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Il Viaggio, il Sogno, Raggiungere Dakar di ag_adrar

– Posted in: Africa, Africa Occidentale, Nord Africa, Resoconti di viaggio

By ag_adrar Originally Posted Saturday, August 30, 2003

IL VIAGGIO, IL SOGNO, RAGGIUNGERE DAKAR
agosto 2003

CIAO!!! E´ bello risentirci!Tutto bene?Si, rispondo, tutto bene.. un viaggio bello, singolare e all’insegna di:”Un mese da contrabbandieri!”Inizia cosi’, con una e-mail di risposta, al nostro rientro, il racconto di quest’ultima vacanza africana
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Si fanno gli equipaggi:

  • io e Massi su Peugeot 205 Junior, 950cc e 42CV
  • Franca e Mari su Peugeot 205 GT, 1400cc e 85CV!!!

Obiettivo:
Raggiungere Dakar, regalare le auto ad un amico dopo un ampio ed esaustivo peregrinare per il Senegal ma tutto e il contrario di tutto avrà luogo
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Partiti da Torino alle 06.00 del 10 agosto, arriviamo a Tangeri dopo “sole” 30 ore, ferry da Algeciras incluso, prima notte di riposo a Casablanca.
In tal modo glissiamo brillantemente le noiose e costose soste in Francia e soprattutto in Spagna (odio questa strada) Quasi quasi mi vien voglia di aprire una petizione per rendere “NUOVA ISOLA dell’Europa” il buon vecchio Portogallo
Proseguiamo via Essauira (pranzo luculliano a base di pesce in riva al mare) e pernottamento a Guelmim (ma non a FBJ causa inondazione, peccato! Sarebbe stato bello chiacchierare nuovamente con Ms. Guj… gran bel personaggio!)
Li incontriamo un meccanico che ha l’officina davanti all’hotel che si offre di parcheggiare le auto all’interno… tanto lui dorme li, accettiamo.
Passiamo per Tan-Tan, dove tutto è cambiato dall’ultima lontana visita del ’95, tranne i soliti posti di controllo che di li in poi diventeranno routine.
A proposito, è crollato uno dei due cammelli di cemento, storico simbolo della porta di ingresso in cittá, non credo lo ripareranno mai…

Colazione abbondante al bar, dato che un’alluvione ha investito tutta la zona e le strade del centro, bisogna quindi attendere un po’ prima di passare, attraverso un lungo guado, …ed altri ancora ne troveremo.
Poi, Layounne (bungalow enorme con annessa piscina olimpionica in riva all’oceano) e poi Dakhla dove si vedono sfrecciare a flotte le toy bianche con i fregi “UN” e le lunghe antenne dei loro VHF…
Dapprima tentiamo al campeggio Moussafir, ma fa troppo caldo per aprire la tenda. Poi, troviamo un bell’hotel nel centro… nuovo e poco costoso che propone inoltre ottime brochettes di cammello!
PS: TROPPO LUNGO E NOIOSO DA ATTRAVERSARE ‘STO MAROCCO!!!

Da Dakhla scendiamo di buon’ora attraverso il nulla sino alla zona di confine, espletiamo le formalità marocchine dove ci dicono di non parlare della loro triste e precaria situazione di lavoro… dato che di li a poco (mai) avrebbero ottenuto i nuovi e piú decenti locali. Passato il primo controllo mi fermo davanti alla costruzione della polizia ma… non avevo notato il fatiscente cartello di ALT!… esce il tizio e mi grida che ho superato il confine senza il necessario permesso… e che sono in un grosso guaio!
Gli chiedo scusa, gli spiego che non avevo notato il cartello e che siamo italiani. Evidentemente gli italiani gli vanno a genio e tutto finisce in una grossa risata!
Un’oretta e ci apprestiamo ad entrare in Mauritania… la dogana maura??? Un’eufemismo! 3 baracche di nylon e stracci! Con i malcapitati che vivono sotto il cocente sole africano e cucinano qualcosa che non saprei definire…
Inizia la contrattazione per l’entrata con le auto (non ammettono sia possibile che una persona possieda 2 auto!) e alla fine ce la caviamo con 30 euro in tot. (10 dei quali, ufficiali, gli altri…) Ovviamente in non meno di 2 ore…
Proseguiamo alla ricerca della pista (avevo la track di un amico) che evita la zona minata, la strada spagnola era impraticabile causa alte dune che la bloccavano e dopo alcune peripezie, arriviamo in 4-5 ore e 60km a Nouadibou nel medio pomeriggio.
Lungo il tragitto veniamo assaliti qua e la da guide, vere e false, che tentano di allarmarci con la solita frase: “beaucoup de mines! Beaucoup de sable!” ovviamente tutto falso come Giuda, almeno su quella traccia…
Restiamo li anche il giorno seguente, il tempo per parlare con Mokhtar (amico indicato da un amico), reperire una guida (200 euro per 2 gg), trovare altri 2 mezzi per dividere l’assurda somma e mangiarci dell’altro, ottimo, pesce.
Trovato Mokhtar troviamo il cambio in nero e la guida, incontriamo un tizio francese, tal Jean che con il figlio quindicenne e la vecchia 505 break va alla volta della Guinea.
Lo avevamo incontrato il pomeriggio precedente a Dakhla, al campeggio, mentre partiva per la frontiera dove avrebbe pernottato, per passare al mattino seguente per primo (in realtà, laggiù non c’era nessuno!)

Quando lo vedemmo l’espressione fu… Che faccia! Chissà cosa fa per vivere e dove va! Insomma, un tipo da evitare… ma siamo in Africa, dove ogni cosa non è come sembra.
In realtà è un architetto che da molti anni fa il “Peugeottaro” in giro per il continente nero, ha vissuto qua e la e ha collaborato a progetti singolari un po’ ovunque…
Costruisce una casa all’anno e ció gli basta per vivere e fare il pittore… un pittore conosciuto anche, dato che era stato l’unico bianco ad esporre all’ultima Biennale d’arte africana di Dakar…
Insomma, una persona speciale, un gran compagno di viaggio da li fino in Senegal
A lui si aggiungeranno altri tre ragazzi d’oltr’alpe (ma non fanno mai nulla questi francesi!?!?!?) che con un Renault Traffic, sono in vacanza da 3 mesi e si accingono ad andare in Mali dove uno di loro avrebbe abitato (nella regione Dogon) vivendo facendo sculture lignee…
Fumano l’impossibile, anche la tappezzeria del furgone, dato che non ve n’era piú traccia e le pareti erano piene di “pensierini della sera…”
Forse sono il classico “pacco” ci diciamo, e con Jean giungiamo alla conclusione di farci dare al piú presto la loro quota per la guida ma ci riusciremo solo una volta a destinazione!
Poco male, in fondo non sono stati poi cosí disastrosi…

Ore 7.30 partiamo per Nouakchott, e mancano circa 535km di piste all’arrivo!
Nella zona da traversare erano giorni che, imperversavano venti forti e tempeste d’acqua degne di un castigo di Allah…
Ripercorriamo i primi 45km sulla precedente traccia e poi deviamo a SE e poi a pieno S fino a destinazione… ovviamente per quanto sopra, la fortuna stende la sua mano su di noi e non troviamo ne vento ne fango (beh, un po’ si…), anzi… sabbia compatta come non mai! Le 2 peugeot filano a 90 all’ora e a parte un paio di forature (gomme a 0.5-0.7 bar) e 2 marmitte ri-legate con il fil di ferro, tutto procede bene… ma, non possiamo avvicinarci al mare per vedere in dettaglio il Banc d’Arguin… poco male, tanto era preventivata tale evenienza e comunque siamo in pieno sulle mie rotte!!!
L’equipaggio femminile dimostra appieno le sue doti, tanto che non trovano difficoltà alcuna nemmeno nell’attraversamento delle dune dell’Azefal, unico posto con sabbia molliccia e smossa dai vari passaggi precedenti.

Il divertimento non manca e la scelta di rendere le ragazze indipendenti (a meno delle riparazioni meccaniche da noi eseguite a tempo di record) si rivela vincente…

Notte a Nouamghar in tenda (bordo mare, ma non troppo) e il mattino seguente, via! Sulla pista della marea!!!
Una libidine… si viaggia al traverso con le dune a sx e l’oceano a dx
Al solito sgangherato posto di controllo (un telone, una corda tesa da una vecchia ancora) ci viene chiesta l’assicurazione del mezzo… la forniamo ma lui guarda ammirato solo la busta colorata che la contiene!
Poi chiede: “le permis de conduir” al che non reagiamo… poi, realizziamo la domanda, …la patente! vuole vedere la patente! Quí, sulla spiaggia???
Una della tante stranezze di quei posti…

Salutiamo e proseguiamo la corsa, ma è un tantino tardi e dopo 90 dei 170km di bagnasciuga, siamo costretti a deviare per prendere una pista interna e evitare l’alzata veloce dell’oceano!
Arriviamo comunque contenti e felici a Nouakchott…! Con le auto tutto sommato intere e a puntino.
Siamo nella capitale, si intravedono le prime lussuose abitazioni da quando lasciammo Essaouira, in Marocco…
Sapendo della notizia (grazie Pippi) riguardo l’impossibilità, a meno dell’esoso bakshish di 6-700 euro a mezzo richiesto dai doganieri, di entrare in Senegal con auto + vecchie di 5 anni (si tratta di una legge vecchia di anni, ma applicata solo a partire del vicino 7 agosto… bella fortuna!), non ci resta che verificarne l’esattezza…
Facciamo un salto da un’amica francese di Jean, che li gestisce un campeggio e lei ci dice che era appena rientrata da un giro di verifiche alle varie ambasciate dei paesi confinanti e non…
Purtroppo la notizia è confermata, anzi, è valida per tutta l’area del F.CFA!!!
Bene, che fare? Vagliamo le ipotesi, cosa peraltro già attivata non appena avuta la notizia tramite Pippi (un paio di notti di rimuginazioni e singolari soluzioni…) e alla fine decidiamo di aprire le trattative per la vendita illegale delle auto…
Anche Jean è dell’idea (e pensare che sarebbe dovuto andare a vendere la sua 505 break in Guinea) e andiamo a riposare le ossa in un campeggio di sua conoscenza, tranquillo ed in centro, cosí che si possa “lavorare” in tutta calma, lontani da sguardi indiscreti…
E chi l’avrebbe mai detto! Noi che facciamo i contrabbandieri in questa terra di ladroni…
Beh, manco a dirlo, anche qui come a Nouadibou TUTTI vogliono comperarti l’auto, il camion, la moto, la bici, la moglie, il cane, ecc… e nel giro di mezz’ora, abbiamo concluso l’affare!
Le due mitiche 205… tristezza… ci eravamo oramai affezionati al loro splendido modo di muoversi sulla sabbia…
Il mattino seguente anche Jean venderà la sua auto, ad un doganiere.

Nel pomeriggio approfittiamo della sua 505 per fare un giro al porto dove arrivano numerose le piroghe con il pescato, uno spettacolo davvero!
E dato che nell’auto avevamo ancora delle cose da vendere e del cibo da barattare, alla fine torniamo al campeggio con un bel pesce “capitain” da 4kg, barattato con dei sottaceti, e fatto tagliare e pulire dai macellai del pesce… loro non lo vendono, lo lavorano solo! Recuperata la griglia che avevamo portato da casa, detto fatto… cena davvero ottima.
E’ mattino, un giro al mercato a comperare qualche tessuto locale e rientriamo al campeggio. In realtà cercavamo il “Marché des femmes” ma scopriamo che era stato chiuso e demolito da tempo… anche se sulla nostra guida del 2003, era riportato come “visita da non perdere”, mah!
Ora non resta che (facile a dirsi ma…) espletare le formalità necessarie.
Il tutto ovviamente fatto a spese del compratore (è stata dura convincerlo!) Speriamo bene!
PS: per 9-10000 euro, qui si compra un bel Toy HDJ100 del 2001 tutto accessoriato… e con targa locale… già, qui tutte le 4×4 nuove o quasi pare siano state rubate in Europa e poi portate giù per la vendita… come non si sa, ma certamente non hanno usato il tele-trasporto… bel posticino no?
Ah, dimenticavo… prima ancora di aver fatto tutto il giro dalle autorità, in meno di un’ora le nostre auto erano state pulite, lavate e ritargate… eh si, anche le targhe qui sono… false!!!
Passeremo cosí gran parte della giornata nell’intento di non restare fregati mentre i nostri passaporti vagano per gli uffici…
Alla dogana veniamo chiusi a chiave dentro lo studio del boss… dove alla temperatura di 15-16 gradi max. , 3 impiegate sono intente nelle + svariate attività (chi si legge il fotoromanzo, chi si smalta le unghie finte chi siede su una scrivania e ci guarda… insomma, tutto meno che lavorare…) e il factotum del boss ci ritira i passaporti e comincia a domandare e a scrivere.
Anche questa volta la nostra buona stella ha fatto capolino nell’assolato, caldo, pomeriggio mauro e con gran respiro di sollievo otteniamo il tutto in un’oretta (incluso il timbro della dogana di uscita di Rosso !?!?) ed insieme a Mari e Jean cerchiamo di interpretare se è tutto vero o no… beh, una volta a Rosso lo sará (meno male!)
Una nota singolare: in Mauritania, nessuno parla con le donne… semplicemente le ignorano e ció, se da una parte è per noi un bene, dall’altra è stato davvero arduo convincere doganiere e notaio che una delle due 205 era segnata sul mio passaporto mente la proprietà di entrambe era di Mari.
Oramai appiedati, contrattiamo con un militare della dogana un passaggio in auto per il mattino seguente, cosi che i numerosi posti di controllo vengano passati a suon di saluto marziale… fino alla fatidica, incasinata, fatiscente, piena di trafficoni… Rosso. Cittadina di confine sulla riva N del fiume Senegal. Arriviamo in 3 ore come da programma e prima del mezzodì riusciamo a prendere la piroga (ricordate? Avevamo già i timbri di uscita…) carichi di bagagli per arrivare dall’altra riva sempre a Rosso, ma questa volta in Senegal… l’inizio vero del nostro viaggio…
Una parentesi è doverosa riguardo la condizione che ci si trova a vivere una volta giunti alla frontiera maura di Rosso:
Sei attorniato da militari che ti gridano di dargli i passaporti (cosi si assicurano una provvigione sulle tue formalità), da personaggi quantomeno strani che fissandoti da dietro le lenti dei canonici occhiali neri, restano li, in quello stato, quasi paralizzati… finche non intuiscono di cosa potresti avere bisogno… e da quell’istante partono i contrattativi! Soldi? Vuoi cambiare gli UMM in CFA? Hai Euro da cambiare? Vuoi questo? E quello!, perché non ti serve!?!? Dai, ti porto io i bagagli sulla piroga, per pochi soldi… No!? Non vuoi!? E perché???
Bel caos davvero! E pensare che siamo a piedi… figuriamoci se arrivavamo li con le 205, o peggio con le nostre amate e coccolate 4×4…
Tornando alla traversata in piroga… una volta dall’altra sponda scendiamo e ci avviciniamo al gabbiotto della dogana senegalese dove ad attenderci c’è il solito militare annoiato, scazzato e un tantino prepotente…
Inizio con un bel “Bonjour Monsieur Agent, c’a va bien?” cosí, tanto per rompere il ghiaccio… lui prontamente replica con un secco “le passeport!!!” cominciamo davvero bene, sigh!
Inizia a scrutare i dati, e ci chiede come sempre che lavoro facciamo. “Emplojer, agent, emplojer en Italie…” ma non gli basta, troppo generico e cosi diventiamo chi impiegato designer, chi impiegato meccanico, chi… beh almeno ora è contento!
Poi volta le pagine e vede il timbro che riportava i dati dell’auto! Sembrava troppo facile la questione e comincia a dire che le abbiamo vendute a Nouakchott e che abbiamo guadagnato molto denaro, io replico sorridendo che era nostra intenzione transitare dal Senegal per arrivare in Gambia dove avremmo rimpatriato le auto… ma, dato che la loro nuova legge ce lo impediva eravamo stati costretti a venderle prima, e senza nemmeno guadagnarci molto… anzi…
Ovviamente nulla da fare e solo dopo un po’ di tempo riesco a contrattare il bakshish di 5000 CFA (15 euro) a macchina… quindi, timbro sul passaporto e via! Verso il taxi-brousse alla volta di Saint Louis.
L’ingresso nel paese avviene passando attraverso una porticina stile carcerario, cosí piccola, fatta di inferriata arrugginita, che a fatica si transita con i bagagli.
Strane frontiere ci sono da queste parti…
Per risparmiare qualche spicciolo saremo in 7 passeggeri (Mami sorridente e sudaticcia inclusa… occhio, vale 2 posti a sedere!) sulla vecchia 504 break con le porte e tutto il resto che sa di ruggine e la splendida vista del motore dall’interno dell’abitacolo, ma dopo alcune simpatiche peripezie (altra marmitta rotta e il sedile anteriore destro che sprofonda sempre piú fin quasi a toccare l’asfalto…) e le solite 2 ore arriviamo all’Hotel de la Poste… posto pregno di gloriose, immemorabili avventure perpetrate nei primi anni del ‘900 dai piloti e i loro aerei che portavano la posta dall’Europa in tutta l’Africa francese e nel lontano Sud America.
Albergo buono e pulito, ma soprattutto con un ottimo bar “Le Safari” pieno di trofei di caccia e… di BIRRA!!!
Già, d’ora in poi, dato che c’è e costa la metà dell’acqua… affogheremo nei suoi boccali
C’è inoltre incluso il pass per l’adiacente piscina sulla riva del fiume Senegal, e la cosa non guasta davvero!
Il giorno seguente facciamo un giro per la prima delle 2 isole costituenti la cittá, quella coloniale che non è poi malaccio… alcuni bei palazzi, la piazza, 4 compere e qualche foto poi, passiamo l’altro ponte e arriviamo nella parte dei mercati e del porto di pescatori.
Qui le cose cambiano… tutto è intriso dei sapori africani e ricoperto di un ricco strato di lerciume… peccato!

Persino la splendida (o almeno sarebbe) spiaggia non ti invita a fare la classica passeggiata al tramonto e tutti ti chiedono soldi, cosi, a titolo di regalo…
Ma lo si sapeva e non ci badiamo piú di tanto.
Tra le cose da segnalare, 2 splendide cene a base di Thiof (cernia) e carne di Zebú… rigorosamente cotti alla griglia!
Dimenticavo alcune note importanti:
Non appena passati in Senegal le cose cambiano, e molto, specialmente nei confronti delle donne…
Qui sono belle, solari, ben curate, senza velo, e gli si può rivolgere la parola senza problema alcuno. Anzi, trattandosi di Africa nera dove molte cose si mescolano in uno strano poutpourrí di sensazioni, atteggiamenti e modi di vivere, anche gli uomini parlano tranquillamente con loro e finalmente Franca e Mari potranno chiacchierare un po’.
Nonostante la quasi totalità della popolazione sia “islamizzata”, proprio per quanto sopra, anche l’animismo e il cattolicesimo trovano una loro collocazione tant’è che non è difficile incontrare famiglie che abbracciano almeno 2 di queste fedi religiose.

Altra cosa peculiare è il livello di corruzione… è certamente esteso a tutta la classe governativa e militare e se già in Mauritania nessuno faceva qualcosa per puro piacere… quí nemmeno ci pensano!
Poco male, non avremo modo di subire tale situazione grazie soprattutto al 4×4 che noleggeremo a Dakar che ci permetterà di passare come dei fantasmi ovunque ci sia un controllo stradale.
Riprendo con il viaggio…
Stabiliamo che, il mattino seguente saremmo partiti per Dakar e dato l’ingente numero di bagagli, optiamo per un taxi privato che lungo il tragitto avrebbe fatto le soste che volevamo e le deviazioni del caso per arrivare al “Lac Retba”, il Lago Rosa…
Cosí è stato e lungo il percorso abbiamo fatto uno stop per la colazione presso un simpatico botteghino adiacente alla strada gestito da tre intraprendenti e sorridenti ragazze vestite alla moda… lui le conosceva bene, cosí come altri tassisti seduti li per lo stesso motivo… la vista delle ragazze!
Accade peró una cosa strana; notiamo numerosi ragazzini, una ventina in tutto, che gironzolano intorno al locale, un po’ malvestiti e sotto una leggera pioggia…
Ad un tratto, una delle ragazze, ricevuta evidentemente l’ordinazione, inizia a tagliare il pane appena sfornato e a spalmarlo con del burro… di seguito va sul ciglio della strada ed inizia a distribuire i panini a tutti i presenti!
Beh, li aveva pagati uno dei tassisti del tavolo di fianco… bel gesto davvero…
Arriviamo finalmente al mitico Lago Rosa ma, purtroppo, nonostante sia vuoto di turisti, un cielo grigio di nuvole ci impedisce di assaporare appieno del suo intenso colore e nemmeno le foto gli renderanno giustizia… peccato!
Si, peccato, perché e’ un posto caratteristico e simpatico nonostante le molte bancarelle di souvenir e certamente merita la vista.
E poi, quí dietro, sulla lunga spiaggia bianca, trovava la sua fine la gloriosa Paris-Dakar!!! Che per piú di un ventennio ha seminato invidia in noi viaggiatori e curiosità presso i locali…
Ora, vaga per altri lidi africani inseguendo il businnes e località note dal turismo di massa… la fine di un mito?
Eccoci quindi a Dakar… beh, in realtà siamo nei sobborghi, all’inizio dell’agglomerato urbano, e ci vorrà quasi un’ora per arrivare nel centro!
Il traffico è caotico e disordinato, sulla tangenziale che porta verso il porto si trova di tutto: dagli animali che pascolano l’erba vicino a i guard-rail alle file di ragazzini che vendono di tutto… vestiti, radio, cavi per telefonini, ventilatori, sacchettini d’acqua fresca da ciucciare, ecc…
Per prima cosa, ci rechiamo all’agenzia di noleggio che avevamo fortunosamente contattato via cellulare da S.Louis cosí da vedere se il miracolo era vero! (mi avevano offerto un Pajero 2800D 9 posti, tetto rialzato ad un prezzo umano… e cosí avevamo opzionato la vettura chiedendo comunque una nostra verifica del mezzo)
In effetti non sembra malaccio… ha i suoi anni ma il motore gira bene e ottengo anche la seconda ruota di scorta.
Concludiamo l’affare e partiamo per Kaolak dove ci attendono per cena Paolo(Pippi) e Silvia, Giovanni, Patrizia e il piccolo Hermes… siamo davvero contenti di essere riusciti a incrociarci almeno per una sera!
Loro erano partiti 8 giorni prima di noi con i loro 4×4 e in qualche modo ci avevano fatto da “scout” sul posto.
Rientravano dal Gambia dove avevano avuto un sacco di problemi a causa dei posti di controllo (una trentina nel giro di 400km) ed i controllori… e ora, alla fine della vacanza, si apprestavano a giungere a Dakar per rimpatriare le auto e tornare a casa.
Una bella serata tra amici, a bordo piscina, aspettando la cena mentre ci scambiamo le impressioni sul viaggio in corso.

Il mattino ripartiamo per raggiungere prima Tambacounda e poi Dar Salam, posto di ingresso al parco di Niokolo Koba… un’area in cui è possibile vedere alcuni degli animali selvatici che occupavano in gran numero la zona prima dell’ondata di cacciatori occidentali negli anni ’60.
Assoldiamo Ibrahim, guida del parco, paghiamo l’entrata e attraverso una splendida pista in terra rossa semi allagata arriviamo a lodge di Simenti, nel cuore del parco.
Il lodge è sito in una meravigliosa ansa del fiume e nonostante sia leggermente in decadenza (forse colpa del periodo turistico di magra) ci permette di passare una bella serata sulle rive del Gambia circondati da simpatiche ed intraprendenti bertucce, varani e uccellini multicolore.
Purtroppo la stagione delle piogge non è la migliore per fare del game-safari, gli animali sono pochi e sparsi per tutto il territorio data l’abbondanza di acqua… ma abbiamo fortuna e tra rettili, babbuini, antilopi, gazzelle, e volatili ci scappa anche l’incontro con il furtivo gattopardo!
Felino maculato, di piccola taglia, dalle abitudini notturne e adatto alla vita nella foresta… una vera chicca!
Inoltre, proprio grazie alle abbondanti precipitazioni, gioiamo per la vista delle mille tonalità del verde e della lussureggiante vegetazione circostante.

Passiamo una giornata girando qua e la per le poche piste percorribili e poi, sempre con Ibrahim al seguito (resterá con noi per 4 giorni), scendiamo fino a Kedougou, luogo di partenza per la visita dell’area abitata delle tribù Bedik e Bassari… siamo ad un passo dalla Guinea Conakry, chissà se Jean è poi sceso fin li…
Avevamo il carburante necessario per percorrere i 155km che ci separavano dalla cittadina ma… quando mancano 23km all’arrivo, ecco, siamo a secco!
L’indicatore del carburante era starato, e di molto anche, e comincia a piovere… fortuna che la pioggia, quí, è calda.
Riusciamo a fermarci subito dopo un taxi che pare li, fermo da parecchio, causa un problema al motore.
Il proprietario dice che sta aspettando il traino e, nonostante abbia il serbatoio quasi pieno, che non ci da il gasolio… nemmeno pochi litri…
Forse non sa come fare… ci diciamo, o forse crede che ce lo deve regalare!
Quando peró gli spiego che ci bastano 3 litri e che gli paghiamo il disturbo, pur storcendo il naso, ci permette il travaso del liquido in un paio di bottiglie vuote. Ed eccoci li, sotto l’auto, intenti nella lunga operazione.
Il costo? 5000 CFA, l’equivalente di una quindicina di litri… ma da queste parti, nessuno ha mai il resto da darti e dopotutto ne avevamo bisogno.
Menomale che mancavano davvero 23km, arriviamo al distributore e facciamo il pieno… 94 litri contro i 95 teorici, saremmo stati di li a pochi metri nuovamente a secco!
Ci sistemiamo al campement appena fuori dell’abitato nei pressi del fiume e il mattino seguente, partiamo per andare a visitare il villaggio di Iwol, in cima ad una delle colline appartenenti alla zona Nord dell’altopiano del Fouta Djalon, antica residenza del popolo Mandingo.

La pista rossa traccia una linea retta nella vegetazione che via via si trasforma in vera foresta tropicale, con gli alti alberi del tek, i banani, le liane e una miriade di rigagnoli e stagni… uno spettacolo!
Lasciate le macchine, ci vorrà un’ora di marcia nella fitta vegetazione per arrivarci, ma veniamo ripagati dalla naturalezza del posto e dalla genuinità dei suoi abitanti.

Il sito del villaggio è molto bello e nonostante la marcata semplicità delle abitazioni, si tratta di semplici capanne di banco con tetto in paglia, tutto intorno è decoroso e l’atmosfera che si respira ha dell’incredibile.
Quí vige ancora il rito del “dono” e cosí, nell’ordine, regaliamo poche ma importanti cose comperate in cittá man mano incontriamo qualcuno:
il tabacco per i vecchi, le noci di cola per il capo villaggio e gli adulti, il sapone per le donne e le caramelle per i piú piccoli.
Le donne, molto cordiali ci mostrano le capanne dove trascorrono la loro esistenza e, le piú anziane indossano il bastoncino di legno al naso, simbolo della loro tradizione animista.
L’aria è limpida e la giornata è soleggiata, il temporale cessato da poche ore ci permette di rubare alcuni begli attimi di vita e, soprattutto, di ritrarre le persone senza alcun problema (data l’elargizione dei doni, tutto si puó fare…).
È mezzogiorno quando ci apprestiamo a scendere verso la macchina insieme ad alcuni ragazzini che ci portano le calebasse contenenti l’artigianato del luogo, realizzato in terracotta, appena acquistato (bambole votive, recipienti, collane…).

Arrivati al mezzo, lasciamo qualche spicciolo ai giovani portatori per una coca-cola e tra mille ringraziamenti partiamo per prendere la pista che ci porterà nei pressi di Dindefelo villaggio giá oltre il confine con la Guinea e da li, proseguendo a piedi, per la cascata.
La pista di una quindicina di chilometri scorre lentamente nella piana… si, scorre, perché è completamente ricoperta d’acqua piú o meno profonda (fortuna che il fondo è in roccia lavica, quindi nessun problema) e tra un passaggio e l’altro, e dopo un paio di guadi all’altezza dei fari, arriviamo a Dindefelo, al campeggio, dove lasciamo nuovamente il mezzo e ci facciamo una birra…

Un’altra bella camminata (un paio di chilometri) nell’intricata foresta e dopo un enorme albero, ecco, si scorge la cascata!
Un’ottantina di metri di salto verticale tra due pareti di roccia nera e lucida… Al fondo, un bel laghetto dove, con molto sollievo ci facciamo un bel bagno
Passa un’oretta e ci apprestiamo al rientro a Kedougou dove arriveremo a sera inoltrata.
Lungo il rientro, sulla pista allagata, incrociamo un furgone-taxi strapieno di gente (almeno 25-30 persone) che è rimasto intrappolato nel fango…
Ci fermiamo subito. Dopo poche parole agganciamo al nostro 4×4 una catena per trainarlo fuori. Ridotte e retromarcia… la manovra riesce al primo tentativo e veniamo letteralmente sommersi dai ringraziamenti e dai saluti.
Anche oggi, abbiamo fatto la nostra buona azione (speriamo serva in futuro)
In paese, dove c’è un degno mercato e alcuni scultori, la sera prima trovammo un ristorantino (una stanza semi buia) gestito da un grasso signore e dopo aver chiesto il menú e pattuito il prezzo di 500 CFA al piatto, ci accordammo per andarci all’ora di cena ma, una volta li, il prezzo raddoppia e il tizio non sembra poi cosí contento di darci da mangiare… ci facciamo le nostre ragioni, con tono deciso, e ce ne torniamo al campeggio a mangiare.
Li, peró, non avevano acquistato nulla e cosí ripartiamo con il cuoco per andare a cercare il montone da fare alla griglia.
Peccato, era un’idea simpatica cenare a base di piatti locali in quella stanzetta che un tempo era di colore azzurro ma, forse, è stato meglio cosí…
La sera, per le vie di fango della cittadina, è un via vai di persone, le ragazze sfoggiano abiti alla moda e sono “tirate a festa”, passeggiano su e giú chiacchierando tra loro e lanciando furtivi ma chiari sguardi ai coetanei maschi… il tutto sotto un diluvio fastidioso, ma quí sono abituati e nonostante siano bagnati dalla testa ai piedi non se ne curano, semplicemente per loro l’acqua che scende copiosa… non esiste.
È oramai ora di partire anche da questa zona.
Il lato Est della foresta, dove vivono i Bassari, non è raggiungibile per le recenti piogge quindi, lungo il rientro, tentiamo una deviazione di 7-8km per raggiungere un paio di villaggi di cercatori d’oro siti lungo il fiume Gambia…

Subito ci tranquillizziamo, la pista è stretta ma scorrevole e attraversa un paio di piccoli agglomerati familiari dove tutti sono intenti nelle faccende quotidiane, poco dopo (mancano ancora almeno 5km alla meta) la natura ci propone cose di ben altro conto… inizia l’acqua, e c’è ne sempre di piú!
Ad un certo punto, costretti ad una deviazione per cercare “del buono” dove mettere le ruote, vediamo una pozza, corta e ad una prima ispezione a piedi, poco profonda, con fondo duro coperto dall’erba. Tentiamo e con buon abbrivio (alla fine c’è una rampa di 1 metro da superare) l’auto supera la pozza ma, non la rampa! Non resta che innestare le retro per uscire e ritentare… ed ecco fatto! Siamo piantati oltre i mozzi in una melma degna del miglior cemento!
Vabbhe, via scarponi e calze, su i pantaloni e ci buttiamo nel fango per liberare l’auto… ci riusciamo dopo quasi 2 ore di fatiche e solo dopo aver costruito il selciato sotto le ruote con pietre rotte (grazie Ibrahim), rami e fogliame.
Ció anche per colpa della versione africana della nostra 4×4 che oltre a non avere il verricello, ne alcun blocco inseribile, non aveva nemmeno il differenziale post. autobloccante, quindi anche tentando il trucco del freno a mano, nessuna delle ruote aveva modo di trasmettere trazione!
PS: dando colpi leggeri con il freno a mano, si esercita quella minima reazione sulla trasmissione che permette alla coppia motrice di arrivare alla ruota facendoti “saltare” in avanti/indietro… a volte è utile in casi simili.
Risultato dell’avventura mattutina:
Abbigliamento nuovo (il nostro) per il povero Ibrahim completamente ricoperto di fango, le ragazze e Massi a mollo nel medesimo fin oltre le cosce (in realtà, piú spingevi l’auto e piú sprofondavi…), una bella lavata nel vicino e limpido acquitrino, spine d’acacia nei piedi e un mesto e non pago ritorno all’asfalto… anche questo è parte del gioco, ma li, si è rivelato troppo duro per una sola auto… Ah, se fossimo stati almeno con 2 mezziA ben pensarci, menomale che non siamo passati indenni… altrimenti, al ritorno, scesi dalla breve ma insidiosa rampa, saremmo rimasti li chissà per quanto tempo!Comunque vada, siamo oramai fuori dell’insidiosa pista… passano una decina di chilometri d’asfalto quando, vicino ad un ponte, troviamo alcune ragazze seminude (come tutte da queste parti quando scendono all’acqua) che si lavano e fanno il bucato… anche il nostro.La grazia ed il portamento di queste donne, ogni giorno, regala sensazioni che resteranno a lungo con noi…Scorre l’asfalto, raggiungiamo nuovamente Dar Salam e la casa di Ibrahim, lo congediamo e gli regaliamo uno zainetto della Nike (fasullo ovviamente) che tanto aveva rimirato al mercato di Kedougou… ci ringrazia mille volte e si allontana, mentre noi raggiungiamo il vicino ristorante per il meritato pranzo.Sono le 16.00 e ci rimettiamo in marcia per raggiungere nuovamente Kaolak ed il suo Relais completo di piscina.Il problema è che mancano circa 400km, 200 dei quali ridotti ad un vero campo di mine esplose… la marcia dovrebbe essere lenta ed accorta, ma ci eravamo prefissati di arrivare a destinazione per cena e quindi, dato che l’auto non è nostra, piede a tavoletta e incrociamo le dita.Tra mille sobbalzi, colpi cosí forti da far rabbrividire e tratti fuori strada, arrivano le 20.00 quando siamo in vista dell’hotel. Beh, un ottimo risultato direi dato che un gruppetto di ragazzi spagnoli, molto simpatici tra l’altro, che erano partiti appena prima di noi con il pulmino e l’autista, arriveranno nello stesso posto solo 3 ore piú tardi…Oramai ci rendiamo conto che i giorni, 4 o 5 almeno, avanzano e siamo solo a 300km da Dakar… decidiamo cosí di dedicare il giorno seguente alle attività natatorie e al riposo, anche gli spagnoli faranno lo stesso…E cosí, eccoci tutti li, in piscina, a prendere il sole e a leggere un buon libro.Si avvicina uno dei ragazzi dicendo che erano contenti di vedere che siamo tutti e quattro presenti… strana affermazione gli dico, ma lui ci spiega che, un paio di giorni prima (ci eravamo incrociati alla cascata) un turista, probabilmente italiano, era finito nel fiume mentre cercava di fotografare chissà quale rarità… e non era piú riemerso!Tiriamo tutti un bel sospiro di sollievo e ordiniamo le birre per festeggiare.
Concedetemi una parentesi riguardo la “situazione insetti”…
Piove, e molto, la stagione è quella giusta per la schiusa delle larve, quindi ci troviamo spesso circondati da numerosi esserini volanti:
mosche, moscerini, tafani, zanzare, mut-mut (nuvole di zanzare davvero minuscole ma molto indolenti), ecc…
Non sarebbe un problema grosso se non fosse che tutti sembrano assai affamati e mordono in continuazione, notte e giorno. Per di piú, è zona endemica per la trasmissione della malaria.
La notte ce la caviamo con le zanzariere ben rimboccate sotto il materasso, e dove possibile con il condizionatore a palla.. ma di giorno è diverso, e nemmeno i forti repellenti che ci siamo portati riescono a mitigare il fastidioso banchetto.
Ovviamente è una questione di singolaritá dell’individuo, ne io ne Massi veniamo davvero assaliti, le ragazze invece sono martoriate!
Buona stella sei ancora li, vero?

Ripartiamo da Kaolak per scendere nel Delta del Sine-Saloum, una zona umida appena sopra la Gambia dove effettuare qualche escursione e del bird-watching per ammirare fenicotteri, pellicani, sterne, spatole, aironi, ecc…
Siamo in macchina da quasi 2 ore quando, nei pressi di Fadig, veniamo fermati dall’unico posto di controllo zelante fin’ora incontrato… solite saluti di rito ma dopo pochi secondi il poliziotto se ne esce con una “domanda?”:
– Avete commesso un’infrazione!?!?
– Replico con un secco No! Nessuna…
Lui, resta interdetto per qualche attimo poi, con la mia patente in mano va dal capo seduto all’ombra del solito baobab.
Confabulano per qualche attimo poi, il capo, si alza e viene a ripetere la frase.. ma questa volta capiamo le sue intenzioni!
Dice che guidiamo senza le cinture di sicurezza allacciate e questo è un reato.
Gli faccio notare che abbiamo un’auto a noleggio e che sia l’agenzia che la polizia di Dakar ci avevano assicurato che non vi era nessun obbligo a riguardo… lui allora dice “La polizia di Dakar, NON sa queste cose! Noi siamo quelli che sanno… E sennò, perché le mettono sulle auto???”
Mi scuso per l’inconveniente e mi allaccio le cinture, lui come per incanto si accorge che siamo turisti e ci augura un buon viaggio nel suo paese…
Evitiamo cosí l’ammenda di almeno 3000 CFA e proseguiamo.
Svoltiamo per prendere la larga pista in terra che porta, dopo 35km e parecchie buche, fino a Palmarine dove i nostri bravi “scout” ci avevano dato notizia di un campement gestito da una simpatica famigliola di svizzeri.
Lo sterrato scorre, tra laghi d’acqua salata e mangrovie, qua e la pieni di volatili in ricerca del cibo. Arriviamo cosí all’ora di pranzo al Campemant DjdJack, eletto a nostra sede per i prossimi 4 giorni.
Si avvicina il factotum della situazione, Edoardo, e ci dice che i padroni sono andati in cittá (Dakar è a 140km) ma che avremo il piacere di incontrarli verso sera, al loro ritorno.
Nel frattempo ci mostra i bungalows rotondi, in cemento e col tetto in paglia, il patio esterno con sedie e sdraio in bambú, semplici ma ben arredati e molto spaziosi…
Decidiamo per la soluzione “lusso”: 65mq con 2 camere da letto, bagno e salotto. Inoltre è il piú vicino al mare e alla piscina, il tutto per la cifra giornaliera di 14.000 CFA a testa con mezza pensione.
Mai scelta fu piú azzeccata… scopriremo infatti che non ci sono altri posti dove mangiare!
Ci facciamo preparare qualcosa da mettere sotto i denti e, una volta finita la pulizia dell’alloggio, andiamo a fare una pennica.
Come previsto, a cena, conosciamo i proprietari. È vero, JeanPaul e Graziella sono simpatici e lei parla anche italiano quindi cominciamo con le presentazioni per finire (nei giorni seguenti) con il sapere qualche dettaglio in piú circa la loro scelta di vita e la situazione locale…

Scopriremo cosí che non è stata una scelta facile ne avventata (anche per via dei due figli che vivono con loro), e che lui in gioventù aveva vissuto per parecchi anni in Senegal, ma viene fuori anche che sono ancora nel “testing time” di 3-4 anni che si erano prefissati e che nonostante la situazione locale sia buona, e aiutino il dispensario di zona dandogli medicinali ecc.., lui ha un bel kalashnikov sotto il materasso (acquistato per pochi euro a Dakar).
Sai, mi dice, devo pensare alla sicurezza della famiglia, inoltre, aggiunge, con una barca in 3 ore si arriva dall’altra parte, nella Gambia…
Stanno anche tentando di creare una comunità di toubab con gli altri 4/5 europei che li intorno gestiscono altri campeggi… almeno non si sentono soli e, anche a livello commerciale, si possono dare una mano… mafia buona???
In effetti, la zona sta cominciando a muoversi ed i cantieri per la costruzione di altri complessi turistici sono ovunque, loro sono un po’ dei pionieri e se se la giocano bene, possono trarre buoni frutti prima dell’assalto…
Certo che bisogna investire, ora, e con attività e programmi che attirino l’attenzione come moto d’acqua, gite in quad, ecc…
Ma loro proseguono per la loro nostalgica strada; passeggiate a cavallo e in calesse, all’insegna del relax e della visita a ritmi africani.
A parte l’aspetto economico (siamo stati i soli ospiti per tutta la permanenza) il problema è trovare le persone di fiducia cui affidare il tutto anche in loro assenza, e soprattutto senza fare torti agli abitanti dei villaggi limitrofi dato che i senegalesi, in genere, sono parecchio permalosi!
Gli auguro di cuore tutta la fortuna del mondo…

Passano lentamente i giorni tra una gita in calesse ed una in piroga, alla ricerca di qualcosa da vedere, ma a parte pochi scorci paesaggistici il resto non rappresenta nulla di eccezionale.
Le sere passate a tavola, illuminati dalla fioca luce ottenuta tramite i pannelli solari, a chiacchierare con gli altri bianchi della zona… tutti la stessa storia: stufi della vita frenetica, e forti di quella volontà tipica di chi per anni ha solcato il territorio nero, hanno investito quello che avevano per ricavarsi quel piccolo angolo di paradiso… tutti meno uno!
ll sig. Jacques che, dopo ben quarant’anni d’Africa, vissuta un po’ dappertutto organizzando safari di caccia e battute di pesca, visti gli enormi cambiamenti degli ultimi anni (lui si, che ha vissuto l’Africa raccontata sui libri) ha deciso… torna in Francia e, tranne qualche breve periodo di vacanza, non ci metterà piú piede.
Chissà se il tempo gli dará ragione…

Approfittiamo del tempo rimasto a disposizione e dell’ospitalità della simpatica famigliola svizzera per farci un giro oltre Sali Portugal per vedere un parco zeppo di animali.
In circa tre ore di buche e asfalto, lasciatosi alle spalle un vero nubifragio, entriamo nella zona protetta e, con una guida iniziamo il giro.
Si, lo so, si tratta di un enorme zoo senza gabbie, ma siamo quí e non vogliamo lasciarci sfuggire la possibilità di camminare (anche se per brevi tratti) tra rinoceronti bianchi, antilopi, orici, scimmie e, giraffe… con enorme gioia di Franca che stravede per loro…
NB: credo dovró accontentarla e pianificare un bel viaggio nel sud dell’Africa per vedere la wildlife, se lo merita…
Mentre rientriamo riesco a comunicare con l’agenzia di noleggio per dargli la nostra posizone dato che l’indomani devono farci avere la rinnovata polizza assicurativa del 4×4… non sembra vero ma, arriverá!
È giunto il tempo di rimettersi in marcia, ma non prima dei saluti e di aver ricevuto due piantine di baobab da portare a casa, chissà se Massi riuscirá nell’impresa!
È il primo pomeriggio, rieccoci in macchina… risaliamo lungo parte de percorso del giorno prima e, con calma, arriviamo alla volta di Dakar.
Come al solito non ce la caviamo in meno di un’ora e mezza prima di raggiungere l’hotel Oceanic. Prendiamo una camera per quattro (oramai siamo abituati alla condivisione di tutto!) e scendiamo a farci un giro per le vie.
L’albergo è situato in centro, vicino al mercato degli ortaggi e non lontano dall’imbarco per l’isola di Goree. Inoltre, è davvero pulito e ha un ottimo ristorante, da fare invidia ai nomi piú blasonati della cittá.
Il mattino seguente andiamo a confermare i voli di rientro e a consegnare la fida 4×4… il tutto si svolge rapidamente, senza che vi siano contenziosi o incomprensioni da parte di tutti e con un po’ di malincuore ce ne separiamo.
Ma non senza aver fatto qualche giro per Dakar…
Ci giriamo la corniche che percorre il lungo mare ed arriviamo al centro dell’artigianato dove tra mille richieste dei venditori riusciamo ad effettuare alcuni, ultimi, acquisti… maschere, tessuti, e dei splendidi “kuba” arrivati li chissà come dal lontano Congo.
Per chi non li conoscesse, i kuba sono delle pezze, in genere quadrate e di medie dimensioni, realizzate con l’intreccio della rafia, colorate con tinte naturali e formanti disegni che, all’interno dello stesso pezzo, non combinano tra loro… in origine, ma forse ancora oggi in qualche angolo remoto delle foreste centrafricane, erano usati per formare dei gonnellini da indossare durante le cerimonie.
Sono alcuni degli ultimi brandelli di “vera” arte africana che si possono reperire.
Approdiamo poi al museo d’arte africana, e nonostante la simil fatiscenza, o per meglio dire, incuria nei dettagli (purtroppo si sa, da queste parti ci tengono poco a queste cose…) è uno dei migliori luoghi dove poter vedere usi, costumi, maschere rituali e quant’altro appartenente alle varie culture provenienti dall’Africa sub sahariana in genere…
Siamo dunque nuovamente appiedati e tra un mercato e l’altro, tra una via e l’altra, il tempo scorre lento come non mai… quasi una noia!
Ad ogni modo la cittá si rivela in un aspetto un tantino diverso da quanto si legge in giro; è caotica di giorno, piena di gente indaffarata ma, la sera, cala in un torpore che la rende quasi “morta”. Nessuno in giro o quasi, nessun problema nel muoversi a piedi e, fatta eccezione la zona della medina e i locali notturni (peraltro poco raccomandabili…) chi direbbe mai che vi sia del pericolo!?

Arriva il giorno, l’ultimo, da dedicare alla visita di Goree.
Saliamo sul battello e subito le ragazze vengono riprese per l’abbigliamento!
Sfoggiano un top minimale e all’equipaggio non piace anzi, dicono essere vietato… ma se le loro donne girano seminude per strada!? Mah!
Ad ogni modo, si “ricompongono” e in una ventina di minuti approdiamo sull’isola.
Bella, bellissima… o meglio, sarebbe tale se la curassero come merita. Delle splendide case portoghesi solo alcune, poche, sono restaurate o ben conservate mentre in giro un sacco di gente bighellona per le vie o aspetta il trascorrere del tempo seduta sulla spiaggia.
Quí sono poche le cose da fare; il periplo dell’isola, una salita alle vecchie batterie contraeree dell’ultima guerra, addentrarsi per i vicoli colorati e nono ultimo un buon bagno… da non scordarsi peró il “musee des femmes” e la “maison des esclaves”. Valgono la visita. Al museo siamo accompagnati da una delle simpatiche e preparate signore facenti parte la cooperativa per la promozione della donna che ci spiega lungo il percorso didattico tutte le attività svolte e il mutare delle situazioni riguardanti l’emisfero femminile nel corso dei decenni, davvero interessante!
Un discorso a parte è doveroso per la casa degli schiavi…
Qui, dicono, sono partiti moltitudini di malcapitati alla volta dell’America, stipati come non mai in galeoni comandati da scaltri e avidi commercianti di carne umana!
Tutto vero meno che, proprio da Goree, per via della presenza di scogli affioranti e di una realistica difficoltà nel sistemare grandi numeri di umani sull’isola, solo alcune (poche) centinaia di individui hanno preso il largo.
Ció nonostante la situazione che doveva esistere all’epoca non era certo felice, tant’è che venivano rinchiusi in bugigattoli bui e trattati come animali, ivi inclusa la fase della pesatura e l’eventuale successivo ingrasso (se meno di 60kg non valevano nulla!)
Al piano superiore, raggiunto da due splendide scalinate semicircolari, soggiornavano i mercanti in attesa della contrattazione per la preziosa merce, in fondo alle scalinate, al piano terreno, vi è la tristemente famosa “porta verso l’ignoto”…

È da li che lasciavano l’Africa per una triste, nuova realtà oltre oceano.
Anche quí, c’è un malinteso storico e sembra che in realtà la porta fosse usata in altro ma non migliore modo: vi gettavano a mare coloro che non rispettavano i requisiti o erano malati!
Il cicerone spiega il tutto con un enfasi tipica del cantastorie, in un francese trascinato e ad alta voce intercalando ogni tanto inneggiamenti alla Francia, liberatrice dell’Africa dalla schiavitù e quindi degna di riconoscenza eterna! “Vive la France, vive la France!!!” Tutti i presenti si levano in coro con lui…
Giá, ma viva cosa? E chi? Una regina che convinse il marito della oramai poca convenienza economica di quel commercio?
E poi, ancora oggi l’Africa è divisa in almeno due grandi zone, chi parla inglese e chi, come quí parla francese e si sforza di “sembrare” francese…
Quindi eccoli, gli africani, ancora una volta inconsapevolmente legati a filo doppio con coloro che un tempo li sfruttavano…
È proprio vero, l’Africa e le sue contraddizioni non cambieranno mai!
Termina il nostro tempo e con esso la nostra permanenza in questa terra che, come ogni volta, ci ha regalato parte di se, i suoi intensi colori, gli odori, attimi di vita e sensazioni uniche…
E come sempre siamo colpiti da lei come se fosse la prima volta!
Dai, forza, l’aereo ci attende!!!

Ag_Adrar (agosto 2003)

 

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