By Nadia e Francesco
Originally Posted Wednesday, February 20, 2008
TANGERI – LOME’
28 settembre – 31 ottobre
Venerdì 28 settembre ritrovo a Genova al porto per l’imbarco sulla nave della CMN per Tangeri
Sabato 29 settembre navigazione, la nave non è proprio il massimo ed il tempo scorre lentamente, ma riusciamo comunque a fare le pratiche doganali a bordo.
Domenica 30 settembre arriviamo a Tangeri alle 19.00. A causa del Ramadam la polizia e la dogana sono in tilt, tutto è bloccato perchè è calato il sole ed ora possono interrompere il digiuno; finalmente, alle 20.30 riusciamo ad uscire dal porto
Andiamo subito a fare rifornimento e poi prendiamo l’autostrada in direzione di Rabat
Alle 21.15 facciamo una sosta in un autogrill per la cena, si decide poi di proseguire e, alle 24.00, ci fermiamo a dormire in un’area di servizio nei pressi di Asilhà….. notte intensa carica di rumori …….
Angelo, uno dei partecipanti, sprovvisto di maggiolina, pianta la tenda in un’aiuola, ma alle 5, vista la confusione ed i rumori presenti, è già pronto per partire.
Lunedì 1 ottobre
dopo un buon caffè, alle 6.15 partiamo direzione MARRAKECH.
Alle 9 ci fermiamo in un’area di sosta per rifornimento ed aspettare il resto del gruppo che è distanziato, la Toyota del LUPO, che fino in Mauritania sarà condotta da Fabrizio, ha la temperatura dell’acqua troppo alta e non può andare a più di 100 Kmh.
E’ una bella giornata ed il sole scalda parecchio già a quest’ora; giunti a Marrakech visitiamo il Souk con le solite “guide” locali che ti si appiccicano addosso come scendi dalla macchina e non c’è modo di liberarsene, così decidiamo di prenderne una in tal modo non saremo più assediati dagli altri procacciatori.
Dopo uno spuntino in un piccolo ristorantino partiamo con destinazione Tam – Tam. Lungo il percorso per arrivare a destinazione attraversiamo parte della catena dell’Atlante e ci ritroviamo catapultati in un paesaggio che ricorda i canyon americani e le distese dell’Australia.
A Tam-Tam plage arriviamo alle 22.00 e ci concediamo una speciale cena a base di pesce.
Pernottiamo in un Hotel un po’ fatiscente, ma c’è un buon letto ed una doccia, cose che nei prossimi giorni ci mancheranno.
Martedì 2 ottobre
ieri sera, tra la stanchezza, il buio e la foschia non si poteva ammirare la maestosità e la potenza delle onde dell’oceano perciò, prima di fare colazione, ci ritroviamo tutti in spiaggia incantati, le onde dell’oceano, la spiaggia immensa e immacolata, una foschia che a poco a poco lascia il posto al sole del mattino, tutto questo è già di per se uno spettacolo.
Alle 9.00 partenza, rettifico, contrattempo…. ci si accorge che la Nissan di Claudio R. ha una piccola perdita di liquido dal radiatore, subito si cerca una busta di turafalle e si ripara il guasto. La destinazione finale di oggi è Dakhla, contenti di non arrivare per una volta con il buio, non abbiamo tenuto conto dell’imprevisto in agguato: la Toyota di Francesco e Maurizia perde velocità e non va più, ci fermiamo con altri 5 equipaggi per controllare i filtri del carburante e sostituirli, (probabile causa il carburante non troppo pulito).
Alle 20.30 riusciamo comunque ad arrivare al campeggio nella penisola di Dakhla in riva al mare.
Lì troviamo il resto del gruppo ad attenderci, piantiamo il campo e andiamo a mangiare al ristorante….sotto il tendone (il proprietario è un Italiano che alcuni anni or sono si è trasferito in quel posto per praticare il windsurf).
Mercoledì 3 ottobre
lo scenario che ci si presenta davanti è fantastico, sembra una cartolina caraibica, un bellissimo mare azzurro, calmissimo e punteggiato da una miriade di bianchi gabbiani….
In realtà questo tratto di oceano protetto dalla penisola è il regno dei praticanti il Windsurf che numerosissimi vengono in questo posto a sfogare i propri sogni.
Partiamo in direzione della frontiera ma, alle 11.00 ci si fermiamo al mercato del pesce, assistiamo alle trattative di vendita tra pescatori e commercianti, poi anche noi acquistiamo del pesce che servirà per la cena di questa sera.
Nel trasferimento verso la frontiera Mauritana, incontriamo in un’area di sosta due motociclisti Polacchi che non sanno dove andare ne cosa fare; vogliono arrivare fino in Sudafrica, ci offriamo di accompagnarli fino a Nouachott, scaricano le loro moto e poi mettono sulle nostre auto i loro bagagli. Risaliamo sulle auto e assieme alle moto ci dirigiamo verso la frontiera di Guendouz, ma qui ci attende un’amara sorpresa, la frontiera è chiusa, riaprirà domani alle 8. Il Ramadam ci condiziona, ma facciamo buon viso a cattivo gioco e facciamo campo a 500 mt dalla frontiera. Ci aspetta una favolosa mangiata di pesce: spaghetti con un gustosissimo sugo di razza e pomodoro e spigole alla griglia e la serata procede tra barzellette e risate sotto un cielo pieno di stelle.
Giovedì 4 ottobre
alle 8.00 siamo già in fila davanti al posto di guardia di frontiera….speriamo di non dover passare qui l’intera giornata ……….; alle 10.00 finalmente, dopo interminabili passaggi tra 1 militare e l’altro, tra la Polizia e la Dogana passiamo la frontiera Marocchina e ci dirigiamo verso quella Mauritana.
L’asfalto finisce subito dopo la frontiera Marocchina, inizia lo sterrato con delle buche profonde, veniamo circondati dai cambia valuta, procacciatori vari e assicuratori. I doganieri cominciano a rovistare le nostre auto, compiliamo le varie carte e l’impegnativa sull’onore di non vendere la nostra auto, e poi partiamo, il nostro obiettivo è il parco del Banc D’arguin dove dovremo arrivare domani..
Stiamo viaggiando nel mare di sabbia, quando ad un certo punto, Vittorio, nota un mucchio di abiti e dei bagagli sulla sabbia e si ferma. Qui scopre che vicino c’è lo scheletro di una persona con ancora le scarpe addosso e più in là ci sono i resti di un’altra…. tra gli abiti e i bagagli, in uno zaino, ci sono 2 passaporti di 2 ragazzi di poco più di vent’anni, il visto sul passaporto reca la data del 1994, sono Francesi della Val D’Isere, marchiamo il punto GPS recuperiamo i documenti e ci ripromettiamo di farli recapitare alle autorità Francesi (non ci sembra il caso di avvisare direttamente le famiglie, lo faranno le autorità di quel paese se lo riterranno opportuno).
Questa scoperta ci lascia tutti sgomenti e comunque, anche se amareggiati, proseguiamo il viaggio, consapevoli che con il deserto non si scherza.
Nella sabbia si scorgono un mare di conchiglie di tutte le forme e dimensioni, Marco trova addirittura un bellissimo guscio di tartaruga.
Sono ormai le 18.00 e decidiamo di fare campo in mezzo alle dune prima che il buio più completo cali su di noi.
Questa sera la cucina da campo propone una gigantesca spaghettata “aglio olio e peperoncino”.
Venerdì 5 ottobre
proseguiamo il nostro viaggio nella distesa di sabbia, ma a mezzogiorno ritorniamo a scorgere il mare che lambisce le dune. Decidiamo di sostare per il pranzo e finalmente, riusciamo a fare un bagno ristoratore nelle acque dell’oceano…..
Dopo un paio d’ore, rinfrescati, ripartiamo per avvicinarci il più possibile a Nouachott dove dobbiamo arrivare Sabato per le 12.00 in quanto Fabrizio, che guida la macchina del Lupo, ci lascerà per ritornare a casa in aereo.
Verso le 16.00 arriviamo al villaggio del Parco Nazionale; è formato da una serie di baracche di pescatori e una miriade di bambini ci viene incontro festanti gridando ad una voce sola “cadeau, cadeau” l’impatto è forte, io scendo dalla macchina con un grande sacchetto di caramelle, ma vengo letteralmente assalita e in un attimo le caramelle spariscono. Il modo di vivere, la pochezza dei vestiti, lo sporco sovrano in cui vive questa gente ci fa riflettere, però nonostante tutto sono tutti sorridenti, sicuramente non hanno problemi di stress e forse le loro giornate non passano velocemente come le nostre, che abbiamo sempre mille cosa da fare.
Corriamo per un po’ con le auto sul bagnasciuga e Angelo trova un pescatore dal quale acquista un’aragosta grandissima che servirà da condimento per gli spaghetti della cena.
Facciamo campo in riva all’oceano sulla spiaggia immacolata con le dune alle spalle e un’immensità di stelle nel cielo.
Sabato 6 ottobre
sveglia alle 7.00 pensando di partire alle 8.00, ma non abbiamo fatto i conti con la marea, anche oggi dobbiamo correre sulla battigia e questo è fattibile solo se la marea è bassa perchè da una parte c’è l’oceano e dall’altra le dune che arrivano fino all’acqua, aspettiamo così fino alle 9, ma poi decidiamo di partire.
Corriamo sempre a pelo dell’acqua per almeno 150 km, passando vari villaggi di pescatori, relitti di navi e pesci morti, il gruppo si sfalda e mentre alcune auto arrivano a Nouachott dalla spiaggia, noi e altri ci portiamo verso l’interno in cerca della strada, dopo vari fuoripista riusciamo ad imboccare la pista che porta all’asfalto, ma fatti 100 metri troviamo un posto di controllo, ci fermano per registrare i passaporti; dopo un po’ ripartiamo pensando di aver terminato tutte le formalità, ma a neanche 200 metri di distanza altro posto di controllo e altra trafila ….pazienza, impareremo ad averne tanta, anche perchè i ritmi qui sono molto lenti….
In Mauritania notiamo una cosa molto curiosa, il parco auto è formato al 90% da vetture Mercedes, ma di un solo modello il 190 in tutte le sue motorizzazioni.
Arrivati finalmente a Nouachott decidiamo di andare in albergo, in riva al mare, in quanto c’è troppo vento per campeggiare, prima però facciamo lavare le nostre auto con particolare attenzione al sotto scocca e telaio in quanto dobbiamo ripulirle dal sale depositato dall’acqua del mare.
Questa notte arriverà il resto del gruppo in aereo e ci lascia Fabrizio.
Domenica 7 ottobre sveglia e colazione alle 7.00 saluti e presentazioni con i nuovi arrivati (Daniela, Lio, Federico ed il Lupo) e poi partenza, ci aspetta una lunga trasferta.
Attraversiamo paesetti pieni di immondizie e gente all’inverosimile, ma scorrono anche, davanti ai nostri occhi, paesaggi di incredibile bellezza.
Qui la stagione delle piogge è appena finita e c’è tantissima vegetazione, moltissimi animali, capre mucche asini brucano l’erbetta fino ai bordi della strada e, purtroppo lungo l’asfalto vediamo tante carcasse di animali morti travolti per lo più dai camion che corrono ad una velocità pazzesca.
Alle 18.00, all’entrata della città di Kiffa, chiediamo alla polizia se in questa città c’è un campeggio e subito veniamo indirizzati a 100 mt, dove c’è uno spiazzo dove possiamo fare campo, c’è anche la possibilità di lavarci. Qui Luca effettua la sostituzione dell’ammortizzatore anteriore dx della sua Toyota che da 2 giorni si è notevolmente coricata in avanti, dopo l’operazione notiamo che non è cambiato nulla, così decidiamo di tirare un po’ la barra di torsione e la macchina si raddrizza: a questo punto pensiamo che a causa di qualche colpo violento si sia danneggiata la barra di torsione e che questa abbia perso la nervatura sufficiente, scopriremo poi che il danno è decisamente più grave.
Domani mattina sveglia all’alba perchè ci aspettano ancora 800 km per giungere a Bassikonou al confine con il Mali.
Lunedì 8 ottobre sveglia alle 6.00 dopo aver trascorso una notte abbastanza calda ed umida…alle 7.00 partiamo in sei macchine, le altre 5 partiranno più tardi perchè devono ancora sistemare delle cose.
Il tragitto è lungo ed il paesaggio inizia a cambiare passando dal deserto alla savana, si cominciano a vedere i primi segni dei disastri causati dalle alluvioni. Giunti a Ayoun el Atrous troviamo numerosi mezzi di Medicin Sans Frontiere, militari e Croce Rossa, ci stiamo ancora chiedendo il motivo quando la strada finisce, è tutto allagato, non si può proseguire, ci sono le tende della croce rossa per chi è rimasto senza tetto, e sono tanti…. Chiediamo informazioni ad un militare il quale ci indicherà la strada alternativa se lo portiamo fino a Awinat Es Sbil, troviamo allagamenti vari e ponti crollati, ma a nel pomeriggio arriviamo a Nema. Durante il tragitto Tiziano trova ai bordi della strada un serpente Boa, è morto sicuramente arrotato da un’auto, è lungo circa 2 mt ed ha dei bei colori.
A Nema i militari ci prendono i documenti e li portano al commissariato per il visto di uscita, sono le 14 e mangiamo. Appena i passaporti sono pronti ci riuniamo e partiamo verso la frontiera con il Mali. Sono le 16.00 e decidiamo di percorrere un po’ di pista per avvantaggiarci: alle 18.00 ci fermiamo e questa sera apriamo la tenda: siamo in zona zanzare e pensiamo di mangiare all’interno, ma subito il caldo ci fa desistere, le zanzare ci sono, numerosissime, ma anche il caldo non scherza pertanto decidiamo che sia sufficiente proteggerci con gli spray repellenti. Alla sera tutti assieme ci riuniamo per decidere se è il caso o meno di andare a visitare la mitica Tombouctu, il parere è unanime, si andrà in quella città.
Martedì 9 ottobre
partenza alle 7.00, è una giornata strana, costellata da mille imprevisti e difficoltà…. appena partiti dopo neanche 10 km abbandoniamo la pista perchè non sembra quella che porta nella direzione giusta…
Da qui comincia l’odissea che si protrarrà fino alle 16.00 del pomeriggio con un continuo sali – scendi per pseudo-piste più o meno praticabili rischiando più volte anche di causare danni alle vetture o tagliare i pneumatici. Ma finalmente alle 16.00 arriviamo in un paesetto al di là del confine Mauritano, in Mali, qui dei militari ci indicano la strada per Lerè dove faremo le pratiche d’ingresso in quel paese. Lungo la pista troviamo un pozzo da cui i locali stanno attingendo acqua con un sistema rudimentale, ma efficace. Alle 18.00, spossati, decidiamo di fare campo.
Mercoledì 10 ottobre
partenza alle 7.00 direzione Tomboctou, a Lerè al confine tra Mali e Mauritania ci fermiamo per le varie formalità che ci fanno perdere un paio d’ore. Alle 11.00 finalmente, partiamo, ma dopo neanche 50 km la sospensione della Toyota di Luca cede definitivamente e siamo costretti a fermarci, stiamo ancora decidendo su cosa fare quando, Francesco Moresco e Claudio Rosolina arrivano con un giovane meccanico locale che, assieme al LUPO, smonta i vari pezzi danneggiati; Luca, il Lupo, il meccanico e Tiziano decidono di andare al paese più vicino che dista circa 60 km per riparare e ricostruire il pezzo rotto. Noi intanto prepariamo il campo per la sera: alcuni si recano al vicino fiume per lavarsi, altri sistemano le auto, in questo frangente arriva un indigeno con una moto nuova, ma con la ruota anteriore bucata, Francesco e Vittorio si mettono d’impegno e la riparano, intanto comincia a fare qualche goccia di pioggia, in lontananza il cielo è rosso, pensiamo sia una tempesta di sabbia che sta arrivando. Alle 18.00 ritornano Luca e c. con il pezzo aggiustato e ci dicono che in città c’e un albergo; in un primo momento si decide di rimanere lì perchè nessuno vuole guidare con il buio in una pista sconosciuta, ma dopo aver terminato di montare il pezzo della macchina di Luca il cielo minaccia pioggia ed allora, la maggioranza, decide di partire.
Arriviamo al paese di Niafounkè alle 22.00 con una temperatura ancora molto calda e con un tasso di umidità altissimo, andiamo all’albergo, ci mostrano le camere e decidiamo di dormire lì. Sarà una notte infernale per il caldo che non accenna a diminuire, non c’è condizionatore e le pale sono decisamente insufficienti, per nostra fortuna funziona la doccia e al bar ci sono delle buone birre ghiacciate.
Giovedì 11 ottobre
Dopo una notte insonne, alle 7.00 finalmente imbocchiamo la pista che porta a Tomboctou ove arriviamo alle 10.00.
Durante il tragitto attraversiamo due paesetti in riva al NIGER dove possiamo vedere donne e bambini che si lavano e lavano i panni e le pentole……..è uno spettacolo veramente sensazionale ed unico, fa restare senza fiato vedere quelle donne con che naturalezza e semplicità maneggiano i bimbi di pochi mesi per lavarli e poi se li caricano nudi e gocciolanti, afferrandoli per un braccio, sulla schiena, e se li legano stretti con una sciarpa di stoffa.
Arrivati a Tomboctou ci concediamo 3 ore per visitare la città, cambiare i soldi e vistare il passaporto. E’ una città mitica, meta di molti turisti, per questo la gente del posto è molto assillante, tentano di vendere di tutto, sono molto bravi e spesso riescono a rifilarti anche cose che mai ti sogneresti di acquistare. Ci affidiamo ad una guida locale e andiamo a visitare la moschea.
Alle 14.00 partenza verso Douentza, attraversiamo il Niger con una chiatta/traghetto e già questa è un’avventura, prendiamo poi una pista in terra rossa con alcuni tratti di Toule ondulè, la percorriamo velocemente e ci divertiamo anche. Dopo una sosta per ricompattarci Lio riparte da solo, non ha la radio e neanche il GPS, forse pensava di prendersela con calma e di avvantaggiarsi, invece dopo circa 20 minuti lo troviamo dentro al fossato laterale con la macchina rotta, aveva da poco superato un camion e nel prendere una bottiglia d’acqua ha perso il controllo dell’auto, fortunatamente nessun problema fisico e solo piccoli danni (riparabili) all’auto. Ancora le mani preziose del Lupo rimettono il Land di Lio in condizioni di continuare il viaggio.
Arriviamo a Douenza in serata, qui troviamo un camping minuscolo che riempiamo e nel piccolo bar prepariamo la cena. Ci accordiamo con una guida del posto, che per 2 giorni ci porterà a visitare la regione dei Dogon
Venerdi 12 ottobre
Alle 7 siamo pronti per partire, ma l’auto di Claudio ha dei problemi, non frena più: probabilmente la toule ondulè del giorno precedente ha causato questo inconveniente, perdiamo circa 2 ore per al riparazione ma poi riusciamo a partire con la macchina a posto.
La regione Dogon si estende su un altopiano lievemente inclinato da sud-est verso nord-est (verso la pianura del Niger), grosso modo delimitato da Bandiagara ad ovest, Douentza a nord, i confini del Burkina Faso a est e Bankass a sud. La parte più alta di questo pendio forma una lunga falesia di circa 80 km con uno strapiombo, a est, di 150/190 m, su una pianura sabbiosa delimitata anch’essa ad est da un lungo cordone di dune che sfumano dal rosa all’ocra a seconda della posizione del sole. I villaggi Dogon più antichi sono arroccati lungo tutta la parete rocciosa. Molti secoli or sono i Dogon, originari della regione mandingo, si rifugiarono in questo luogo remoto ed ostile per sfuggire all’islamizzazione.
Una volta arrivati sulla falesia di Bandiagara, cacciarono il popolo Telem che viveva in abitazioni troglodite ricavate sul fianco della falesia alle quali si accedeva arrampicandosi con le corde. A quell’epoca la falesia era infatti ricoperta da foreste popolate da animali selvatici, del resto i Telem erano un popolo di cacciatori. I Dogon invece sono perlopiù coltivatori. Oggi le cavità Telem, perfettamente visibili, servono ai Dogon come necropoli. I Dogon non conoscono la scrittura: tutta la tradizione (come per esempio la danza delle maschere) si trasmette oralmente, dopo alcuni riti di iniziazione. Gli iniziati hanno una propria lingua che viene loro insegnata dai sacerdoti. Quasi totalmente isolati dal mondo, i Dogon hanno conservato intatti la maggior parte dei loro costumi. La loro cosmogonia è una delle più ricche ed elaborate dell’Africa nera, ogni dettaglio ha un suo significato così preciso da far pensare talvolta ad una razionale follia.
Ciò che conta, per noi, è comprendere i costumi, comprendere che tutto, dalla realizzazione di un oggetto, a ogni angolo di terra, ogni casa, ogni essere vivente, incluso l’uomo, fa parte della catena immutabile del “Grande Tutto”. Questo sistema è dominato da una netta predilezione del numero 8 (il numero degli antenati, delle lingue di origine, dei cereali, degli scomparti di un granaio, dei tamburi) ma anche per la coppia: i gemelli rappresentano pericolo e perfezione; la loro nascita e la loro vita dà luogo a cerimonie e sacrifici particolari. Tutti coloro che li avvicinano ricevono un trattamento di (s)favore. Il complesso ordine gerarchico alla base di questa cosmogonia è simboleggiato dalla piramide, la cui forma è individuabile in numerosi oggetti quotidiani, in particolare nel paniere a forma conica che si porta sul capo. Ci sono anche degli oggetti dotati di un significato particolare: la scala tortuosa, la casa a pianta antropomorfa che obbliga le coppie a dormire faccia a faccia e a procreare in questa stessa posizione, il granaio che si intravede facilmente dal tetto di paglia e che è maschio o femmina a seconda dell’uso che se ne fa….
Durante il trasferimento attraversiamo piccoli guadi e grandi risaie, in un un passaggio un po’ sconnesso la Land di Vittorio si ribalta su un fianco senza, per fortuna, riportare gravi danni a sé ed al fuoristrada.
Il paesaggio è spettacolare, alle 12.00 arriviamo ad un villaggio dove ci fermiamo per il pranzo e alcuni di noi acquistano dei souvenir vari, alle 16.00 ripartiamo e poco dopo ci fermiamo in un’altro villaggio arroccato sul fianco della FALESIA.
Visitiamo anche questo sito e lì troviamo delle donne che stanno attingendo acqua da una sorgente, è molto caratteristico vedere queste persone che si caricano sul capo dei grandi contenitori d’acqua e non ne perdono neanche un po’. Il campo serale lo facciamo sulla parte alta della Falesia di fronte ad uno spettacolo meraviglioso.
Sabato 13 ottobre
Partenza per Severè e Mopti durante il trasferimento guadi e sempre un paesaggio meraviglioso e scene incredibili di bimbi e donne che si lavano nei presse del fiume o delle varie sorgenti d’acqua. Arriviamo a Severè alle 10.00; noi, con Francesco e Maurizia, decidiamo di andare a visitare la città di Djennè dove si trova la moschea di fango più grande del mondo, il resto del gruppo si ferma al campeggio con l’accordo di fare nel pomeriggio il giro in piroga di Mopti. Noi partiamo e ci fermiamo a prendere l’assicurazione, obbligatoria per attraversare questi paesi, qui una ragazza al suo primo giorno di lavoro impiega più di un’ora per compilare i moduli delle nostre 2 auto; finalmente alle 11.30, partiamo per Djennè che dista circa 100 km.
Alle 14.00 arriviamo all’attracco delle chiatte che attraversano il fiume per poter arrivare in città, ma dobbiamo aspettare circa mezz’ora perchè devono terminare di caricare un camion.
Qui durante l’attesa, come del resto in tutto il paese, veniamo letteralmente assaliti da ragazzini, donne e pseudo-guide che vogliono vendere i loro monili o che chiedono un cadeau o biro’…
Francesco è preso d’assalto da un personaggio vestito di verde che dice di essere “le magnifique guide de Djennè” e di conoscere un socio del nostro club Fuoristrada Vicenza che fa l’accompagnatore di gruppi per Avventure nel mondo.
Alla fine, consci che per visitare al meglio la città senza essere assaliti da bimbi e adulti di tutte le età, capitoliamo e decidiamo di prenderlo come guida.
Ci accordiamo per 10.000 CFA …
All’attracco sale sul cassone della nostra auto (qui per loro è cosa normale viaggiare sui cassoni o portapacchi delle auto, si vedono furgoncini a 2 posti che portano anche una decina di persone) e ci porta in città, parcheggiamo ed iniziamo la visita a piedi con lui che in francese, ci illustra ogni cosa e ci racconta la storia della città; riusciamo a comprendere tutto molto bene anche perchè, prima di arrivare ho letto quello che riporta la guida e combacia tutto alla lettera. La giornata è caldissima, l’aria, soprattutto nei vicoli con le fogne a cielo aperto, è irrespirabile, ma ne è valsa la pena di soffrire il caldo perchè le scene di quotidianità che si succedono,i bambini piccolissimi che ci vengono incontro dondolanti e con il “moccolo” incrostato sul visetto chiedendoci un bon bon, le donne che fanno i lavori più pesanti, ma sempre con il sorriso sulle labbra, ripagano e fanno riflettere sulla differenza di comportamento e di affrontare la vita tra noi e loro.
Alle 15.00 ci rendiamo conto che non arriveremo mai in tempo a Mopti per il giro in piroga programmato e mandiamo perciò un sms al resto del gruppo che vada pure senza di noi.
La visita della cittadina ed in particolare dell’esterno della moschea è stata molto interessante.
La grande moschea: immensa e splendida, racchiude in sé lo spirito della città, la visita all’interno è vietata ai non musulmani.
E’ un magnifico esempio di architettura sudanese, in realtà è una copia ricostruita nel 1907; trovandola troppo ricca per l’Islam Choekou Hamadou la fece demolire nel 1834.
A causa delle piogge viene restaurata ogni anno e per la ricorrenza si organizza un’immensa festa in cui qualsiasi aiuto è ben accetto (tra l’altro è l’unica occasione per penetrare all’interno dell’edificio, a condizione di darsi da fare) E’ un mistero come questa foresta di 100 colonne possa riuscire a sostenere una terrazza piatta. L’armatura in legno di borasso le conferisce questa caratteristica forma ad istrice che contraddistingue le moschee di tipo sudanese, con le punte sporgenti che ne facilitano l’intonacatura in “banco”: sui lati si trovano le tombe di alcuni marabutti mentre altre racchiudono i corpi degli operai morti durante la costruzione.
Domenica 14 ottobre Oggi dal Mali passiamo in Burkina, sono previsti 650 km in quanto vorremmo arrivare a Ouagadogon in serata per poter poi visitare i parchi con calma gli ultimi giorni.
La strada scorre veloce vediamo sempre scene al fiume di bimbi e donne che si lavano, paesetti con mercatini caotici ma folkloristici e coloratissimi; ben presto ci dividiamo in 2 gruppi è tutto asfalto e si va veloci, frontiere e controlli passano scorrevoli.
Arrivati a Ouagadogon, visto il caos che regna pensiamo di continuare fino alla città di Fada-Ngourma e, alle 18.00, arriviamo (noi, Francesco e Maurizia, Marco e Cinzia, Claudio e Angelo e Pino) e troviamo le indicazioni di un camping. Contattiamo con il satellitare il resto del gruppo e decidiamo di fermarci e ordinare la cena, gli altri arriveranno verso le 20.00. Troviamo una coppia di scimmie legate ad un palo per la gioia dei turisti, a noi fanno molta pena.
Lunedì 15 ottobre
sveglia alle 7.00 e ricerca di una banca per poter cambiare i CFA, poi partenza per i parchi; per strada ci fermiamo in una scuola di un villaggio qui in Burkina per lasciare vestiti, quaderni, penne e medicinali; noi avevamo portato da casa anche un pallone di cuoio e così, Francesco dopo averlo gonfiato, viene assalito dai bambini che lo rincorrono festanti. Sono scene che sono difficili da descrivere, ma vi assicuro che è un’esperienza che tutti dovrebbero almeno una volta provare per capire soprattutto quanto poco basti qui per rendere felici le persone.
Alle 10.00 salutiamo tutti quei ragazzini festanti e felici lasciando lì (almeno per me) un pezzetto di cuore ed avere la sensazione di impotenza, come di aver portato una goccia d’acqua in un deserto, ma con la consapevolezza di aver reso un centinaio di bimbi, per qualche ora, felici.
Ci dirigiamo verso il parco della Panjerie ed imbocchiamo una pista sterrata……
Alle 13.00 il gruppo decide, dopo tanti giorni di corsa e di pranzi al volo, di fermarsi e cucinare una bella pastasciutta; alle 14.00 ripartiamo…….la pista è delimitata da un solco fatto da bici e motorini dei locali, passiamo in mezzo a sterpaglie altissime, a tratti ci sono pietre ed anche molto fango: ad un certo punto Tiziano ci avvisa per CB che si ferma per preparare un thè per Cinzia, in macchina con Marco, che non si sente bene.
Da quel punto non avremo più notizie di Tiziano ed Angelo, Marco dice che dopo essere ripartito Lui, Tiziano era ancora fermo sul posto a sistemare le cose, ma che dopo un po’ non gli ha più risposto al CB. Intanto sono ormai le 17.30 siamo ancora in mezzo alle sterpaglie e tra poco verrà buio, dal GPS notiamo che per arrivare ad Arlì mancano 5 Km. Si decide pertanto di cercare di arrivare lì e vedere se c’è lo spazio per fare campo. Dopo un guado lungo ma non impegnativo arriviamo al villaggio di Arlì e ci fermiamo nella piazza del paese, a dire la verità sono 4/5 case.
Prepariamo il campo pensando a Tiziano e Angelo, pensiamo che raggiunti dall’oscurità si siano fermati presso qualche villaggio, ci ripromettiamo l’indomani di andare a cercarli. Alla sera veniamo raggiunti da alcuni abitanti del villaggio che ci fanno pagare la sosta come in un vero campeggio, quando diciamo loro che abbiamo intenzione di andare a visitare il parco della Panjarie si mettono a ridere e dicono che c’è troppa acqua e fango, è ancora troppo presto, ci vuole ancora un mese prima di poter percorrere in sicurezza quella pista: comunque ci fanno pagare il transito.
Martedì 16 ottobre
sveglia di buon mattino, ci sono vari pareri su cosa fare, ma alla fine si decide che al campo restano Vittorio e Pino ad attendere i dispersi, mentre il resto del gruppo va avanti.
Avanziamo per neanche 5/6 km in un’ora, ma poi il fango si fa sempre più profondo, le prime auto riescono a passare, gli ultimi trovano buche e trincee molto profonde, qui si rischia di restare tutta la giornata senza avanzare di un metro; avanti a noi ci sono 4 auto che sono riuscite a oltrepassare un piccolo fossato pieno d’acqua, poi c’è il Lupo, Francesco M. e dietro a noi c’è Marco a chiudere il gruppo.
Non riuscendo ad avanzare chiediamo aiuto, col CB, Claudio torna indietro per darci una mano ma rimane inesorabilmente piantato. Il lupo riesce a trarsi d’impaccio con l’aiuto del verricello, ma nel fare ciò lo danneggia e lo rende inservibile: noi, lavoriamo alacremente per riuscire ad avanzare, ma poi desistiamo e decidiamo di tornare indietro, cosa non facile in una pista larga 2 mt con la palude ai lati.
Alla fine, dopo varie astuzie e tiri di Winch, riusciamo a girarci e ritornare al paese di Arlì: risultato siamo partiti alle otto del mattino e siamo rientrati alle 17 facendo solo 17 Km di andata e altri 17 di ritorno. Luca e Daniela con il Toyota 100, Claudio e Fabrizio sul Patrol GR, Lio su Land 90, il Lupo su Toyota 70 sono più avanti, in qualche modo sono riusciti a superare un ponticello rotto e decidono di proseguire.
Arriviamo al campo alle 17.00 e decidiamo di fermarci e ripartire domani mattina all’alba. Andiamo al fiume a cercare di pulirci dal fango e di toglierlo anche dalla macchina, là, incontriamo un uomo che sta rientrando al villaggio in motorino il quale ci dice di aver incontrato 3 Fuoristrada, noi avevamo lasciato lì solo Vittorio e Pino, ma probabilmente si sono riuniti con Tiziano ed Angelo.
Ritornati al campo riusciamo a darci una meritata e sospirata sciacquata al pozzo che usano gli abitanti del posto, dandoci il cambio a pompare l’acqua con la pompa.
Ceniamo tirando fuori dal frigo quello che ognuno ha ed andiamo a dormire sperando che il resto del gruppo, di cui non abbiamo notizie, sia riuscito ad attraversare il fiume.
Mercoledì 17 ottobre
Partiamo alle 6,00 in direzione delle cascate di TANEGODU …..Claudio ci avvisa che ha ricevuto una telefonata, con il satellitare, da Vittorio che gli altri sono ancora al di là del fiume e non hanno modo di passarlo perchè l’acqua e molto alta (circa 160 cm.). Vittorio è già partito dalle Cascate, dove era arrivato ieri sera, per andare a vedere cosa possono fare.
Noi decidiamo che Claudio, Marco e Cinzia vanno anche loro a vedere di sbrogliare la situazione, mentre noi con Francesco e Maurizia, andiamo alle cascate e li aspettiamo lì, soprattutto perchè dobbiamo cercare un distributore per poter fare il pieno e controllare la macchina che non va molto bene. Le formalità di passaggio in dogana sono velocissime,ma la nostra macchina più di 60/70 Km non fa, ci fermiamo lungo la strada e Francesco prova a cambiare i filtri, ma la situazione non cambia, proseguiamo un altro po’ e ci rifermiamo perchè vuole, a questo punto, controllare il dibimetro in quanto i filtri erano puliti, aprendo il cofano con il motore acceso, si accorge che il tubo dell’aspirazione del motore vibra molto, lo tocca e vede che si è staccato. Probabilmente con le continue sollecitazioni si è allentato e gli strattoni di ieri l’hanno staccato del tutto…..Lo fissa con le viti e ripartiamo ora la macchina va benissimo.
Alle 15.00 arriviamo finalmente alle cascate e al camping, qui i ragazzi del posto ci guidano a piedi a vedere le cascate e ci sediamo sui sassi a rinfrescarci un po’. Lo spettacolo è molto bello, ritorniamo al camping e sistemiamo le macchine.
Ci preoccupa un po’ il fatto che una parte del gruppo sia ancora dall’altra parte del fiume, speriamo riescano a trovare una soluzione per guadarlo senza subire danni alle macchine; domani, giovedì, dovremmo partire per LOME’ in quanto venerdì bisogna caricare le auto nei container e sabato sera c’è l’aereo che ci riporterà a casa….
Verso le 18.00 finalmente, Maurizia riesce, con il satellitare, a mettersi in contatto con Vittorio che ci annuncia che sono riusciti a passare tutti e che sono sulla pista, si fermano a fare campo lì e ripartono domani mattina per raggiungerci qui alle cascate. Meno male! Siamo molto contenti della notizia, speriamo che tutte le macchine siano a posto e che domani si possa partire tutti insieme per LOME’. Decidiamo a questo punto di farci, anche noi, una pastasciutta e poi alle 21.00 andiamo a dormire.
Giovedì 18 ottobre
Sistemiamo un po’ le macchine e le tende attendendo gli altri e poi si partirà…..destinazione LOME’ alle 10,00 finalmente sentiamo, per CB, la voce squillante di PINO…. “ciao cipollino!!”….e dopo un po’ arrivano tutti. Subito vogliamo sapere ogni dettaglio delle loro….. avventure. Per attraversare il fiume hanno legato le macchine, dopo averle sigillate per bene, con corde e verricelli e le hanno trascinate da una riva all’altra per ultima quella di Luca, più pesante di tutte. E’ andato tutto bene e tutto si è risolto per il meglio, anche se il rischio corso è stato molto alto …..
Angelo poi ci racconta quello che è capitato a lui e Tiziano, erano rimasti bloccati nel pantano e non riuscivano a venirne fuori da soli, martedì notte pertanto hanno dormito in un porcile del villaggio vicino dopo essere stati importunati da uno con un machete che voleva maglie, cibo e denaro, per fortuna sono arrivati i bambini del villaggio ed allora questo si è allontanato lasciandoli in pace.
Insomma alla fine, il gruppo, dopo varie vicissitudini si è riunito qui alle cascate e con una stretta di mano, quattro risate tutto torna come prima ed ognuno porta con sé l’esperienza passata. Ci aspettano più di 450 Km. per LOME’ pertanto finchè il resto del gruppo finisce di rinfrancarsi e ripulire le macchine al torrente, noi con Francesco e Maurizia, decidiamo di proseguire pian pianino perchè vorremmo evitare di guidare con il buio.
Le formalità di dogana tra BENIN e TOGO sono velocissime, un po’ meno in TOGO… arriviamo al posto di dogana e ci fanno scortare da 2 ragazzi in motorino fino al posto di polizia, al centro del paese, per la registrazione di entrata; qui, essendo già mezzogiorno e la temperatura a 35° sono tutti beatamente addormentati all’ombra, uno dei ragazzi li sveglia e dopo mezz’ora finalmente possiamo ripartire. Alle 14.00 lungo la strada incappiamo in un bel temporale tropicale con acqua a catinelle.
E’ una strada molto trafficata con salite irte e discese altrettanto ripide e troviamo molti camion incidentati fermi sul ciglio della strada…. Ora sono le 16.00 ed abbiamo davanti a noi ancora 300 km. Il sole è tornato a splendere e la temperatura esterna è di 30°; i paesi che incontriamo fervono di attività, la gente è tutta per la strada; le donne portano sacchi di carbone sulla testa, fasci di legna, od enormi catini in alluminio strapieni di frutta e verdura o panni da lavare, con il loro immancabile bimbo piccolo legato alla schiena……i bambini con i quaderni sulla testa ed il machete in mano……….
I bambini….. su di loro penso si potrebbe scrivere all’infinito……se ne vedono di tutte le età, da pochi mesi sempre legati alla schiena della mamma o di una sorellina, a 2 o 3 anni in giro per la strada da soli con il gregge, le mucche o a spingere carri carichi di serbatoi d’acqua nei piccoli paesi sperduti in mezzo alla savana, o a piedi lungo le strade, nei centri più grossi, che si recano a scuola macinando km su km dalla loro capanna alla scuola. Personalmente, devo essere sincera, davanti a quei visetti, a quelle manine tese e a quelle vocine che chiedono insistentemente cadeau, cadeau, biro, bon bon …. mi sono sentita impotente ed anche se,con pochi quaderni, qualche penna e delle caramelle ho visto brillare gli occhi di qualcuno di loro, mi è rimasto l’amaro ed il rimpianto di non aver potuto fare di più ……
E’ un’accozzaglia di colori, cose e corpi che detta così può dare l’impressione solo di confusione e sporcizia, ma invece la sensazione di calore, felicità e spensieratezza che emanano nella loro povertà e semplicità è qualcosa di indefinibile ed impossibile da trasmettere verbalmente.
Sono le 18.00 e comincia a scendere il buio e mancano ancora 200 Km, niente se fosse sulle nostre autostrade, ma qui c’è da impazzire……il buio è profondo, macchine, camion, moto e bici girano perlopiù senza fanali oppure se li hanno fanno una luce accecante; le persone a piedi poi, non si contano, e si vedono all’ultimo momento, soprattutto quando si passano i paesetti l’ attenzione e la tensione sono alle stelle, il terrore di prendere sotto qualcuno è sempre presente.
Alle 21.00 arriviamo finalmente a LOME’. Qui ci investe una confusione incredibile ed inverosimile di mezzi e persone, la gente è tutta riversata in strada e fatichiamo ad avanzare con le nostre auto; cerchiamo di capire quale sia la strada che porta al lungomare e di conseguenza al porto ed all’albergo e dopo vari giri e slalom tra la gente riusciamo a scorgere il mare e la strada parallela.
Alle 21.30 giungiamo davanti all’albergo, un complesso lussuoso con parcheggiate tutte macchine costose ed all’interno persone di elevato tenore sociale……..tutto questo stride con la realtà che c’è, a poche centinaia di metri, di miseria e povertà, di persone che vivono in capanne fatiscenti o per strada, ma anche questa è AFRICA!……Purtroppo questo succede in tutti i paesi poveri: dove c’è turismo e di conseguenza forti interessi economici, c’è una parvenza di benessere e ricchezza ed al di là restano però la miseria e la disperazione..
Venerdì 19 ottobre svegliati dopo una sospirata doccia ed una dormita in un comodo letto e con l’aria condizionata che fa dimenticare l’afa, l’umidità opprimente dell’esterno e gli insetti sempre in agguato, andiamo al ristorante della piscina per una sostanziosa colazione.
Usciamo poi nel parcheggio per vedere se riusciamo a contattare il resto del gruppo, un po’ alla volta arrivano tutti: ognuno sente il bisogno di una buona doccia perciò ci diamo appuntamento per il pomeriggio. Intanto consegniamo i documenti delle auto all’agenzia che seguirà le pratiche di spedizione delle auto. Laviamo le auto prima di caricarle nei container (pensando che non è il caso di lasciarle sporche un mese ad una temperatura infernale dentro ai container).
Oggi piove, ma fa comunque molto caldo e c’è sempre tanta umidità, il resto del gruppo arriva verso le 11.00 ed andiamo tutti a lavare le auto.
Alle 15.30 un addetto dell’agenzia contattata da Claudio ci viene a prendere per andare al porto.
I container sono alti così non si devono smontare le tende dal tetto delle auto, perciò ne infiliamo due in ognuno abbastanza velocemente, resta però la macchina di Pino spaiata e serve un container più corto……. nella fretta e nella confusione generale, quando gli dicono di salire nessuno controlla l’altezza e si accorge che il container è più basso degli altri………
Pino entra e la tenda resta incastrata e si rompe il guscio esterno, speriamo che l’assicurazione risponda. ….. speriamo bene!! Verso le 19.00, finalmente, tutti i container vengono chiusi, sigillati e piombati. La cena, a base di pesce ed aragoste, è prenotata per le 21. Il locale è piccolo e grazioso, ma accogliente, pulito e con persone gentili e sorridenti. Ci portano una zuppa con aragosta e gamberetti gustosissima e dei vassoi con pesce alla griglia e ½ aragosta a testa, è la cena conclusiva del viaggio: veramente favolosa.
A mezzanotte, alla spicciolata, tutti guadagnano la propria stanza d’albergo
Sabato 20 ottobre L’aereo questa sera è alle 22.00, andremo all’aeroporto alle 19.00, l’arrivo a Parigi è previsto per domenica mattina alle 6.00 e l’aereo per Venezia alle 7.15 con arrivo alle 9.30.
Decidiamo, per passare un po’ di tempo, di andare in giro a piedi, ma fatti pochi centinaia di metri sentiamo che l’aria è irrespirabile, lungo il marciapiede hanno buttato del pesce a seccare e la puzza che esala è tremenda. Ritorniamo pertanto in albergo dove ci informano che dobbiamo liberare le stanze per le 13.00, decidiamo allora di indossare il costume e di andare in piscina fino alle 12.00.
All’una ci ritroviamo tutti con i bagagli nell’atrio e qui comincia ………. l’attesa infinita delle 19.00 quando il pulmino ci porterà all’aeroporto…….. Alle 22.00 l’aereo parte in orario, ma arriva a Parigi domenica mattina con mezz’ora di ritardo, pertanto noi ed il gruppo che va a Venezia, dobbiamo correre per cercare di non perdere la coincidenza….L’aeroporto di Parigi è immenso, ma riusciamo con un pizzico di fortuna ad infilarci nella navetta che ci porterà allo scalo giusto, ma la sorpresa deve ancora arrivare….entrati nel salone scopriamo che ai voli nazionali c’è il caos, ci saranno 200 persone in fila in attesa dei controlli e mancano solo 20 minuti alla partenza dell’aereo, ci rendiamo conto che se non riusciamo a scavalcare quella folla non ce la faremo mai ad arrivare in tempo…..Mostrando il biglietto riusciamo in qualche modo noi, Angelo, Luca, Maurizia e Francesco ad arrivare davanti al controllo doganale e lì un poliziotto quando vede la destinazione ci scorta di corsa fino all’imbarco e riusciamo ad entrare e a sederci, ma una volta arrivati guardandoci intorno ci rendiamo conto che mancano all’appello Claudio R., Cinzia e Marco che purtroppo sono rimasti indietro e non riescono ad arrivare in tempo…. Le hostess controllano la lista passeggeri e vedono che manca parecchia gente, ma alle 7.40 il comandante avvisa che l’aereo parte e chiudono gli sportelli……
Ci spiace molto per Claudio Cinzia e Marco, ma purtroppo noi non possiamo fare nulla l’unica speranza è che ci sia presto un altro volo per Venezia, il resto del gruppo fa scalo a Bologna a parte Pino e Lio che vanno a Torino.
Alle 9.30, in perfetto orario, atterriamo a Venezia qui, recuperato il bagaglio, salutiamo Angelo con la promessa di risentirci quanto prima e troviamo ad attenderci puntualissimo “BERTUZZO” con il suo Discovery 7 posti che ci porterà a casa….
Lasciamo Luca a Padova e noi con Maurizia e Francesco arriviamo a Torri alle 10.30…
A casa finalmente!!!!
E’ stato un viaggio sensazionale, intenso e che ci ha regalato un bagaglio di conoscenze e sensazioni difficili da spiegare, scrivere e dimenticare, ma nello stesso tempo anche stressante dal punto di vista fisico 7000 Km in auto in 16 giorni sono tanti……, era un viaggio da fare almeno in un mese, ma purtroppo già le tre settimane sono state difficili da ritagliare dagli impegni lavorativi.
L’unico rimpianto resta di non aver avuto più tempo per vedere ed assaporare con calma e tranquillità i paesaggi meravigliosi, ed i vari villaggi che scorrevano veloci lungo la strada……….
Forse mi sono dilungata un po’ troppo, ma volevo che fosse un diario che rileggendo anche tra qualche tempo facesse rievocare i bellissimi momenti che abbiamo trascorso insieme.
Nadia
PARTECIPANTI: 11 auto e 17 persone
Notizie dal consolato Francese a Milano:
I due ragazzi Francesi di cu abbiamo trovato i documenti sono vivi e vegeti: alla mia domanda “di chi sono allora i due scheletri che abbiamo trovato?”, la risposta delle autorità è stata: sono scheletri di altri 2 francesi che erano assieme ai due che si sono salvati, stiamo indagando per sapere cosa effettivamente sia successo.
Nadia e Francesco
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