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Mauritania 2004

– Posted in: Africa, Nord Africa, Resoconti di viaggio

Originally Posted Tuesday, January 25, 2005

testo di PIETRO VIVENZI

foto di PIETRO VIVENZI e SERGIO BETTINI

Itinerario effettuato in Mauritania dal 15.10.2004 al 16.11.2004, partenza da Brescia e ritorno a Brescia.

partecipanti :

Pietro Vivenzi e Carla Caprini Def 90 Td5
Riccardo De Silva e Sara Cainero Toyota HZJ75
Sergio Barili e Sergio Bettini Def 110
Silvano Cozzi Toyota HILUX

Giorni trascorsi in Mauritania :18 , dal 22.10 al 8.11
Percorsi in totale 11.000 km di cui 4500 in Mauritania

Bibliografia…..

-Cyril Ribas & Silvie Beallet , LA MAURITANIE AU GPS
-Attilio Gaudio, MAURITANIA, Polaris 2002
-Nelson Z.,Lorenza S.,Cristiano R.,Felice D , MAURITANIA LE ANTICHE CITTA’ CAROVANIERE E LE LORO BIBLIOTECHE,
( il resoconto di questo viaggio è consultabile su questo sito, noi abbiamo utilizzato le tracce adattandole al nostro percorso, colgo l’occasione per ringraziare gli autori).

Il VIAGGIO

Sabato 16 Ott. GENOVA-BARCELLONA
Domenica 17 BARCELLONA-TARIFA
Lunedì 18 TARIFA-TANGERI-MARRAKEC

Martedì 19 MARRAKECH-TAN TAN plage, per sostare la notte, in alternativa dopo circa 90 km e poco prima del villaggio di Akhfenir, l’ottimo campeggio “ la Courbine d’Argent “ www.lacourbinedargent.com

Mercoledì 20 TAN TAN plage – DAHKLA

Giovedì 21 DAHKLA – Frontiera Mauritana, ultima possibilità di rifornimento al distributore situato a circa 80 km dalla frontiera.

 

 

 

 

 

 

 

 

Formalità burocratiche sbrigate in circa due ore.

Prendiamo la pista per Nouadhibou che abbandoniamo non appena oltrepassato il binario del mitico treno che fa la spola tra Nouadhibou e Zerouate, rotta est verso Choum, la strada inizialmente è asfaltata per pochi chilometri, sosta notturna nella sottostante sebkha che non è altro che la laguna di Nouadhibou, infatti in lontananza scorgiamo il mare.

Venerdì 22 L’alba è magnifica sulla laguna, la notte è stata fredda e umida, proseguiamo sulla pista molto scorrevole, il sole si fa sentire e a mezzodì la temperatura si aggira sui 35°; lungo la ferrovia numerosi micro villaggi, ci fermeremo verso sera in prossimità di alcune magnifiche dune dopo aver percorso circa 220 km.

Sabato 23 Sveglia alle 6 c’è ancora buio, mega colazione altrimenti non carburiamo e via, la pista è agevole, si snoda tra le basse dune, si guida in scioltezza ed è proprio per questo motivo che becco un pietrone seminascosto dalla sabbia che disintegra il pneumatico posteriore destro. Un poco di spavento, vista la velocità a cui stavamo viaggiando, sostituiamo la gomma e ripartiamo, la pista corre parallela alla ferrovia, infatti ecco il convoglio che arriva da Zeruate, è lunghissimo, 130 vagoni carichi di minerale che producono un rumore talmente assordante che si ode molti minuti prima dell’effettivo passaggio.

Facciamo rifornimento di acqua in bottiglia, tutti i villaggetti lungo la ferrovia hanno almeno un paio di piccoli negozi in cui si può trovare praticamente di tutto, bambini dallo sguardo dolcissimo e indimenticabile ci circondano festanti, è difficile ripartire….

Dopo circa 400 km, sulla sinistra compaiono delle montagne coniche in basalto nero molto caratteristiche, la pista è sabbiosa e sempre ben visibile.

Ecco Choum, ma decidiamo di proseguire verso Atar, nessun problema di orientamento, la pista è visibilissima, dopo una sessantina di km deviamo decisamente ad est e ci inerpichiamo verso un ripido passo che ci porta a Teyaret , è ormai buio quando arriviamo sul colle e non ce la sentiamo di proseguire verso Azougui tra le facili dune. Proprio sulla sommità del passo c’è l’auberge Teyaret dove ohimè ci fermeremo per la notte, non c’è acqua non ci sono servizi, nulla di nulla, in compenso al mattino ci chiederanno una cifra spropositata che ci rifiuteremo di pagare per aver bevuto del tè e aver mangiato una similpasta cucinata da loro: è un luogo di sosta da evitare accuratamente!!!

Independent from France in 1960, Mauritania annexed the southern third of the former Spanish Sahara (now Western Sahara) in 1976, but relinquished it after three years of raids by the Polisario guerrilla front seeking independence for the territory. Opposition parties were legalized and a new constitution approved in 1991. Two multiparty presidential elections since then were widely seen as flawed, but October 2001 legislative and municipal elections were generally free and open. Mauritania remains, in reality, a one-party state. The country continues to experience ethnic tensions between its black population and the dominant Maur (Arab-Berber) populace.

Dom 24 Ott. Di fronte allo pseudocampeggio ci sono le tracce che portano ad Azougui, mi ci butto a capofitto, il percorso è facile e molto piacevole, si snoda in una valle formata da basse dune punteggiate da splendide acacie e in mezz’oretta siamo nella bella oasi, un tempo capitale degli Almoravidi e oggi piccolo villaggio nel mezzo di un palmeto che offre ancora esempi del passato splendore nelle mura e nella necropoli.

Nell’oasi volendo è possibile sostare in un grazioso e accogliente campeggio situato proprio alla fine della stessa. Ad Atar in mattinata stipuliamo presso una agenzia l’assicurazione obbligatoria per i veicoli per 20 giorni sborsiamo circa 25 euro, neanche tanto, facciamo rifornimento, rimpinguiamo la cambusa e alle 13 ripartiamo per Chinguetti attraverso il mitico passo di Amodjar.

Dopo alcuni facili chilometri su pista il percorso diventa spettacolare e con alcuni passaggi trialistici la pista si arrampica e diventa molto sconnessa e in alcuni punti siamo costretti a superare grossi massi in prima ridotta.

Alle 17,30 prima di raggiungere la sommità del passo facciamo una capatina a visitare ciò che rimane di Fort Saganne, sul passo la pista si congiunge con la strada sterrata che collega direttamente Atar a Chinguetti, alle 18 facciamo il nostro ingresso in una Chinguetti adagiata tra le dune, il sole sta tramontando e la luce morbida avvolge la città.

Lunedì 25. Passeggiamo pigramente per le viuzze insabbiate della cittadina, l’architettura di Chinguetti è simile a quella che si trova in tutto l’Adrar, nel Tagant e a Tichitt, le sfumature delle pietre da costruzione in grès ocra e rosa, in armonia con il paesaggio di montagne e di dune circostanti fanno di Chinguetti, nonostante le numerose rovine, un bell’esempio di architettura sahariana. Alle 13 partiamo per Ouadane, non senza aver prima visitato almeno una delle tante biblioteche dove sono conservati gli antichissimi testi che hanno reso famosa Chinguetti. L’itinerario scelto per Ouadane è sicuramente il più interessante tra quelli possibili, e prevede una piccola deviazione nell’oasi di Tanouchert.

All’uscita da Chinguetti prendiamo l’oued principale dopo aver sgonfiato i pneumatici, il percorso si svolge per la maggior parte su morbide dune molto suggestive punteggiate da acacie fatta eccezione per un breve tratto sassoso. Sosta notturna tra le dune anche se Tanouchert è poco lontana.

Martedi 26 . Tanouchert appare all’improvviso tra le dune in uno scenario affascinante e ovattato, qui è possibile pernottare in zeribe o in tende anzi direi che è vivamente consigliabile, il luogo è magico, passeggiamo tra le abitazioni e le tende adagiate mollemente tra la sabbia. Dopo esserci riempiti gli occhi di tanta bellezza ripartiamo alla volta di Ouadane dove arriveremo nel primo pomeriggio.

Ouadane, secondo un’etimologia popolare, significa “confluenza di due fiumi”, oppure “il doppio fiume delle scienze e dei datteri”. La tradizione riferisce che un tempo, in caso di attacco nemico, si batteva il grande tbol dei Kunta sulla piazza antistante la moschea. Allora la gente abbandonava in fretta i palmeti e si riuniva nella grande piazza con i bambini e gli animali, fino a quando il nemico non fosse stato respinto.

Situata strategicamente al crocevia di varie correnti commerciali transahariane – salgemma verso il Sahel sudanese, prodotti marocchini verso Oualata e Tichitt, oro, avorio, schiavi e pelli del Sudan verso il Maghreb – Ouadane divenne dal XIV al XVIII secolo uno dei centri economici più attivi del Sahara. Le condizioni di vita della città, oggi quasi deserta, sono le stesse di 5 secoli fa, per cui visitandola si ha l’impressione di essere trasportati fuori dal tempo, tutto pare così lontano dalla nostra civiltà dei consumi. Il mistero delle stradine strette e silenziose, la bellezza dei bambini, l’accoglienza calorosa degli abitanti ne aumentano il fascino.

Dopo aver visitato la cittadina facciamo una corsa sulle dune per andare a vedere

Guelb El Richat, cratere di 38 Km di diametro al cui interno gli strati geologici appaiono come anelli concentrici e digradanti. Troveremo il passaggio per scendere all’interno del cratere la cui origine è legata a potenti movimenti tettonici verificatisi all’inizio della storia del nostro pianeta.

Il percorso per arrivarci si svolge totalmente sulle dune, circa 30 chilometri di sabbia molto soffice per cui è d’obbligo sgonfiare i pneumatici all’uscita da Ouadane.

Mercoledì 27. Partiamo da Ouadane alle 7, prendiamo la veloce pista del plateau che porta a Chinguetti e quindi ad Atar dove arriviamo alle 10. Rifornimenti vari, risaliamo nuovamente il passo di Ebnou (asfalto) e a circa 30 km da Atar prendiamo la pista che ci porterà a Tidijkja.

La pista inizialmente è scorrevole e ben tracciata, entra in uno oued, lo attraversa e si inerpica su alcune basse dune ripide con sabbia molto soffice, le superiamo senza grandi difficoltà, tende di nomadi sono ovunque. La pista da qui in poi diventa molto lenta ed estremamente sassosa, non riusciamo a superare i 30 km ora . Dalle 12,30 alle 18 abbiamo percorso circa 90 km, il luogo in cui sostiamo questa sera è decisamente magico, piccole dune color ocra, qui e là alcuni alberelli d’acacia, la luna illumina il paesaggio, la compagnia è buona, cosa desiderare di più?

Giovedì 28. Per errore questa mattina siamo scesi dal plateau, abbiamo deciso di continuare comunque pensando di rientrare poi sulla rotta prestabilita, ma pagheremo per questa scelta un caro prezzo in termini di tempo, vaghiamo tutta la mattinata prima in un oued dalla bellezza selvaggia, quindi in una pietraia terribile che ci fa perdere la mattinata nel tentativo di attraversarla. Si dice che tutto il male non viene per nuocere, e infatti verso le 12 ritroviamo la nostra rotta principale e con essa una carovana di pastori nomadi che si sta spostando con la famiglia, i dromedari e le capre, i bambini sono sugli asini in ceste di paglia insieme ai capretti appena nati. L’incontro è emozionante, stanno andando ad Atar per vendere le capre, facciamo loro dono di abiti e calzature e li guardiamo mentre si allontanano salutandoci, un groppo ci sale in gola: questo rimarrà l’incontro piu emozionante in assoluto dell’intero viaggio

Continuiamo, la pista si arrampica tra le pietre del passo di Lebchir con una pendenza non indifferente, superata la quale il percorso diventa un poco piu agevole con qualche delicato passaggio su pietraia, alla nostra destra un magnifico oceano di dune si perde all’infinito, sono le dune dell’Irmechat, qualche passaggio delicato su sabbia molto molle, e verso le 20 arriviamo ad Ain Ec Cefra dove sostiamo in un campeggino

Venerdi 29 Ott. Mentre ci riparano un paio di pneumatici squarciati i giorni precedenti dalle pietre aguzze, andiamo a visitare la scuola del villaggio accompagnati dal direttore, le aule sono senza banchi fatta esclusione per quello dell’insegnante, alle pareti disegni degli scolari, l’animale più rappresentato manco a dirlo è il dromedario, lasciamo delle penne e un’offerta che speriamo possa servire ad acquistare qualche arredo.

Si riparte, fatichiamo non poco a trovare l’imbocco della pista che qui scende dall’altipiano, il paesaggio è superbo, dune si rincorrono senza fine, arriviamo a Taoujafet. L’entrata all’oasi è difficoltosa, grosse pietre ostacolano il passaggio ma ne valeva la pena, l’oasi è raccolta in una guelta bellissima chiusa da un’alta parete verticale di arenaria rossa, per continuare il tragitto bisogna risalire una duna di sabbia cedevole, fatichiamo un poco, la pendenza e la lunghezza sono notevoli ma alla fine anche questa sfida è vinta.

Entriamo nell’oued Rachid, la pista scorrevolissima procede velocemente nel letto di quello che una volta fu un fiume, il paesaggio è strabiliante, l’oued è delimitato da palme e acacie, tende di nomadi sono ovunque, bambini e donne ci corrono incontro. Arriviamo a Rachid alle 18, sostiamo di fronte alle rovine della vecchia città arrampicata sulla roccia, le sue case cadenti sono uno spettacolo grandioso, il centro abitato fu costruito nel 1723 dalla tribù dei Kounta, le rovine sono collocate su una collina che domina l’oued e si confondono con il paesaggio.Trascorriamo la notte in un minuscolo campeggio all’inizio dell’oasi, dormiremo poco, il comitato d’accoglienza organizzato dai ragazzini di Rachid non ci farà chiudere occhio per tutta la notte con i loro schiamazzi.

Sabato 30 Ott. Oggi è il quindicesimo giorno di viaggio, la pista è agevole, in un paio di ore circa siamo a Tidjikia la capitale della regione del Tagant, qui c’è una delle oasi più estese del paese, essendo situata su una rotta carovaniera diventò un centro commerciale e religioso molto rinomato. A Tidjikja è possibile sostare e rifornirsi di acqua e gasolio.

Dopo il rifornimento infatti ripartiamo immediatamente verso Tichit che secondo i nostri calcoli dista circa 240 km. L’imbocco della pista ci fa penare non poco, secondo la rotta prestabilita dovremmo viaggiare verso est e invece la pista che abbiamo preso ci porta verso sud senza la possibilità di deviare, così dopo una quarantina di chilometri giungiamo nei pressi di un vecchio aeroporto abbandonato e navighiamo fuori pista finchè non rientriamo sulla rotta prestabilita al wpt 153. Facciamo campo stanchi ma contenti per aver ritrovato l’itinerario perduto, il tracciato è visibilissimo, oggi abbiamo percorso circa 110 km.

Domenica 31 Ott. All’alba si parte in direzione di Tichit, la pista a parte qualche passaggio trialistico tra le pietre per scendere dall’altipiano è abbastanza scorrevole,verso le 10 arriviamo a El Khcheb, gli alberi di acacia sono totalmente ricoperti dalle cavallette che stanno letteralmente divorandone le foglie, è uno spettacolo impressionante vederne alcuni totalmente spogli.

Ore 14: raggiungiamo i pozzi di Zig, situati alla base delle dune, che alle spalle hanno delle formazioni rocciose, scendiamo e facciamo sosta all’ombra di alcuni massi in prossimità dei pozzi che sono permanenti in cemento, molto profondi a giudicare dal tempo che impiega il sasso che ho lasciato cadere sul fondo.

Alle 17,30 eccoci in prossimità delle tanto temute dune che sbarrano l’accesso a Tichit, sembrano toste da superare, sgonfiamo di brutto i pneumatici e attacchiamo il primo cordone e con nostro sommo stupore ci rendiamo conto che in meno di cinque minuti siamo dall’altra parte, eppure avevamo letto che sarebbero state un osso duro, mah, meglio così!!!

Tichit ci appare su una collina, bellissima, possiede una delle più belle architetture del Tagant con le sue case in pietra a secco ornate con motivi geometrici, gli abitanti vivono grazie al sale estratto dalla sebkha vicina. Non c’è alcuna possibilità di sostare a Tichit, niente alberghi e niente campeggi a parte uno in costruzione senza acqua e senza servizi, e neppure rifornimento di gasolio.Da visitare assolutamente l’antica moschea, ci accampiamo nell’oasi, al tramonto si alza un vento, il terribile Baten carico di sabbia e sale, talmente intenso che non non ci farà chiudere occhio per tutta la notte, poi scopriremo leggendo la guida che questo vento è purtroppo una caratteristica del luogo.

Lunedì 1 Nov. Partiamo da Tichit non senza aver prima visitato la scuola coranica con annessa biblioteca, custodita da un vecchio cieco centenario che porta tutta la storia del luogo scritta sul viso solcato da mille rughe. La pista per una trentina di chilometri si srotola su un piattone di sabbia compatta che permette velocità elevate. Dal nulla spunta un uomo sul dromedario seguito da tre splendide donne a piedi, da dove vengono e dove vanno? Rimarrà un mistero insoluto!

In fondo al piattone un piccolo passo tra la sabbia molle ci crea qualche apprensione che risulterà peraltro ingiustificata e ci permette di superare il contrafforte montuoso di Er Rhimiya che ci mette in comunicazione con un paesaggio straordinario. Aratane con i suoi pozzi appare abbastanza desolata, mi aspettavo di meglio, abbiamo percorso circa 130 km da stamattina, la traccia ora si fa difficile, si perde e zigzaghiamo tra i massi alla sua ricerca, poi dune con sabbia poco consistente. Facciamo campo a Es Sba in una zona bellissima di formazioni rocciose scolpite dal vento, una delle quali ricorda un elefante con le sue grosse zampe rugose.

Martedì 2 Nov. Partiamo alle 7.30, il percorso si fa duro, dune e ciuffi d’erba ci costringono a deviare continuamente, questa dovrebbe essere la zona delle temibili akles, che sinceramente supero quasi senza accorgemene, in realtà siamo fortunati perchè stiamo seguendo una traccia flebile lasciata da un mezzo transitato ieri, che ci aiuta molto a districarci in questo tratto ostico, con terreno vergine credo sia veramente tosto!!!

Dopo le dune, le pietre ci costringono a medie ciclistiche, insomma sono 100 km tosti tosti, poi il percorso ridiventa scorrevole ed è qui che vediamo due magnifiche gazzelle sfrecciare davanti al muso delle auto, che emozione!!! Mi tornano alla mente i Nemadi e le storie che ho letto su di loro. Si narra che i Nemadi, tribù nomade del Tagant si spostino su grandi aree alla ricerca di gazzelle che cacciano nelle ore più calde della giornata: quando la preda è in vista il cacciatore lancia i suoi cani che la isolano e la immobilizzano. Questa tribù considera i cani, animali che in tutto il mondo arabo-islamico sono indicati come impuri e indesiderati, come loro insostituibili compagni, al punto che un solo esemplare può rappresentare il valore di numerosi cammelli e costituire l’essenziale della dote matrimoniale. Anche la famiglia più povera deve offrire alla sposa almeno due cani.

Alle 17 sosta tra le dune, siamo stanchi, il percorso di oggi è stato molto duro, in caso di guasto meccanico qui sarebbe estremamente difficile riportare a casa il mezzo, meglio non pensarci.

Mercoledì 3 Nov. L’alba di un nuovo giorno ci appare in tutta la sua selvaggia bellezza, Oualata ci aspetta, chissà se manterrà le aspettative che mi sono creato quando a casa pianificavo il viaggio. La pista oggi è meno terribile, fatta eccezione per un paio di passetti su pietraia seguiti da discesone su sabbia, serpeggiamo tra facili barcane, la traccia lasciata da un veicolo trasintato in precedenza ci è d’aiuto, superiamo una carovana di dromedari carichi di sale provenienti da Tichit e diretti a Oualata, i tre cammellieri ci corrono incontro per chiederci farmaci e indumenti, hanno gli occhi arrossati e febbricitanti, credo siano affetti da malaria.

Continuiamo la nostra cavalcata in un magico paesaggio di basse dune dorate impreziosite da acacie e d’un tratto un nomade appiedato appare tra le dune trascinandosi dietro quattro dromedari, sul primo ciò che ha di più prezioso, la sua compagna e il suo bimbo, lei è bellissima, con un sorriso ed uno sguardo ammalianti, troneggia su un letto che funge da portantina saldamente fissato in groppa all’animale; sugli altri dromedari trasportano tutto ciò che possiedono, la tenda, le provviste, l’acqua.

L’uomo fa fermare e inginocchiare il dromedario e con la sua famiglia viene verso di noi: mi sento improvvisamente inadeguato e fuori luogo, l’incontro è emozionante, ho i brividi mentre li vedo ripartire e rimpicciolire. Siamo ormai a una trentina di chilomerti da Oualata stiamo percorrendo una vallata verdissima ricca di acqua, ci sono una serie di pozzi e qui assistiamo all’abbeverata di centinaia di cammelli che tuffano avidi il loro muso in un grande otre di pelle che i pastori riempiono con l’acqua del pozzo. Un uomo in sella a un dromedario, che sembra uscito da una scena biblica, trascina una fune alla cui estremità è legato un otre in pelle che calato nel pozzo si riempie d’acqua, e quando il dromedario, sotto le incitazioni del cavaliere si sposta, l’otre sale grondante e alcuni ragazzini velocissimi lo svuotano nell’abbeveratoio dove i dromedari tuffano avidamente il muso.

Ore 13 Oualata , finalmente eccola!… al primo sguardo mi è difficile pensare che questo agglomerato di case possa essere stato un tempo il capolinea della pista carovaniera transahariana, luogo di interscambio commerciale tra il Sudan e la città marocchina di Sigilmassa. Dal nord arrivavano tappeti, oggetti di rame, datteri, cereali, tessuti, salgemma e libri e dal Sud le carovane risalivano con oro, avorio, spezie e schiavi. Secondo i cronisti dell’epoca, sul mercato di Oualata gli schiavi valevano il proprio peso in sale. Intorno al Mille Oualata era diventata la capitale sahariana del libro. I manoscritti arabi giungevano con le carovane da tutto il Maghreb e l’Egitto e avevano dato luogo a un’intensa attività culturale, in seguito per tutto il medioevo Oualata rimase la città simbolo della civiltà del deserto. La fama di Oualata arrivata fino ai nostri giorni è dovuta anche alla particolarità con la quale sono dipinte le case. Le abitazioni sono decorate, sia all’interno sia all’esterno, con una tecnica tradizionale, praticata solo dalle donne, che dipingono

direttamente con le le dita, intingendole in terre colorate. La pittura è preparata triturando dell’ocra scura, cui viene aggiunto del carbone vegetale, della gomma e dello sterco di vacca e il tutto stemperato in acqua fino a costituire una spessa poltiglia che sarà poi utilizzata per il decoro. Il risultato cromatico è notevole e passeggiare tra i vicoli della città è veramente un’esperienza visiva straordinaria. In passato Oualata era famosa anche per la bellezza delle sue donne, che è indubbiamente rimasta immutata: vederle passeggiare con grazia al tramonto nei vicoli dorati di sabbia, agghindate nei loro coloratissimi abiti, è uno spettacolo affascinante.

Giovedì 4 Nov. Dura la vita del viaggiatore…ripartiamo non senza aver prima ammirato gli interni ricchi di colore di alcune abitazioni e il museo curato da una fondazione spagnola che ha raccolto ed esposto molti oggetti e suppellettili, donati alla cittadinanza di Oualata; visitiamo pure un originale auberge, lo” Ksar Oualata”, situato nella parte alta della cittadina, ricavato da una vecchia abitazione decorata con i colori tradizionali, è senza dubbio la miglior sistemazione che si può trovare in Oualata.

Partiamo e raggiungiamo Nema in un soffio, sono 100 km percorsi in scioltezza su una pista liscia e veloce, qui troviamo l’asfalto della Route dell’Espoir che in 1100 km ci porta dritti dritti alla capitale Nuakchott.

La strada è scorrevole, non è assolutamente monotona, stiamo costeggiando il confine del Mali, capanne isolate e villaggetti ormai tipicamente africani si susseguono ai bordi della strada adagiati in armonia tra le morbide dune, ci sono i fuochi accesi, le donne stanno preparando la cena. Dopo 150 km circa arriviamo ad Ayoun El Atrous, all’ingresso della città c’è un ottimo campeggio e ne approfittiamo per una sosta salutare.

Venerdì 5 Nov. Giornata storta, al mattino mi ritrovo ancora prima della partenza con uno pneumatico ko, a Riccardo ne esplode un altro in rettilineo fortunatamente senza conseguenze, siamo costretti a zigzagare e a frenare spesso, l’asfalto è interrotto da profonde buche, la media si abbassa notevolmente, la nostra meta serale è Nouakchott ma putroppo non ce la faremo a raggiungerla. E’ sera inoltrata quando entriamo in Aleg, purtroppo non riusciamo a trovare nulla per dormire, proseguiamo guidando sulla pericolosa e dissestata strada schivando oltre le buche numerosissimi asini capre e gerbilli per una trentina di chilometri finchè troviamo un piccolo campeggio vicino al lac d’Aleg dove passeremo la notte.

Sabato 6 Nov. Rieccoci in marcia, la strada è migliorata sensibilmente, il paesaggio ai lati è sempre splendido, dune acacie e ginestre ci accompagnano, molti piccoli villaggi in stile africano contribuiscono a rendere piu interessante il viaggio, pochi chilometri più a sud scorre il fiume Senegal, la tentazione di sterzare a sinistra è troppo forte ma ahimè il tempo è tiranno e ci costringe a continuare l’itinerario prefissato.

Boutlimit è un grande villaggio molto animato, c’è pure un bellissimo campeggio, e…nebbia!!! Incredibile, sembra di essere in Val Padana, invece l’oceano è a 260 chilometri, ecco perché qui la vegetazione è così rigogliosa. Sono le 13 quando finalmente entriamo in Nouakchott, c’è molto traffico e abbiamo qualche difficoltà nel trovare la strada che porta al campeggio sull’oceano, ma ci trarrà d’impaccio un simpatico filibustiere locale che ci guiderà poi anche al Grand Marché dove regnano sovrani il caos e i colori e dove ci perderemo per un paio d’ore con molto gusto.

A sud del campeggio si trovano le barche variopinte tirate in secca sulla spiaggia, è uno colpo d’occhio fantastico, alcuni pescatori, neri, riparano le reti, altri chiacchierano, donne avvolte in abiti sgargianti sedute sulla sabbia attendono per acquistare il pesce, è un mondo colorato e affascinante dove perdersi per ore è estremamente piacevole.

Domenica 7 Novembre. Sono le 8 e facciamo il nostro ingresso trionfale sulla spiaggia insabbiandoci come polli, scopriamo con disappunto che le notizie sulle maree attinte al campeggio sono totalmente inesatte, infatti il mare si ritira verso le 10 di mattina e non alle 8 come ci era stato detto, siamo quindi costretti a fermarci per un paio d’ore in attesa di poter proseguire.

Nouadhibou dista circa 550 km da Nouakchott , il percorso sulla spiaggia è affascinante, è la terza volta che lo percorro ma è talmente avvincente da lasciarmi ogni volta incantato. Il tratto fino a Nouamghar (170 km) è sicuramente il più spettacolare nonché delicato, si procede sulla battigia con le ruote a contatto con l’acqua, il pericolo è dato dall’inconsistenza della sabbia e va affrontato con il veicolo assolutamente in ordine, fermarsi in questo tratto per un guasto meccanico equivarrebbe a dover abbandonare il veicolo al rimontare della marea.

Stormi di gabbiani si alzano in volo al nostro passaggio, a destra si susseguono le dune e a sinistra c’è l’oceano, spesso uno spruzzo d’acqua investe l’auto e per un attimo non vedo piu nulla, ogni tanto qualche abitazione di pescatori Imraguen ci ricorda che questo luogo apparentemente inospitale per l’uomo è invece abitato. Lo straordinario percorso sulla battigia termina a Nouamghar, qui è d’obbligo pagare una tassa per accedere al Parc National Du Banc D’Arguin.

Ci dirigiamo verso Iouik, piccolo villaggio Imraguen di fronte all’isola di Tidra, ma grande è la delusione nello constatare che il campeggio non esiste più, proseguiamo allora verso nord e dopo una decina di chilometri facciamo sosta a Ten Alloul, questa è la nostra ultima notte in Mauritania, ceneremo con dell’ottimo pesce cucinato al cartoccio, e all’indomani proseguiremo il viaggio verso Nouadhibou e arriveremo in frontiera nel primo pomeriggio.

Il mio terzo viaggio in Mauritania è terminato, e una volta rientrato so già che inizierò a sognare il quarto: perché questo deserto che deserto non è, attraversato da nomadi, animali, colori, apparizioni, è un luogo dell’anima: sempre errante, sempre solitaria, sempre in cerca di incontro

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