By Francesco Clerici
Originally Posted Wednesday, October 10, 2012
TRANSAMAZZONICA:
Dalle Ande alle dune del Nord Est del Brasile attraverso l’Amazzonia
Un sogno nel cassetto da anni: un viaggio in Brasile in moto nelle sue parti più selvagge, l’Amazzonia ed il Nord Est.
Sono passati più di dieci anni da quando sono circolate le prime foto dei Lençóis Maranhenses, con le loro dune e lagune spettacolari.
Da allora in poi, piano piano, ho accumulato informazioni e sognato un itinerario da percorrere in moto.
Sembrerà strano ma il Brasile, nonostante le sue incredibili bellezze, non è una destinazione gettonata per i viaggi in moto, a differenza di altri paesi sudamericani. Persino sui forum dedicati ai viaggi in moto si stenta a trovare informazioni. Tutto ciò è imputabile sia alla presunta pericolosità di alcune zone oltre che alla difficolta’ di importare i veicoli via mare a causa delle elevatissime tasse di importazione. Ne consegue che per entrare in Brasile bisogna farlo via terra da un paese confinante (ma forse qualcosa si sta muovendo in tal senso ultimamente).
Pensa e ripensa, con la cartina del Sudamerica di fronte, alla fine il percorso più stimolante sembra quello attraverso la Foresta Amazzonica.
C’è infatti una strada, la Rodovia Transamazonica (BR230), costruita dai militari negli anni Settanta per il controllo del territorio, che attraversa da est a ovest la Foresta Amazzonica per una lunghezza totale di 4300Km dal confine col Peru’ all’Oceano Atlantico, ed è in gran parte ancora sterrata.
La BR230 si puo’ imboccare a est provenendo sia dal Peru’ che dalla Bolivia; opto per quest’ultima possibilità sia perché le strade sono ancora in gran parte sterrate sia perché lungo il cammino si puo’ percorrere la mitica Carretera de la Muerte.
Per entrare in Bolivia penso al Cile ed al porto di Arica, nel nord al confine col Perù.
Ne viene fuori un coast to coast che, partendo da Arica sul Pacifico a Fortaleza sull’Atlantico, attraversa le Ande e la Foresta Amazzonica.
Si attraversano tre stati, Cile, Bolivia e Brasile ed in quest’ultimo si passa attraverso sei stati federali: Rondônia, Amazonas, Pará, Maranhão, Piauí e Ceará.
La butto lì ai compagni di tanti viaggi per vedere se puo’ interessare, con l’intenzione di approfondire nel caso qualcuno si faccia avanti.
È febbraio 2011 quando vediamo Gianni e Laura in occasione di una loro visita in Sicilia per arrampicare sulle scogliere di San Vito lo Capo.
L’idea prende quota e Gianni metterebbe a disposizione la sua jeep come mezzo di supporto.
Itinerario 1
Itinerario 2
Alla fine ci ritroviamo in sei, quattro monocilindrici da enduro (Daniela, Riccardo, Luciano ed io) ed una jeep con un passeggero (Gianni e Rossana), il numero perfetto per un container da 20 piedi.
Da una prima stima i Km potrebbero essere tra 5000 e 6000 per cui fissiamo la durata del percorso in cinque settimane con partenza a fine Luglio 2011 e ritorno ad inizio Settembre, in corrispondenza della stagione più secca in Amazzonia.
Spediamo le moto da Livorno ad inizio Giugno ed il tempo trascorre raffinando l’itinerario e scaricando mappe GPS.
Finalmente si parte: volo su Tacna in Peru’, al confine col Cile, e poi trasferimento ad Arica.
Qui ci aspetta Gianni che è venuto in anticipo per iniziare le formalità di sdoganamento.
Va detto che in tutti e tre i paesi che attraverseremo (Cile, Bolivia e Brasile) per l’importazione dei veicoli bisogna compilare dei moduli di importazione temporanea più o meno complessi senza bisogno del Carnet de passage en douane.
Riusciamo ad entrare in possesso delle moto nel primo pomeriggio e siamo pronti a partire con destinazione Putre, a 3500m di altezza, dove ci fermeremo un giorno per acclimatarci con l’altitudine.
La strada sale gradatamente tra paesaggi desolati e ad una sosta ci accorgiamo che la jeep perde acqua: abbiamo fatto solo 50km e già siamo fermi!
Il manicotto viene riparato con un guanto in lattice e delle fascette con l’intenzione di sostituirlo nella prima città grande, ma alla fine farà tutto il viaggio.
Nel giorno di acclimatamento visitiamo il Parque Lauca, dominato dai vulcani Parinacota e Pomerape, prossimi ai 6300m di altezza, dove la leggenda vuole sia stato nascosto il tesoro Inca all’arrivo dei conquistatori.
Si visita il paesino di Parinacota di origine precolombiana con la sua chiesetta in pietra bianca e si discende alla Laguna Cotacotani in cui si specchiano i due vulcani.
Foto 1: Vulcani Parinacota e Pomerape dalla Laguna Cotacotani
Foto 2: Villaggio di Parinacota
Vediamo gruppi di vicunas, camelidi andini parenti dei lama, e vizcachas, roditori simili a conigli.
Il confine con la Bolivia è a Tambo Quemado, a 4700m di altezza, subito dopo aver passato il Lago Chungarà, con le sue acque azzurre, e l’imponente Nevado Sajama, alto quasi 6600m, in lontananza.
Foto 3: Nevado Sajama
Sopravviviamo alle formalità al confine boliviano e percorriamo la strada sull’altopiano ad oltre 4000m di quota, strada circondata da casupole di fango e cespugli di mate.
Giunti a El Alto restiamo imbottigliati in un traffico folle per poi scendere a La Paz, sempre affascinante, con le case che si arrampicano sui suoi ripidi pendii ed i suoi mercati.
Foto 4: Per le strade di La Paz
Lasciando La Paz continuiamo ad avere problemi a trovare gasolio per la jeep, razionato per evitare il contrabbando, ma decidiamo di procedere comunque verso le Yungas.
Da La Paz si risale a La Cumbre a circa 4700m di altezza da cui si può ammirare un panorama sulle montagne circostanti e sulle Yungas, le vallate e le gole coperte dalla giungla che scendono dalla cordigliera verso il Bacino Amazzonico.
A La Cumbre gli abitanti locali benedicono i veicoli con birra o altro dopo aver bruciato dei feti di lama a scopo propiziatorio, anche noi benediciamo le moto con birra.
Via: si inizia la discesa nelle Yungas, ora completamente asfaltata fino a Coroico. Si è fatto primo pomeriggio e si è alzata la nieblita con un po’ di pioggerella; nella nebbia incontriamo un distributore dove riusciamo finalmente a rifornirci e a riempire anche le taniche.
Giunti al bivio per la vecchia strada indugiamo un attimo a causa del cattivo tempo, ma alla fine il richiamo della Carretera de la Muerte si fa sentire.
Fino all’apertura della variante asfaltata era considerata la carretera mas peligrosa del mundo, infatti, esposta su precipizi di 600m di altezza, percorsa da un traffico incessante nei due sensi contava parecchi incidenti mortali ogni anno.
La strada è stata costruita negli anni ’30 del secolo scorso da prigionieri Paraguayani per unire La Paz al bacino amazzonico.
Come in gran parte delle Yungas il tutto è complicato dal fatto che chi è in discesa deve restare dal lato burrone, in questo caso sulla sinistra.
Ora la strada è percorsa solo dal traffico locale e dai turisti che scendono i 3500m di dislivello fino a Coroico in mountain bike.
Sarà forse per la nebbia ma la prima parte scorre veloce, senza quasi rendersi conto dei dirupi; poi la nebbia si dirada e ci lascia godere dei paesaggi sulle vallate.
Foto 5: La carretera de la Muerte
Foto 6: La carretera de la Muerte (archivio)
Da Coroico a Rurrenabaque, base di partenza per il Parque Madidi, secondo le mie informazioni dovrebbe essere quasi tutto sterrato.
Parlando con i locali mi dicono che invece è in gran parte asfaltata e che con le moto ci potremmo mettere 5 o 6 ore, neanche fossimo dei razzi! ce la prendiamo quindi comoda aspettando che la nebbia mattutina si diradi…
Di asfalto quasi nulla, qualche cantiere ed una strada folle tra Coroico e Caranavi, viaggiando sulla sinistra, sul lato del burrone, lungo un fiume e con traffico e polverone da paura (che sia questa la vera carretera de la muerte?).
Da Caranavi inizia una pista di montagna molto bella ed impegnativa e poi tutta l’ultima parte col buio in un cantiere unico fino a Rurrenabaque dove arriviamo di notte.
Il Parque Nacional Madidi, dichiarato patrimonio dell’Umanità, conserva uno degli ecosistemi più incontaminati del Sudamerica e vanta diversi tipi di habitat: dalle foreste pluviali alle cime andine.
Con una lancia risaliamo per più di 5 ore il rio Beni ed il rio Tiucha fino al Chalalan ecolodge, sulla laguna omonima, gestito dalla comunità indigena di San Josè de Uchupiamonas.
Qui ci fermiamo due notti ed effettuiamo gite in canoa sulla laguna, a piedi nella foresta e notturne; vediamo caimani, diversi tipi di scimmie, capibara, uccelli del paradiso, un pitone ed un incredibile numero di ragni tra cui delle tarantole.
Foto 7: Caimani al Parque Madidi
Foto 8: Scimmie al Parque Madidi
Foto 9: Tarantola al Parque Madidi
Da Rurrenabaque la pista per il Brasile alterna tratti con fondo roccioso, che ci mettono a dura prova per le continue sollecitazioni, con tratti più scorrevoli.
Foto 10: Pista in Bolivia
Passati da Riberalta si arriva alla cittadina di confine di Guayaremerim.
Oltre il Rio Madeira c’è la corrispondente cittadina brasiliana, Guajarà Mirim.
Si traversa il rio su di un ponton, una chiatta spinta da un rimorchiatore, e ci si immerge nella burocrazia brasiliana per l’importazione dei veicoli; manca la luce più volte e devono sempre riiniziare le pratiche al computer.
Foto 11: Attraversamento Rio Madeira
Marcos, un ragazzone alto quasi due metri, segue le nostre pratiche e ci racconta della sua passione per il football e della sua recente visita in Italia.
È pomeriggio inoltrato quando finiamo e decidiamo di andare a rilassarci ad un ecolodge alla confluenza tra i fiumi Pacaas e Manorè: uno dei tanti incontri tra acque scure e chiare come a Manaus, tra Rio Negro e Rio Amazonas, o a Santarém tra Rio Tapajós e Rio Amazonas.
Il Pakaas ecolodge è caratterizzato da una serie di percorsi su palafitte che si addentrano nella foresta e bungalow sempre su palafitte.
Foto 12: Pakaas ecolodge
Risaliamo fino a Porto Velho e poi ad Humaità passando per una parte di foresta amazzonica parecchio contaminata dall’uomo, con estesi disboscamenti finalizzati a far posto a pascoli e coltivazioni.
A Porto Velho chiediamo informazioni al benzinaio di un distributore ed il simpatico Murilo si offre di accompagnarci in cerca di hotels e diventa il nostro anfitrione per una sera solo per il gusto di parlare con degli stranieri.
Ad Humaità cerco una corona per la mia XR visto che l’ho consumata; aspettiamo l’apertura di quello che è indicato come il negozio di ricambi più fornito.
Niente da fare, mi faccio comunque togliere una maglia dalla catena.
Il proprietario è di origine tedesca e ci fa il suo quadro dei brasiliani: preoccupati solo di mangiare, ballare, del football ed in generale di divertirsi senza fare piani, forse non hanno ragione?
Humaità segna per noi anche l’inizio della Transamazzonica, la BR230, in questo tratto è praticamente tutta sterrata e ci terrà compagnia per 4 giorni passando da Apuí, Jacareacanga e Itaituba.
Non sempre la foresta lambisce la pista, come vorrebbe l’immaginario collettivo, ma la strada percorsa restera’ viva nei nostri ricordi con i suoi ponti in legno sui fiumi, le balsas per attraversarli, i tracciati sinuosi a saliscendi, le vedute sulla foresta, il Parque das Amazonas e la sua fitta vegetazione, i bagni nel Rio Tapajós e per finire gli incontri con i brasiliani sia nei piccoli centri che nel mezzo del nulla.
Foto 13: Ponte sulla BR230
Foto 14: Lungo la BR230
Foto 15: Lungo la BR230
Foto 16: Balsa lungo la BR230
Foto 17: Parco Nazionale dell’Amazzonia
Lasciamo la Transamazonica a Rurópolis per Santarém su una trafficatissima e polverosa strada che è tutta un cantiere.
A Santarém incontriamo Gilberto, contatto di Gianni, che ci ha aiutato a prenotare il Catamara Rondonia per navigare sull’ultimo tratto del Rio Amazonas fino a Belem.
Gilberto è un ex sindacalista di Torino che si è trasferito qui dopo anni di cooperazione internazionale e qui ha conosciuto la sua compagna.
Finalmente riesco a cambiare corona e catena del XR650R; per il DRZ400 di Daniela, invece, non si trova il ricambio e la corona si avvicina ad essere un disco senza denti.
Mancano due giorni al traghetto e decidiamo di trascorrerli ad Alter do Chão, enfaticamente chiamato I caraibi dell’Amazzonia.
La fama è meritatissima e ci si presenta un paesaggio con isole e lingue di sabbia bianca nel mezzo delle acque cristalline del Rio Tapajós, affluente del Rio Amazonas.
Passiamo il tempo un po’ a prendere il sole sull’Ilha do Amor, un po’ facendo escursioni in barca alla ricerca dei delfini rosa a Ponta de Cururù ed infine a visitare la Floresta Nacional de Tapajós dove percorriamo in moto un sentiero nella giungla alla ricerca degli alberi di samaumas (per abbracciare i più grandi servono oltre 20 persone).
Ad Alter do Chão conosciamo Fabrizio, trasferitosi qui da vicino Brescia per gestire uno dei due ristoranti di Alter con la compagna brasiliana, ed Alessandro di Roma, in giro per il Sudamerica a raccogliere informazioni sui movimenti sociali indipendenti.
Foto 18: Alter do Chão
Foto 19: Tramonto ad Alter do Chão
Foto 20: Albero di Samaumas nella Floresta Nacional de Tapajós
Giunge il giorno dell’imbarco e torniamo a Santarém.
Rossana invece torna in Italia con rammarico, causa ferie finite!
Abbiamo preso dei camarote (cabine) e guardiamo con un po’ di invidia i brasiliani che invece dondolano sulle loro amache appese ai due ponti della nave: sembrano stare comodi, sarà questione di tecnica.
Il bacino idrografico del Rio delle Amazzoni e dei sui affluenti è il piu grande del mondo, esteso su sette stati per una superficie di quasi 7 milioni di km2.
Il Rio delle Amazzoni si contende il primato di fiume più lungo del mondo col Nilo: con la scoperta di nuove sorgenti in Peru’ la sua lunghezza è arrivata a quasi 7000Km superando il Nilo (almeno temporaneamente).
La navigazione sul Rio Amazonas dura due giorni e scorre molto lenta, sia sui tratti di fiume tanto larghi da far fatica a vedere l’altra sponda, sia nei canali più stretti, costellati di capanne e piccoli villaggi raggiungibili solo via acqua.
È bello perdersi in questa dimensione: adeguarsi ai ritmi del fiume che scorre lento, osservarne le sponde, i contrasti di colore, i magnifici tramonti.
Donne e bambini si avvicinano al traghetto con delle canoe per raccogliere i sacchetti contenenti vestiti o cibo che i passeggeri tirano loro in acqua; i ragazzini più intraprendenti abbordano il traghetto per salire a vendere gamberi di fiume e a farsi offrire una bibita.
Foto 21: Catamarano Rondônia a Santarém
Foto 22: Confluenza del Rio Tapajos nel Rio delle Amazzoni a Santarém
Foto 23: Bacino idrografico del Rio delle Amazzoni
Foto 24: In navigazione sul Rio delle Amazzoni
Foto 25: Canoa sul Rio delle Amazzoni
Foto 26: Ponte con amache in navigazione
Foto 27: Villaggio lungo il Rio delle Amazzoni
La mattina del terzo giorno avvistiamo lo skyline di Belem: degli incredibili grattacieli che spuntano dal Rio Amazonas.
Qui le maree sono molto marcate, più di tre metri tra minimo e massimo.
Arriviamo con la bassa marea e non possiamo tirare fuori la jeep dalla stiva visto che è più bassa del pontile…
Nell’ attesa visitiamo Belem, con le sue vestigia coloniali, e ci beviamo dei succhi di cocco, sempre apprezzati, vista la calura.
Recuperata la jeep partiamo da Belem percorrendo una strada che attraversa le zone rurali più povere dello stato del Parà per poi entrare nel Maranhão e giungere ad Alcântara.
Alcântara è una delle cittadine coloniali meglio conservate e più autentiche del Brasile, costruita tra i secoli XVII e XVIII utilizzando la manodopera fornita dagli schiavi delle piantagioni: con la sua atmosfera rilassata è un vero piacere andare a zonzo tra i vicoli, i suoi palazzi dalle tinte pastello o azulejos, i suoi scorci sulla baia sottostante.
Ci accompagna Danilo, guida della nostra pousada, che ci racconta un’infinità di simpatici aneddoti su Alcântara.
Vediamo anche i guara’: i caratteristici ibis scarlatti che assumono questa colorazione a causa del tipo di granchi pigmentati di cui si cibano.
Attraversata la baia di São Marcos in traghetto arriviamo a São Luís, la capitale del Maranhão nonché del reggae made in Brasil.
Anche São Luís, unica citta’ in Brasile fondata dai francesi, vanta un centro con case e viuzze coloniali, musei, ristoranti e locali ed è decisamente più animata dell’antistante Alcântara.
Foto 28: Per le vie di Alcântara
Foto 29: Piazza della Matriz ad Alcântara e pelourinho, il palo della fustigazione
Foto 30: São Luís
Finalmente riusciamo a cambiare la corona di Daniela, non proprio con una nuova ma con una ricavata saldando la parte interna della corona originale con i denti di una nuova, cosa pressoché impensabile in Italia e ad un prezzo ridicolo.
Ci trasferiamo a Barrerinhas, base di partenza per le escursioni nel Parque dos Lençóis Maranhenses, dove ci fermeremo un paio di giorni.
I Lençóis Maranhenses sono la ciliegina sulla torta di un viaggio sempre in crescendo: non ci sono abbastanza parole per descrivere adeguatamente questa distesa di dune bianche intervallate da lagune dalle acque incredibilmente cristalline.
Facciamo tutto quello che si puo’ fare: un fantastico sorvolo su di un piccolo monomotore; una gita con una Toyota bandierante 4×4 (è parco nazionale e non si puo’ entrare con la moto) con la quale raggiungiamo Lagoa Bonita, dove facciamo un bagno; un’escursione sul fiume Preguiça a bordo di una lancia, passando per i Pequenos Lençóis, dove la sabbia è più dorata; l’isolato villaggio di Vassouras; Mandacaru ed il suo faro; Caburé con la sua lingua di sabbia sull’oceano.
Foto 31: Immagine satellitare dei Lençóis Maranhenses
Foto 32: Sorvolo di Caburé sulla foce Rio Preguiça
Foto 33: Sorvolo dei Grandes Lençóis
Foto 34: Sorvolo della Laguna Verde nei Grandes Lençóis
Foto 35: Vassouras nei Pequenos Lençóis
Foto 36: La costa dal faro di Mandacaru
Foto 37: Trilha nei Grandes Lençóis
Foto 38: Dune dei Grandes Lençóis
Foto 39: Tramonto nei Grandes Lençóis
Contattiamo Carlinhos per guidarci all’interno dei Pequenos Lençóis con destinazione Vassouras dove i gestori della Lonjas dos Macacos, da noi incontrati il giorno prima nel giro in lancia, ci ospiteranno.
Carlinhos è nato in un villaggio all’interno dei Lençóis, oltre a fare la guida corre in moto ed è anche arrivato terzo di categoria nel rally do Barro Duro, che attraversa questa zona; ci guiderà sedendo come passeggero sulla jeep di Gianni.
Partenza presto, per evitare che la sabbia diventi troppo molle nel corso della giornata, ed ecco che siamo subito in una trilha, una pista sabbiosa.
La trilha scorre in una foresta di mangrovie e ben presto ci rendiamo conto che è parecchio tosta: dobbiamo sgonfiare di molto anche le gomme delle moto per galleggiare nei traccioni resi ancora più difficili dalla vegetazione che invade la pista; ci sono poi dei guadi che attraversiamo solo dopo aver verificato l’altezza percorrendoli a piedi.
Finalmente il paesaggio si apre e siamo arrivati alle dune dei Pequenos Lençóis; qui Carlinhos segue una linea invisibile, come i suoi colleghi nei deserti africani, e scavalchiamo dune e cordoni intervallati da lagune e pianori erbosi.
Spesso Gianni con la jeep deve tentare dei passaggi più volte con Carlinhos che indica la via (alla fine Gianni meriterà l’appellativo di belo piloto da parte di Carlinhos); percorriamo i 35Km da Barrerinhas in quattro ore e mezza e giungiamo a Vassouras poco prima di un temporale.
Foto 40: Pista per i Pequenos Lençóis
Foto 41: Guado lungo la pista per i Pequenos Lençóis
Foto 42: Guado di una laguna nei Pequenos Lençóis
Foto 43: Dune nei Pequenos Lençóis
Foto 44: Dune nei Pequenos Lençóis
Foto 45: Campo a Vassuras sul Rio Preguiça
Facciamo campo con le tende a bordo fiume, accanto alla Lonja dos Macacos, ed una volta che le lance hanno portato via gli ultimi turisti ci troviamo soli in questo scenario incantato; a parte il paesaggio mozzafiato abbiamo la compagnia di tanti piccoli animali: anatre, pappagalli, scimmiette, gufetti, un vitellino nutrito con un biberon ed un simpatico coati, una sorta di procione.
È una serata memorabile, con la pasta preparata da Luciano per il suo compleanno ed il pesce cucinato dalla famiglia di cui siamo ospiti.
Di mattina presto ci si reca a Caburé dove si lasciano le moto e si continua in lancia fino ad Atins; da qui una Toyota bandierante 4×4 ci porterà nei pressi della Lagoa Verde percorrendo tratti di spiaggia dagli incredibili colori.
La Lagoa si raggiunge camminando per una mezz’ora ed è forse una delle più belle lagune dei Lençóis; anche qui non possiamo esimerci da fare il bagno.
Recuperate le moto si percorre la spiaggia fino a Paolinho Neves, dove salutiamo Carlinhos, e si continua su asfalto fino a Tutóia e poi lungo una pista che attraversa paesini sopesi in un altro tempo, fino ad Araioses e Parnaíba.
Siamo sul Delta das Americas, il delta del Rio Parnaíba, il terzo al mondo dopo Nilo e Mekong, costituito da un’infinità di canali ed isolotti.
Con una barca percorriamo dei canali fino all’Ilha das Canarias per alloggiare in una pousada, isolati dal mondo.
Foto 46: In navigazione sul Rio Parnaíba
Foto 47: Delta del Rio Parnaíba
Recuperiamo le moto e iniziamo a percorrere le spiagge del Nord Est, prima con qualche difficoltà nel trovare il percorso e poi, da Camoncim a Jericoacoara, con una guida contrattata.
Già sulla balsa, che da Camoncim attraversa il Rio Coreau, si intuisce che ci stiamo addentrando in una zona spettacolare, con una sabbia bianchissima.
Costeggiamo il mare direttamente sulla battigia o su delle trilhas di sabbia, risaliamo la duna di Funil, altissima e da cui si vede un panorama incredibile sulle lagune circostanti, attraversiamo il villaggetto di Tatajuba sulla Lagoa da Torta, passiamo in una foresta di mangrovie per poi prendere una piccola balsa spinta con dei pali con la quale affrontiamo l’ultimo pezzo di battigia con guadi fino a Jeri dove arriviamo in tempo utile prima che la marea sia troppo alta.
Jeri è una località balneare dall’aria un po’ hippie dove ci si rilassa e si pratica il kite surf, località fino a soli dieci anni fa praticamente sconosciuta al turismo.
Foto 48: Sulle spiagge del Parco di Jericoacoara
Foto 49: Sulle spiagge del Parco di Jericoacoara
Foto 50: Laguna Torta nel Parco di Jericoacoara
Foto 51: Panorama dalla duna di Funil nel Parco di Jericoacoara
Foto 52: Foto di gruppo nel Parco di Jericoacoara
Foto 53: Attraversamento in balsa nel Parco di Jericoacoara
Da Jeri si percorre la spiaggia di Preà, un po’ di asfalto e di nuovo spiagge da Itarema; qui prendiamo una piccola balsa tirata a forza di braccia con una fune tesa tra le due rive del fiume.
Foto 54 – Balsa ad Itarema
La macchina va per prima e ad un certo punto perdono la fune: già ci figuriamo la jeep dispersa nell’oceano quando il balsero salta nell’acqua, alta solo fino alle ginocchia, e recupera la fune.
Questa zona è meno battuta rispetto a quella attorno a Jeri dove imperversavano i dune buggy e la navigazione GPS non è facile.
Per giungere ad una nuova balsa dovremmo passare attraverso una zona un po’ fangosa e poi scendere una specie di torrente tra mangrovie. Probabilmente il minimo della marea è gia’ passato, sul GPS vedo che il punto della balsa è a 500m ma sembra difficile passare con la macchina.
Cercando di tornare indietro la jeep si affossa e nonostante gli sforzi e l’aiuto di un abitante del luogo non riusciamo ad uscire: dobbiamo andare a cercare un trattore.
Questa interruzione si rivela provvidenziale perché ci accorgiamo che la moto di Daniela perde parecchio olio a causa di una rete da pesca rimasta incastrata dietro il pignone che preme sul paraolio; probabilmente senza la sosta forzata l’olio sarebbe finito con conseguenze facilmente immaginabili.
Foto 55 – Attraversando le mangrovie
Recuperata la macchina ci accorgiamo che si è fatto tardi e dobbiamo abbandonare le spiagge per dirigerci, via asfalto, a Cumbuco.
Cumbuco, vicino a Fortaleza, sarà la nostra base per spedire i mezzi dal porto di Pecem; ci vogliono due giorni, tra burocrazia e documenti vari, per riuscire ad infilare moto e jeep nel container, sempre supportati dai simpatici Jacinto e Victor.
Nei tempi morti visitiamo Fortaleza e ci rilassiamo sulla spiaggia di Cumbuco, godendo del fantastico clima che permane intorno ai 30 gradi ventilati quasi tutto l’anno, spiaggia dove osserviamo pigramente chi fa kyte surf e dove facciamo un giro su di una jangada, tipica imbarcazione di pescatori.
È giunto il momento di prendere l’aereo.
È stato un viaggio intenso, caratterizzato da paesaggi sempre diversi e dal contatto semplice e diretto con la popolazione dei tre stati che abbiamo attraversato; tutto è andato bene, per fortuna, senza grossi inconvenienti.
Ripensandoci mi accorgo di come questo viaggio si sia ormai insinuato nel nostro animo, faticheremo a dimenticare, ma già fantastico su itinerari alternativi per ripercorrere quei luoghi in un domani speriamo non lontano.
Foto 56 – Fortaleza
Foto 57 – Jangada a Cumbuco