By Fabrizio Zenone
Originally Posted Sunday, February 3, 2008
Sahara e Africa Nera da Tunisi ad Accra attraverso
Tunisia, Algeria, Mali, Burkina Faso, Benin, Togo, Ghana
Dal 23.12.2007 al 28.1.2008
Fabrizio e Sabrina su una Nissan Patrol SW Y61
zen@zen1.it
DIARIO DI VIAGGIO
23.12.2007 Sbarco in Africa del Nord
Arrivo a Tunisi alle 7.30 con il traghetto partito da Salerno il 21 Dicembre a mezzanotte.
Dogana abbastanza veloce, alle 10.30 visitiamo Cartagine e il teatro romano e poi decidiamo di andare a Kairouan a fare acquisti di tappeti. Il suk è bello ma non come Marrakech.
Poi via per Gabes attraverso uliveti sconfinati. Alle 18:00 fa buio e decidiamo di accamparci nel porticciolo di Sakira a 60 km da Gabes. Alle 22.30 arriva la polizia e si mettono a ispezionare la macchina mentre dormiamo. Ci svegliamo mentre comunicano la targa con la radio. Dopo una chiacchierata tra Fabri con la testa fuori della tenda e il poliziotto 2 metri più in basso, tutto ok. Poi il gendarme resta a fare la guardia al campo fino al mattino, sorprendente.
Sbarco in Nord Africa
24.12.2007 Douz la porta del deserto
La notte in tenda è stata gelida, il termometro è sceso a 4 gradi. Fumava il fiato vistosamente.
Al mattino decine di donne cercano vongole sulla spiaggia. Partiamo per Matmata, il sito trogloditico tra i più antichi al mondo. Infine alle 15.00 arriviamo a Douz a visitare l’amico Stefano Fazzini e pernottiamo all’Hotel Le Saharien, camera accogliente e finalmente una birra.
Visitiamo il dromodromo (l’ippodromo dei dromedari) dove fanno le prove per la gara del 26 Dicembre.
Saline di Chott El Jerid
25.12.2007 Natale in frontiera
Sveglia alle 6.30 colazione con crema di sesamo. Partiamo per il Chott El Jerid, la salina della Tunisia. C’è vento e fa freddo. Alle 10.00 siamo alla frontiera algerina di Taleb Larbi.
La guida Fouad è in ritardo a causa di contrattempi con il gruppo che accompagna in uscita dall’Algeria, ma alla fine arriva alle 14.00 e le formalità si sbrigano in un’ora. Partiamo alle 15.00 dalla frontiera alla volta di Ghardaia che sta a 515 km se si passa da la strada a nord ovvero per Guerrara e Berriane, ma la strada è inondata di sabbia e un po’ pericolosa se percorsa di notte come abbiamo fatto noi.
Ci fermiamo a Touggourt per cenare, il ristorante è un chiosco sulla strada ma ci fanno delle costolette di agnello eccezionali. Sarà la fame.
Alle 22.30 arriviamo a Ghardaia. Abbiamo guidato 700 km siamo un po’ stanchi.
L’Hotel Atlantide è pulito, ma manca tutto.
26.12.2007 Ghardaia – In Salah
Iniziamo la giornata con un giro nel suk di Ghardaia, città del 14mo secolo.
Facciamo due acquisti e prendiamo una spremuta di arancio e banana e poi via per
In Salah.
Sulla strada passiamo da El Golea a visitare Mohammed una guida amico di Fouad. Ci trattano in modo molto gentile e siamo invitati a pranzo con zuppa di montone e lenticchie e carne di montone essiccata. Il tutto con acqua la famosa acqua minerale locale.
I posti di controllo sono tutti veloci. Fouad è efficientissimo. Non perdiamo più di un minuto o due a ciascun controllo.
La strada è in ottime condizioni e il vento tira verso sud. Andiamo a 150 km/h senza schiacciare l’acceleratore. La macchina pienissima pesa più di 35 quintali. Passiamo sulle buche volando. Gli ammortizzatori Old Man Emu sono formidabili.
Restiamo a cena da Fouad. Gli algerini sono estremamente ospitali. Conosciamo anche il proprietario dell’agenzia Tanezrouft Voyages.
Scorcio di trans-sahariana
27.12.2007 Tamanrasset
Siamo partiti alle 11 dopo aver comprato i cheche i tipici foulard tuareg e dopo aver denunciato la nostra partenza alla gendarmeria di In Salah. Nel frattempo Fouad è sostituito da Issa la nuova guida, quella che conosce la pista per Bordj Mokhtar.
Seguiamo la macchina di Mohammed, la guida che ieri ci ha offerto il montone a El Golea e che stamattina abbiamo casualmente incontrato. Ci fermiamo dai suoi amici sulla strada accanto a un pozzo e beviamo l’onnipresente tè alla menta.
Oggi è stata una giornata massacrante. 700 Km di buche e asfalto rotto, in alcuni tratti la strada è inesistente siamo stati obbligati a prendere piste di sabbia e sassi tagliando qua e là.
Per la prima volta il termometro è salito a 20 gradi. Siamo a latitudine 22° N eppure fa freddo.
Il vento è cambiato completamente, ora rallenta la macchina e i consumi ne risentono.
Pranziamo ad Arak in un’oasi freschissima in mezzo alle gole omonime.
Siamo arrivati al campeggio di Tam alle 21.30 stanchissimi.
Gole di Arak
28.12.2007 Hoggar
Alle 10 lasciamo il campeggio diretti sull’Hoggar che è costituito da una serie di montagne di origine vulcanica con grandi colonne di basalto.
La strada è fatta da 90 km su sterrato e pietraia, ci vogliono 3 ore. Tutto è andato bene e siamo arrivati alle 13.00 al rifugio di Assekren a 2600 m di quota.
Poi saliamo a piedi all’Hermitage a 2788 metri da cui si gode di una vista bellissima.
Il tramonto è molto bello.
Durante la notte il termometro è sceso a zero gradi e ci siamo vestiti con tutto il possibile oltre che prendere in prestito un coperta dal gestore del rifugio.
Rifugio di Assekren al tramonto
29.12.2007 L’altopiano del Tanezrouft
Ci siamo alzati all’alba e per il freddo siamo praticamente scappati dal rifugio di Assekren. In 2 ore e mezza siamo tornati a Tam. Le pietre e la polvere dell’Hoggar hanno odore di vulcano, di pietra focaia, di polvere da sparo e l’odore ci è rimasto nei vestiti. A Tam abbiamo fatto una doccia, comprato un pezzo di montone, pane, biscotti ecc. Infine dopo aver fatto il pieno di gasolio alle 12 ci siamo incamminati per l’altopiano del Tanezrouft dove si trova il villaggio di Bordj Mokhtar al confine con il Mali. La pista parte da Ablessa, una città a Nord di Tam e non è segnata sulla cartina. Inoltre la pista indicata sul Garmin è spostata di 20 km rispetto a quella vera che seguiamo grazie a Issa. Siamo in mezzo al nulla.
La pista è per alcuni tratti facile e per altri molto sabbiosa. In alcuni punti abbiamo toccato i 120 km/ora e in altri abbiamo dovuto usare le marce ridotte per poter uscire dalla sabbia.
La strada è percorsa da camion e vecchie carrette che fanno la spola tra Algeria e Mali. A metà strada incontriamo un Toyota del 1969 con alcuni milioni di km fermo per mancanza d’olio motore. Gliene diamo un kg. Nel frattempo si è subito fermata un’altra macchina che ci ha chiesto dell’acqua minerale. Dopo 400 km, alle 18.00, ci siamo fermati e abbiamo fatto campo nel punto N 21° 50′ 21,5″ E 02° 32′ 1,5″ sotto uno dei pochissimi alberi.
Accendiamo il fuoco e cuciniamo un buonissimo montone alla griglia. La notte è molto più calda che sull’Hoggar, alle 21.00 ci sono ancora 13 gradi.
Pista di sabbia dopo Ablessa
30.12.2007 la rottura del carter
Siamo partiti alle 7.30 dopo un’alba bellissima.
Il deserto era piatto e procedevamo a forte andatura quando abbiamo preso un’enorme buca scavata poco prima per liberare un camion insabbiato.
Il ponte per lo choc è arretrato e ha rotto il carter del motore, disastro! Il punto esatto dell’incidente è N21° 18′ 17.4″ E1° 20′ 52.8″
Siamo a soli 50 km da Bordj Mokhtar ma siamo bloccati.
Un toyota con 3 tuareg si ferma e ci ha chiede 400 euro per trainarci fino a Bordj.
Issa rifiuta e chiama con il Thuraya un amico a Bordj il quale trova un meccanico che è viene a recuperarci per 150 Euro. Il traino è stato un incubo, a 60 all’ora nel deserto e la nostra macchina a motore spento non aveva né servofreno né servosterzo. Era come andare sull’ottovolante.
Bordj è desolata e spoglia non c’è nulla. Il traino finisce in una specie di discarica, senza fossa e senza ponte, dove il proprietario dice di fare il saldatore.
Inizia un via vai di meccanici o presunti tali durato 24 ore per cercare di smontare, senza alcun successo, il carter della macchina per poi saldarlo.
Traino nel deserto
31.12.2007 Il mastice
A mezzogiorno decidiamo che non c’è niente da fare i 3 “meccanici” venuti a vedere la macchina non capivano nulla oltre che non avere neanche le chiavi per lavorare, allora facciamo rimettere i 30 bulloni smontati fino a quel momento e decidiamo per l’uso del mastice epossidico.
Aspettiamo 15 minuti e incredibilmente funziona e il carter non perde più olio, occorre però provare la macchina su un terreno serio. Facciamo il pieno di gasolio e compriamo 10 kg d’olio per gli eventuali rabbocchi, domani torniamo a Tam, questa sera ceneremo invitati dai cugini si Issa che abitano a Bordj.
1.1.2008 Ritorno a Tam
Il ritorno a Tam è stato lungo e sofferto. Da un lato la cautela per non sollecitare la macchina dall’altro il vento contro. In tutto 11 ore di guida su pista. Però la macchina ha tenuto bene e sembra che non esca olio dal carter. Domani controlliamo meglio ma se va tutto bene riprendiamo la via per il Mali.
Pista tra Bordj Mokhtar e Tam
2.1.2008 Un giorno in città
La verifica della riparazione della macchina è stato un processo meditativo lungo. Si è prima iniziato con il parlare con 15 tassisti, 7 meccanici e un numero indeterminato di passanti. Ognuno aveva una soluzione. Comunque la Nissan di Vercelli interpellata telefonicamente al cospetto dei consulenti algerini ci ha detto che per smontare il carter occorreva smontare addirittura anche il cambio e quindi era meglio non provarci.
Alla fine decidiamo di andare con Issa in un garage di un suo amico munito di fossa per accedere meglio al motore e quindi lavorare. Meglio così che coricati per terra. Nella buca, con 10 cm di olio nero, plastica e detriti vari sguazzano 4 ragazzini che in due ore puliscono il motore e mettono altri due strati di colla sulla crepa.
Alla fine il motore era stato rivestito di un bel sarcofago di resina epossidica.
Nel pomeriggio abbiamo mangiato una pasta e ci siamo riposati (pulito la macchina dentro, ricaricato i bagagli, ecc.). Un inglese arrivato con una scassata Land Rover del 1960, una specie di Indiana Jones, ci ha detto che la colla non terrà, facciamo le corna.
La sera Issa ci mostra la bella giacca a vento nuova comprata da Fabrizio perché quella precedente (bianca) era diventata nera con l’olio motore della Nissan e con le rotolate sotto la macchina che Issa ha fatto negli ultimi 3 giorni. La nuova giacca è color deserto.
Issa ci regala un CD di musica Tuareg, Fabrizio colto dalla commozione lo inserisce al posto di Led Zeppelin I. E’ un momento storico. Domattina partiamo alle 7 e tentiamo per la seconda volta il Mali.
3.1.2008 Ritorno a Bordj Mokhtar
Abbiamo rifatto la stessa strada di 4 giorni fa. Sempre bella e desertica. Ultima cena dai cugini di Issa che ci hanno fatto maccheroni e montone un connubio di culture mediterranee e africane.
Domani il salto in Mali.
Tramonto sul Tanezrouft
4.1.2008 Mali finalmente
La giornata è iniziata cercando il gasolio che era finito. Lo abbiamo trovato al mercato nero pagandolo 5 volte il prezzo alla pompa. Poi abbiamo salutato Issa e ci siamo incamminati nel deserto.
Issa ci ha detto di non entrare nel paesino di Kilal a 15 km da Bordj perché è pieno di briganti e aveva timore che vedendoci ci avrebbero seguiti per rapinarci. Siamo quindi partiti nel miglior stato d’animo.
Passato Kilal ci siamo persi completamente e abbiamo vagato per 20 km alla cieca, poi finalmente con il GPS abbiamo trovato la traccia della pista. Sorprendentemente il Garmin è venduto con un programma di base di Worldmap che, incredibile ma vero, include la pista Bordj – Gao e in modo anche preciso.
La strada per Gao è la mitica Route National N1 altresì nota come la pista dei briganti poiché tra la polizia algerina e quella maliana a Tessalit, ci sono circa 160 km di terra di nessuno battuta da contrabbandieri, ribelli e loschi figuri.
Finalmente alle 13.00 arriviamo a Tessalit, abbiamo fatti quasi 200 km a causa delle deviazioni e degli errori di navigazione. In tutto il tragitto abbiamo visto un solo fuoristrada che sfrecciava velocissimo nel deserto ad alcuni km da noi.
Gendarmeria e Dogana gentilissimi, tutti chiedono piccoli regali e allora iniziamo a distribuire T-shirt.
Dopo una pasta al pesto e con i documenti a posto siamo partiamo per Aguelokh e finalmente alle 18.00 dopo un bellissimo tramonto maliano e altri 100 km di pista dissestata e pietre siamo arriviamo alla gendarmeria del villaggio.
Chiediamo di parcheggiare nel cortile e lì decidiamo di fare campo grigliando un cosciotto di montone che Fabri aveva comprato a Bordj per mezzo euro.
Mustafa, un gendarme è rimasto con noi ad ascoltare Led Zeppelin e Doors fino alle 21, poi siamo andati a dormire. Anche in Mali le persone sono molto ospitali e gentili.
Segnaletica nel deserto
5.1.2008 Gao
E’ stata la prima notte ad una temperatura umana, al mattino c’erano ben 9 gradi..
Prima di partire, Mustafa ci dà il numero di telefono di un suo amico di Gao un tale Joo che fa la guida.
Ripartiamo per la carretera Route N1. Il paesaggio è sempre desertico-lunare, ma le piante si fanno più fitte e il deserto diventa savana. Incontriamo tantissimi animali, cammelli, asini, capre, pecore, mucche. In Mali l’allevamento è più intenso che in Algeria. Guidiamo in solitudine per 3 ore prima di incrociare un’auto in un paesino a 25 km da Anefis. La gendarmeria è molto gentile tutti i controlli sono veloci. Ci fermiamo per pranzo e montiamo la tenda esterna per la prima volta, in lycra enorme si gonfia nel vento e ci fa ombra sotto un sole cocente. Siamo a 26 gradi, possiamo stare in maglietta.
Mentre pranziamo siamo assaliti da persone che chiedono di tutto, medicine, T-shirt, ecc.
Il viaggio prosegue fino alle 17 quando arriviamo alla gendarmeria di Gao. Siamo nel primo posto civile da 5 gg.
A Gao è tutto diverso dall’Algeria, tanta gente, un caos incredibile, tanti colori, donne per strada a volto scoperto. Sarà che il Mali è il paese più povero del mondo, ma girano tante mercedes e 4×4 americani.
In un attimo facciamo il cambio e compriamo gasolio e anche l’olio per il differenziale che si è messo a perdere da una guarnizione.
Mentre compriamo gasolio chiediamo del campeggio di Tizimizi e un ragazzo si offre di farci strada. Arrivati in campeggio ci presentiamo e scopriamo che si tratta proprio del Joo che ci aveva indicato Mustafa al mattino. Andiamo tutti a mangiare al Restaurant du Bon Sejour il pesce capitain, una specie di persico che popola i fiumi africani
A Gao ci sono le zanzare e ci copriamo di Autan, non si sa mai.
6.1.2008 Africa Nera
Abbiamo deciso di assoldare Joo per qualche giorno come guida del Mali.
Joo è arrivato alle 8,00 ed ha lavato la macchina che era coperta da polvere e sabbia. Durante la mattinata visitiamo il mercato di Gao: grande caos di mercanzia, gente, profumi, colori, odori, topi, bambini ed immondizia. Abbiamo anche visitato il porto sul Niger e le tipiche imbarcazioni snelle e veloci che navigano sul fiume, le Pinasse.
Siamo poi partiti per Hombori. La strada è comoda e bella, tutta “goudronata” fermandoci più volte a visitare villaggi e mercati. Fabrizio curioso di tutto ha mangiato anche carne di capra venduta e grigliata all’istante per strada e inzuppato il pane in un pentolino contenente qualcosa di scuro ma a detta sua buonissimo. Questo è il fast food maliano. Al mercato di Gossi, Fabrizio ha fermato un Tuareg con la spada e gliel’ha comprata.
I Tuareg in questa regione portano ancora la spada per difendersi. Nessuno la voleva vendere è per questo che Fabrizio la voleva a tutti i costi. I villaggi sono brulicanti di vita, di scambi di mercanzie varie e di bambini, tutti sporchi ma bellissimi e sorridenti. Verso il tramonto siamo arrivati a Hombori, abbiamo fatto le foto d’ordinanza alla mano di Fatima e poi ci siamo rilassati al campeggio sotto un cielo stellato, bevendo coca cola e mangiando cotechino.
Mano di Fatima a Hombori
7.1.2008 Il Dogon
Partiamo di buonora, con la macchina piena di zanzare e dopo 400 km siamo a Bandiagara, la capitale del Dogon. Il paesaggio è completamente cambiato e siamo in piena savana con acacie e baobab centenari; sulla strada ci sono tantissimi animali e bisogna fare attenzione perché attraversano improvvisamente e sono pericolosi. La strada è sempre in ottime condizioni. Sarà per il patrocinio dell’UNESCO, ma il pezzo da Mopti a Bandiagara sembra un’autostrada a 4 corsie.
Il Dogon è un popolo rimasto allo stato primitivo, ed è per questo che tutta la regione è stata dichiarata patrimonio dell’umanità.
Il villaggio Dogon più suggestivo è quello che sta arrampicato sulla falesia di Bandiagara e che è stato abitato fino al 1986. La sera decidiamo di stare all’albergo Cheval Blanc.
Villaggio Dogon a Bandiagara
8.1.2008 Djenne e Mopti
Al mattino visitiamo la moschea di Djenne, fatta interamente di fango con all’interno 100 colonne per sorreggerla. Ogni anno quando piove e il fango si scioglie la devono ricoprire con un nuovo strato di fango se no la moschea si sfalda completamente.
Djenne è bella e antica e per arrivarci abbiamo preso una chiatta sul fiume Bani, un affluente del Niger. Poi nel pomeriggio andiamo a Mopti a visitare il porto della città molto famoso e pittoresco dove prendiamo una pinassa e facciamo un giro sul Niger a scattare foto.
Il fiume è contornato da villaggi di pescatori che affumicano il pesce o che lo essiccano sulla paglia come mille anni fa. Il fiume è il centro della vita della città e tutto è imperniato sul Niger.
A mezzogiorno pranziamo al ristorante “il n-y-a pas de problemes” con un’ottima omelette e capitain alle cipolle.
Porto di Mopti
9.1.2008 Timbuktu
Partiamo da Mopti alle 8.15 verso Douenza.
Alle 11 facciamo il pieno di gasolio e mangiamo un fegato di montone alla griglia che a Fabrizio piace molto.
Poi via per Timbuktu, più di 200 km di tole ondulé terribile, sembra che si stia smontando la macchina. Incontriamo tanta gente in panne, degli inglesi dal Ghana con il radiatore rotto, dei maliani con la macchina insabbiata, ce n’era un po’ per tutti.
Finalmente alle 16.00 siamo arriviamo al traghetto che attraversa il Niger e porta alla sponda Nord quella che si affaccia sul Sahara e dove è situata Timbuktu.
A causa del festival sul deserto che inizia domani abbiamo dovuto aspettare 6 ore per prendere la chiatta. E’ stato un grande happening quando Fabrizio ha caricato Bob Dylan, Doors e la colonna sonora di Easy Rider e tutti gli stranieri in coda hanno apprezzato molto.
Finalmente alle 23.00 entriamo in Timbuktu e dopo un microscopico pollo allo spiedo mangiato in un chiosco all’ingresso della città ci siamo parcheggiati sulla strada principale e abbiamo aperto la tenda.
A Timbuktu non ci sono posti liberi per nessuno, il festival ha saturato tutte le strutture. Joo la guida che è sempre pieno di amici ci chiede se può dormire nella macchina al piano di sotto.
Pinassa sul Niger a Timbuktu
10.1.2008 Festival di Essakane
Siamo arrivati a Essakane a metà giornata. La località si trova sull’ex-lago Telè a circa 95 km da Timbuktu. I primi 60 km sono di tole ondulè e poi tanta sabbia. Gli ultimi 30 km sono stati certamente il tratto più difficile in assoluto. Abbiamo usato le marce ridotte e abbiamo dovuto sgonfiare le gomme per poter galleggiare sulla sabbia molle e finissima. Giunti al sito del festival abbiamo fatto campo su una bella duna a 200 m dal palco. Poi abbiamo passato il pomeriggio sotto la tenda a chiacchierare con gli altri visitatori..
A Essakane non ci abita nessuno se non un gruppo di nomadi itineranti e vi si tiene il festival del deserto ogni anno a gennaio per tre giorni. E’ un evento particolare perché raccoglie tutti i musicisti maliani e mauritani di varie etnie. Il festival è iniziato alle 18.30 con musica maliana in vari stili. Gli italiani sono la nazionalità più numerosa, anche se noi siamo gli unici ad essere venuti a in automobile dall’Italia.
Campo sulle dune a Essakane
11.1.2008 Festival au desert
La giornata è trascorsa ascoltando la musica sotto la nostra barcana mangiando e bevendo tè. Sono venute a trovarci due inglesi e una caterva di curiosi che volevano vedere la macchina con la tenda montata al di sopra.
Siamo anche riusciti a fare una doccia tra le due portiere aperte e usando un tappeto come paravento. Un amico di Joo vuole scrivere un libro su di noi.
12.1.2008 Ritorno a Douenza
La macchina si sta demolendo pezzo per pezzo sul tole ondulè della strada di Timbuktu, si è staccato anche un fanale posteriore.
Il mangiacassette non restituisce più le cassette, la spia dell’airbag lampeggia, l’antenna non si ritira più, abbiamo dovuto incollare i finestrini con il nastro adesivo se no scendevano con le vibrazioni.
Dopo 5 ore di strada buche e sabbia siamo arrivati a Douenza dove abbiamo cenato e siamo andati a dormire. Domani si parte per il Burkina Faso.
Villaggio sul Niger
13.1.2008 Burkina Faso
Abbiamo percorso una pista bellissima tra il Mali e il Burkina Faso segnalata da un francese con partenza da Boni e arrivo a Baraboulé. E’ stata lunga ma meritava. Abbiamo attraversato villaggi Dogon sperduti nella savana tra baobab enormi e dopo 3 ore siamo sbucati nel villaggio di Baraboulè in Burkina Faso dove la polizia non aveva neanche il timbro da metterci sul passaporto. Poiché siamo sprovvisti di visto abbiamo dovuto contrattare l’ingresso in cambio di pasta e sugo. A Djibo abbiamo fatto la dogana per la macchina e poi via per la capitale Ouagadougou su una strada di tole ondulé fino a Kangossi, poi tutto asfalto nuovo.
Siamo arrivati alle 18.00 e siamo andati all’Hotel Mercure. Dopo 20 gg di deserto ci voleva proprio.
Domani andiamo a chiedere il Visa Touristique de l’Entente che vale per 5 paesi dell’Africa: Burkina, Niger, Togo, Benin e Costa d’Avorio.
Baobab
14.1.2008 Ouagadougou
Alle 8.30 ci presentiamo alla Direction de la Surveillance du Territoire per fare il visto. Sarà pronto per il pomeriggio. Poi spendiamo il resto della mattinata a fare shopping nel grand marché.
Nel pomeriggio cambiamo il filtro dell’aria che era completamente intasato dalla sabbia e il filtro del gasolio diventato nero e pieno di sabbia, il tutto con i soliti curiosi che volevano sapere cosa stavamo facendo. La macchina è ripartita al primo colpo, poi siamo andati a provarla in città. Il traffico di Ouaga è caotico, motorini, biciclette, gente che corre e che ti sorpassa a destra e a sinistra, siamo anche andati addosso ad un cartello pubblicitario di un chiosco ma nulla di grave.
Concludiamo la serata al ristorante La Foret dove abbiamo mangiato bene, lingua di vitello in vinegrette, capitain alla griglia e lingua in salsa piccante..
15.1.2008 Benin
In 4 ore su una strada perfettamente “goudronata” siamo arrivati nella Repubblica del Benin passando da Fada N’Gurma e Porga lasciando definitivamente il Burkina Faso.
Appena entrati nella città di Porga siamo andati all’ingresso del parco del Pendjari e abbiamo pranzato. Poi nel pomeriggio abbiamo fatto un giro nel parco e abbiamo avvistato un po’ di animali tra i quali alcuni elefanti.
Stasera ceniamo in campeggio e domani facciamo tutto il giro del parco.
Oggi il termometro ha toccato i 35 gradi.
Elefante del Pendjari
16.1.2008 Parco Pendjari
Ci siamo alzati all’alba per visitare il parco. La visita è durata 200 km in circa 6 ore di fuoristrada, anche qui tanto tole ondulé.
Abbiamo visto mandrie di bufali, ippopotami, elefanti a 20 metri dalla macchina, babbuini, antilopi, ecc. Finito il giro nel parco ci siamo avviati verso sud e siamo arrivati alla città di Savalou dove abbiamo fatto campo nel cortile dell’immancabile gendarmeria sotto due enormi acacie che abbiamo scoperto successivamente essere popolate da alcune centinaia di pipistrelli.
17.1.2008 L’oceano Atlantico
Sembra che in tutto il Benin ci sia una passione per i capelli in quanto in tutti villaggi che passiamo ci sono decine e decine di pettinatrici e parrucchieri, un negozio dopo l’altro dappertutto, non esiste apparentemente altra attività se non pettinare la gente.
Durante la mattinata abbiamo fatto una capatina nella città di Abomey, molto importante nel ‘700 e ‘800 perché era un centro di commercio di schiavi. Abomey ha anche avuto una dinastia reale estinta con la dominazione francese. I re di Abomey avevano un esercito di amazzoni tagliatrici di teste ed erano molto violenti. Gli schiavi erano scambiati con cannoni: 15 uomini oppure 21 donne per un cannone. I re di Abomey facevano mescolare il cemento con il sangue dei loro prigionieri e ci costruivano le case. In effetti, la malta tra i mattoni è rosso scuro.
Lasciata Abomey siamo andati a Ouidah la capitale del woodoo, strada asfaltata fino agli ultimi 40 km, e abbiamo finalmente raggiunto la costa atlantica. Siamo a oltre 10.000 km dall’Italia, non sembra vero, e il carter tiene alla faccia dell’inglese.
Dopo un bagno nell’oceano siamo andati a fare un giro al mercato locale poi siamo andati a visitare il museo woodoo.
Non trovando un campeggio abbiamo deciso di alloggiare all’hotel Les Jardins Brasiliennes vi abbiamo anche cenato con un ottimo barracuda.
Oceano Atlantico a Ouidah
18 Gennaio Togo
Al mattino prima di lasciare Ouidah abbiamo visitato il museo storico sullo schiavismo.
I mercanti di schiavi erano portoghesi, danesi, inglesi, olandesi e francesi. Sorprendentemente non c’erano gli spagnoli.
In tutto circa 1 milione di schiavi furono deportati dalla zone del Benin alle americhe tuttavia sembra che nessuna delle amazzoni dell’esercito del re di Abomey fu mai catturata e venduta come schiava. L’ultima amazzone è morta nel 2003.
Lasciamo Ouidah e in circa 2 ore su strada asfaltata arriviamo in Togo. Questo ridente paese dell’Africa Nera ci sembra molto pulito ed organizzato. Ci sono orti, serre, automobili decenti e strade asfaltate bene.
A Lomè contattiamo l’agenzia che si occuperà della spedizione della macchina, noi torneremo in aereo da Lomè a Parigi a Milano la sera del 29 Gennaio.
Fatto tutto questo siamo andati alla frontiera con il Ghana che è attaccata a Lomè e qui sfortunatamente non ci hanno fatti entrare perché non abbiamo il visto. Occorre quindi aspettare fino a Lunedì. Decidiamo infine di pernottare all’Hotel Mercure di Lomè, in quanto neanche in Togo troviamo un campeggio.
La porta del non ritorno sulla via degli schiavi a Ouidah
19.1.2008 Ghana
Partiamo per visitare il nord del Togo e raggiungiamo Atakpame. Poi lì ci viene l’idea di tentare di entrare in Ghana da un paesino di frontiera sperduto nella foresta sperando di corrompere i gendarmi. Ci dirigiamo dunque a Badou sulle montagne del Togo e da lì arriviamo al confine ghaniano di Menuso, un posto veramente sperduto nella foresta di alberi altissimi.
Alla frontiera non ci hanno fatto entrare nonostante i nostri tentativi. Ci siamo dunque accampati e abbiamo pernottato nella “terra di nessuno” vicino alla caserma della gendarmeria.
I ghaniani sono stati molto gentili, il capo della polizia ha accompagnato Fabrizio nella vicina Kadjebi a comprare dei pesci che abbiamo poi fatto alla griglia. Il tutto su un taxi locale, una Nissan del 1970. La foresta è fresca durante la notte e ci hanno detto che è anche piena di serpenti, il black mamba e il cobra.
Campo alla frontiera ghaniana di Menuso
20.1.2008 Foresta
Alle 8 lasciamo la gendarmeria del Ghana per rientrare in Togo. A Badou incontriamo la banda comunale che sfila alle 8.30 del mattino!
Siccome abbiamo tutta la giornata disponibile decidiamo di tornare a Lomé attraverso una pista in che attraversa tutta la foresta che sta a cavallo del confine tra Togo e Ghana.
Percorso difficile, montuoso con sassi e con tratti di giunchi alti 3 metri. Imponenti alberi di Tek e bananeti, villaggi immersi in eucalipti. La pista è in parte segnata sulla cartina dell’Istituto Francese, ma è assente in alcuni tratti. In certi passaggi non si riesce a vederla e si guida pestando alla cieca i giunchi e l’erba alta.
Abbiamo anche visto un serpente verde scuro che attraversava la strada, un mamba velenoso.
Pranzato a Kpalimé al ristorante Macumba e alle 17.00 rientriamo a Lomé per vedere la partita Ghana Guinea che inaugura la Coppa d’Africa.
Pista nella foresta del Togo
21.1.2008 Ambasciata del Ghana
Ci siamo presentati all’ambasciata alle 8 per chiedere il visto d’ingresso e ci hanno detto che ci vogliono 24 ore per il rilascio. A nulla sono servite le insistenze e le promesse di mance faraoniche. Dobbiamo restare a Lomé ancora un giorno.
All’ambasciata abbiamo incontrato una coppia di polacchi che viaggiava in Toyota e che erano passati da Marocco, Mauritania, Senegal, Guinea, Mali e Burkina per poi entrare in Togo.
Ci hanno raccontato che durante un pernottamento in Guinea vicino alla città di Macenta quasi sul confine con la Liberia sono stati aggrediti da dei banditi che hanno sparato sulla vettura con dei Kalashnikov. Ci hanno mostrato i fori dei proiettili, non scherzavano. Quei posti sono veramente pericolosi.
Lasciata l’ambasciata siamo andati dall’agente marittimo per sveltire un po’ le pratiche della spedizione e poi siamo andati a fare una passeggiata sulla spiaggia di Lomè purtroppo sporca all’inverosimile.
22.1.2008 Accra
Finalmente entriamo in Ghana.
Alle 12 abbiamo ritirato i passaporti con il visto, ma all’ultimo momento alla frontiera non ci volevano fare entrare perché non avevamo l’assicurazione per la macchina. Allora tramite un ragazzo in motorino abbiamo comprato l’assicurazione a Lomé per 40 Euro e 2000 CFA di mancia. Ma non è finita, all’ultimo momento il doganiere ghaniano non voleva far entrare la macchina perché non avevamo il carnet di dogana, insomma dopo 2 ore di timbri e burocrazia, siamo entrati lo stesso.
I primi 130 km tra Lomé e Accra sono veramente brutti, con delle voragini nell’asfalto ogni 5 metri. Innumerevoli i posti di blocco. Tra Lomé e Accra ce ne saranno 6 o7, in tutti la stessa storia, da dove venite, dove andate, quanto tempo state, e alla fine puntualmente “cosa mi date?”. La nostra risposata è stata sempre fermamente negativa e i poliziotti ci hanno lasciato andare senza aggiungere altro.
Accra è una città moderna. Ci siamo arrivati alle 21.30, luci, strade a tre corsie, filiali Barclays Bank, una città quasi europea. Siamo andati al Royal Palm Beach Hotel dove per solo 390 dollari ci hanno dato una stanza, pensate che fortuna. Anche in Ghana non esistono campeggi.
23.1.2008 Cape Coast
La giornata inizia con una visita al grande mercato di Accra, caotico e pieno di rumori e colori e odori dopodiché siamo andati a Cape Coast dove c’è un forte inglese che risale al 1600 e che serviva alla tratta degli schiavi.
Ci hanno fatto vedere le prigioni degli schiavi e il percorso che questi facevano per andare sulle navi che li avrebbero portati nelle americhe per essere venduti.
Poi ci siamo infilati nel parcheggio di un lodge e abbiamo chiesto di poter montare la tenda.
Pescatori a Cape Coast
24.1.2008 Il regno Ashanti
Partiti alle 8 da Cape Coast, siamo arrivati alle 12.30 a Kumasi la capitale del regno Ashanti uno dei più importanti dell’Africa Nera. Strada buona anche se a tratti in sterrato.
Qui abbiamo usato per la prima volta la binda, il cric superpotente per sollevare la vettura in qualsiasi condizione. Infatti, le fogne delle città del Ghana sono dei canali in cemento a bordo strada senza la copertura. In breve, per superare a destra un pulmino, siamo finiti con una ruota dentro la fogna profonda 70 cm. Abbiamo sollevato la macchina con la binda e poi abbiamo messo sotto una piastra che ha permesso di spostare la macchina.
Poi abbiamo visitato il museo delle forze armate ghaniane che hanno combattuto nella seconda guerra mondiale in Etiopia a fianco degli inglesi contro gli italiani. L’esercito del Ghana ce le ha suonate veramente forte, in una stanza c’erano bandiere e armi italiane catturate quando noi ci siamo ritirati da Uaddara e dell’Abissinia. Incluso uno stendardo di divisone.
Infine siamo andati a Bonwire il paese dove viene fatto il kente, il tessuto dei vestiti Ashanti più pregiati e ne abbiamo comprato un drappo.
Mercato di Kumasi
25.1.2008 Xofa
La strada da Kumasi ad Akosombo è in ottime condizioni e in poco tempo siamo arrivati al lago Volta il lago artificiale più grande del mondo.
Visitiamo la diga di Akosombo aggregandoci ad una scolaresca ghaniana. La diga fu costruita tra il 1963 e il 1965 dalla Impregilo su progetto americano Kaiser.
Nel pomeriggio abbiamo iniziato a risalire il lago e siamo arrivati a Xofa, un eco-villaggio costruito da un americano sul finire degli anni ‘80, senza corrente elettrica né acqua potabile (coordinate N6° 31′ 59,3″ E0° 08′ 50,4″). Il villaggio sorge in riva al lago vicino la paesino di Dodi. I gestori piantumano la zona con ogni tipo di vegetazione e i cottage sono immersi in una piantagione di mango e cactus. L’acqua del lago è calda e pulita. Ci abbiamo fatto il bagno.
La sera abbiamo acceso un fuoco sulla spiaggia e i due gestori Cofi e Kujo sono venuti a suonare i bongo e cantare canzoni di loro composizione. La notte nel cottage c’erano molti topi ma questo in Africa è scontato.
Tramonto sul Lago Volta
26.1.2008 Dambai
Dopo un bel bagno mattutino nel lago siamo andati in piroga a Dodi Island, un’isoletta a un’ora di remi da Xofa. L’isola è abitata tutto l’anno da una comunità che vive di sola pesca. Abbiamo mangiato il pesce gatto affumicato e poi siamo tornati. Poi ci siamo messi in cammino sempre più a nord del lago Volta attraversando foreste di enormi mango e villaggi pittoreschi. Ad un certo punto l’asfalto sparisce e ci si ritrova su una pista dissestata.
A Dambai non trovando un albergo abbiamo chiesto di essere ospitati nel distaccamento del dipartimento di salute pubblica della città. Sono stati molto gentili e ci hanno anche dato una stanza con il patio dove abbiamo mangiato (coordinate N8° 03′ 14,2″ E0° 11′ 4,7″). Al mattino gli regaliamo un po’ di scatolette.
Pista nelle foreste del Ghana
27.1.2008 Epilogo
Con oggi si conclude il nostro viaggio. Siamo ritornati a Lomè e finalmente dopo le tradizionali lungaggini al confine ghaniano siamo arrivati all’Hotel Mercure.
Domani metteremo la macchina nel container e martedì prenderemo l’aereo per Parigi-Milano.
E’ stato un bel viaggio. Dal durissimo deserto del Sahara alla caotica Africa Nera, il tutto vissuto con un po’ di avventura e un po’ di peripezie. Ricorderemo l’ospitalità tunisina e algerina, il pane algerino, il tè verde bevuto a litri dagli africani, la formidabile colla Arexon, il tole ondulé della strada per Gao, il festival nel deserto a Timbuktu, le decine di montoni grigliati, la polvere di sabbia di Bordj Mokhtar, l’insalata pomodoro cipolla e tonno, la tenda freddissima sull’Hoggar algerino, i baobab del Burkina, i monumenti agli schiavi nel Benin e in Ghana, il popolo degli Ashanti, le foreste del Togo, i mercati africani, e molte altre cose…
Carico su container a Lomé
NOTA TECNICA
TIPOLOGIA DI PERCORSO
Asfalto in buone condizioni km 7.100
Asfalto con grosse buche, crepe o in tratti assente km 700
Sterrato con tole ondulé e sassi km 1.800
Pista su sabbia km 2.200
Pietraia in strada di montagna km 200
Totale km 12.000
Consumi:
Su asfalto 7 – 9 km/litro
Su sterrato 6,2 – 6,4 km/litro
Su sabbia 5,7 – 6,1 km/litro
Essendo il mio primo viaggio in Africa, ho preso una serie di appunti che possono interessare ai possessori di Nissan Patrol Y61 passo lungo.
Penso che la cosa più importante per un tour africano sia la ciclistica. Si trovano strade in condizioni inimmaginabili per un europeo.
Ho scelto degli ammortizzatori Old Man Emu Nitrocharger incluso ammortizzatore dello sterzo. Visto il notevole carico della vettura, circa 35 quintali con i passeggeri, gli ammortizzatori sono stati pre-caricati dalla 4 Technique di Modena al momento dell’installazione. In tutto la macchina è risultata 5 cm più alta. Gli ammortizzatori hanno avuto un comportamento superbo durante tutto il viaggio e in tutte le condizioni.
Per proteggere la barra e l’ammortizzatore dello sterzo anteriore ho montato una piastra da 4 mm in acciaio inox costruita su misura, vedi foto.
Piastra di protezione dell’ammortizzatore dello sterzo
Inoltre ho montato una scatola di metallo forgiato apposta per il differenziale anteriore del Patrol e fornita dalla Mattouno. E’ stata molto utile su alcuni tratti di pista in Mali e Burkina dove i solchi erano così profondi che il differenziale molte volte “arava” nella sabbia e nelle pietre.
Scudo di protezione del differenziale anteriore
Infine i pneumatici. Ho montato dei BF Goodrich All Terrain, misura di serie 265/70R16 come da libretto di circolazione, che sono andati benissimo. L’unica foratura l’ho fatta in Italia prima di partire prendendo un chiodo da 8 cm mentre ero nel cortile dell’officina. Il pneumatico riparato ha tenuto per tutto il viaggio. Nessuna foratura in Africa.
I pneumatici sono anche stati provati a bassa pressione. Nel tratto di ritorno da Essakane a Douenza, passando per Timbuktu, ho mantenuto 1,2 atmosfere davanti e 1,5 dietro per circa 300 km tra tole ondulè e sabbia incluso 15 km di asfalto a Timbuktu. I pneumatici non hanno stallonato nonostante le sollecitazioni.
Per gonfiare ho utilizzato un compressore acquistato dalla Mattouno, vedi foto. L’ho usato poco comunque è sembrato idoneo portando da 1,2 atmosfere a 2,2 atmosfere la pressione di un pneumatico in meno di due minuti.
Compressore
Ho fatto installare da 4 Technique di Modena un verricello Tabor da 9.000 lb a incasso nel paraurti.
Conseguentemente al verricello ho installato una seconda batteria da 105 Ah collegata in parallelo permanente con quella di serie da 100 Ah. Entrambe della Exide. Vedi foto.
Doppia batteria in parallelo permanente
In tutto, includendo l’alternatore, potevo disporre di oltre 300 Ah in caso di impiego del verricello. Il verricello non è comunque mai stato usato.
Ho installato un filtro del gasolio addizionale utilizzando un filtro per motori marini da 20 micron fornito dalla Nautimarket. Vedi foto. Durante il viaggio l’ho cambiato una volta, c’era tanta sabbia ed era diventato nero per effetto di particelle di olio pesante presenti nel gasolio. Sicuramente utile specialmente se si compra gasolio dalle taniche come avviene nei posti più remoti.
Filtro supplementare del gasolio
Sul tetto c’erano circa 200 kg di carico appoggiati su 5 barre portapacchi.
La tenda Overland da 3 posti, la più grande, è stata montata su 3 barre La Prealpina fornite di serie con la tenda. Peso circa 90 kg.
Tetto a pieno carico
Alle barre della tenda ho appeso tre selle in acciaio inox e sopra vi ho fissato due piastre da sabbia in alluminio che ho fatto costruire su misura. Peso circa 30 Kg. Vedi foto.
Sella di acciaio inox per appoggio delle piastre da sabbia
Inoltre a lato della tenda ho fissato la Binda del peso di circa 30 Kg. Vedi foto
Binda legata sul tetto
Il serbatoio addizionale di gasolio da 40 litri per uso motonautica fornito dalla Nautimarket è stato fissato su 2 barre di sostegno La Prealpina tramite una gabbia di acciaio inox. Vedi foto. Peso con serbatoio pieno circa 50 kg.
Gabbia di acciaio inox per ancorare il serbatoio supplementare
Ho cambiato tutti i dadi di serie con dadi a collare in plastica antiallentamento.
Per garantire che l’appoggio dei piedi delle barre incidesse sulla nervatura del tetto e non sul profilo di lamiera che è molto più debole e si potrebbe rompere sul tole ondulé ho messo delle barre di alluminio di sezione 10×10 mm come spessore tra il piede di appoggio delle barre portapacchi e il profilo di lamiera al quale si attaccano le staffe con i bulloni di serraggio. Vedi foto.
Barra spessoratrice dell’attacco del portapacchi
Infine ho collegato tra loro i piedi delle barre con delle staffe di acciaio inox in modo da dare più rigidità all’intera struttura. Vedi foto.
Staffa di collegamento dei piedi delle barre portapacchi
Il tutto ha tenuto perfettamente anche con le vibrazioni più micidiali. Solo un dado su 92 si è allentato durante il ritorno da Timbuktu.
Ho portato 3 pneumatici di scorta, dei quali due già montati su cerchione, uno attaccato al portellone posteriore e uno all’interno dell’abitacolo dietro il sedile di guida.
Il pneumatico senza cerchione è stato agganciato al pneumatico di scorta sul portellone posteriore con un tenditore a doppio filetto in acciaio inox e con delle catene.
Il peso addizionale di circa 15 kg non ha dato inconvenienti di sorta, il portellone ha tenuto e il pneumatico aggiuntivo non si è mai mosso dalla sua posizione.
Vedi foto.
Aggancio del secondo pneumatico sul portellone
Il filtro dell’aria è stato ispezionato e cambiato dopo 9000 km. Vedi foto. Forse andava cambiato prima.
Filtro dell’aria dopo il Sahara
L’effetto del tole ondulè è micidiale. Qui di seguito la lista delle cose che si sono rotte o perse:
Vetri elettrici sia lato guida sia lato passeggero.
Viti del fanalino posteriore destro, perse. Sostituite con viti parker da legno.
Viti dei paraurti anteriore e posteriore, alcune perse altre sostituite con parker da legno o con bulloni e controdado.
Il tasto eject del mangiacassette si è troncato di netto.
Il lettore CD non rileva più una delle due piste stereo e suona in mono.
Dadi di serraggio della staffa della batteria, sostituiti poi con dadi a collare in plastica antiallentamento.
Airbag. La spia ad un certo punto si è accesa e non si è più spenta.
Viti di fissaggio tra parafanghi anteriori e carrozzeria, quelle che stanno sotto il perimetro del cofano.
Barra stabilizzatrice posteriore. Ad un certo punto si è sganciata e il meccanismo elettrico di riaggancio non ha più dato segni di vita per poi riattivarsi sulla strada per Lomé-Accra, forse per gli scossoni ricevuti durante i 130 km di asfalto con buche grandi come vasche da bagno.
L’antenna della radio ha preso tanti rami in Burkina e Mali che ad un certo punto si è deformata e non si è più chiusa.
Due sassi sul parabrezza anteriore che hanno provocato due crepe da 1 cm.
Dopo 3000 km è iniziato a uscire olio dal mozzo anteriore sinistro. Si trattava della guarnizione del semiasse probabilmente erosa dalla sabbia. Non ho mai aggiunto olio al differenziale, ho solo controllato ogni 2 o 3 giorni che ce ne fosse abbastanza. La scatola differenziale del Patrol ne contiene 2.5 Kg e ci vuole tempo prima di consumarli tutti.
PEZZI DI RICAMBIO AL SEGUITO
Un ammortizzatore davanti, uno dietro e uno di sterzo.
Una cinghia. Un set pastiglie freni.
Un debimetro nuovo e una centralina Mibrio Flux Control per eventualmente by-passare il debimetro e agire manualmente sull’aria di alimentazione.
8 kg di olio motore (consumati nel viaggio quando ho rotto il carter)
2 kg di olio per trasmissione.
2 filtri aria nuovi (uno consumato nel viaggio)
1 filtro olio
1 cartuccia del filtro gasolio di serie + 1 cartuccia del filtro aggiuntivo (consumata nel viaggio)
2 flaconi di additivo per pulire gli iniettori (uno consumato nel viaggio)
Filtri del condizionatore d’aria.
Colle di ogni tipo: per metallo, per vetro, per plastica, per gomma.
Grasso al litio e al silicone (usato sulle cerniere delle porte invase dalla sabbia)
Spray sgrassante, spray lubrificante, spray isolante al silicone.
Una cassetta attrezzi ben fornita con chiavi di varia foggia e dimensione, pinze, tenaglie, cesoie, cacciaviti, chiavi a brugola, carta vetro, fil di ferro, pezzi di camera d’aria, taglierina, fili elettrici, viti, bulloni e dadi da poter sostituire.
Partite dal presupposto che quando andate da un meccanico in Africa è lui che vi chiede se avete le chiavi con le quali lavorare.
Un capitolo importante deve essere riservato alla colla epossidica bicomponente per metallo Arexon. Durante il viaggio, in prossimità di Bordj Mokhtar sul confine Algeria-Mali ho rotto il carter motore a causa di un buco nella sabbia preso ad alta velocità. Il ponte anteriore è arretrato per lo shock e ha urtato il carter provocando una fessura a forma di L grossa come un pacchetto di sigarette. Lo smontaggio del carter del Patrol, in mezzo al deserto è impossibile, occorre smontare il cambio e la trasmissione il tutto senza un ponte di sollevamento e tantomeno una fossa. Quindi l’unica soluzione era di chiudere la crepa provocata dall’urto riempiendola di colla.
Prima ho svuotato completamente l’olio rimasto nel carter, poi ho pulito perfettamente la crepa utilizzando spray sgrassante della Svitol e infine ho applicato la colla epossidica bicomponente. Dopo 15 minuti il tutto era riparato e la macchina ha percorso altri 10.000 km di cui 2.000 km di sabbia e oltre 1.000 di tole ondule arrivando fino in Ghana.
Occorre precisare che il Patrol di serie dispone di una piastra di ferro imbullonata al carter fatta apposta per riparare lo stesso dagli urti. Tuttavia l’impiego degli ammortizzatori più lunghi ha probabilmente modificato le leve e la cinematica del ponte che infatti ha urtato il carter un paio di cm al di fuori dell’area protetta dalla piastra di metallo.
Avevo con me un Thuraya modello Hughes 7101, si è dimostrato utile per cercare il traino nel deserto. Però per qualche ragione che devo approfondire il servizio di ricarica con sms era temporaneamente sospeso, meno male che avevo 90 dollari di credito caricati dall’Italia.
Come GPS ho utilizzato un Garmin 60CSx con cartografia worldmap di base. Ho acquistato dalla sudafricana Tracks4Africa una cartina Pro Western Africa 6.10 (6 Rand per il download) con dentro il percorso per Timbuktu che però non veniva agganciato dal Garmin e quindi è stata inutile.
Non ho utilizzato ancoraggi fissi per la strumentazione, ho usato gli adesivi a velcro della società Autostrade per attaccare i telepass sul parabrezza, sono andati benissimo e non si è mai staccato nulla (Thuraya e antenna GPS vedi foto)
Attacco del satellitare al cruscotto
GUIDARE IN AFRICA
Avendo rotto il carter a 50 km da Bordj Mokhtar ho dovuto farmi trainare. Il Patrol ha il servofreno attivo solo a motore acceso e quindi durante il traino ero praticamente senza freni.
Se vi capita la stessa esperienza accertatevi che chi vi traina si renda conto di questo fatto e non usi né i freni né il freno motore se no lo tamponate alla prima cunetta. Per il traino ho usato una strop da 9 metri e 9 t di carico. Eppure sembrava estremamente corta!! Però più lunga è la strop e più forti saranno gli strattoni. Agganciatela a qualche cosa di veramente solido come per esempio il telaio. Io l’ho agganciata al verricello per comodità e come conseguenza ho dovuto poi riavvolgere il cavo che si era completamente incastrato e accavallato su sé stesso durante il traino.
La guida su sabbia è facile, occorre tener presente queste regole: sgonfiare i pneumatici fino a che la macchina non galleggia sulla sabbia, bloccare i mozzi anteriori manualmente (il Patrol ha anche il bloccaggio automatico per effetto centrifugo, ma non è altrettanto efficace), utilizzare le ridotte se il 4×4 normale non è sufficiente. La regola degli autisti algerini e maliani era che il motore non deve andare a più di mille giri. Se vi trovate in prima ridotta a 4500 giri e procedete a meno del passo d’uomo c’è qualche cosa di sbagliato. Inoltre in quelle condizioni il turbo non durerà molto. Il motore non deve essere forzato sulla sabbia. Se ci sono delle dune ripide allora occorre prendere la rincorsa.
Al contrario di tutto quello che si sente dire, non ho mai spento l’aria condizionata, anche sulla sabbia nei tratti più duri.
La guida su tole ondule è snervante. Il rumore assordante, le vibrazioni impediscono addirittura di cambiare marcia. Su alcuni tipi di tole ondule si può effettivamente procedere a 60-70 km/ora riducendo l’effetto delle vibrazioni ma non su tutti. Se i gradini sono alti è impossibile procedere in velocità, la macchina non risponde, non ci sono né freni né sterzo, è veramente pericoloso.
Il pezzo peggiore l’ho incontrato tra Aguelhok e Anefis sulla pista dall’Algeria per Gao quando si attraversa un ex lago con sabbia finissima. In tale tratto la pista sabbiosa è stata sorprendentemente asfaltata per circa 5 km. Ma col tempo e forse a causa del sole estivo, il tole ondule si è sviluppato proprio sull’asfalto con gradini spigolosi durissimi alti 10 cm. Per di più è impossibile costeggiare l’asfalto in quanto si sprofonda con la vettura appena si mette un pneumatico fuori dalla carreggiata. Il tratto è costellato di carcasse di auto che hanno trovato la fine su questo micidiale percorso e che servono da monito ai passanti. In queste condizioni si è potuto procedere solo a passo d’uomo.
La guida su pietraia è stata sperimentata sull’Hoggar e in alcuni tratti verso Tessalit sulla pista tra Algeria e Mali. La cosa più fastidiosa sono i sassi che vengono intrappolati tra il disco del freno e il copridisco in lamiera. Questi provocano un forte stridore come se la macchina stesse perdendo una ruota, ma basta fermarsi e procedere in retro per un metro o due e il sasso esce.
Infine il fetch, la sabbia finissima che viene sollevata sui tratti di sabbia e sulle piste specialmente quando si attraversano ex-laghi o oued o corsi d’acqua in secca. Il fetch entra dappertutto e ha anche un odore particolarissimo. Il modo migliore per minimizzare l’ingresso in cabina è di tenere tutti i vetri chiusi e di aprire la presa d’aria esterna del climatizzatore con il ventilatore al massimo. In questo modo la cabina va in leggera sovrapressione e il fetch non viene risucchiato dentro. Ovviamente non bisogna viaggiare dietro a nessuno e bisogna avere i filtri del condizionatore a posto. Se invece si apre un finestrino anche solo di due dita, la depressione provocata in cabina risucchia il fetch dalle guarnizioni delle portiere e del portellone e lo troverete dappertutto. Ho sperimentato lavando la macchina col getto dell’acqua che nelle guarnizioni delle portiere dove l’acqua non passa, anche con getto diretto, il fetch riesce invece ad infiltrarsi.
INFORMAZIONI PRATICHE
Costo del carburante
Tunisia 0,84 Dinari/litro
Algeria 13,70 Dinari/litro
Mali 545 CFA/litro
Burkina 603 CFA/litro
Benin tra 403 e 430 CFA/litro
Togo 500 CFA/litro
Ghana 1.024-1.040 nuovi cedis/litro
Costo del lasciapassare per la vettura in importazione temporanea
Tunisia zero
Algeria zero
Mali 10.000 CFA alla dogana più 1.000 CFA per il timbro al posto di polizia più vicino.
Burkina 5.000 CFA
Benin 6.000 CFA
Togo 6.000 CFA all’ingresso più 1.000 CFA per il timbro all’uscita (non dovuti ma richiesti dal funzionario)
Ghana In Ghana serve il carnet de passage en douane che io non avevo. Dopo lunghe trattative, con la scusa che volevo solo andare ad Accra per vedere la coppa d’Africa mi è stato rilasciato un permesso provvisorio noto come “form C59” dove era indicato il percorso da Lomé ad Accra e ritorno e il tempo di validità (5 giorni) e la ragione per la quale tale permesso mi era stato concesso. Io ho girato mezzo Ghana e nonostante le decine di posti di blocco nessuno me lo ha mai chiesto, però in teoria non avrei potuto fare nessun’altra strada se non quella tra Lomé e Accra e ritorno. Costo del C59, zero.
La cosa più buffa è che la dogana ghaniana mi avrebbe chiesto 21 cedis (15 Euro) per mettermi il timbro sul carnet di passaggio in dogana che io “purtroppo” non avevo. Siccome invece mi hanno rilasciato loro stessi il modello provvisorio C59, non mi hanno chiesto nulla.
Comunque entrare in Ghana non è facile, in 5 giorni e 2.000 km non ho visto una sola macchina targata europea. Il form C59 viene rilasciato così raramente che il doganiere mi ha chiesto se volevo fotocopiarlo per tenerlo come ricordo.
Costo dell’assicurazione
Tunisia zero, nessuno me l’ha chiesta all’ingresso e tanto meno durante il tragitto. Avevo la carta verde italiana ma la mia assicurazione non copre la Tunisia, quindi non ero assicurato.
Algeria 2.300 Dinari (circa 24 Euro), valida 30 gg. Si compra alla frontiera di Taleb Larbi nello stesso ufficio che pratica il cambio della valuta.
Per tutti gli altri paesi: Mali, Burkina, Benin, Togo, Costa d’Avorio, l’assicurazione l’ho comprata dall’Italia contattando la:
TAAMIN, ASSURANCES
1, Gamal Abdel Nasser
Nouakchott – Mauritania
fax: +2225294002
email: taamin@toptechnology.mr
Si tratta di una polizza della Alliance Senegal che non è la carte brune, ma copre una decina di paesi (escluso il Ghana). Con 40 Euro ho fatto l’assicurazione per un mese e me la sono fatta mandare a casa con DHL.
L’assicurazione è stata controllata in Mali, Burkina e Benin sia all’ingresso sia durante il tragitto e andava bene.
Ghana
Serve la carte brune dei paesi convenzionati Cedeao. Al confine di Lomé, sul lato ghaniano, sorprendentemente non c’è nessuna società di assicurazione pertanto se siete sprovvisti di carte brune vi rimandano indietro in Togo e comprarla. Ci sono però mille sbrigafaccende sul lato togolese che vi staranno addosso come uno sciame di mosche per procurarvene una ovviamente a prezzi doppi di quelli di agenzia. Io l’ho comprata alle 5 del pomeriggio a uffici chiusi temendo di dover passare la notte al confine. Per 40 Euro un ragazzino è corso col motorino in città con i miei dati ed è tornato dopo mezz’ora con il carnet dell’assicurazione. Incredibile ma vero, la polizza non era falsa e la polizia del Ghana mi ha fatto passare.
Attenzione che in Ghana la polizia è munita di pistola laser di rilevamento della velocità e in città mettono anche le ganasce alle auto in sosta vietata.
Cambi di valuta:
Tunisia non ho cambiato perché ho sempre prelevato con la VISA agli sportelli bancari
Algeria 1 Euro = 96 Dinari
1 Dollaro = 65 Dinari
Mali Tessalit 1 Euro = 600 CFA
Agulehok 1 Euro = 620 CFA
Gao 1 Euro = 640 CFA
Mopti 1 Euro = 650 CFA
In pratica più si è distanti dalle grandi città più il cambio peggiora
Burkina 1 Dollaro = 417 CFA
Benin non ho cambiato
Togo non ho cambiato perché ho prelevato con VISA dagli sportelli bancari
Ghana 1 Euro = 1,4-1,41 Cedi
Il Ghana ha emesso una nuova moneta da poco tempo, il nuovo cedi chiamato anche “ghana cedi” suddiviso in 100 pesewas, che ha sostituito il vecchio cedi. Un ghana cedi = 10.000 vecchi cedis. La popolazione tuttavia usa ancora esprimere il prezzo dei beni con i vecchi cedis il che crea una forte confusione. Per esempio un ananas al mercato viene venduto a 4000 (vecchi) cedis, ma deve essere pagato con 40 pesewas ovvero due monetine da 20. Il problema sorge quando si comprano beni costosi. Per esempio un pezzo di stoffa espresso dal venditore con un valore di un milione di cedis deve essere pagato con 100 ghana cedis. Insomma ci vuole un po’ di flessibilità.
VISTI CONSOLARI
Il visto per il Mali e l’Algeria l’ho fatto in Italia.
Per l’Algeria ho utilizzato l’invito dell’agenzia Tanezrouft Voyages email: info@tanezrouft.com
Scrivere a Yves Larboulette oppure di Fouad Saddik. La stessa agenzia mi ha dato la guida che mi ha portato fino a Bordj Mokhtar. Sono veramente bravi e organizzati, ai controlli di polizia sono ben conosciuti inoltre la guida che mi accompagnava aveva già pronta le fotocopie dei documenti necessari da distribuire a ogni blocco e la sosta non è mai stata più di un paio di minuti.
Occorre infine differenziare tra l’bbligatorietà della guida come accompagnatore su tutto il viaggio in Algeria e l’obbligatorietà della guida al momento del solo ingresso nel paese. Se si scende a Sud, per esempio sull’Hoggar oppure traversando in Mali e in Niger la guida è ferreamente obbligatoria e la gendarmeria esige che sia sempre con voi, invece se si resta a nord di In Salah e di Adrar ci sono delle agenzie che offrono il servizio di guida solo al ricevimento alla frontiera dopodiché la guida vi accompagna fino a El Oued che dista circa 80 km da Taleb Larbi e vi lascia liberi. Evidentemente alla polizia va bene così, ovviamente in questo caso il costo è minore. Ho visto molti turisti utilizzare questo sistema, inclusi una coreana arrivata a piedi al confine di Taleb Larbi senza visto d’ingresso e completamente ignara dell’obbligo della guida (in due ore ha fatto tutto ed è entrata) e un gruppo di motociclisti italiani che non poteva certo caricarsi la guida sul sellino. L’agenzia da contattare in questo caso è la seguente www.mehellou-tours.com
In Burkina Faso sono entrato senza visto. Alla frontiera di Baraboulé, un paesino sperso nella savana, ho offerto un kg di pasta e un sugo barilla e sono stato indirizzato alla polizia della città più vicina, Djibo. L’ufficiale di polizia di Djibo ha scritto a penna biro sul passaporto “Vu au passage a Djibo” con data e timbro della polizia e mi ha lasciato andare. Costo zero.
Poi sono andato a Ouagadougou dove la mattina seguente ho presentato domanda per il VTE (Visa Touristique de l’Entente) che vale per 2 mesi in Burkina, Togo, Benin, Niger e Costa d’Avorio.
Il VTE è rilasciato dalla DST (Direction de la Surveillance du Territoire) tel: +226 50342643
coordinate: N12° 21′ 37,4″ W1° 32′ 26,0″
Ci si presenta al mattino alle 8 con 2 fototessera e 25.000 CFA a testa e il visto è pronto alle 17.00.
Con il VTE sono uscito dal Burkina ed entrato in Benin e poi in Togo.
Il visto per il Ghana non si può fare alla frontiera, i poliziotti sono inamovibili e incorruttibili, ho provato su due posti di frontiera tra Togo e Ghana. Quindi occorre andare all’ambasciata del Ghana a Lomé con 4 fototessera e 12.000 CFA a testa (se si chiede un visto a multiplo ingresso il costo sale a 60.000 CFA a testa). Il visto è rilasciato alle 12 del giorno successivo e vale 30 giorni. Impossibile averlo in giornata anche offrendo denaro sottobanco. Coordinate dell’ambasciata N6° 08′ 20,3″ E1° 12′ 4,8″
SPEDIZIONE DELLA VETTURA
Io ho utilizzato Delmas che mi ha fatto pagare 950 Euro per il container da Lomé a Genova e 750 Euro per la mise en fob e le pratiche doganali eseguite dalla società SDV sempre del gruppo Delmas.
Una coppia polacca ci ha detto che la società Gato gli ha fatto pagare 1.300 Euro tutto incluso, però non so quale porto di approdo hanno utilizzato. Se era Rotterdam forse, in effetti, costa meno visto che il traffico è più elevato che per l’Italia e ci sono più containers disponibili.
Coordinate della Delmas N6° 09′ 03,4″ E1° 16′ 38,8″ contatto: Estelle Kudawoo email:
lmo.ekudawoo@african-agency.com tel: +228 9485075
Coordinate della Gato N6° 08′ 30,2″ E1° 16′ 27,8″ portone azzurro vicino alla rotonda del distributore Total.