra c’è un l’hotel “Nabrouk”. Di fronte c’è uno spiazzo cintato, chiamato “camping” dove è possibile sostare per la notte (10 DT per camper). Non c’è elettricità, né acqua. Di fianco c’è un piccolo edificio con una cupola: è il “Museè de la Memoire de la Terre de Tataoiune”, altra meta del nostro viaggio, che visiteremo l’indomani.
L’albergo ospita parecchi italiani giunti in fuoristrada e moto la cui destinazione è Ksar Ghilane dove per il 31 è previsto un raduno organizzato da un’associazione di appassionati dell’Africa. Chiediamo alla reception quanto potrebbe costare noleggiare un fuoristrada con autista. Ci chiedono 300 DT per auto. Ci sembra una cifra spropositata considerando che dovrebbe essere distante non più di 80 km; lo scorso anno ci avevano chiesto 200 DT ma da Douz, molto più lontana. E’ chiaro quindi che cercano di approfittarsene. Accantoniamo l’idea di vedere questa oasi (io l’ho già vista vent’anni fa, quando non c’era nulla, solo una pozza d’acqua calda che sgorgava dalla sabbia e qualche tenda di nomadi. Sembra che adesso abbiano costruito una piscina e che ci sia anche un albergo di tende, perciò non mi dispiace più di tanto…)
31 dicembre 2003 – Prima di partire visitiamo il museo. Nato 5 anni fa è patrocinato da un ente di stato, l'”Office National des Mines” ed è a carattere paleontologico. Vi sono esposti reperti fossili, geologici, preistorici, campioni di flora e fauna, informazioni sui tuareg, una panoramica completa della vita del deserto. Il suo curatore principale è un italiano, Marino Zecchini, esperto di etnografia dei paesi arabi del Sahara. Prima di partire ho avuto con lui uno scambio di e-mail e mi è dispiaciuto non poterlo conoscere di persona. In quei giorni era impegnato nella partecipazione al festival di Douz come relatore di alcune conferenze relative al Sahara.
Il depliant illustrativo del museo dice che è possibile, su richiesta, organizzare un giro di circa 50 km nella zona circostante per visitare siti dove sono stati ritrovati resti di dinosauri. E’ una visita veramente interessante per chi si trova nella zona.
Il sito internet del museo è: http://members.lycos.fr/aamtt/
Un accurato dettaglio delle attività si possono trovare su: http://digilander.iol.it/programmasahara
Molto interessante il libro “Scoprire la Tunisia del sud: da Matmata a Tataouine, Ksour, jessour e trogloditi” scritto da Hédi Ben Ouezdou, geomorfologo insegnante ricercatore dell’università di Tunisi, che fornisce dettagliate spiegazioni sul paesaggio, sul territorio, sistemi di irrigazione (jessour), sugli ksour della zona. Una pubblicazione che permette di capire ciò che poi si vedrà viaggiando.
Dopo la visita partiamo per la tappa più lunga del viaggio di ritorno, El Jem. A metà strada, tra Medenine e Gabes, ci fermiamo a Mareth per visitare il Museo Militare della Linea Mareth. Prima della seconda guerra mondiale, nel 1936, i francesi costruirono una linea difensiva per prevenire un attacco degli italiani che si trovavano in Libia. I visitatori sono accompagnati da un militare che, in francese, spiega la storia della line difensiva e le vicende relative durante la seconda guerra. Vi sono alcuni plastici luminosi che ricostruiscono le fasi della guerra e i movimenti delle truppe. Nelle vetrine si possono vedere armi e divise dei vari eserciti. All’esterno ci sono ancora alcuni bunker e grossi cannoni. Vale la pena fare una sosta per conoscere un aspetto poco conosciuto della guerra svoltasi nell’Africa del Nord.
Riprendiamo poi il viaggio e finalmente verso le 19 giungiamo a El Jem. Ci fermiamo per la notte nel parcheggio davanti al colosseo, dove si può sostare senza problemi.
Poiché è la sera dell’ultimo dell’anno, ritardiamo la cena per poter brindare a mezzanotte. Naturalmente non manca il cotechino con le lenticchie. A mezzanotte breve brindisi e poi tutti a dormire.
1 gennaio 2004 – La mattina visitiamo i negozietti che si trovano attorno al colosseo. Personalmente sono interessato a monili antichi in argento. El Jem mi sembra il posto dove si trova la maggior scelta di oggetti di pregio, mentre in altre località ho visto in prevalenza articoli nuovi e di poco valore artistico. Passo in rassegna pressoché tutte le botteghe, cercando di farmi un’idea dei prezzi. In un negozio polveroso trovo uno specchio con una cornice in rame argentato ed intarsi in osso di cammello. E’ un oggetto che si trova anche in altri negozi, ma questo mi sembra abbastanza datato.
Facciamo poi altri acquisti presso due diversi negozi, che già conoscevo per la qualità della merce esposta, gestiti dalla stessa famiglia.. Uno si trova proprio di fronte all’ingresso del colosseo (Obay Taieb, Place le Colisé) e qui si possono trovare, tra l’altro, tappeti e bei piatti di diverse misure smaltati in un unico colore, con i bordi e il centro decorati in rame argentato e inserti in osso di cammello (chiari se il cammello è morto giovane e scuri se invece anziano, così mi hanno spiegato). Dopo lunga scelta ne acquistiamo due di misura media.
Nell’altro negozio, che si trova sotto i portici uscendo a sinistra, specializzato in argenti antichi, dopo una lunga trattativa compro un grosso pendaglio berbero, molto vecchio, lungo quasi un metro e pesante più di ½ kg , che va ad aggiungersi alla mia collezione di gioielli tuareg e berberi. Finiti gli acquisti, i nostri amici vanno a visitare il colosseo, che noi avevamo già visto nel viaggio precedente e noi torniamo al camper.
Durante il giorno il parcheggio, gratuito, è controllato da un poliziotto per evitare che i soliti venditori di finte”vere” monete romane e resti archeologici diano troppo fastidio ai turisti. Al momento di lasciare il parcheggio è probabile che si avvicini qualcuno con appeso al petto un illeggibile cartellino chiedendo soldi per la sosta. E’ chiaro che nulla è dovuto.
Ripartiamo per Nabeul. Facciamo però una sosta intermedia a Sousse: i nostri figli vogliono assolutamente un paio di quelle scarpe sportive viste nei negozi della medina durante il viaggio di andata. E così, vista la ragionevolezza della cifra richiesta, li accontentiamo. Acquistiamo le scarpe ad un prezzo che varia tra i 20 e i 26 DT a seconda del modello e della misura.
La sera arriviamo a Nabeul e ci dirigiamo al campeggio “Les Jasmin”, di fianco all’omonimo albergo. Il campeggio è pieno di fuoristrada e altri mezzi pesanti perché è un punto di sosta per molti che partiranno da Tunisi il giorno seguente, giacché in poco più di un’ora si può essere al porto di La Goulette. Qui ritroviamo i due italiani che avevamo conosciuto lo scorso anno, Silvano e Mario, che sono arrivati qualche giorno prima e che rimarranno fino a febbraio.
2 gennaio 2004 – Giornata di relax. E’ venerdì, giorno di mercato (quello di Nabeul sembra essere il più importante del paese) e decidiamo di andarlo a vedere. Dal campeggio al centro del paese ci sono poco meno di 2 km che facciamo tranquillamente a piedi. Dopo tanto tempo trascorso seduti viaggiando, una lunga passeggiata ci fa senz’altro bene. Il tempo è grigio, ogni tanto piove e fa sempre freddo.
Si attraversa la zona pedonale dei negozietti turistici e si sbuca sulla via delle bancarelle del mercato. Il mercato è molto lungo, però man mano ci si allontana la qualità della merce esposta (e i prezzi) diminuiscono. Si può trovare di tutto: magliette, vestiti, scarpe, ceramiche, jeans di marche note a prezzi stracciati (sicuramente imitazioni), oggetti di artigianato e oggetti d’argento o presunto tale, animali vivi, etc.
Un paio di bancarelle con alcuni bei piatti simili a quelli acquistati ad El Jem, attirano la nostra attenzione. Ne vedo uno particolarmente bello. Il venditore mi chiede 80 dinari. Con una risata gli dico che li posso comprare da un’altra parte a 20 DT e me ne vado. Pochi minuti dopo mi rincorre col piatto in mano e mi chiede un prezzo inferiore. Alla fine dopo un po’ di contrattazioni lo prendo per 25 DT. In un’altra bancarella ne acquistiamo altri più piccoli per fare dei regali. In pratica si può comprare la misura più grande a 25 DT, l’intermedia a 20 DT e la più piccola a 15 DT. Bisogna però osservarli bene sul davanti per verificare l’integrità delle applicazioni in rame argentato, la presenza di tutti i tasselli in osso e soprattutto che siano ben incollati al piatto; sul retro e sui bordi per verificare che non siano crepati o sbeccati e verificare la presenza dei buchi dove far passare un cordino per appenderli (attenzione: infilate qualcosa di sottile nei buchi per essere sicuri che sia passante!). Purtroppo non sono molti i piatti in perfetto stato.
Finiamo il nostro giro nel primo pomeriggio, sotto una bella pioggia, e le bancarelle cominciano a chiudere. Fa molto freddo e decidiamo di tornare al campeggio. Lungo la strada ci fermiamo in un negozio di ceramiche ONAT (consigliato dall’ufficio del turismo), sulla sinistra dopo aver superato la piazza con la grande fruttiera in ceramica, proprio di fianco alla facoltà universitaria di economia. In questo negozio è possibile vedere gli artigiani che creano e decorano vasi, piatti e altri oggetti lavorando la creta sui torni. Molto interessante per i bambini. Riprendiamo poi la strada del ritorno e torniamo ai nostri camper per un meritato riposo.
All’ora di cena decidiamo di cenare al ristorante dell’albergo. La sala però è piena di gente e l’aria è irrespirabile per il fumo. Con l’aiuto di Silvano parliamo col cuoco e dopo una mezz’ora abbiamo pronta per tutti una cena a base di brick, insalata tunisina, carne alla griglia, verdure e patate fritte, che possiamo gustare tranquillamente in camper. Il tutto per 68 DT (9 persone!)
3 gennaio 2004 – In teoria il nostro programma di viaggio prevede per oggi la partenza per Tunisi per poter visitare la città. Siamo però stanchi e l’idea di rimetterci in viaggio non ci alletta. Decidiamo quindi di riposare ancora un giorno andando a fare un giro ad Hammamet.
Prendiamo il bus che ferma proprio sulla strada principale e che ci porta direttamente in centro, vicino alla medina (biglietto 0,600 DT a persona). Facciamo un giro tra i vicoli caratteristici inseguiti dai soliti venditori. Esternamente alla medina hanno realizzato una bella passeggiata sul mare, che permette di girare intorno alla cittadella. Alla fine della passeggiata si sbuca su una piazzetta vicino al cimitero musulmano, proprio sul mare. L’ingresso ai non musulmani è vietato, però il muro di cinta è basso per cui si può guardare senza problemi Le tombe, molto semplici, sono segnate da una o due pietre verticali: indicano se vi è sepolto un uomo o una donna (non ricordo però la sequenza esatta). Dall’altro lato della strada c’è un piccolo cimitero cristiano, dove tra l’altro vi è la tomba di Bettino Craxi, proprio addossata al muro della medina.
Proseguendo per la strada si torna nella grande piazza sul mare. Questa strada potrebbe essere eventualmente presa in considerazione per trascorrere la notte ad Hammamet.
Sulla piazza sbuca la strada dove si trova la fermata dell’autobus che porta a Nabeul. Sul lato sinistro, dando le spalle al mare, appena iniziata la via c’è un piccolo supermercato e subito dopo, abbastanza nascosto, un piccolo locale dove è possibile acquistare alcolici (l’unico che finora ho visto). Qui si possono comprare diversi tipi di vino tunisino rosso o rosato a partire da circa 3,5 DT. Nel pomeriggio torniamo a Nabeul.
Anziché entrare in campeggio proseguiamo dritti per arrivare sulla spiaggia distante circa 200 mt, dove i nostri figli si divertono a giocare, nonostante il freddo pungente. Percorrendo la strada, appena superate le rotaie del treno, sulla destra c’è un terrapieno. Si sale e dopo una decina di metri si possono vedere in basso dei resti romani, purtroppo invasi da erbacce e rifiuti.
Proseguendo poi, quasi arrivati alla spiaggia, sul lato sinistro c’è un’area cintata in cui si vedono altri resti romani, in miglior stato di conservazione. Purtroppo non ci sono indicazioni che spiegano di cosa si tratta. Il lato destro della strada è cintato: probabilmente inizieranno anche in quella zona gli scavi.
La sera ceniamo al ristorante “Slovenia”, sempre nel complesso dell’albergo “Les Jasmin”, il cui ingresso è sulla strada principale. La sera prima abbiamo prenotato un piatto particolare. Purtroppo non ricordo il nome ma si tratta di cous-cous con gamberoni, carne, frutti di mare e verdure. Veramente squisito. Altra specialità da non perdere il “medmouja jambon”: ricotta con pomodori secchi, salsine e una tagliata di tonno. Non sono mancati i classici “brick”, questa volta ai gamberoni. Vongole e insalata tunisina. Una cena veramente gustosa e raffinata.
4 gennaio 2004 – Ultimo giorno. La partenza è prevista dal porto di La Goulette alle ore 18. Decidiamo di trascorrere le ultime ore visitando Sidi Bou Said.
Prima di lasciare il campeggio parliamo con una coppia di italiani che avevamo già incontrato al campeggio di Douz Con nostra sorpresa ci dicono di essere stati il giorno 31 a Ksar Ghilane ! Sono riusciti a percorrere la pista cosiddetta “dell’oleodotto” senza particolari difficoltà e oltretutto avevano incontrato anche Pierluigi, l’altro camperista conosciuto a Tozeur, che stava ritornando. Probabilmente le piogge di quest’anno hanno consolidato la pista e indurito la sabbia. I loro mezzi erano però più piccoli e leggeri dei nostri, cosa non indifferente per viaggiare su pista.
Partiamo quindi in direzione di Tunisi. Seguendo i cartelli si entra quasi subito in autostrada in corrispondenza della stazione di “Hammamet Nord”. Due giorni prima, arrivando da sud per andare a Nabeul siano usciti a “Hammamet Sud” e abbiamo dovuto fare un lungo giro prima di arrivare.
Arrivando a Tunisi dall’autostrada per andare a Sidi Bou Said bisogna seguire le indicazioni per ” La Marsa”. Quando si arriva in prossimità del paese vi sono due possibilità per sostare. Ai piedi del paese, sulla sinistra, c’è un grande parcheggio per gli autobus turistici, con una sbarra, a pagamento però probabilmente solo nel periodo estivo. Oppure si può anche proseguire fino all’incrocio successivo, girare a destra e poi a sinistra seguendo le indicazioni del “Port de plaisence”, il porticciolo turistico. La strada scende verso il mare per alcune centinaia di metri e finisce su un lungomare.
Ci siamo fermati una mezz’ora per far fare colazione ai nostri figli che avevano dormito tutto il viaggio. Nell’attesa conversiamo con due poliziotti di ronda sul viale scambiandoci un po’ di informazioni sui nostri paesi e usanze. Ci lasciamo più tardi dopo aver regalato loro due pacchi di polenta (rapida) spiegando come prepararla e consigliandola come alternativa al cous-cous, tanto per provare qualcosa di diverso. Un paio di birre “addizionali” sono forse state più gradite.
Su loro consiglio proseguiamo sulla stessa strada per alcune centinaia di metri e raggiungiamo il parcheggio del porticciolo, custodito. Questa potrebbe essere considerata una zona dove eventualmente trascorrere la notte. All’interno del porto ci sono gli uffici della capitaneria e della guardia costiera.
Davanti al mare vi sono delle tipiche abitazioni basse, con porte e finestre azzurre e bianche, forse di quando era un borgo di pescatori. Purtroppo sono abbandonate e in cattivo stato. La zona dà l’impressione che ci sia in atto una sorta di recupero edilizio, però abbandonato strada facendo.
Da qui parte un sentiero a gradini che porta in cima alla collina. Purtroppo anche questo è in stato d’abbandono e pieno di immondizia. Il panorama che si può ammirare salendo è molto bello. Considerate le numerose coppie che si incontrano lungo la salita questo deve essere una sorta di “sentiero degli innamorati”.
La stradina sbuca proprio nel centro della città vecchia che in pratica è costituita da una sola strada. Girando sulla sinistra si va nella zona dove ci sono i soliti negozi di souvenir e il famoso “Cafè des nattes”.
Naturalmente bisogna entrare in questo locale e gustare un tè alla menta con pinoli (1,5 DT): il locale è molto antico e mantiene ancora il suo stile originario. Ci sediamo su dei rialzi coperti di stuoie, lungo le pareti, con davanti dei bassi tavolini di legno su cui ci servono il té. Come sottofondo musica araba e cinguettio di uccelli in gabbia. In un angolo del locale dei tunisini bevono tè fumando il narghilè. In questo posto sembra che il tempo si sia fermato. Per gustare appieno l’atmosfera bisogna venire dopo pranzo, quando i giri turistici sono già passati e il posto è frequentato solo da pochi locali
Più tardi passeggiamo per le vie del paese ammirando le belle case, la loro architettura e i colori. E’ sempre un bel posto, peccato che è un po’ troppo turistico.
Purtroppo il tempo a disposizione è finito e si avvicina l’ora della partenza. Imbocchiamo la strada che porta a La Goulette, attraversando Cartagine, che dà l’impressione di essere la zona più elegante di Tunisi. Molti i resti romani che si possono vedere disseminati in un’ area vastissima su cui si è costruito senza tener conto di questo patrimonio archeologico.
5 gennaio 2004 – Arrivo a Genova alle ore 16. Ritorno a Milano