By Gian Casati
Originally Posted Thursday, May 22, 2008
TRANSAFRICA:IL SECONDO PASSO
PARTECIPANTI
CLAUDIO e SANDRA su Land Rover 130
GIAN, ROSALBA e DARIO su Toyota hj61
MARIO e VITTORIO su Toyota hj61
GIORGIO e MARILISA su Toyota hj61
PREMESSA
In novembre siamo partiti da Genova ed abbiamo raggiunto Aswan dopo avere attraversato velocemente su asfalto la Tunisia e la Libia, e poi il Grande Mare di Sabbia, il Gilf Kebir ed il Gebel Aweinat. Abbiamo quindi lasciato le macchine ad Aswan.
27 gennaio 2008
Partiamo da Malpensa per il Cairo anticipatamente rispetto ai programmi perché in Italia non siamo riusciti ad ottenere il visto per il Sudan chiesto con due mesi di anticipo. Trasferimento notturno su due scassatissimi taxi all’hotel Carlton un albergo del 1935 dall’indubbio fascino retrò, rinnovato di recente, camere ampie e pulite, con qualche grave pecca come la mancanza di scale di emergenza, con ascensori traballanti cui è affidato tutto il traffico di clienti ed inservienti.
28 gennaio
Subito all’ambasciata Italiana per avere il nulla osta per ottenere il visto del Sudan presso il consolato sudanese. Il documento sarà pronto domattina e quindi ci dedichiamo alla visita della Cairo vecchia e della famosa moschea di El Hazar dove possono entrare anche i turisti, li’ vicino c’è anche il suk nelle cui viette ci addentriamo.
29 gennaio
Ritiriamo il nulla osta e portiamo subito i passaporti al consolato del Sudan ove ci assicurano che in un paio di giorni avremo il visto. Non avendo nulla da fare optiamo per una gita a Suez ma appena arrivati al famoso canale veniamo avvisati via cellulare che ci sono intoppi nel rilascio dei visti. Decidiamo di rientrare subito al Cairo per capire di cosa si tratta, siamo infatti molto preoccupati perché la nave per il Sudan (unico mezzo per raggiungere il paese essendo le vie di terra proibite) parte una sola volta alla settimana, il lunedì, e se la perdiamo tutto il programma va a pallino. Fa un freddo cane ed il morale è sotto i tacchi.
30 gennaio
Mario decide di contattare Magda una sua conoscente egiziana che lavora per una famosa società italiana e che parla benissimo italiano. L’intervento di costei si rivela basilare ed i visti ci vengono promessi per domani mattina. Sfruttiamo il tempo libero per andare a El Sakkara le cui piramidi a gradoni sono meno famose (e quindi meno affollate) di quelle di Giza ma molto interessanti così come l’annesso nuovo museo che contiene notevoli reperti sistemati con molto gusto, in modo assai moderno e razionale. A sera la mitica Magda ci porta a mangiare al Fish Market che è un barcone-ristorante molto elegante e raffinato (eravamo abituati a postacci o quasi) dove si mangia molto bene (ovviamente soprattutto pesce) ad un prezzo veramente contenuto (in linea col costo della vita egiziano che secondo i nostri standards è veramente basso).
31 gennaio
Udite udite i visti ci sono!! ci affrettiamo ad anticipare a stasera il volo per Aswan dove ci aspettano le nostre auto. Abbiamo il pomeriggio libero ne approfittiamo per visitare il quartiere copto e la vecchia Cairo utilizzando la comodissima metropolitana che chiaramente bypassa il caotico e pericoloso traffico cairota.
01 febbraio
Alloggiamo al modesto ma economico hotel Ramses. Per prima cosa andiamo a vedere se le nostre macchine ci sono ancora : ci sono e vanno in moto al primo colpo! Cominciamo a sistemare i mezzi e ci incontriamo con Giorgio e Marilisa che viaggeranno con noi fino ad Addis Abeba. Nel pomeriggio a zonzo per il suk
02 febbraio
Per prima cosa andiamo alla Nile Valley River Transport che è l’agenzia della nave per Wadi Halfa (che noi avevamo contattato alla fine del primo viaggio e con cui avevamo avuto contatti via mail) ove veniamo a sapere che oltre alle nostre quattro macchine ce ne sono altre due di svizzeri ed una moto e forse arriverà un’altra auto di uno svedese. La notizia è molto importante perché mentre la nave passeggeri (piena all’inverosimile) comunque parte, il sandalo che trasporta le auto (che è una chiatta trainata da una sorta di rimorchiatore) parte solamente se viene saldato l’intero prezzo del trasporto (che è di 19.300 sterline egiziane pari a circa 2400 euro al cambio allora vigente), quindi ora sappiamo che potremo suddividere il costo del viaggio tra 6/7 macchine ed una moto. A questo punto Salah dell’agenzia Nile ci spiega che dobbiamo andare alla Trafic Police per restituire le targhe egiziane delle nostre auto, ci andiamo ma, con estrema difficoltà e solo perché aiutati da un gentile signore che deve fare una pratica simile alla nostra, capiamo che prima dobbiamo ottenere un altro documento in altro ufficio. Temendo di essere fregati (dal gentile signore) telefoniamo a Salah il quale ci conferma che la procedura è quella giusta. Andiamo a quest’altro ufficio con la macchina del simpatico signore e riusciamo a capire (forse!) che si tratta di una sorta di Procura della Repubblica che dovrà attestare che non abbiamo pendenze in Egitto. Ottenuto il documento torniamo alla Trafic Police che ritira le targhe e rilascia un documento,ovviamente in arabo, che dovrebbe essere un permesso di circolazione provvisorio. Il resto del pomeriggio lo passiamo a cercare introvabili taniche per il gasolio perché abbiamo calcolato di avere bisogno di una autonomia di circa 2000 km quindi 440/460 litri di gasolio. Troviamo solo dei canestri di plastica da 20 litri utilizzati per l’olio motore.
03 febbraio
Fino ad ora ha fatto molto freddo, e solo oggi il solo è abbastanza caldino. Facciamo i biglietti per la nave (ma non paghiamo il nolo per le auto che si pagherà domani quando si saprà l’esatto numero delle macchine sul sandalo) facciamo circa 450 litri di gasolio per auto e poi ci concediamo una gita all’isola di Philae ed al relativo tempio. Poi al museo nubiano molto moderno e molto ben fatto.
04 febbraio
Finalmente si parte. Alle 11 siamo all’imbarco (che è sul lato orientale della grande diga di Aswan) e guidati da Salah facciamo abbastanza rapidamente tutte le formalità di imbarco, compresa una multa di 50 pound perché il permesso di tenere l’auto in Egitto è scaduto da 10 giorni (il permesso era scritto in arabo e Oscar Tour ci aveva assicurato che era ancora valido!!). Il nolo del sandalo si paga al porto dove non c’è cambio, quindi bisogna sapere il giorno prima da Salah quante auto ci saranno e preparare il quantum da pagare in valuta egiziana. Paghiamo quindi il nolo dopo la conferma che le auto sul sandalo saranno 7, piu’ la moto. Prendiamo possesso delle nostre cabine di prima classe (450 sterline a persona cioè 55 euro, passabili, pensando che siamo in Africa!) e constatiamo che i cessi sono veramente dei …… cessi e ci rendiamo conto che sarà bene trattenere i bisogni fisiologici il piu’ a lungo possibile perché ci aspettavamo certamente una nave “africana” ma qui i servizi (e sono di prima classe!!) sono oltre il limite. Le auto aspettano diverse ore sul piazzale prima di essere imbarcate sul sandalo. In effetti le auto imbarcate sono effettivamente quelle previste quindi Saleh si è mostrato corretto (malgrado i dubbi apparsi su Internet). Nel primo pomeriggio tutto pare pronto per la partenza ma questa non avviene mai, passeggeri e suppellettili di ogni tipo vengono continuamente imbarcati. Alla domanda, tipicamente occidentale, – ma quando si parte ? – ci rispondono- “quando la nave sarà piena” (come fanno i taxi brousse!). Verso le 20.30 con la nave piena all’inverosimile, si parte. E le macchine quando partiranno?? non si sa!! (oltre al sandalo delle vetture il rimorchiatore trascina diverse chiatte piene di merci), a bordo viene servito un pasto frugale per 1 Euro
5 febbraio
A bordo si possono cambiare gli euro od i dollari in ghinee sudanesi ad un tasso ragionevole. La navigazione è del tutto tranquilla,magnifica è l’alba sulle placide acque del lago Nasser, poi verso le 9.30 passiamo davanti ai famosi templi di Abu Simbel.
Verso le 13 arriviamo a Wadi Halfa, tipico posto di frontiera; il porto è costituito da un molo che sprofonda nel lago. Veniamo accolti (noi e gli altri stranieri a bordo della nave) da Magdi della Nubatia for Ferry Boat Service che è l’agenzia della nave e che è stato avvertito da Saleh da Aswan. Le formalità di dogana sono piuttosto veloci e dobbiamo compilare i soliti formulari (con una foto e fotocopia del passaporto col visto sudanese) e pagare una tassa di $ 43 per persona e $ 42 per macchina. Magdi poi provvederà il mattino successivo alla nostra registrazione presso l’immigrazione, nel frattempo cominciamo a preparare secondo le indicazioni di Magdi le pratiche per le macchine tra cui il carnet. All’uscita dell’area doganale un quantità di vecchissime e scassatissime Land Rover aspetta i viaggiatori per trasportarli in città nei vari alberghi alla tariffa “fissa” di 5 ghinee pari a 2,5 $. Chiediamo notizie delle nostre auto e ci dicono che dovrebbero arrivare domani mattina. Dato che il tempo da aspettare non pare molto non abbiamo problemi ad adattarci all’hotel Nile che definire spartano appare un complimento esagerato; la nostra stanza è a quattro letti, la nuda terra è il pavimento, le pareti sono di lastre di eternit ed assi di legno assemblate alla belle e meglio, il tetto è di cannette, di fronte all’ingresso della stanza c’è una sorta di corridoio con una decina di letti occupati da gente locale che era sulla nave e che è in attesa del sandalo che trasporta le merci, nei cosiddetti servizi non ci sono lavabi non c’è acqua corrente e i cessi sono intasati, per nostra consolazione pare che qui tutti gli alberghi siano allo stesso livello! Inganniamo il tempo cazzeggiando per Wadi Halfa (che peraltro non offre molto, anzi non c’è proprio nulla), compriamo una scheda telefonica per il telefonino, che costa solo 10 sterline sudanesi compreso 5 di traffico, speranzosi di partire domani nel primo pomeriggio visto che le auto dovrebbero arrivare verso le 13
6 febbraio
Aspettiamo tutta la mattina, con visita al modesto suk, ma delle macchine nessuna notizia, anzi si sparge la voce, non si sa come, che il sandalo non sia nemmeno ancora partito. Dopo i tutti i giorni passati per il visto e le varie formalità la voglia di partire è veramente tanta e la notizia mi getta nello sconforto. Nel pomeriggio vado a visitare il bel villaggio che c’è lungo il Nilo che non so neanche come si chiama (pensavo fosse la vecchia Wadi Halfa, che invece è sommersa dalle acque del lago Nasser)!! Ci apprestiamo dunque a passare un’altra notte nel famigerato Hotel Nile senza avere certezze circa le nostre macchine.
7 febbraio
Colpo di scena! verso metà mattina veniamo avvisati che il sandalo è arrivato. Ci precipitiamo al porto e in poco tempo possiamo uscire dall’area doganale grazie anche all’ottimo lavoro di Magdi che aveva preparato tutti i documenti. Velocemente carichiamo le macchine con le poche cose che avevamo con noi ed alle 13 possiamo lasciare Wadi Halfa in direzione Sud con l’intenzione di andare a Berenice, la mitica città dell’oro. Seguiamo la ferrovia fino alla stazione 5, questa come le altre stazioni della ferrovia Wadi Halfa – Karthoum ha il fascino delle vecchie stazioni inglesi, rimasta uguale da decenni, è in pieno deserto e non si sa bene chi la utilizzi perché insediamenti nei dintorni non ce ne sono. Qui perdiamo un po’ di tempo perché Mario si insabbia e facciamo un po’ di fatica a farlo uscire. Per guadagnare un po’ di tempo Claudio, che ha studiato bene la rotta per Berenice ed ha i punti nel suo GPS, decide di non raggiungere la stazione 6 ma di tagliare verso Est per raggiungere la pista piu’ avanti. E quasi il tramonto quando il fattaccio si consuma: Claudio che viaggia abbastanza veloce su un terreno sabbioso piatto e compatto non si accorge in tempo di profondissime tracce (di camion probabilmente) che vanno ortogonalmente rispetto alla sua direzione di marcia, la sua Land piega a sinistra e fa un giro e mezzo sul fianco fermandosi a coltello. Io sono dietro un po’ lontano ma vedo bene tutta la scena, passano lunghi istanti senza che nessun movimento si noti nella macchina di Claudio. Molto preoccupati corriamo verso la macchina ed aperta la portiera superiore finalmente possiamo constatare che nessuno si è fatto male (entrambi avevano le cinture di sicurezza!!) ma Sandra sopra Claudio non riesce ad uscire comprensibilmente spaventata. Li aiutiamo ad uscire ed immediatamente, come spesso accade nel deserto, si materializza una macchina di locali che ci aiuta a raddrizzare la Land. Ormai è quasi buio e mentre Claudio si da subito da fare per sistemare i danni (non particolarmente gravi) facciamo campo senza spostare la Land. Siamo a N 21° 12′ 21″ E 32° 15’18”
8 febbraio
La Land è apparentemente sistemata in modo da poter proseguire il viaggio ma Claudio ci comunica di non sentirsela di andare a Berenice non essendo sicuro delle condizioni della macchina e forse anche perché l’incidente gli ha fatto perdere la voglia di Africa. La decisione getta nel panico il gruppo perché Mario e soprattutto Vittorio ci tenevano in modo particolare ad andare a Berenice. C’è da scegliere se lasciare solo Claudio ed andare ugualmente a Berenice oppure modificare radicalmente il viaggio, decidiamo per la seconda opzione e quindi andiamo verso la stazione 6 per poi puntare decisamente verso Ovest attraversando il deserto per raggiungere il Nilo. Per fortuna abbiamo 4/5 punti Gps che sono sufficienti perché il terreno non è difficile. Il panorama è molto interessante e così la traversata è assai piacevole. Non lontano da un bel massiccio montuoso facciamo campo al punto N 20° 11′ 50″ E 31° 46′ 28″
9 febbraio
Bella traversata del deserto, tutta navigazione, tecnicamente non impegnativa con temperatura piacevolissima (27° al massimo). Nel primo pomeriggio raggiungiamo il Nilo all’altezza del villaggio di Delgo, risaliamo il fiume verso Nord attraverso bei villaggi dalle case di fango e paglia, la strada è molto brutta. Un tratturo sassoso ed assai impervio ci porta ad un punto molto panoramico sul Nilo. Poco lontano in una valletta al punto N 20° 18′ E 30°34′ facciamo campo.
10 febbraio
Ritorniamo verso Sud, il Nilo scorre tra rocce scoscese ed i villaggi si susseguono belli e puliti, la strada è sempre pessima, tole e fesc fesc ci tormentano. A sera siamo Kerma dove nel 2500 a. C. si sviluppò una civiltà del tutto originale. Non è facile trovare un posto adatto per il campo ma alla fine ci fermiamo vicino ad una casa di contadini che ci accolgono con grande ospitalità (e curiosità).
11 febbraio
Cazzeggiamo per il mercato di Kerma (purtroppo la giornata di mercato piu’ importante era ieri, domenica) poi Claudio, che evidentemente e comprensibilmente ha perso il gusto per il viaggio, decide di rientrare in Italia per riparare la macchina e rinuncia al progetto di traversare l’Africa da Nord a Sud e rientra su Karthoum ancora indeciso se spedire la macchina da Port Sudan o da Gibuti (opterà poi per Port Sudan). Anche Vittorio, il compagno di viaggio di Mario, che era partito malgrado grossi problemi di lavoro solo per l’idea di poter andare a Berenice, sfumato il progetto, decide di rientrare con Claudio. La strada ormai è tutta asfaltata e non ci sono piu’ ostacoli tecnici quindi all’altezza del tempio di Kawa (non vale gran che, essendo rimasto pochissimo) possiamo tranquillamente dividerci. Claudio Sandra e Vittorio decidono di rientrare in Italia. I tre hj61 proseguono e decidono di traghettare per visitare alcune oasi ad ovest di Dongola. Queste oasi, che secondo la guida Polaris sono assai popolari tra gli abitanti di Dongola, sono in realtà del tutto sconosciute e solo un gentile sudanese che dice di conoscerle ci porta (faticosamente) all’imbocco della presunta pista. Davanti ad un gruppo di case di uno sconosciuto villaggio (tra la solita curiosità generale) facciamo campo.
12 febbraio
Tentiamo (a tentoni) di trovare la pista per le oasi ma nel frattempo si leva un vento fortissimo che solleva quantità industriali di fesc fesc, a questo punto decidiamo di tornare a Dongola dove fortunatamente il vento non si avverte e qui giriamo per il bel mercato e poi ritraghettiamo per raggiungere l’altra sponda del Nilo. Giunti sulla riva opposta cerchiamo di sapere dove inizia la pista per Old Dongola, un gentilissimo signore si offre di accompagnarci fino all’imbocco che non è affatto vicino e cosi ci portiamo dietro il simpatico sudanese per una ventina di km e poi lo abbandoniamo in mezzo al nulla o quasi. Insistiamo per riportarlo indietro ma lui dice che si arrangerà e sicuramente troverà un mezzo per tornare a casa sua, cerchiamo di compensarlo con dei piccoli regali. La pista è ben visibile ma in corrispondenza di un cordone di dune la perdiamo. Ho il punto gps di Old Dongola e seguendolo mi inoltro nelle dune ma quasi subito trovo un tratto di sabbia mollissima dove mi insabbio pesantemente e da cui esco con molta, molta fatica. Mentre sono alle prese con le piastre vedo in basso un camion che proviene dalla direzione che presumo giusta e mi rendo conto che era inutile addentrarsi nelle dune essendo sufficiente scapolarle tenendole sulla destra, via radio avviso gli altri e cosi ci ritroviamo nella pista giusta. Al bellissimo villaggio Mulwad ci fermiamo per una breve sosta, una gentilissima famiglia ci invita a casa e ci offre il thè. Come tutte le case del villaggio è pulitissima, siamo veramente colpiti dall’ospitalità assolutamente disinteressata di questa gente, sembra incredibile pensare che ci troviamo nello stesso Sudan ove si consuma la tragedia del Darfur. Proseguiamo lungo il Nilo, sabbia e palme, villaggi semisepolti dalla sabbia ma viventi, alcuni sono tutti imbiancati e decorati, immutati da tempo. Villaggi lontani dalla strada asfaltata e dalla “civiltà”. In uno di questi la mia macchina, lasciata aperta ed incustodita viene invasa da una torma di curiose ragazze vocianti che al mio arrivo scappano, dalla macchina non manca niente era solo una gran curiosità tutta femminile! Sulle rive del Nilo vicino ad un vecchio affascinante cimitero islamico facciamo campo, siamo ad una trentina di km da Old Dongola a N 18° 30′ E 30° 40′
13 febbraio
Ancora villaggi nubiani e palmeti lungo il grande fiume poi arriviamo ad Old Dongola, sito magico. L’antico palazzo reale (poi moschea) domina un vecchio villaggio abbandonato, in lontananza una moltitudine di kubbe (antiche tombe di uomini particolarmente venerati), poco lontano i resti di chiese cristiane con capitelli in granito e colonne che si alzano dalla sabbia. Qui veniamo inseguiti da un poliziotto che chiama un graduato che ci porta ad uno scalcinato posto di polizia, i militari (anzi per la verità solo uno di loro) appaiono nervosi perché non abbiamo il permesso di visita. Tutto si risolve col pagamento di $ 10 a testa, in realtà poi ci renderemo conto che in tutti i siti archeologici del Sudan bisogna pagare un ingresso di $ 10 a persona; in questo caso si trattava solo di passare prima dal posto di polizia cosa che non potevamo sapere. Lasciamo Old Dongola e proseguiamo lungo il Nilo (che però si vede solo saltuariamente), verso il tardo pomeriggio ci incasiniamo in una serie di dune dalle quali usciamo tornando un poco indietro. Facciamo campo a N 18° 03′ E 30° 57′
14 febbraio
Un po’ preoccupati dalle dune incontrate ieri sera assoldiamo una improvvisata guida per portarci sulla pista giusta per proseguire lungo i villaggi che costeggiano il Nilo. In realtà il terreno si rivela del tutto fattibile, sabbia scorrevole appena ondulata senza dune e senza sabbia molle, c’è molto vento e molta polvere, i villaggi non sono piu’ interessanti come quelli di ieri (è il gran vento che ci fa vedere tutto meno bello??). Arriviamo sulla strada che porta a Karima quando alla macchina di Mario, alquanto strapazzata nelle tratte sabbiose, si manifestano sinistri rumori a livello di trasmissione/cambio. Al villaggio di El Kurru per la solita tassa di 10 $ a cranio visitiamo le belle tombe dei faraoni neri che attorno al 700 a.C. dominarono l’alto e basso Egitto. Le tombe sono dipinte riccamente e anche se non sono al livello di quelle ben piu’ famose della valle dei re a Luxor certamente meritano la visita. A sera siamo al Gebel Barkal che fu il luogo sacro piu’ importante del tempo dei faraoni neri, è un monte che domina il Nilo con alla base i resti di imponenti templi punto di riferimento ben visibile da lontano con un pinnacolo che ricorda la figura di un cobra, considerato animale sacro. Alla base del Gebel, verso nord ovest ci sono le piramidi con le tombe dei faraoni neri e dei notabili di quel tempo. Facciamo campo non lontano dalle piramidi. Considerato che da qui a Karthoum la strada è tutta asfaltata, Mario ci comunica che ci lascia e domani mattina all’alba partirà per la capitale perché è rimasto con le sole ridotte e là cercherà di far riparare l’auto.
15 febbraio
Mario in effetti è partito e noi giriamo per Karima per fare un po’ di spesa anche se oggi è venerdi e il mercato è in formato ridotto. Lasciamo Karima ed andiamo a visitare le piramidi di Nuri, molto interessanti e particolari; esse sono considerate un po’ le sorelle minori di quelle ben piu’ famose di Gebel Barkal o Meroe. Invece hanno un fascino tutto particolare ed il solo fatto di essere un po’ trascurate dai turisti (comunque pochissimi) le rende ancora piu’ interessanti, una visita da non perdere. Qualche problema con la solita polizia turistica perché, malamente consigliati da un gruppo di locali, cerchiamo di fare i furbi italiani e non pagare i soliti 10 $. Lasciamo Nuri e attraverso una magnifica nuovissima strada asfaltata attraversiamo il noioso deserto di Bayuda tagliando l’ansa del Nilo. Solo gli ultimissimi pochi km non sono asfaltati e poiché anche il ponte non è ancora pronto dobbiamo prendere il solito ponton per attraversare il fiume e raggiungere Atbara. Ormai è il tramonto e poiché non troviamo un hotel che ci vada bene decidiamo di continuare al buio fino a Meroe. In vicinanza della famosa località archeologica provo a chiamare per radio Mario ed incredibilmente riesco a stabilire un contatto con lui e cosi vengo a sapere che è accampato circa un km dalle piramidi, gli dico di fare segnali di luce che cerchiamo di raggiungerlo. In realtà ci rendiamo conto che è quasi come cercare un ago in un pagliaio, invece ancora non so come, riusciamo ad individuarlo e, nel buio aggirando delle dunette di sabbia, a raggiungerlo.
16 febbraio
Nella luce spendida e limpida dell’alba, finalmente senza vento,ammiriamo le splendide piramidi Meroe, mentre Mario parte subito per Karthoum. Noi poi raggiungiamo Shendi da cui parte la pista (che si snoda in una bella brousse ormai saheliana) per il sito archeologico di Musawwarat che è un grande comprensorio ove pare che nell’antichità addestrassero elefanti che proprio ora una missione tedesca sta scavando. Poco lontano c’è il tempio detto del leone che però, quasi totalmente rifatto, vale poco (già che sei li vai a vederlo altrimenti non varrebbe la visita). Poco lontano, sulla pista che porta all’altro sito di Naga, c’è un pozzo dove alcuni nomadi stanno abbeverando le loro bestie.
Ci fermiamo entusiasti perché lo spettacolo del pozzo è sempre affascinante ma in questo caso ci troviamo al cospetto di una tribu’ poco simpatica ed assai poco socievole (una vera rarità vista la simpatia delle popolazioni sudanesi finora incontrate). Ce ne andiamo alquanto contrariati e raggiungiamo il sito di Naga che invece è veramente interessante. Anche qui sono in corso scavi da parte di tedeschi dell’Università di Berlino ed anche questa circostanza aggiunge fascino al sito già bello di suo. Da Naga raggiungiamo l’asfalto e quindi nel tardo pomeriggio raggiungiamo Karthoum, dove dopo un po’ di ricerche troviamo posto all’Hotel Sahara (ma guarda un po’!!) che si trova quasi di fronte all’Hotel Acropole famoso tra tutti i viaggiatori europei, dove c’è George un greco che risolve tutti i problemi che si possono incontrare nel paese. All’Acropole conosciamo i fratelli Castiglioni famosi non solo tra i sahariani per avere portato alla conoscenza del grande pubblico Berenice Pancrisia, la città dell’oro. Grazie a George Mario trova un meccanico che gli assicura che potrà riparare il cambio del suo hj61 in meno di 24 ore.
17 febbraio
Mentre Mario segue le riparazioni della sua macchina noi ci dedichiamo alla visita di Karthoum, la città non offre molto a parte il museo archeologico ove sono stati ricostruiti alcuni templi nubiani che sarebbero stati sommersi dalle acque del lago Nasser. Dario, che era in macchina con me e Rosalba rientra in Italia come programmato fin dall’inizio.
18 febbraio
La macchina di Mario è stata riparata nei tempi promessi e nella mattinata possiamo partire verso sud. L’uscita dalla capitale è alquanto laboriosa a causa della difficoltà di intendersi (gli stessi poliziotti del traffico ci danno indicazioni contrastanti), grazie alla bussola che ho in macchina ci incamminiamo nella giusta direzione. Per molti km il paesaggio è squallido, sporco, polveroso e monotono. Il Nilo non è lontano ma la sua presenza praticamente non si avverte tanto deprimente è il paesaggio. A Wad Medani si cambia direzione, si piega verso sud-est e poi decisamente ad est. Anche il paesaggio cambia radicalmente in meglio, vastissimi campi coltivati, qualche albero, montagnette sassose ad interrompere la vastità. Ogni tanto tratti di folta vegetazione, arbusti senza foglie perché è inverno poi nuovamente enormi estensioni di coltivazioni (credo di sorgo) anch’esse in riposo, montarozzi sassosi e villaggi di capanne. Gedaref spendiamo in gasolio gli ultimi soldi sudanesi (per fortuna avevamo ancora qualcosa perché per fare la strada verso l’Etiopia bisogna pagare 5 sterline sudanesi a macchina) e poco dopo la cittadina, vicino ad una capanna di contadini facciamo campo. Oggi ha fatto molto caldo, costantemente sui 37°.
19 febbraio
Una bella strada dritta e ben asfaltata ma con vento forte e cielo polveroso ci conduce alla frontiera. Qui è il solito casino africano, coi i soliti sfaccendati che si offrono di aiutarti semplicemente indicandoti gli uffici dove si deve andare. La parte sudanese si svolge piuttosto rapidamente e cosi possiamo attraversare un ponticello che costituisce la frontiera. In Etiopia ancora piu’ casino, piu’ povertà… piu’ Africa. Per prima cosa si deve andare in una specie di capanna dove c’è il controllo passaporti che si rileva lunghissimo (e per fortuna siamo solo in cinque!). Per ogni passaporto i due funzionari devono scartabellare a mano due o tre diversi registri scritti a mano ove penso siano registrati i soggetti che hanno pendenze in Etiopia e sono ricercati dalle autorità. Passa un tempo che ci pare interminabile. Alle fine possiamo partire perché la dogana non si fa in frontiera ma dopo circa 30 km di pessima strada bianca, al paese di Shehedi. Qui però arriviamo pochi minuti dopo le 13 e la dogana è chiusa dalle 13 alle 15. Non possiamo fare altro che aspettare ed inganniamo l’attesa facendoci una stupenda insalata di cipolle, pomodori e cetrioli (quest’ultimi regalo del contadino nel cui campo abbiamo dormito la notte scorsa). Per fortuna le formalità doganali sono velocissime e possiamo addirittura entrare in Etiopia senza carnet (richiestoci ma noi abbiamo fatto i finti tonti al riguardo). Nella cittadina ci sono un paio di banche e cambiamo un po’ di soldi. Ripartiamo, la strada è pessima ma sono in corso lavori per cui prossimamente ci sarà l’asfalto, il paesaggio è ancora radicalmente cambiato, c’è boscaglia inframmezzata da alcuni grossi alberi (che rabbia non saperli riconoscere!) e da qualche baobab, molti villaggi dalle tipiche capanne a cono. Pensiamo di fare campo in questa boscaglia ma alcuni militari molto gentili ce lo sconsigliano vivamente per ragioni di sicurezza e ci accompagnano a fare campo in posto costantemente sorvegliato da loro. Siamo a N 12°34′ E 36°46′
20 febbraio
Si riparte, la strada si inerpica sulle montagne etiopi e presto si raggiungono ragguardevoli altezze (si viaggia dai 2000 ai 2500 metri) i nostri diesel fumano molto (il mio in particolare!) e malgrado il turbo il calo di potenza è notevole. Il tempo è bello e fresco ma brumoso, non capisco se si tratta di umidità o della polvere della pessima strada in sospensione. L’ambiente è molto africano, rocce, alberi, villaggi di capanne. Quando scolliniamo, a 2200 mt, il paesaggio cambia di colpo, sembra quasi di essere sulle nostre montagne, prati, ruscelli, mandrie al pascolo, contadini e purtroppo tanti eucalipti, dico purtroppo perché gli eucalipti sono stati importati dall’Australia ed hanno soppiantato le foreste autoctone. La strada è sempre molto brutta e polverosa e l’asfalto si trova solo poco prima di Gondar. La cittadina è molto vivace e merita la visita.
Imponenti sono le costruzioni seicentesche della cittadella reale di stile portoghese, molto interessante è anche la cosidetta piscina che è una costruzione anch’essa settecentesca immersa in una grande vasca che viene riempita d’acqua in occasione delle celebrazioni dell’Epifania secondo il rito della chiesa ortodossa eritrea. Non vale assolutamente invece la visita, se non per gli aspetti storici, al villaggio dei falasha che sono eritrei di fede ebraica che furono trasportati in massa in Israele negli anni 1984/85 con l’operazione Mosè coordinata dai servizi segreti di Israele contro il divieto di espatrio disposto dal regime filosovietico di Menghistu. Da non perdere invece la visita alla vecchia chiesa cristiana tutta affrescata e con una simbologia tipica della tradizione etiope, la chiesa è un esempio classico di chiesa cristiana etiope. Ripartiamo nel pomeriggio verso il lago Tana, la natura è ora veramente spettacolare, si susseguono paesaggi tipo interno della Sardegna d’estate, brandelli di foreste tropicali (come doveva essere in passato tutta questa regione), enormi monoliti e, verso il lago, pianura coltivata. A Bahir Dar, grossa e piuttosto ricca (secondo gli standard etiopi) cittadina sulle rive del lago Tana ci fermiamo e dormiamo in un buon albergo (dopo avere non poco penato nella ricerca di una sistemazione).
21 febbraio
Gita in barca sul lago Tana, grande otto volte il nostro lago di Garda. Le acque sono limacciose e poco invitanti, forse a causa della poca profondità (circa otto metri se non ricordo male) ma molto interessante è l’incontro con pescatori locali che utilizzano ancora rudimentali barche di papiro che ogni volta dopo l’uso devono essere messe ad asciugare. Su una delle tante isole del lago visito la bellissima chiesa etiope di Kebran Gabriel, purtroppo interdetta alle donne. Questa è la sola chiesa monastero che val la pena di vedere, almeno tra quelle a poca distanza da Bahir Dar, perché le altre sono moderne e di nessun interesse. La visita dell’isola è particolarmente interessante anche dal punto di vista naturalistico perché qui è intatta la jungla che anticamente doveva interessare tutta la regione. Uno dei punti forti della gita è la cosiddetta sorgente del Nilo Azzurro che è l’estuario del lago che appunto dà luogo al Nilo. E’ un luogo “storico” perché, come si sa, il problema geografico delle fonti del Nilo occupò le cronache e le discussioni degli esploratori ottocenteschi. Nel pomeriggio si riparte, l’altipiano ora è piuttosto monotono, prati e gialle coltivazioni si susseguono, villaggi, isolati alberi giganteschi (testimoni di un mondo che fu) tanti, troppi, eucalipti che qui usano soprattutto per fare ponteggi per l’edilizia. A sera siamo al discreto Hotel Alem di Dejen.
22 febbraio
Immediatamente all’uscita della cittadina il paesaggio cambia radicalmente, l’altipiano tutto sommato dolce che abbiamo attraversato ieri precipita nel canyon formato dal Nilo. La strada ora è bella, ma tempo fa deve essere stata terribile come testimonia ad esempio un bello scritto di Curzio Malaparte risalente agli anni dell’occupazione italiana. A quei tempi addirittura, alcuni muli al seguito ed al servizio delle truppe italiane precipitarono sfracellandosi nei dirupi, per dire come era scoscesa la pista. Oggi come ho detto la strada è bella ma i freni devono essere efficienti perché la pendenza è notevole ed in pochi km si scende di ben mille metri fino a raggiungere il Nilo, qui è in costruzione un nuovo ponte che attraverserà la gola. Sul versante opposto la strada invece è pessima e quindi i mille metri a salire mettono a dura prova le auto. Raggiungiamo nuovamente l’altipiano che si eleva sui 2500 metri, il tempo è ottimale (23/24° e aria frizzante). Qui le scene agresti si susseguono, è il tempo della pulitura dei cereali da poco raccolti. Gruppi di 3/4 capanne di paglia (fattorie?) dalle aie pulitissime, perimetrate da cactus richiamano il nostro interesse. Usciamo dalla strada principale a circa 100 km da Addis per andare al monastero di Debre Libanos, la chiesa non vale niente ma è interessante per l’umanità che gravita attorno al luogo considerato particolarmente sacro dai cristiani etiopi; fuori dall’edificio chiacchieriamo con una signora italiana di origine etiope, venuta dall’Italia apposta per fare un pellegrinaggio a questo monastero. Grandi boschi di eucalipti (ancora loro!) preannunciano l’arrivo ad Addis Ababa (così in effetti si chiama la capitale). Alloggiamo al piccolo Hotel Lido (Sudan street) di proprietà di italiani, centralissimo e quindi comodo perché la città è tutta li attorno.
23 febbraio
Giornata dedicata al riordino della macchina, al cazzeggio,alla visita della città, al mercato dell’artigianato, alla ricerca di un posto dove lasciare la macchina che dovrà rimanere in Etiopia per diversi mesi. Mario affida il suo 61 alle cure di un meccanico per alcune piccole riparazioni che però anche per la domenica incombente richiederanno un paio di giorni di tempo. Giorgio e Marilisa programmano le loro prossime mosse visto che resteranno in Etiopia ancora un paio di settimane. A sera siamo al Fasika Restaurant che è un locale molto vivace, piuttosto elegante e con tanta musica locale, qui non posso non pensare al grande contrasto con la grande povertà che ci circonda.
24 febbraio
Ieri avevo deciso di lasciare la macchina alla chiesa cattolica di S. Salvatore ma poi gravi dubbi mi assalgono perché Rosalba mi fa notare come il cortile ove l’auto dovrebbe rimanere è un po’ troppo esposto al passaggio e ci pare un posto non troppo sicuro. A questo punto Mario rimane ad Addis, Giorgio e Marilisa pure mentre Rosalba ed io decidiamo di partire subito per Soddo che si trova 300 km a sud di Addis; avevamo infatti l’indirizzo di una missione cattolica in quella località con annessa officina meccanica e ci era stato detto che la sistemazione poteva soddisfare le nostre esigenze. La strada è ottimamente asfaltata (anziché fare la strada principale, che ci hanno detto essere molto trafficata abbiamo fatto la strada quasi parallela che scende piu’ a ovest) tranne gli ultimi 30 km di terribile fesc fesc. Al pomeriggio siamo alla missione cattolica dei frati cappuccini il cui capo (è un termine un po’ inusuale per chiamare un sacerdote ma qui spesso non si distingue un frate da una persona qualsiasi) è Aklilu un simpaticissimo etiope che ci accoglie con grande amicizia. L’esperienza della missione, per me nuova, è molto interessante perché ci si rende conto, toccando con mano, delle grandi cose che questi missionari riescono a fare in condizioni difficilissime. Questa missione poi si distingue perché oltre alla scuola per ragazze (con ben 400 allieve circa) comprende una scuola di avviamento professionale con attrezzatissima officina meccanica, fabbro e falegnameria, scuola seguita ed organizzata da Antonio, un simpatico signore in pensione che, pur avendo figli e nipoti (quindi una normale vita di nonno) passa con la moglie Lina, infermiera professionale (in pensione) che qui aiuta il locale ospedale, ben dieci mesi all’anno seguendo la scuola professionale. Da Aswan a qui abbiamo fatto 4100 km
25 febbraio
Trascorriamo la giornata in missione visitando le varie strutture, smontando la macchina e dando al capo officina le istruzioni sui lavori, sostanzialmente di manutenzione, da fare alla macchina. Al tramonto siamo al mercato, uno dei piu’ interessanti che abbia visto perché totalmente ed assolutamente “africano” per colori, odori , gente e non ultimo mercanzie africane per africani.
26 febbraio
Con una macchina della missione ritorniamo ad Addis ed a mezzanotte andiamo all’aeroporto per il ritorno in Italia via Cairo.
Gian Casati