L’oro di Nubia
di Maurizio Rubbazzer
26 dicembre 2016 – ore 3 a.m.
L’aereo della Turkish è appena atterrato a Khartoum, e un piacevole alito di vento caldo ci avvolge non appena scendiamo dalla scaletta dell’Airbus.
Che differenza dalla nebbiolina gelida della pianura padana che abbiamo appena lasciato!
Ad accogliere me, la Manu e i piccoli Dodò e Memo (sì e no 8 anni in due) c’è l’intramontabile Claudio Chiodi, vecchio amico con cui abbiamo condiviso ormai parecchie avventure. Ci porta da Norbert, un tedesco piuttosto alternativo di Berlino che ha scelto di cambiare il suo lavoro di architetto, svolto per tanti anni, per assumere la gestione della German Guesthouse.
Avevamo soggiornato in questa piacevole struttura già l’estate scorsa, e la presenza della piscina era stata particolarmente apprezzata perché qui in Sudan in agosto fa veramente caldo.
All’arrivo ritroviamo gli amici che sono giunti ieri da Milano, con cui condivideremo le prossime due settimane di viaggio alla ricerca dell’oro della Nubia. Anche il mitico Disco Blu, il Discovery 300 Tdi che avevamo lasciato a Khartoum la scorsa estate, sembra aspettare solo di essere caricato con viveri e bagagli per partire all’avventura!
Il percorso è stato pianificato principalmente su Google Earth, e prevede un itinerario di circa 2000 Km, quasi tutti in fuoristrada. Il piatto forte è la traversata del deserto Nubiano a ridosso del confine con l’Egitto, alla riscoperta della mitica Berenice Pancrisia. Proseguiremo cercando di raggiungere da lì direttamente il mar Rosso, passando anche per il cratere Onib, un cratere meteoritico largo più di 20 Km, la cui traversata pare non sia stata fatta ancora da nessuno. Ci sono giunte notizie che nella regione è in corso una vera e propria corsa all’oro, e approfitteremo di questo giro per rendercene conto di persona. D’altra parte tutta questa zona è ricca di quarzo aurifero, e le miniere del wadi Allaqi sono famose sin dai tempi dei faraoni egizi che dalla Nubia traevano l’oro che adornava le loro tombe. Non per nulla avevano edificato i fortilizi di Berenice, dove l’oro veniva custodito in attesa di essere trasferito in Egitto.
Ma torniamo al nostro giro. Dopo aver ultimato i preparativi sulle vetture, finalmente si parte! Lasciamo la confusione indescrivibile di Khartoum per inoltrarci nel deserto a nordovest della capitale. Un deserto piuttosto piatto, con poche isolate dunette e alcuni contrafforti montuosi, comunque vario e suggestivo. L’obiettivo è raggiungere una costruzione chiaramente visibile sulle foto satellitari, una sorta di fortificazione a base quadrata costituita da spesse mura lunghe alcune decine di metri.
A cosa potesse servire un tale edificio posto in mezzo al nulla, è una domanda a cui è arduo dar risposta. Pare che anche una spedizione organizzata dall’università di Berlino, pur dopo ricerche approfondite durate un bel po’, non abbia cavato un ragno dal buco. Il mistero quindi permane. D’altra parte, il luogo è piacevole e offre l’opportunità di evitare un banale trasferimento via asfalto per raggiungere nuovamente il corso del Nilo.
Per rendere ancora più stimolante l’itinerario, avevamo deciso di includere nel tragitto lo scavalcamento di una falesia alta 200 metri, fatto naturalmente in salita – se no che gusto c’è?
A vederla da lontano, la falesia è veramente imponente. Da sotto, poi, incute un timore riverenziale, cionondimeno ci dirigiamo verso il punto prescelto per la scalata, dove la salita è in gran parte sabbiosa. Il problema potrebbe essere che arrivati alla fine della salita, ci si trovi davanti un bel dente di roccia che rende impossibile proseguire. E’ meglio sincerarsene con un’esplorazione a piedi prima di essere costretti a fare tutti dietro front. Ma per fortuna la scelta del passaggio si è rivelata giusta: nessun ostacolo sulla sommità della falesia, l’arrampicata si può fare. E, una volta giunti in cima, la giusta ricompensa: un panorama spettacolare, un canalone di sabbia e rocce nere con la valle sullo sfondo, che ci premia degli sforzi fatti per arrivare fin lassù.
Terminata questa prima digressione desertica e riguadagnato il Nilo, decidiamo di raggiungere via asfalto la cittadina di Karima distante un centinaio di km, dove facciamo campo e rifornimento. Questa località è giustamente famosa per le sue piramidi e il monte sacro, il jebel Barkal, ai cui piedi si trovano ricche vestigia di antichi templi. La scelta di posizionare il campo lì vicino è senz’altro vincente, così potremo svegliarci l’indomani immersi in questo panorama mozzafiato.
Lasciata Karima si raggiunge Abu Ahmed seguendo una pista – un po’ scassata per la verità – che segue grosso modo una vecchia linea ferroviaria costruita dagli inglesi e attualmente in disuso.
La pista è comunque interessante perché in alcuni punti raggiunge il Nilo e permette di bagnarsi nelle sue acque. Inoltre si entra nei villaggi più autentici, quelli dove la vita scorre praticamente invariata da secoli.
A Abu Ahmed pieno dei serbatoi (dobbiamo garantirci più di 1000 Km di autonomia) e partenza in direzione nord est. Il deserto inizialmente piatto si fa via via più corrugato, e incominciano ad apparire le caratteristiche del terreno che ci accompagneranno fino al mar Rosso. Si viaggia sul fondovalle di wadi prevalentemente sabbiosi più o meno larghi, circondati da nere montagne. Questo consente di traversare catene montuose altrimenti invalicabili, passando da un wadi a un altro in un labirinto di affluenti, senza salire troppo in quota. I panorami diventano spettacolari: questo tipo di deserto, che percorreremo per centinaia e centinaia di km, è vario e bellissimo. E’ inoltre abitato da numerosi nomadi Beja, con i loro armenti e le loro caratteristiche capanne.
Mano a mano che si procede appaiono sempre più evidenti anche le tracce dei cercatori d’oro: mucchi di terra spostati coi bulldozer, che talvolta sventrano perfino la pista. Qua e là si vedono le misere tende dei minatori, che rendono bene l’idea della durezza della vita del cercatore d’oro. Ci è capitato di incontrare anche alcuni mezzi provenienti in senso contrario, prevalentemente camion o pickup più o meno sgangherati, legati all’attività mineraria. Un vero e proprio indotto che non esisteva fino a pochi anni fa.
Finalmente riusciamo a guadagnare il wadi Allaqui e ormai solo pochi km ci separano da Berenice. L’emozione è grande, così come la delusione che sopravviene, almeno per quanto mi riguarda, quando mi rendo conto che un grosso accampamento di minatori è posizionato proprio a ridosso delle rovine di Berenice, sopra i resti dell’antico villaggio abitato dai minatori di migliaia di anni fa. Un poderoso escavatore sta spianando la montagna e il suo rumore profana l’atmosfera di questo luogo magico. Penso alla fortuna che ebbero i fratelli Castiglioni di ritrovare questo luogo incontaminato, solo 27 anni fa. Certo, le rovine delle due costruzioni fortificate vecchie di millenni sono ancora lì, nella loro bellezza senza tempo, ma la presenza dell’uomo moderno è ben segnalata dai rifiuti che si insinuano anche in mezzo alle antiche pietre.
Superata Berenice, ecco una sorpresa: l’antica miniera di Alaar dove ritroviamo un pozzo ancora funzionante e copiosi resti dell’attività estrattiva, sotto forma di numerose macine di granito. Queste servivano a polverizzare la roccia estratta al fine di separare le pagliuzze d’oro dal restante minerale.
Il viaggio prosegue ora alla volta del cratere Onib. Una volta entrati nel cratere, sappiamo che se non riusciremo ad attraversarlo saremo costretti a tornare sui nostri passi per circumnavigarlo da sud. Ma dopo alcuni infruttuosi tentativi, scopriamo una nuova via a nord, aperta nella roccia friabile, che permette di superare asperità altrimenti invalicabili e di proseguire così all’interno del cratere, in mezzo a paesaggi di rara bellezza.
E qui un’altra sorpresa: poco più avanti, durante una pausa pranzo, scopriamo che la sabbia su cui ci troviamo è così ricca di quarzo aurifero, che nel giro di pochi minuti si può raccogliere già una discreta quantità di frammenti d’oro. Mai vista una cosa simile! Si capisce adesso come ancora oggi sia possibile la corsa all’oro.
Usciti infine dal cratere, la nostra direzione nell’intricato dedalo di wadi diventa est pieno per alcune centinaia di km, fino a raggiungere gli ultimi contrafforti montuosi e poi il mare.
E’ una grande emozione vedere apparire all’orizzonte la linea curva del mare e l’azzurro intenso del reef, e una grande soddisfazione concedersi un tuffo nell’acqua fresca del mar Rosso togliendosi di dosso giorni e giorni di sabbia e polvere!
Il resto del viaggio non ha storia: raggiunto Port Sudan, alcune vetture vengono imbarcate per raggiungere Capetown e continuare l’avventura, altre proseguono alla volta di Suakin dove con un ferry raggiungeranno Jeddah. Di lì traverseranno l’Arabia per essere caricate sui container a Dubai, anch’esse con destinazione Città del Capo.
Di questo viaggio in Sudan, terra dura ma selvaggia ed affascinante, restano le immagini scolpite nella memoria e le intense emozioni che ha suscitato, che solo traversate di altri tempi sapevano provocare.