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Tunisia 2003-2004: le oasi di montagna, il Festival del Sahara a Douz e i villaggi berberi – Parte 1

– Posted in: Africa, Nord Africa, Resoconti di viaggio

By Nicola e Clara
Originally Posted Wednesday, December 31, 2003

 

Tunisia 2003 – 2004:

le oasi di montagna, il “Festival del Sahara” a Douz e i villaggi berberi

di Nicola e Clara

(fotografie di Cristina, 12 anni)

Parte 1 (vai alla parte 2 vai alle notizie utili)

L’equipaggio è lo stesso dello scorso anno: il sottoscritto, Clara, le nostre due figlie Cristina e Chiara, nonna Tina e i nostri due gatti siberiani: Greggy ed Eli. Ci accompagnano anche gli amici Paolo, Primella, e i loro figli Tommaso e Paola, con un mezzo identico al nostro (Superbrig 678), al loro primo viaggio in Tunisia.

Greggy………Il gruppo al completo………….. Eli

Le mete di quest’anno prevedono, tra l’altro, le oasi di montagna (Tamerza e Mides), il festival del Sahara a Douz e i villaggi berberi della zona di Tataouine.

22 dicembre 2003 – Partenza da Genova verso le 19 con la “Chartage”. Siamo arrivati al porto verso le 15 e abbiamo atteso sulla banchina. I fuoristrada, i camper e i grossi camion sono caricati per ultimi.

23 dicembre 2003 – Arrivo al porto”La Goulette” di Tunisi verso le ore 17.

Lo sbarco e le formalità doganali sono un po’ più veloci del previsto. Cambiamo direttamente un po’ di valuta in dinari tunisini nello sportello bancario del porto. Imbocchiamo il lungo viale che, attraversato il grande lago di Tunisi, arriva direttamente sull’avenue Bourguiba.

(Uscendo dal porto svoltare a sinistra; la strada prosegue fino ad una rotonda. Prendere la grande strada a sinistra e proseguire dritti. Terminato il rettilineo attraverso il lago si entra direttamente sul viale principale di Tunisi. Proseguire fino ad un incrocio su cui passa una strada sopraelevata e girare a sinistra. Si troveranno poi le indicazioni per l’autostrada).

Prendiamo la direzione di Sousse, in autostrada. E’ buio però preferiamo portarci avanti il più possibile. Raggiunta la cittadina ci fermiamo per la notte nel grande spiazzo vicino all’hotel “Royal Beach” (di fianco al casinò), già “sperimentato” lo scorso anno.

24 dicembre 2003 – La mattina ci spostiamo e parcheggiamo i mezzi sul lungomare vicino ad una piazza dove sono esposte curiose sculture fatte con materiale di riciclo: pezzi di auto, lattine vuote, occhiali rotti, lampadine ed altri oggetti. Cose strane che hanno un loro fascino.

Facciamo un giro veloce della medina per fare assaporare ai nostri amici la prima “aria tunisina”. Ci sono pochissimi turisti in giro e i commercianti fanno a gara per attirarci nelle loro botteghe, ma noi “resistiamo”, è solo il primo giorno. Tra la merce esposta come “novità” si possono trovare delle scarpe sportive di marche notissime e di gran moda che sono vendute a prezzi stracciati : 25-30 DT contro i nostri 100 – 120euro. Ci sembrano prodotti contraffatti molto bene sino nei minimi particolari.

Verso l’ora di pranzo, mentre torniamo ai nostri camper, siamo attirati da un bel locale che prepara dei panini al kebab. Il posto è molto pulito, il profumo invitante e si trova all’inizio della strada che porta verso il lungomare. Non resistiamo alla tentazione e ce ne facciamo preparare alcuni. Sono ottimi, farciti con carne, verdure, salsine e …patate fritte, ad un prezzo ragionevole (2 DT). Partiamo poi in direzione di Kairouan.

Decidiamo di far vedere la moschea ai nostri amici. La zona è deserta, non ci sono turisti. Kairouan sembra non avere una buona fama. Si sconsiglia infatti di fermarsi per la notte.

Appena entrati in città siamo inseguiti da persone in motorino che si offrono come guide o che vogliono cercare di portarci in qualche bottega dove vendono tappeti. Riconoscendo la strada per la moschea riesco ad evitarli ed arrivare fino al parcheggio vicino all’ingresso. Per non lasciare i mezzi incustoditi, Clara rimane sul camper, di guardia, mentre noi accompagniamo gli amici.

Manca poco alla chiusura (ore 14) della Grande Moschea, la più antica del paese. Riusciamo a fare comunque un giro all’interno. Il pavimento del grande cortile quadrato converge verso il centro. Lo scopo era di raccogliere l’acqua piovana che veniva incanalata in uno scolo centrale e finiva nelle grandi cisterne sotterranee. Intorno ci sono dei pozzi da cui veniva prelevata l’acqua. I bordi di marmo sono pieni di scanalature fatte dalle corde usate per tirare i secchi. Dai pozzi però proviene un odore putrido dovuto probabilmente alla mancanza di pulizia e manutenzione.

Di particolare bellezza la sala delle preghiere, che può essere vista solo dall’esterno. Conta più di 400 colonne che sono state prelevate nel passato da monumenti romani e bizantini. L’enorme pavimento è ricoperto di tappeti. Imponente anche il minareto costituito da tre piani.

Dopo la visita partiamo per Sbeitla con l’intenzione di visitare le rovine romane. Arriviamo verso le 17.30 e cerchiamo un posto per passare la notte.

Entrati in paese, dopo aver superato una caserma sulla sinistra, la strada gira a destra e dopo un centinaio di metri si vede un grande arco. Da qui parte il sito archeologico, recintato, che si estende su una superficie vastissima. Più avanti, sulla sinistra, c’è il parcheggio custodito (gratuito). Si trova di fianco ad un complesso chiamato ” Le capitol” costituito da due edifici. Nel primo ci sono gli uffici del sito, dove si comprano i biglietti d’ingresso, un piccolo bar e un negozio di souvenir; il secondo è un ristorante.

Il parcheggio è delimitato da un muro color ocra con un cartello che indica l’ingresso. Entriamo con l’intenzione di sostare per la notte ma il guardiano ci avverte che la sera chiude e ci indirizza all’hotel Sofetula, un centinaio di metri più avanti. Raggiungiamo quindi l’albergo, sul lato destro della strada, proprio alla fine degli scavi archeologici. Il parcheggio è molto grande e completamente deserto. Chiediamo alla reception se possiamo sostare per la notte. Non ci sono problemi. Il prezzo è 10 DT e si può usufruire dei servizi (possibile scaricare la cassetta acque nere).

E’ tardi ed è la sera della vigilia di Natale, di comune accordo decidiamo di cenare presso il ristorante. Il menù prevede zuppa di cereali, brick, carni varie alla griglia con contorni di verdure e frutta. Il tutto per 12 DT a persona, bevande escluse. Alla fine della cena per la gioia dei bambini apriamo i regali, sotto lo sguardo divertito di alcuni tunisini che cenano in un tavolo accanto al nostro.

25 dicembre 2003 – La mattina torniamo al parcheggio, compriamo i biglietti validi anche per il museo (per fotografare il biglietto si compra invece all’ingresso del sito) e iniziamo la visita. La giornata è splendida: c’è un bel sole e un vento gelido proveniente dalle montagne. La temperatura è molto rigida.

 I resti della città romana sono imponenti. Si possono vedere strade, alcuni fortini, bagni con mosaici, abitazioni, terme, un frantoio, chiese, battisteri, tre grandi templi dedicati a Giove, Giunone e Minerva. C’è anche un anfiteatro dove forse hanno esagerato con i restauri. Un insieme veramente maestoso.

Visitiamo anche il museo che si trova dall’altra parte della strada di fronte all’ingresso. Si possono vedere reperti dell’epoca romana, e foto molto vecchie precedenti il restauro. In alcune le rovine sono ricoperte dalla neve.

All’ora di pranzo partiamo in direzione di Tozeur dove arriviamo verso le 18. Prevediamo di passare la notte al camping “Beaux Reves” per andare il giorno seguente verso le oasi di montagna.

Ci siamo appena sistemati quando arriva una carovana di 26 camper italiani. Il proprietario del campeggio, Ammar, correndo a destra e sinistra, riesce a sistemarli tutti, con grande soddisfazione per le sue finanze.

Prima di cena andiamo verso il centro, sono circa le 20,30 e molti negozi stanno chiudendo. Sulla via del ritorno però entriamo in una bottega ancora aperta dove vediamo delle belle ceramiche. Paolo si diverte a contrattare per comprare una serie di piastrelle (16 pezzi), molto belle, raffiguranti le “porte di Tozeur” applicate su un supporto di cartone, da appendere alla parete di casa. Alla fine riesce a spuntarla (per 45 DT) ed esce contento dal negozio con il suo acquisto.

26 dicembre 2003 – La mattina conosciamo un altro italiano, Pierluigi in viaggio con Elisabetta, che il giorno prima era stato proprio a Tamerza. Ci dà qualche indicazione e ci combina un appuntamento con la guida che lo ha condotto a visitare le oasi di montagna.

Partiamo quindi per visitare quella che dicono essere la più bella oasi. La strada (P16) è inizialmente pianeggiante poi comincia a salire sulle colline. In un punto ci sono dei tornanti con pendenze del 10–12 %, ma i nostri mezzi, seppur pesanti, salgono senza problemi.

Il panorama è sempre più bello, ci fermiamo in alcuni punti per scattare delle foto. La giornata è limpida e splendente, il freddo è sempre pungente!

Sul punto più alto c’è un chiosco di souvenir dove facciamo acquisti di rose del deserto, pietre con cristalli e altri piccoli oggetti da regalare. Paghiamo un po’ in contanti e un po’ con penne biro (il baratto funziona sempre). Paolo, nonostante i buoni propositi di smettere di fumare (sulla nave non ha acquistato le sigarette al duty free) si lascia tentare ed acquista un pacchetto di Marlboro a 3 DT. Scoprirà poi che si tratta di sigarette contraffatte provenienti di contrabbando dall’Algeria.

Poco prima di entrare a Tamerza, sulla sinistra, c’è un cartello che invita a visitare una delle due cascate. Preferiamo proseguire e rinviare la visita al ritorno Arrivati in paese troviamo la nostra guida e concordiamo il giro da fare (in funzione del tempo a disposizione) e il prezzo (40 DT per i due equipaggi). Si chiama Solidi Abjellatif / tel . cell. 00216 98 69 53 90 – E’ giovane, parla bene l’italiano, porta treccine “rasta” e occhiali da sole. E’ veramente simpatico. Eventualmente può essere contattato anche presso il Syndacate d’Initiative nella via centrale del paese.

La prima meta è la visita al canyon, reso famoso dal film “Il paziente inglese”. Dal centro del paese c’è una strada, sulla destra in leggera discesa con un cartello che indica une delle due cascate. In fondo sulla destra c’è un parcheggio dove lasciamo i nostri mezzi. Veniamo a sapere dalla nostra guida che in questo parcheggio è possibile pernottare senza problemi.

Iniziamo il nostro lungo giro a piedi attraverso l’oasi, scendendo verso la gola. Il sentiero si snoda attraverso la vegetazione, palme, melograni, olivi. Si raggiunge il canyon che si percorre per un centinaio di metri.

Si risale sul versante opposto dove è possibile vedere rocce con resti marini sedimentati per poi scendere verso la cascata. Il luogo è molto bello, peccato che tutto intorno ci siano le solite bancarelle di souvenir.

E’ venerdì, giorno di festa, c’è affollamento di famiglie tunisine che sono venute in visita. Turisti stranieri pochissimi. L’oasi è veramente bella

Riprendiamo i nostri mezzi e ci dirigiamo verso la “pista di Rommel”, una strada costruita durante la seconda guerra mondiale dalle truppe tedesche per ripiegare in Libia, come ci racconta la nostra guida.

Uscendo da Tamerza ci fermiamo a vedere da lontano i resti della vecchia cittadina distrutti da un’alluvione nel 1969.

Ci dirigiamo poi verso Redeyef, ultima cittadina mineraria, i cui abitanti lavorano nelle miniere di fosfato. Nella cittadina si possono vedere abitazioni di legno con tetto di tegole, all’occidentale: sono le case in cui vivevano i francesi quando lavoravano presso la miniera prima di andarsene. C’è anche una chiesa cattolica.

Giungiamo poi sulla “pista”. La strada è in alcuni punti dissestata, ma procedendo con cautela si può avanzare senza problemi. Dopo un po’ di saliscendi si giunge al punto più alto da cui si ha una visione panoramica bellissima: all’orizzonte si vede la macchia del Chott El Djerid e tutt’intorno le montagne. Non è possibile proseguire in avanti se non con i fuoristrada, per cui torniamo indietro.

Raggiungiamo poi l’altra oasi di Mides, vicino al confine algerino, dove c’è il vecchio villaggio berbero ormai abbandonato. Anche qui si prosegue a piedi tra le vecchie costruzioni semidistrutte e si giunge su un piccolo promontorio da cui si può vedere lo stesso canyon che arriva fino a Tamerza. Volendo è possibile percorrerlo tutto a piedi fino alla cittadina. Il panorama è molto bello, specialmente con la luce del tramonto.

Si ritorna a Tamerza e l’ultima tappa del giro è la seconda cascata, sulla strada del ritorno. Ci si può fermare sull’asfalto. La guida ci fa scendere un centinaio di metri di sterrato, superiamo un ponticello sul torrente che alimenta la cascata e parcheggiamo vicino ad una delle tante botteghe di souvenir per proseguire poi a piedi. Si può scendere fino al laghetto ai piedi della cascata.

Probabilmente la si apprezza in questa stagione in cui le piogge sono state abbondanti. In estate sarà sicuramente asciutta.

Qui finisce la visita delle oasi di montagna. Siamo veramente soddisfatti del giro che la nostra guida ci ha fatto fare. Oltre a quanto pattuito gli lasciamo una mancia di 10 DT, gli regaliamo una bottiglia di vino e del cioccolato.

Riprendiamo la strada per Tozeur e torniamo al campeggio, dove passiamo la notte (5 DT a persona, i bambini pagano la metà, elettricità 3 DT).

27 dicembre 2003 – La mattina presto partiamo per Douz attraversando il Chott El Djerid. Lo scorso anno era quasi completamente asciutto. C’erano solo delle pozze d’acqua salata in alcuni punti ai bordi della strada. Quest’anno, in seguito alle forti piogge, c’è una quantità d’acqua tale che sembra proprio di essere in mezzo ad un lago.

E’ uno spettacolo molto bello; ogni tanto qualche carcassa d’auto semiaffondata lontana dalla strada: qualche incauto che ha voluto provare l’ebbrezza del fuoripista prima della stagione secca ed è rimasto definitivamente impantanato quando la parte superficiale della crosta fangosa si è rotta. Ad un certo punto sulla destra si vede anche la carcassa di un bus, lontano almeno 1 km dalla strada. Probabilmente vi è qualche pista che corre sulla superficie del Chott agibile nella stagione estiva quando il gran caldo asciuga la superficie.

Si incontra anche una salina riconoscibile dai mucchi di sale bianco pronti per essere imballati e trasportati ai punti di vendita. Verso la metà del percorso ci sono i soliti venditori di souvenir. Ci fermiamo per fare delle foto e raccogliere dei grossi blocchi di cristalli di sale.

All’ora di pranzo arriviamo a Douz e ci dirigiamo direttamente al campeggio “Desert Club” di Lorenzo Bonfatti. Prima di partire avevamo contattato Lorenzo in Italia prenotando il posto per i nostri camper. Un breve spuntino e poi ci rechiamo alla cerimonia di apertura del festival prevista per le ore 15 sul grande piazzale “Place Hnaiech” presso la “Porta del Deserto”, a circa 1 km dal campeggio, attraversando l’oasi.

Prima della partenza abbiamo potuto consultare sul sito ufficiale della cittadina (www.douz.org) il programma del festival e prenotare i posti per tutti per poter assistere direttamente dalle tribune.

Raggiunta la zona delle manifestazioni troviamo una ressa indescrivibile di persone che cercano di entrare nella zona riservata. Riusciamo con un po’ di difficoltà ad arrivare fino alle transenne che sbarrano l’accesso e, sventolando l’e-mail con la “reservation”, riusciamo ad entrare. Siamo indirizzati nella parte riservata ai turisti, subito sotto le tribune delle autorità, dove sono sistemate lunghe file di sedie.

Poco per volta arrivano autorità locali e del governo centrale, tra cui il ministro dell’interno. Arrivano anche alcuni sceicchi arabi.

Alle 15 c’è l’inaugurazione del festival. La parata iniziale è preceduta da un grande ritratto del presidente delle repubblica Ben Ali mentre viene suonato l’inno nazionale. Sfilano poi le rappresentanze dei paesi che partecipano alla manifestazione, Libia, Algeria, Emirati Arabi, Egitto, Kuwait, Palestina ed altri. Gli annunci sono fatti in arabo, francese, inglese e italiano.

Sfilano le squadre di meharisti in sella ai grandi dromedari bianchi che parteciperanno alla maratona di 42,5 km nel deserto. Alla gara partecipano anche rappresentanti di Francia, Austria e Corea del Sud. Poi i cavalieri che parteciperanno alla gara di resistenza di 100 km. Vi è una carovana in costume che rappresenta il tradizionale matrimonio berbero. Alcuni dromedari portano sulla gobba dei baldacchini in cui si trova la sposa, completamente nascosta agli occhi del pubblico. Il corteo è composto da gruppi musicali. Sfilano poi gruppi in costumi tradizionali che cantano e ballano. In particolare un gruppo di ragazze si esibisce nella “danza dei capelli”, scrollando la lunga capigliatura al ritmo della musica.

Ogni tanto la musica cessa e inizia una velocissima “filippica” in arabo, molto strana perché sembra avere una cadenza musicale, con un accenno di “rap”. Veniamo a sapere che è la voce di un famoso poeta tunisino che declama una delle sue opere.

Dopo la presentazione c’è una gara di velocità tra dromedari mehari. Per la prima volta viene presentata una gara di caccia al coniglio con cani levrieri ” slougui” tra allevatori tunisini e italiani.. C’è anche un tentativo di lotta tra dromedari, che però non mostrano intenzioni bellicose e se vanno ognuno per conto proprio.

Particolarmente spettacolare una gara di abilità di cavalieri che percorrono più volte a tutta velocità la pista facendo evoluzioni spericolate sui loro cavalli e sparando con vecchie armi.

Alla fine della manifestazione è possibile “invadere” la pista per poter vedere da vicino i dromedari, i cavalli e i loro cavalieri in costume.

Questa è la parte più bella del festival. Vi sono poi altre manifestazioni collaterali, di tipo artistico e letterario, concorsi di poesia popolare, seminari che si tengono in alcuni degli alberghi della zona turistica, che però sono indirizzati a specialisti e studiosi della vita e della cultura sahariana.

Spettacoli musicali e danze sono poi tenuti alla “maison de la Culture” dove ci sono anche esposizioni di artisti tunisini.

Il festival è una manifestazione veramente emozionante che non bisogna perdere.

28 dicembre 2003 – Nella mattinata facciamo un giro per i negozietti nella piazza principale. In particolare ci fermiamo in uno che vende oggetti in argento molto carini, forse il migliore del posto, dove abbiamo fatto acquisti lo scorso anno. Si chiama “La boutique du Petit Prince” di Tarek Thabet e si trova di fianco ad una delle porte d’ingresso della piazza (ce n’è un altro con un nome simile ma si trova su uno dei lati della piazza).

Più tardi i nostri ragazzi decidono di farsi fare dei tatuaggi con l’henné. C’è un posto dove li fanno, uscendo dalla porta della piazza che porta direttamente sulla strada del campeggio. Di solito sulla soglia della bottega staziona il proprietario vestito da tuareg, con una tunica azzurra e un turbante nero. Per 18 dinari un ragazzo fa dei tatuaggi ( per la verità fatti male!) ai nostri 4 figli. Secondo lui, dopo che si sono asciugati bene dovrebbero durare una ventina di giorni. Dopo due ore erano quasi completamente cancellati. Una solenne fregatura!!

Andiamo poi a vedere il “Museo del Sahara”, un interessante mostra sulle tradizioni e gli usi dei popoli nomadi con esposizione di oggetti, costumi, tessuti, finimenti e bardature per cammelli ed altro, con lunghe e dettagliate spiegazioni in arabo e, purtroppo, solo in francese. Vi è anche esposta una tenda berbera completa di oggetti usati quotidianamente da questo popolo. Una visita veramente interessante.

Appena fuori il museo si trovano parecchie botteghe con esposizione di oggetti di artigianato, tappeti, dolciumi ed altro, una vecchia giostra per la gioia dei bambini, un tiro alle bottiglie (di plastica). L’esposizione di arti e mestieri è più ridotta ma più qualificata di quella dello scorso anno.

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