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Libia 2000 Serir Nerastro Erg Di Rebiana Waw Namous

– Posted in: Africa, Nord Africa, Resoconti di viaggio

By Manuel Bellini
Originally Posted Friday, March 2, 2012

Piccolo diario di viaggio

La partenza avviene il giorno 18/10/00, appuntamento con Simini che è insieme alla sua nuova compagna, Carla, e Franco Rossi che porta in Africa la Nissan di Fabio Candeo che ci raggiungerà più tardi in aereo. Al mio fianco c’è la Cris. C’incontriamo alle h. 9.00 al casello autostradale di Grisignano di Zocco. In una bellissima giornata attraverso la Pianura Padana, allagata dalle recenti inondazioni, siamo arrivati a ca. 30 km da Marsiglia dove ci siamo fermati per la notte. Poco prima ho forato la gomma post. dx. Ero da solo in auto perché la Cris era andata a fare compagnia a Rossi, a sua volta da solo. In quel momento ero in autostrada ed ultimo del gruppo, così ho dovuto arrangiarmi a cambiare la ruota. Ho fatto tutto molto velocemente, in continuo contatto telefonico con i miei compagni, che mi attendevano qualche km. più il là in un grill dell’autostrada. Per mettere la ruota in acciaio, quella forata, sul portellone posteriore, ho dovuto fermare un automobilista che mi ha aiutato nella manovra.

La prima sera alloggiamo in un alberghetto proprio fuori dell’autostrada dove mangiamo parecchio male. Simini ha un forte raffreddore. Gli altri stanno bene. Temo che la ruota forata sia difettosa, è la stessa che si sgonfiava in Tunisia in aprile. Domani la farò riparare e penso di tenerla di scorta.

19/10 Mattinata molto fredda. Sono andato a far aggiustare la gomma, ho comperato una camera d’aria mentre gli amici mi aspettavano in albergo. Più tardi, dopo un breve trasferimento, siamo andati a Marsiglia, da lì al Porto la strada è facile, basta seguire le indicazioni. Al Porto c’erano tutti: Chiodi, Galeazzo, Lab, Clemente e Ruffin. La nave CARTAGE è partita non alle 15 bensì con un’ora di ritardo. Navigazione regolare, mare tranquillo, mi sono fortunosamente trovato in cabina da solo con la Cris.

20/10 Navigazione, bella giornata serena e tranquilla. Mare piatto. A bordo abbiamo mangiato da cani, è conveniente portarsene. Arriviamo alle ore 12.30 che sono le 11.30 locali. Sbarco, solite auto, più il tempo passa più l’Africa diventa un terreno di gioco, ed i giochi sono sempre più moderni e ricercati. Ecco l’auto con un piccolo elicottero sul cassone, l’Unimog della Paris-Dakar acquistato per soli 55 mil. quando, così allestito, ne è costati 400 ecc. Non mancano le macchine dei nordafricani che, in linea con i tempi, oggi portano sul tetto aggeggi moderni tipo scooter, lavelli di acciaio inox ecc.

Sbarchiamo a Tunisi e considerato che eravamo in anticipo sull’arrivo dei compagni che giungevano a Tunisi in aereo, siamo andati noi a prelevarli anzichè il contrario. Ecco Gallo, Candeo e Mingardo. Subito in marcia per Ben Guardane, lungo la strada ci fermiamo a far colazione, alle 15, a BOUFICHA, poi autostrada per SOUSSE, KAIROUAN. A BEN GUARDANE Hotel PAVILLON VERT, mangiamo bene, come il solito, ottimo il pesce, camere tragiche senza bagno perché quelle al piano terra erano occupate. Ruffin sconvolto. Solite lenzuola usate, che ci facciamo cambiare, ma dormiamo nei sacchi a pelo. Ovviamente caldo.

21/10 Sveglia alle 5 e un quarto, destinazione frontiera, sarà la prima di una lunga serie di levatacce. Colazione al bar dietro la polizia, bar lercio, sarà il primo locale di una lunga serie di locali lerci che tutti noi frequenteremo senza prendere nulla di intestinale. Fortuna? Allo stesso bar cambio in nero 50 dollari per 80 dinari libici. Alle 7.30 siamo ancora fermi alla frontiera tunisina che è lì a pochi km. Poi c’è quella libica:

1° alla Banca a cambiare 100 dollari

2° fare l’assicurazione con una parte dei soldi che hai appena cambiato, il resto se lo tiene La Banca. E che Banca! E’ un container con dentro un tavolo una sedia ed un uomo.

3° Fare il Carnet che costa 90.000 che si possono pagare in lit.

4° Si ritorna alla Banca che ti restituisce il resto dei 100 dollari cambiati

5° Nell’hangar a farsi dare la targa libica con il resto, appunto, dei 100 dollari. Il gasolio costa circa 150 lit. al litro contro le 70 che abbiamo pagato quattro anni fa, dipende dal fatto che l’embargo è stato tolto e cambiare in nero è difficoltoso.

Si prosegue con una giornata piovviginosa e poco africana con destinazione ZLITTEN.

Lungo questo percorso perdiamo le tracce di Clem e del suo compagno Paolo Ruffin. Mille congetture, li aspettiamo a lungo, non riusciamo a capire cosa possa essere successo, abbiamo paura di non trovarli e che questo possa compromettere il viaggio. E’ chiaro che non si può proseguire, in un territorio come la Libia, se non si è tutti insieme. Li troveremo a LEPTIS MAGNA, grande tirata d’orecchie che è accettata di buon grado. Visitiamo Leptis M. in una situazione irripetibile, al tramonto, da soli in una delle più belle realtà storiche del mondo. Alla Cris vien voglia di portar via di tutto. La voglia le rimane, tutto resta al suo posto. Alla sera mangiamo non in albergo ma in una bettola dove si comincia con delle uova per poi finire con specialità locali, molto semplici ma buone e soprattutto pepate. Chiodi chiede uno stuzzicadenti, quelli gli portano, dopo un quarto d’ora, uno spazzolino da denti ed un tubetto di dentifricio. Nuovi !! Gente semplice, ingenua e generosa. Bella serata, ci divertiamo. C’è entusiasmo.

22/10 Sveglia alle 6.30 e partenza per l’oasi di Zilla da dove inizierà il viaggio vero e proprio in quanto abbandoneremo l’asfalto per la pista. Il tempo finalmente diventa bello, siamo in Africa, era l’ora! Lungo trasferimento con paesaggio di grande monotonia, però l’assenza di traffico e la strada dritta all’infinito che punta verso il sud ti fa sentire in Africa ed anticipa il deserto che già ci accompagna ai bordi della strada. A Zilla il gasolio alla pompa è finito. Ci sembra di capire che quando i gestori delle pompe vedono un convoglio straniero il gasolio finisce immediatamente per poterlo vendere al mercato nero. Sarà vero? Sta di fatto che l’abbiamo trovato al doppio del prezzo ufficiale, ma questa è un’esperienza che vale il pizzo pagato perché fare rifornimento nascosti all’interno dell’oasi in mezzo a bidoni e carcasse di camion cisterna è molto “africano” e divertente. Si perde parecchio tempo malgrado Labe abbia messo a disposizione la sua pompa montata a bordo del Land. Io, in questo senso, ero autonomo avendo la mia pompetta elettrica per il gasolio, comunque ho preferito affidarmi all’efficienza di Lab ed alla sua pompa più potente. Finita la lunga procedura del rifornimento, malgrado questa si sia limitata ai soli serbatoi delle auto tralasciando di riempire i serbatoi supplementari, siamo partiti di gran carriera direzione Tazerbo, non dopo aver accontentato Chiodi che si ferma a bere in un bar, assetato, forse a seguito delle solite lunghe trattative che intrattiene sempre con i vari creditori (gasolio in questo caso), ed a porte chiuse, perché nessuno mai vi partecipa. Subito dopo avverto un rumore alla ruota post. dx che mi insospettisce. Faccio sentire il rumore a Candeo e Clem metto l’auto sul cric, Labe si innervosisce per il tempo che stiamo perdendo, si avvicina ormai la sera, Candeo lo zittisce alla sua maniera, kel càn gheto finìo de rompare i cojoni. Ci accorgiamo che la ruota di scorta che ho montato a Marsiglia non è della Toyota bensì di una Nissan, questo ha comportato un danno, giacché il cerchione non andando in base ha rovinato i prigionieri della ruota i quali a loro volta hanno ovalizzato i fori sul cerchione, o giù di lì, in realtà non ci ho capito granché, chè se non ci fossero gli amici meccanici anche un incidente del genere mi metterebbe ko all’istante. Comunque trattasi del solito pastrocchio alla Chiodi, poiché è stato lui a vendermi, ancora per il viaggio in Tunisia d’aprile, sia i cerchi sia le gomme coreane Hancook. Intanto partiamo, studieremo meglio il problema al campo che sarà imminente perché già si fa sera. Ho paura di avere un danno grave, invece andrà tutto a posto, rimonto la vecchia ruota e mi trovo così senza quella di scorta poiché come si è visto quest’ultima non va bene. C’è vento, la temperatura è fresca, grande nervosismo nel montare la tenda che non ne vuole sapere di stare in ordine, anche la Cris mi aiuta come sempre in futuro, siamo stanchi, come tutti. La notte sarà ventosa, con la tenda rumorosa perché sbattuta dal vento. Lab, Rossi, Clem, Mingardo e Paolo Ruffin dormono all’aperto dentro il sacco a pelo! In futuro solo Clem e Mingardo dormiranno sempre fuori, gli altri in tenda.

23/10 Appena partiti seguiamo una pista, evidentemente segnata, con un buon fondo sabbioso, veloce. Guido io una parte del gruppo. Il resto, con in testa Chiodi, segue sulla dx un percorso diverso fuori pista. Ci incontreremo più tardi, dopo 60 km., in un insediamento dove ci sono dei pozzi petroliferi con parecchie strutture per la lavorazione del petrolio e maestranze che ci accolgono calorosamente, ci offrono caffè con il latte ed i biscotti. Parlano tutti inglese e chi conosce questa lingua si intrattiene con loro. Proseguiamo poi in navigazione anche perché la pista finisce ai pozzi e da questo momento di piste ne vedremo ben poche, praticamente nessuna. Immensi piatti, infiniti, bellissimi, spazi illimitati, paesaggi mozzafiato, il deserto della libertà. Poi tre cordoni di dune con i primi insabbiamenti, il primo per la cronaca è di Candeo che nel tentativo di recuperare il cappellino perso da Gallo tenta una deviazione insabbiandosi. Facciamo uno stupendo campo fra le dune, alla sera mangiamo bene, buon umore generale. In piena notte si alza un vento molto forte che mi costringe ad alzarmi, cosa già fatta prima da qualcun altro (Candeo) per lo stesso motivo: spostare l’auto in modo che la tenda si trovi sottovento.

24/10 Sveglia alle 6 come tutte le mattine future, questo almeno per me che devo smontare una tenda complessa, mettere via tre (!) materassi ecc. – mangiare, defecare ecc. – Qualcun altro si alza anche un’ora dopo avendo solo il sacco a pelo, da’ una mano a Chiodi per la colazione del mattino, a ripiegare il grande confortevole tavolo che è stato allestito fin dalla sera prima, a riporre le casse dei viveri nella Land ecc., anche Lab aiuta parecchio Chiodi; porta parte dei viveri nella propria auto, aiuta a servire in tavola ecc.

Brutta sorpresa alla mattina ancor prima di partire: la Mercedes ha rotto un supporto motore, grazie ad una bravata del giorno prima di Galeazzo che percorrendo un tratto a manetta ha beccato una buca. Grande preoccupazione, ma il magico Candeo supporta il motore con il cric della mia Toyota ben legato con del fil di ferro e si parte! C’è ancora molto vento, teso e freddo, ci sono 13/14° mentre di notte in tenda ce n’erano 17. Fino a Tazerbo pista spettacolare, tipo Tènèrè per la prima parte, poi un piatto infinito fino in prossimità dell’oasi dove negli ultimi 40 km. ho guidato io il gruppo, in navigazione, per la prima volta da quando vado in Africa. Gli ultimi 10 km. sabbia molto molle con parecchi bassi e vasti cespugli che hanno richiesto una guida decisa e veloce per non insabbiarsi. Tanto per cambiare a Tazerbo ufficialmente niente gasolio. L’abbiamo però trovato quasi subito, guarda caso proprio alla pompa, dove però siamo stati accompagnati dal negretto di turno .. perchè solo lui sapeva…. Prima di giungere a Tazerbo Lab mi ha dato un po’ di gasolio, così anche ad altri, funzionando con Chiodi da auto cisterna. All’oasi invece tutti hanno caricato al limite perché ci attende il tratto più lungo senza possibilità di rifornimento. Io carico il massimo: 240 lt. Siamo arrivati all’oasi per il pranzo che abbiamo fatto nella solita bettolaccia lurida ma affascinante a base di omlette. Subito dopo dal meccanico a sistemare il supporto della Mercedes che occuperà lo stesso tempo di far gasolio a tutte le auto, quindi l’incidente meccanico non ci fa perdere granché. Chiamalo meccanico! Tanto per cominciare era senza morsa ed i pezzi che doveva lavorare li saldava ad una piastra di ferro ed una volta finito li dissaldava. Geniale! Chi ci fa perdere il ritmo, invece, sono le pompe senza carburante e gli interminabili rifornimenti, anche se siamo arrivati da Zilla a Tazerbo in un giorno e mezzo percorrendo ben 550 km. Da un telefono pubblico telefono a Marco che non trovo, mentre trovo Alberto al suo cellulare, si trova a Napoli. Abbandoniamo l’oasi con il buio e la Mercedes riparata. Chiodi esce dall’oasi, non visitata quindi sconosciuta, con la naturalezza con cui uno esce da casa propria tra viuzze, deviazioni, case e palmeti. Ha una bussola in testa. Ma non è ancora finita, Chiodi fora. Campo al vento, freddo. Durante la cena salta fuori che, secondo Chiodi, abbiamo poco carburante quindi il lungo tragitto fino a TIMSHA potrebbe vederci in crisi con il gasolio anche perché tante auto non hanno l’autonomia che io all’inizio avevo richiesto, questo lo faccio notare con forza e mi rimetto ad un programma nuovo, peraltro allettante, che prevede di raggiungere in ogni modo il vulcano WAW AN NAMUS, però direttamente senza passare per l’oasi di Rabhiana, quindi direzione sud anziché sud est , dopodiché il programma è un po’ fumoso e decidiamo di fare il punto una volta arrivati al vulcano. Il cambiamento si dimostrerà una buona idea. Passo una buona notte.

25/10 Alla mattina bella novità: il vento non c’è. Temperatura 8° esterni, mentre alla sera in tenda ce n’erano 17. Partenza record alle 7.30 giornata splendida, paesaggio superbo, guida veloce che di più non riesco, barcane, grande divertimento, i “che bellezza! che bellezza!” si sprecano, sensazioni uniche e grandiose anche grazie all’assenza fin dall’inizio ed anche in seguito di qualsiasi tipo di vegetazione anche bassa, che ti fa vivere il deserto nella sua essenza, la sabbia, non disturbata da null’altro, ma presente in tutti i suoi aspetti. E’ uno dei rari momenti in cui guidiamo come se fossimo in gara tanto è esaltante il tipo di terreno che abbiamo sotto le ruote, ondulato e tutto sabbioso, con dune basse, sinuose, scorrevoli. Davanti a me, a circa 400 mt. c’è Clem che viaggia a mille con la sua Mitsubishy 3000, dietro non vedo nessuno. Mi impegno, divertendomi come un pazzo e con qualche strizza, e nel giro di alcune decine di km. riesco a raggiungerlo con controsterzi folli e picchiate vertiginose dalle piccole dune. Se penso che siamo nel culo del mondo, rabbrividisco. Mi accingo a sorpassarlo quando vengo fulminato all’esterno di una curva da Fabio Candeo che finché io raggiungevo Clem lui aveva raggiunto me da chissà quale distanza con la sua Nissan Terrano 2,7. Poco dopo ci fermiamo, Fabio e Paolo Gallo, suo compagno, sono raggianti. Mi dicono di aver toccato i 150 km/h, rigorosamente senza cinture di sicurezza!

Mi insabbio per la prima volta e nel modo peggiore, mille bande per venirne fuori! Alla sera travaso solo la tanica da 20 lt. Percorsi 220 km di gran carriera. La Toyota è sublime, leggera , potente e con tanta coppia, sarò l’unico a non mettere mai le ridotte se non nella guida sui sassi per non rovinare la frizione che deve spostare una macchina di un certo peso a causa del carburante e acqua che ho a bordo, sarò l’unico a non gonfiare e sgonfiare i pneumatici nell’alternarsi dei percorsi duri e molli. Ho sgonfiato a 1,7 all’inizio della sabbia ed ho rigonfiato solo una volta raggiunto l’asfalto. Sarò quello, l’ ho già detto?, che si insabbierà di gran lunga meno di tutti, due volte soltanto, nonostante gli altri abbiano viaggiato sulla sabbia con pressioni da 0,5 a 1,00. Bisogna però osservare che Chiodi e Lab erano in condizioni diverse di carico e ruolo (il primo in testa, il secondo, scopa, che andava a soccorrere chi era in difficoltà). Viaggio sempre con i finestrini chiusi ed un velo di aria condizionata. Lab ha le foto satellitari del tratto che stiamo percorrendo, aggiorna in tempo reale una carta geografica apposta all’esterno della sua auto, in modo che ogni partecipante può in ogni momento sapere dov’è. E’ senz’altro un bravo navigatore, preciso e scientifico, è anche molto sicuro nella guida, averlo alle spalle, è lui che chiude il gruppo, è confortante (se si ferma!). Volteggia superbo come un’aquila, spesso non è in convoglio, appare all’improvviso ora a destra ora a sinistra, lontano. Ho l’impressione che sia coscienzioso, anche prudente, equilibrato nelle decisioni, veloce negli interventi, attrezzato ed organizzatissimo. Una “scopa” ideale, insomma. Non da mai l’impressione di volersi sostituire a Chiodi al quale riconosce il comando del gruppo ma, con lui, Chiodi, molto spesso si consulta, e non si capisce se lo faccia per vera necessità o per riconoscergli il ruolo di “navigatore” che è il motivo della sua presenza. Ama fin troppo la sua auto di cui è, ovviamente, molto geloso. Non parla mai se non interpellato. Saluta con difficoltà, non ha incontrato una grande simpatia nel gruppo, in particolare da parte di Gallo che si è preso del rompicoglioni perché intralciava una manovra di disinsabbiamento. Ci è rimasto di merda e non è stato in grado di reagire perché preso alla sprovvista. Pekà. Atteggiamento sul mitico. Odontotecnico. Adora il deserto del quale ha una grande esperienza per avere fatto viaggi molto importanti e da tanti anni. Proviene dalla moto che ha pure guidato nel deserto. Guida a piedi scalzi. Si è appena sposato in Kenia, dove ha gironzolato per un mese, con una biologa padovana. Alla sera si ritira nell’abitacolo della sua Land, dove viaggia da solo (e che, te pareva!), ascoltando musica con le cuffie, e lavora con GPS e computer scaricando dati, facendo il punto, programmando la rotta del giorno dopo, consultando foto satellitari, oltre a carte russe, americane e canadesi. Invidio queste sue capacità. E’ chiaro che nessuno osa avvicinarsi. Prende un sacco di appunti. Tutto quello che c’era da leggere sul deserto l’ha letto, ha una buona cultura generale, anche se, secondo la Cris, è superficiale (e che, te pareva!). Sta di fatto che lui ed il Chiodo rappresentano un’accoppiata vincente, con la fantasia e l’intuito geniale dell’ultimo e l’esattezza scientifica del primo.

La Mercedes sembrava tener botta alla grande, in realtà il supporto ha un po’ ceduto e, cedendo, si sono rotte tutte le pale della ventola che si è trovata a lavorare in modo disassato, ed una delle pale ha rotto il radiatore. Danno gravissimo, ma il “magico” in cinque minuti ha sistemato tutto. L’auto arriverà regolarmente a Padova andando benissimo!

26/10 Notte fredda, i due saccopelisti continuano a dormire fuori. Ci sono 6° esterni, 11 dentro la tenda. Sarà la notte più fredda. Per fortuna niente vento. Partenza destinazione Patrol Nissan abbandonata, desistiamo perché si trova fra dune con sabbia molto molle. Mica per niente è stata abbandonata!! Puntiamo allora sul MIG libico precipitato. Queste notizie provengono tutte da Lab che è molto documentato. Il terreno è terribilmente lento, si alternano dune a pietraie, una di queste, nera, è angosciante perché sembra non finire mai, è l’unico tratto di tutto il viaggio che faccio con le ridotte. Chiodi che, contrariamente a Lab, viaggia con il naso anziché le carte russe e le foto dal satellite, decide di puntare a nord-ovest nel tentativo di lasciarsi alle spalle un tratto che ci avrebbe fatto perdere un sacco di tempo per l’esasperante lentezza e le continue deviazioni alle quali eravamo costretti. Alla fine, finalmente fuori, tiriamo un sospiro di sollievo. E’ stato uno dei due momenti, l’altro verrà più avanti, nei quali abbiamo provato, chi più chi meno, un po’ d’angoscia. Chiodi mi fa vedere, con orgoglio, che malgrado sia stato costretto a fare mille piccole deviazioni sulla pietraia la traccia lasciata sul GPS è, fondamentalmente, una linea retta direzione nord-ovest. Riesce ad essere orgoglioso con semplicità.

Proseguiamo in direzione del MIG libico precipitato che raggiungiamo in una grandiosa spianata dove i pezzi dell’aereo sono disseminati in almeno un km. quadrato. Logicamente troviamo solo quello che l’esercito libico ha lasciato: ali, rotori, carrelli ed un’infinità di meravigliosi aggeggi complicatissimi e perfettamente conservati grazie all’assenza di umidità ed all’azione pulente della sabbia con il vento. Tutti portano via qualche ricordo fuorché il sottoscritto perché la Cris non vuole testimonianze di disgrazie. Valla a capire, comunque mi adeguo. Proseguiamo fino a sera, con molti insabbiamenti di Simini, per fare il campo a ridosso di una duna semicircolare, il clima è meno freddo. A sera, dopo aver mangiato, Lab avvista all’orizzonte, non riusciamo a capire a quale distanza, 20 km?, quello che ci sembra un fuoco. Vengono fatte strane congetture di qualcuno che può averci scorto e, magari, raggiungerci in piena notte. Spegniamo tutte le luci, anche il fuoco, ed andiamo a dormire con un vago timore e qualche patimento. Durante la notte, a causa del vento che muove la tenda, sento mille rumori sospetti, passi di qualcuno che gironzola per il campo e così via fantasticando. Disagio.

27/10 Di mattina 8° mentre dentro la tenda non si va sopra i 14°.

Partenza verso il vulcano che raggiungiamo dopo 110 km., sono ca. le 11. Visione fantastica, un enorme catino di sabbia nera con all’interno un panettone di roccia contornato da due laghetti di colore blu intenso con palme e spiaggia resa candida dal sale. Mi sembra di scorgere un’auto. Colazione in riva ad uno dei due laghetti con Paolo Gallo e Galeazzo che fanno il bagno nelle salatissime acque uscendone albini. Zanzare. Si riparte subito dopo decidendo di fare un percorso direzione sud-ovest per raggiungere il deserto del Murzuk.

Percorso piatto, monotono, molto fech-fech, noia. Ho male alla schiena!

Chiodi fora, gli do la mia camera d’aria. La Mercedes tiene, ogni tanto si ferma controvento, con il cofano alzato, per raffreddare il radiatore che viene spesso innaffiato con una bottiglia d’acqua. Il terreno è pesante, la sabbia lega, e per la povera auto è un tormento. Dopo tantissimo, monotono deserto piatto facciamo il campo a ridosso delle prime dune che troviamo. Durante la notte ci sarà un clima più mite ed assenza di vento. Mentre durante il giorno ci sono ca. 30/35° con 39° che è la punta massima raggiunta durante tutto il viaggio. Carla ha la febbre, la mia schiena mi sembra un po’ meglio anche per la temperatura più elevata. Pos. 24° 37’,18 3”N 016° 25’,04 3”E

28/10 Partenza seguita da brutto paesaggio noioso e piatto, segue una pista altrettanto brutta, stiamo andando eccessivamente a sud e questo potrebbe essere pericoloso perché ci avvicina troppo al Ciad con serio pericolo di mine. Ci fermiamo a fare colazione dopo 110 km. Spaga totale, paralizzati sul posto, non sappiamo più cosa fare, manca il coraggio di smontare dall’auto, “va avanti ti, che mi me vien da ridere”, alla fine cauto dietrofront percorrendo pedissequamente le proprie tracce fino ad uscire dalla zona di pericolo e proseguire poi in direzione ovest. In nave al ritorno troveremo un genovese che dalle parti ns., anche se più a sud, è saltato sopra due mine antiuomo, nessun danno fisico ma danni all’auto, per fortuna non erano anticarro sennò addio.

Inizia ora un percorso che più o meno preoccupa tutti. Saliamo a fatica su delle falesie per poi trovare all’interno di queste un vero labirinto risolto il quale scendiamo per trovare un’altra falesia con i problemi della precedente e così via. Candeo al CB comunica la sua preoccupazione anche perché il vitale carburante non è inesauribile. Anche la Cris è preoccupata. Io no, so che la direzione è quella buona, nella speranza è ovvio di non trovare un ostacolo insormontabile oppure una deviazione infinita. Eppoi ho una grande fiducia nel Chiodo e nelle grandi possibilità delle ns. auto tutte efficienti. In questi frangenti un’auto malmessa potrebbe creare enormi problemi anche perché sarebbe difficoltoso abbandonarla nel deserto, estremo rimedio, in quanto non sai dove mettere i due occupanti ed il loro bagaglio e poi per uscire dalla Libia, senza l’auto con la quale sei entrato, ci vuole come minimo l’Ambasciatore! Lab guida il gruppo per un primo tratto risolvendo un difficile passaggio per perdersi poi in troppe titubanze, a questo punto Chiodi prende in mano la situazione dimostrando più intuito nel risolvere certi difficili tragitti. Qualche dubbio che il Chiodo non ce l’avrebbe fatta? Finalmente usciamo allo scoperto in un immenso plateau con bellissime rocce rosse all’orizzonte. Ci sentiamo tutti più tranquilli. Prendo in giro Fabio chiedendogli se è contento di poter rivedere i suoi famigliari. Segue una pista divertentissima e veloce che ci conduce nell’oasi di ALWIG, disabitata, scheletri di case, recinzioni aperte, fantasmi. Proseguiamo a manetta fino a TAHJARI dove supero Simini poco prima di entrare nell’oasi dicendogli via CB di guardarsi alle spalle che sta arrivando l’auto da “zona pedonale” tutta eccitata alla vista di un centro abitato. In realtà la mia auto era quella dall’aspetto meno africano, per questo era chiamata auto da zona pedonale. Giunti all’oasi facciamo rifornimento presso un’efficiente pompa e godiamo della visione di un camion FIAT, diretto ad Agadez, stracarico di tutto: uomini soprattutto ma anche biciclette materassi tappeti sedie pacchi sacchi di ogni tipo ecc. è una visione che merita un viaggio tanto è eccezionale nella sua originalità. Ci lanciamo in una veloce corsa dentro il Murzuk e su un piatto da biliardo percorriamo 20 km. prima di fermarci a fare campo. Serata mite. La temperatura si è alzata. Lab dice che la ns. traversata potrebbe rappresentare una prima, Chiodi è scettico, staremo a vedere, ma poi che importa a noi “clienti”. Per quello che abbiamo fatto! Va bene che io mi sono particolarmente speso per l’organizzazione quindi qualche interesse potrei averlo……..

29/10 Di mattina tutti, fuorché Lab. Chiodi e Galeazzo, partono per l’oasi di ieri. Scopriamo la scuola all’aperto, con il maestro che ci viene incontro, bambini con la tavoletta coranica, libri sparsi o persi per terra nel villaggio, Simini ne raccoglie uno molto interessante sulla meccanica. Siamo ospitati in una famiglia che ci fa il pane, lo assaggiamo, buonissimo. Bottega con scarpe usate, sigarette, biscotti. Fascino.

Abbiamo fatto troppe dune, troppa sabbia, il deserto sarà lo stesso anche tra qualche centinaio d’anni, e questo è certamente confortante, ma queste realtà andranno sparendo velocemente, non bisogna lasciarle perdere, vanno viste, visitate, con calma.

Chiodi, invece, vuol solo macinare km. e km. il viaggio con lui diventa uno sport. Sono state tre settimane durissime, alla sera i vari Clem, Franco Rossi, Gallo ecc, andavano a letto anche alle otto, cotti, e ci restavano fino alle sette della mattina. Rischi di non portare a casa nessuna testimonianza su gente e abitudini locali e di esserci passato accanto di gran velocità alla sola ricerca di fare più sabbia possibile. Solo perché Simini si è opposto con fermezza non si sono fatti i laghetti di Mandara e Gabron altrimenti anche quella sabbia sarebbe finita nel carniere del Chiodo. E a me sarebbe andato anche bene, non avendoli mai visti, però dove mettiamo l’oasi di Tazerbo, saltata a piè pari, e Sabrhata? Il prossimo viaggio, ammesso che ce ne sia ancora uno, sono lustri che lo dico! e non sono certo il solo, voglio metterci dentro meno sabbia e più umanità del luogo. Sogno di ripetere il viaggio del Tènèrè con tutte le oasi del deserto e quelle indimenticabili dell’Air. Sogno.

Torniamo al campo e partiamo per l’ultima tappa desertica. Dopo pochi km. Chiodi fora. Inizia il Murzuk: piatto come un biliardo all’inizio, poi grandi mammelloni, sempre più ripidi, sembra di andare in giostra, poi in un crescendo mozzafiato iniziano le barcane, impegnative e divertenti. Emozione. Guido particolarmente bene, all’inizio le affronto con prudenza ed eccezionalmente in seconda ridotta poi, impratichendomi, le faccio in seconda normale. Battibecco via CB con Lab quando comunico al gruppo che Clem si è insabbiato. Quando uno è in difficoltà ci si ferma, mi dice lui severamente. Ma hai gli occhi per vedere dove sono? gli dico. Sei molto più vicino tu a lui che non io, non vedi che sono alle spalle di Chiodi? quindi molto lontano da Clem ….! Porchi. Poco dopo non vedendo una piccola duna prendo una musata violentissima e la Toyota fa un balzo impressionante. Mi fermo, apro il cofano, convinto di aver fatto fuori il radiatore ma grazie a Dio nessun danno, il colpo tremendo che ho sentito è stato il fondo corsa delle sospensioni anteriori. Lab passa, mi vede, e prosegue senza fermarsi. Sono l’ultimo del convoglio. Che stronzo! Poco dopo sull’onda dell’entusiasmo affronto troppo velocemente una barcana e sollevo abbondantemente le ruote posteriori mettendo l’auto quasi in verticale, mi arriva in testa parte del bagaglio posteriore non legato. Paura! Ho sempre le cinture allacciate. Simini finalmente con le gomme sgonfie e riducendo l’uso delle ridotte procede con regolarità. D’altronde sulle barcane se l’è sempre cavata. E’ visibilmente soddisfatto, sono contento per lui, dopo tutti gli insabbiamenti dei giorni precedenti! Ostenta sicurezza: ho due coglioni così di tutta questa sabbia, ripete più volte, contento. Tutti entusiasti di aver fatto la parte ovest del Murzuk, con le barcane appunto, piuttosto che l’est piatto ed insignificante. Definisco questa parte finale del ns. viaggio come la ciliegina sulla torta. E dico anche: gli assenti hanno sempre torto, riferendomi a Lab e Simini che volevano, prudentemente, restare ad est affermando che il viaggio era stato fatto al 90 per cento e che per voler fare tombola si rischiava di rovinare tutto. Ma all’insaputa di tutti il malefico Chiodo ci ha portato sulle barcane ed io mi sono congratulato con lui che mi ha sorriso soddisfatto e complice. Alla sera ultimo campo in prossimità dell’oasi di TRAGHAN. Ci fermiamo alle 17,45 con il sole che non è ancora tramontato. Chiodi va a fare raccolta di legna e di sera facciamo un fuoco attorno al quale ci riuniamo ad ascoltare l’ultimo racconto di ”Scimini” ( Fabio non sa chiamarlo altrimenti) sul passaggio a nord-ovest che accontenta così Picchia che lo aspettava dall’inizio del viaggio. La schiena mi fa male, ho preso freddo, ad un certo punto intorno al fuoco il vento si è levato, sono andato a letto senza salutare nessuno. Delusione ed amarezza. Angoscia di notte per l’impegno del giorno dopo.

30/10 Alba buia, il sole nasce più tardi, ma la mia personale sveglia suona sempre alle sei.

Notte con gran mal di schiena. Pochi km. di sabbia, ca. 25, ed ecco l’asfalto di TRAGHAN e la fine del ns. viaggio. Ora inizia il lunghissimo trasferimento verso Padova. Faccio guidare la Cris così come per quasi tutto il rientro, si sarebbe meritata di fare gli ultimi km. sulla sabbia, sono stati belli e divertenti, ma per me sempre troppo impegnativi e con possibili tranelli per farla guidare. E sì che sulla sabbia, in questo viaggio, ha guidato più di una volta ed anche bene.

Mi accorgo ora, al rientro nella civiltà, che non ho più Il borsello. Penso di averlo lasciato nell’albergo di ZLITEN all’andata. Smonamento totale. Cris in crisi. Dentro c’era la carta di credito, non usufruibile in Libia per fortuna, e parecchi dollari circa un paio di milioni. Dall’albergo di GAHRYAN telefono a quello di Zliten. Inizia così una serie di telefonate, che continueranno anche a JERBA, rivolte al recupero del borsello. Inutilmente. Cerchiamo comunque di farci forza, ci riusciremo presto e bene. All’ostica frontiera libica cominciamo ad impratichirci delle varie burocrazie. Fin troppo, dal momento che saltiamo il controllo di polizia dopo aver superato intere colonne montando con la macchina sui marciapiedi ed alzandoci da soli le sbarre di blocco. A JERBA troviamo una serata incantevole di luce e di clima. Prima telefono ad Alby, ha la casa per la testa, poi a Marco, sta bene. Alla sera ristorante da Mario a ns. spese così come l’albergo, si mangia del buon pesce.

1/11 Giornata a disposizione , andiamo a Hom Souk piccola capitale di Jerba , mangiamo di gran gusto a mezzogiorno. Sono tutti sereni e tranquilli. Al pomeriggio con la Cris andiamo un po’ a letto, mentre Gallo si è fatto due ore di barca a vela un’ora di tennis un po’ di piscina e qualcos’altro. In questo viaggio sono sempre stato benissimo, a parte l’ultimo problema alla solita schiena, la Cris anche, la macchina è andata bene, l’organizzazione dell’auto buona, qualche piccolo ritocco e ormai l’esperienza c’è. Per continuare ad andare in Africa? Alla sera torniamo a mangiare ad Hom Souk , dove ci perdiamo tra di noi e non riusciamo a trovare il ristorante dove abbiamo mangiato a mezzogiorno!! Situazione tragicomica, mai nel deserto abbiamo trovato una simile difficoltà di orientamento. Per quasi tre quarti d’ora gironzoliamo come degli idioti alla ricerca dei compagni e del ristorante in una serata mite che ci consegna una kasba irriconoscibile senza i mille negozietti, chiusi, visti di mattina, che sarebbero stati un riferimento prezioso. Senza i cellulari saremmo ancora lì!

2/11 Accompagniamo nella mattinata gli amici all’aeroporto, mentre gli automobilisti proseguono direttamente per Tunisi. Guida praticamente sempre la Cris. Arriviamo in una splendida e nitidissima serata a SIDI BOU SAID al solito omonimo bell’albergo con vista superba su Tunisi. Il gruppo fino a qui lo conduco io avendo sul GPS il punto satellitare dell’hotel. Serata offerta da Chiodi in un noto ristorante di Sidi Bou Said dove mangiamo del pesce squisito e beviamo come delle spugne il discreto vino tunisino. Chiodi ci aveva preceduto di una mezzora perché doveva fare le solite trattative con il padrone sul menù e soprattutto sul prezzo. Lab, che conosceva il ristorante per esserci in precedenza già stato, si offre di accompagnare tutti gli altri. Scena identica a quella di Jerba, miseramente persi! Giriamo con tutte le sei auto come dei mammalucchi, finché Lab decide, dopo essere passato per gli stessi posti almeno dieci volte con la gente che ci guardava esterrefatta, di prendere un taxi che, precedendoci dopo avergli comunicato il nome del ristorante, ci avrebbe condotto sul posto desiderato. Scena mitica, il taxista si perde come noi, viene scalzato in malo modo dalla testa dell’esausto convoglio, e gli viene detto di tornarsene a casa. Particolare interessante: nessuno, nel frattempo, ha il coraggio di prendere per il culo Lab che non riesce a portarci a destinazione. Sarà lui a prendersi in giro via CB, ma con parsimonia. Finalmente il “navigatore” trova il ristorante. Clem rischia di restare senza benzina, il povero aveva detto che ne aveva poca, ma “non preoccuparti il ristorante è qui a due passi!” Finale esaltante: dopo aver parcheggiato le auto con il Chiodo furente che non capiva cosa potesse essere successo (aveva il cellulare rotto), salta fuori il taxista, nascosto in fondo al gruppo, e pretende che gli si paghi la corsa. Insulti ed improperi, tremende offese da una parte in italiano ed in arabo dall’altra. Alla fine per non rovinarci la serata lo paghiamo.

3/11 Il traghetto parte alle tre del pomeriggio, mattinata nella parte vecchia dell’incantevole paesino di SIDI BOU SAID, sembra di essere in Grecia, ci sono gli stessi colori e vestigia turche. Compero dei regalini per Lapo e Gaddo, beviamo il tè alla menta nel famoso piccolo bar turco sopra la piazzetta. Sono tutti felici e contenti. No! Questa volta non ci perdiamo. Imbarco e navigazione tormentata da un mare molto mosso, ribollente di onde e di schiuma, vento fortissimo. Si balla parecchio, ma io neanche me ne accorgo, nemmeno gli altri. Con la Cris prendiamo una cabina per noi due in esclusiva. In quella di Rossi e Galeazzo, che doveva essere divisa con noi, arriva inaspettato un marocchino che russa a tal punto da far uscire all’alba i due malcapitati in piena tempesta. Arrivo in orario alle 14, grazie alle onde che, per fortuna, ci hanno sospinto nella direzione giusta. Giornata bellissima.

4/11 Veloce trasferimento fino a Verona. Simini viene tamponato in autostrada, poco dopo Genova, da una piccola Peugeot che fracassa l’anteriore contro il granitico paraurti della sua Toyota che rimane assolutamente illesa. Malgrado tutto mette in atto una constatazione amichevole con cui intende sistemare un fanalino posteriore rotto in Africa. Penoso.

Ci salutiamo in un Grill dell’autostrada dove mangiamo un boccone insieme.

“Alla prossima” dice Lab, e se ne va, senza stringere una mano. Leggendario!

La Cris guida fino a Verona, lei non aveva voglia di andarci perché è stanca, ma non riesco a passare così vicino alla famiglia di Alby senza fermarmi. Bellissima serata, baci ed abbracci.

Fino a Padova guido io, la Cris, al mio fianco, dor

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