By Barbara Grillo
Originally Posted Wednesday, March 7, 2007
GIOIE E DOLORI DI 4400 KM IN MAROCCO
Dal 16 dicembre 2006 al 11 gennaio 2007
Alberto Casagrande e Barbara Grillo
Land Rover 110
MEZZI DEL VIAGGIO:
Land Rover 110
GPS palmare, GPS Garmin 181 Map, GPS Garmin CSX60 (tanto per non perdersi!)
Carte russe e francesi digitali, foto aeree per Oziexplorer su PC portatile.
PREMESSA:
Alla domanda: come è andato il viaggio in Marocco? Risposta: un viaggio emotivo, caratterizzato da emozioni contrarie e contrastanti. Premesso questo non bisogna sottovalutare le guide e i reportage di chi è già stato: il Marocco è molto bello, ma le persone meno, purtroppo, anche se qualche eccezione c’è stata… Forse siamo stati sfortunati noi, ma abbiamo risentito di una mancanza di cordialità e ospitalità, quasi sempre apparente e di un continuo gioco di compassione per spillare soldi, contrariamente a quanto vissuto in Tunisia altre volte. Lungo questo diario comparirà spesso il termine “ciavada”, che in dialetto veneto significa “fregatura o derubato”, perché è stata la parola tormentone di questa forte ed ennesima bella esperienza africana.
IL VIAGGIO IN PILLOLE:
Sabato 16 – Domenica 17: Pordenone – Genova (490 Km) – Barcellona – Algeciras – Tangeri (= due giorni di nave)
Lunedì 18: Algeciras – Tangeri (3 ore di nave) – Martil, 72 Km
Martedì 19: Martil – Ain Aicha, 254 Km
Mercoledì 20: Ain Aicha – Fes, 273 Km
Giovedì 21: Fes – Midelt, 225 Km
Venerdì 22: Midelt – Erfoud, 250 Km
Sabato 23: Erfoud- Merzouga, 119 Km
Domenica 24: Merzouga – Taouz – Rissani – Erfoud, 113
Lunedì 25: Erfoud –Oum Jrane, 168 Km
Martedì 26: Oum Jrane – Zagorà, 105 Km
Mercoledì 27: Zagorà – Erg El M’Hazil, 154 Km
Giovedì 28: Erg El M’Hazil – Quarzazate, 267 Km
Venerdì 29: Quarzazate – Gole di Dades – Tinerhir, 300 Km
Sabato 30: Tinerhir – Gole del Todra – Tazzarine – Quarzazate, 390 Km
Domenica 31: Quarzazate – Telouet – Marrakesh, 222 Km
Lunedì 01: Marrakesh – Cascate Ouzoud, 180 Km
Martedì 02: Cascate Ouzoud – Zaouia ech Cheikh, 160 Km
Mercoledì 03: Zaouia ech Cheikh – Meknes, 200 Km
Giovedì 04: Meknes –Chefchaouen, 286 Km
Venerdì 05: Chefchaouen – Tetouan – Larache, 260 Km
Sabato 06: Larache – Asilah – Tangeri, 110 Km
Domenica 07: Tangeri – Ceuta – Tangeri, 135 Km
Lunedì 08 – Giovedì 11: Tangeri – Algeciras – Barcellona – Genova = 4 giorni di nave
Sabato 16 – Domenica 17: Pordenone – Genova (490 Km) – Barcellona – Algeciras – Tangeri (= due giorni di nave)
Ore 10.00 partiamo all’insegna del fascino dell’ignoto visto che in Marocco non ci siamo mai stati, ma con l’esperienza maturata nei diversi viaggi in Tunisia e quasi con la convinzione che “tutto il deserto è paese”.
Pronti? Via che l’avventura comincia!
Arriviamo alle ore 16 e ci imbarchiamo sulla M/N Victory della Grimaldi alle 17.30, dopo che all’ufficio GNV ci comunicano che il ritorno è stato anticipato di un giorno (ciavada N° 1), perché qualche giorno prima di partire i marocchini hanno comunicato l’impossibilità per le navi italiane di attraccare direttamente a Tangeri “per paura di concorrenza”… Non specificano altro, solo che si sbarca ad Algeciras in Spagna e poi si dovrà salire sul traghetto di linea marocchino. E’ il primo viaggio che la Grimaldi fa fino in Marocco, quindi è una prova anche per la nostra compagnia.
Partiamo con due ore di ritardo, ma io ormai alle ore 23 sono già nel mondo dei sogni. Il mare è calmo.
Al mattino scopriamo che le colazioni/pranzi/cene erano compresi nel biglietto (1700 Euro macchina e cabina). La qualità del cibo è buona, ma le file per mangiare sono lunghissime. La maggior parte dei passeggeri sono marocchini e quindi il menù fisso è più apprezzato da loro che dagli europei. Alberto si reca subito dal comandante per ricevere spiegazioni e soprattutto per aver garantita la basta in bianco (considerato il suo odio per il pomodoro!) anche se non era nel menù!
Arriviamo a Barcellona alle ore 16.00 di domenica 17 dicembre e ripartiamo poche ore dopo.
Lunedì 18: Algeciras – Tangeri (3 ore di nave) – Martil, 72 Km
Spettacolare lo Stretto di Gibilterra: è una città inglese tutta arroccata su una penisola sempre con il sole in fronte. Sbarchiamo sempre accompagnati dai clacson facili e impazienti dei marocchini ad Algeciras alle 18.45 con tanti ringraziamenti ai marocchini per questa sfaticata imprevista e ci imbarchiamo alle 20.00 sul loro traghetto nazionale di linea Le Rif Casablanca, che non è poi così male. L’arredamento comunque è accogliente e le cameriere hanno un divisa con scritto ANAS Nettoyage che ci suscita ilarità, perché in Veneto è l’agenzia delle strade! Ordino al self – service pollo con le patate per 10 “modesti” Euro e quando lo mangio mi rendo conto che è carne di montone con le prugne (ciavada N°2)!
Arriviamo a Tangeri alle 22.30 e subito in dogana un tipo ci offre (apparentemente) il thè. Caspita! Che accoglienza, pensiamo! Passa qualche minuto, viene a riprendersi il bicchiere e ci chiede 2 Euro (Ciavada N°3)! Che delusione! Benvenuti in Marocco! Questo è solo l’inizio di una lunga serie di fregature!
A parte questa piccolezza, in dogana sono tranquilli, non fanno controlli e con 5 Euro di mancia un tipo ci compila le carte. Dopo una ora riusciamo ad uscire. Siamo in AFRICA ancora una volta! Siamo emozionati perché il Marocco è una terra tutta nuova per noi e qui ci sentiamo un po’ persi, anche se il GPS ci sta portando correttamente a Martil. Il buio non rende piacevole la guida in questi posti, anche perché la gente passeggia senza luci e quindi questo tragitto è un misto tra tensione ed emozione. Veniamo abbordati da una jeep, che ci chiede se siamo italiani e sembra che vogliano altro (di solito vendono droga), ma ci guardano e ci danno il benvenuto… Boh!
Arriviamo a Martil dopo un paio di ore e c’è un vento forte. La costa è desolata e i paesi spenti. Ci fermiamo in una area parcheggio vicino alla spiaggia di fianco ad un camper francese. Cerchiamo di dormire ma il vento diventa sempre più potente fino a farci passare la notte in bianco.
Martedì 19: Martil – Ain Aicha, 254 Km
La prima alba africana non è il massimo: cielo coperto e brutto tempo in arrivo. Sarà così per alcuni giorni, nuvole, nebbia e pioggerellina. Scendiamo in direzione di Tetouane percorrendo i monti del Rif, il cui passaggio è sconsigliato anche sulle guide per motivi di droga. Lo capiamo subito perché i venditori di cannabis ci inseguono, tormentano, assillano e tampinano come mosche fino dopo Ketama, la capitale dello spaccio a 1700 metri di quota (infatti sono tutti scoppiati!)! Fare alcune foto panoramiche è impossibile, perché implica fermarsi e arrivano famiglie intere! Mentre sto ammirando per pochi minuti una bella parete di marne con stupendi accrescimenti dendritici di manganese, si fermano tre macchine diverse e un paio di motorini, per invitarci a casa loro con altri scopi! Addirittura un vecchietto avvicina Alberto e, dopo aver ricevuto l’ennesimo rifiuto, insiste dicendo che ne ha 4 Kg… Caspita!! Ce ne andiamo subito quasi ossessionati e disgustati. E’ un fenomeno sociale diffuso e ben radicato in questa zona e per noi è terribilmente fastidioso: non fumiamo e non beviamo e quindi non ce ne frega niente! In seguito abbiamo saputo che si mettono d’accordo anche con la polizia per beccarti in flagrante.
Giriamo tra le montagne, dove con la nebbia fitta è facile finire nella profonda valle, come è successo ad una macchina che ha fatto 30 metri di volo dopo una curva. Il paesaggio è colorato da rocce di diverso tipo, da rosso a bianco o verde, prevalentemente metamorfiche tipo ardesia. Non ci sono camping o hotel in questa zona e il campeggio libero è impensabile e introvabile visto che tutto è coltivato e non ci sono aree pianeggianti. Scendiamo fino a 200 metri di quota sul greto dell’Oued Ouerraha e facciamo il campo in compagnia di un bel gruppo di cicogne.
Mercoledì 20: Ain Aicha – Fes 273, Km
Il sole prima delle ore 8.00 non si alza. Ha piovuto ed Alberto ha attacchi di dissenteria, mentre la mia influenza si aggrava. Spossati continuiamo la tratta tra vallate coltivate su qualsiasi pendenza e tanti ulivi. La strada per forza di cose passa attraverso Tissa senza alternative e rimaniamo senza possibilità di scelta incastrati nel souk del paese: ci vogliono 2 ore per fare 500 metri! Loro fanno il mercato in strada, o meglio si ampliano dalla piazza ad ovunque! Approfittando di questo ingorgo salgo sul tetto del Land e lo spettacolo è divertente: un casino di via vai di gente, muli stracarichi, pecore in carriola, mucche al guinzaglio, polli agitati, capre in spalla… il traffico italiano in ora di punta è ordine a confronto! A stento riusciamo ad uscirne e finalmente ad arrivare a Taza.
Essendo anche due speleo “dentro”(!), andiamo alla ricerca delle grotte e tutte le aree carsiche marocchine sono meta della nostra visita. Sulla carta troviamo segnata una grotta turistica chiamata Abisso di Friuoato (Gouffre du) considerata come la cavità più profonda e più estesa del Nord Africa. Si trova nel Parco statale del Jebel Tazzeka sui Monti dell’Atlante a 20 km da Taza ad una quota tra il 1400 metri ed i 1600: la strada sale lungo una panoramica tra gole strette e colorate con cascate dai terrazzi tutti coltivati e, poco dopo, la vista si ritrova a spaziare in un ampio e vasto altopiano verde (siamo in inverno) punteggiato di qualche capanna in fango e paglia a tetto piatto. E’ racchiuso da alte dorsali per alcuni mesi l’anno ricoperte di neve e dopo averlo girato tutto lo si potrebbe ben definire come un bel esempio di grande morfologia carsica chiamata polje: sulla carta infatti è segnato come lago e non escludo che quando piove si allaghi parzialmente. Il color predominante è quello della terra rossa e vi sono tracce di paleocarsismo: le morfologie carsiche di superficie sono quasi del tutto consumate. Sui versanti si aprono molte cavità, ma l’unica visitabile senza attrezzatura per almeno 900 metri è l’Abisso di Friouato: si trova nei pressi del margine orientale dell’altipiano a 1492 metri di quota ed è profondo 272 metri con 2,5 km di sviluppo; ha tre ingressi ed il pozzo principale, profondo 100 metri, è attrezzato per il pubblico con 525 scalini di cemento. Presenta una entrata turistica a galleria discendente a quota 1457 metri allargata artificialmente nel 1932 (prima di questa data non era mai entrato nessuno), che intercetta la voragine a cielo aperto. Le scale sono molto ripide, non sempre protette dalla ringhiera e si affacciano immediatamente sulla voragine illuminata dalla luce naturale, che proviene dall’ingresso maggiore, una apertura circolare di 30 metri di diametro: secondo alcuni studi il baratro di 100 metri si è aperto 10000-20000 anni fa ed il materiale di crollo ha ostruito parte della grande caverna sottostante.
Il sentiero si restringe improvvisamente in una serie di brevi passaggi anche stretti e mentre li passo mi chiedo come hanno fatto a costruire quei comodi scalini in cemento in strettoia! Oltre a questi si apre la Sala Lixi, ampia e ricca di materiali di crollo e concrezioni. Il percorso si articola poi tutto in galleria orizzontale per altri 2,5 km, riccamente concrezionata e caratterizzata da grandi vasche e gours attivi (dighe di concrezionamento). Dal rilievo, realizzato durante le esplorazioni tra il 1935 e 1955 dal gruppo di speleologi di Taza sotto la guida da Andrea Paye, si deduce la presenza di tratti allagati: secondo la bibliografia esiste un sifone profondo 70 metri e alla fine della galleria vi è un passaggio che collega questa grotta ad una secondaria ancora inesplorata (secondo la bibliografia attuale), chiamata Grotte di Chiker, lunga 3.8 km.
Questo abisso si distingueva fino nel 1970 per essere la più grande grotta attrezzata al pubblico nel Nord Africa: solo i primi 900 metri sono visitabili sempre accompagnati da una guida e la visita dura mediamente tre ore per il costo di 24 Euro, incluse le lampade a luce elettrica. La cavità è proprietà dello Stato e riceve solo poche migliaia di Euro all’anno per la sua gestione… beh non si può pretendere che le scale siano a norma quindi!
Il termine Friouato è berbero ed è legato ad una leggenda dai risvolti particolarmente romantici, una versione locale di Romeo e Giulietta. Si narra di una giovane coppia di amanti che si sarebbero suicidati nella grotta, perché non potevano sposarsi e il nome della grotta nasce dalla unione dei loro due nomi: IFRI e ITO. Secondo inoltre la filologia berbera il nome significa anche Grotta della giovane fanciulla o della damigella.
Presso la biglietteria si possono ritirare DVD e CD artigianali con le foto e una piccola dispensa datata 1994 sulla grotta, dove è scritto che i primi esploratori furono tedeschi. Il signore che ci fa i biglietti si dimostra socievole e disponibile ad accogliere in futuro speleologi intenzionati a visitare la loro cavità. Mi dice anche che sono presenti in tutto l’altipiano 360 cavità e la più lunga misura 10 km. Tutta la dorsale orientale, dove si apre l’Abisso di Friouato, è costituita da calcare marnoso con lenti di selce a strati da mediamente inclinati a verticali, dai quali si può dedurre la presenza di elementi tettonici che strutturano il polje.
Durante la visita siamo accompagnati da due guide e un turista marocchino gentile e benestante, che si presta per farmi da interprete in inglese. Mi spiega gran parte delle cose che ho qua scritto e poi al ritorno mi fanno stare ultima della fila: è un gesto di cortesia e rispetto, perché non si può guardare e stare dietro il sedere alle donne! Gli viene insegnato fin da piccoli per questioni di pudore ed educazione… Mi scappa da ridere a pensare a come la pensano appunto gli italiani! E poi non capisco però perché i marocchini le fan stare sempre nel cassone delle jeep!?
Tra i vari discorsi lui mi dice che è stato in Italia e che i marocchini non sono apprezzati, un po’ come gli italiani in America…Dopo un po’ di silenzio imbarazzato aggiungo: “Spaghetti e Mafia?!” e lui conferma. Io faccio finta di niente e ci ridiamo sopra, ma in seguito durante il viaggio abbiamo ben imparato che esiste una “mafia marocchina” senza onore e gloria, dove tutto si paga, sempre e comunque. Alla fine della piacevole visita paghiamo comunque 24 Euro, anche se gli avevo chiesto di fare metà giro intendendo quindi anche metà prezzo (Ciavada N°4)…
Il nostro Land ci porta a scendere i versanti di questo parco ricchi di rocce metamorfiche ad argilloscisti e a completare il percorso ad anello tra vari leggeri sali scendi.
Alle ore 20 arriviamo a Fes e pernottiamo al Hotel Batha per 60 Euro compreso cena e colazione di buona qualità. Diffidate della gente che vuole farvi da guida: appena si entra nelle città praticamente qualcuno con motorino ti insegue sempre per portarti dove vuole lui!
Giovedì 21: Fes – Midelt, 225 Km
Con la guida che parla italiano, di nome Sidik molto gentile e corretto trovato chiedendo all’hotel, facciamo visita alla città imperiale: stupenda! E’ la più bella di tutto il Marocco e merita perderci mezza giornata tra un vicolo e l’altro. Si compone di 900 quartieri divisi in 300 più grandi ed ogni quartiere ha un posto con 5 elementi: fontana, moschea, bagno pubblico, scuola, panificio che sarebbe il forno dove la gente porta il suo pane a cucinare. Io apro il mio portafoglio e mi lancio come tutte le donne in un gratificante shopping di cose veramente belle e di qualità. Sidik ci porta dentro e fuori per i negozi a tema, dall’artigianato dell’ottone alle telerie (dove con arte tessono grandi tele in lana, seta – per 60 Euro – e cachemire – per 120 Euro) fino alle sbalorditive e famose concerie: la gente salta dentro grandi vasche colorate per tingere le pelli con colori naturali! E’ uno spettacolo unico e originale. Alla fine entriamo anche in erboristeria, dove per farci comprare qualcosa ci fanno odorare e assaggiare di tutto: ci colpisce particolarmente un vasetto con insetti secchi, che viene venduto come “Viagra” naturale… Con il fetido odore che ha non so quanto effetto faccia!
Passano circa 4 ore senza che ce ne accorgiamo e fuori dalle mura Sidik chiama un suo amico per riportarci all’albergo, perché il taxi ci metterebbe troppo tempo. Poi alla fine tra saluti e convenevoli ci chiede 24 Euro, paga nazionale per le guide con patentino, dice, ma se lo è meritato.
Riprendiamo quota e su uno dei primi altopiani il blocchetto di accensione del Land decide di rompersi. Il Supercastagna Alberto entra in azione: lo aggiusta con un filo ponte e la jeep riparte. Unico inconveniente: ogni sera bisogna per forza ricordarsi di staccarlo per non restare senza batteria…Ci fermiamo in una bancarella che vende fossili (in Marocco questa attività è proprio un vero commercio) e ne acquistiamo un paio. Durante il viaggio vedremo questi venditori ovunque da questo momento in poi.
Passiamo per Ifrane, luogo di villeggiatura del monarca e dei benestanti a 1630 metri, una sorta di Cortina marocchina, molto moderna, ordinata e pulita (irreale per il Marocco!) in contrasto con il resto della realtà nazionale. Essendo residenza anche del re, ci sono molti poliziotti, una coppia ogni 500 metri anche. Quindi bisogna stare molto attenti. Ci fermano infatti per sorpasso su linea continua ed eccesso di velocità. Vogliono 80 Euro e trattiamo fino a che ne accettano 40.
Scendiamo ad Arzou e comincia la zona con tante collinette modellate di origine vulcanica. Facciamo una deviazione per visitare il cedro nazionale, meta turistica da vedere solo per incontrare le scimmie secondo me, perché l’albero è sì altissimo ma morto! Quando scendiamo dalla macchina subito queste specie di macachi (sono bertucce) ci vengono attorno per chiedere qualcosa, di solito cibo ma essendo marocchine mi pareva chiedessero soldi!! Tutta questa foresta è abitata da queste simpatiche creature.
Continuiamo tra le alte quote fino a superare il passo Col du Zad di 2196 metri percorrendo lunghi altopiani con le vette innevate. Il paesaggio è lunare ed essendo il tramonto è ancora più affascinante! Queste montagne sono abitate a qualsiasi quota e dopo una giornata di sole ci fermiamo a Midelt a 1500 metri all’Hotel Kasba Asmaa, molto pittoresco e caratteristico, per 60 Euro compreso cena e colazione.
Venerdì 22: Midelt – Erfoud, 250 Km
Al mattino ci svegliamo e quasi inspiegabilmente fuori nevica di brutto! Decidiamo di partire subito e scendere prima che la situazione diventi critica. Prima del passo a 1900 metri nel frattempo che ci fermiamo per foto, passa una Fiat Palio bianca che stranamente va a passo d’uomo. Qualche chilometro dopo ci fermano per chiederci aiuto. Sono due signore inglesi che hanno preso a noleggio sta macchina mal funzionante, dice la signora: “It has no power!”.
Alberto gli dà un’occhiata e semplicemente basta tirare l’aria, sembra che vada… comunque è Fiat! Gli diciamo che le accompagniamo per un po’ ma partono come schegge e non si sono più viste! Sul passo di Tizi N’Talghaumt a 1907 metri troviamo una altra Fiat Palio bianca in senso contrario che sbuffa e fuma come un treno a carbone e pensiamo che siano loro. Invece è un altro tipo che ci chiede solo un accendino per fumare, tanto poi è tutta discesa! Le FIAT qua non vanno tanto bene!
Vista la neve decidiamo di scendere verso la Valle dello Ziz, interessante zona tra le rocce vulcaniche e depositi bacinali/terrigeni di marne, arenarie, piroclastiti, siltiti verdi in spettacolari strati verticali apparentemente per questioni vulcaniche e non tettoniche.
Passiamo Rich e poi Er-Rachidia, una bella e grande città: la zona è frequentata dal monarca e si trovano sempre militari in abbondanza, quindi è meglio rispettare il codice della strada alla lettera!
A Meski per curiosità andiamo a vedere una sorgente segnata anche sulla carta, chiamata Sorgente Blu: niente di speciale, solo un campeggio (carino) in un canyon con una oasi e una vecchia kasba in rovina. Non entriamo perché ci chiedono 20 dirham (2 Euro). Ci facciamo il giro tentando di attraversare il greto, ma è tutto coltivato e non troviamo un passaggio per andare sull’altro versante.
Pochi chilometri prima di arrivare ad Erfoud lungo la strada troviamo delle belle rocce a straterelli bianchi e neri anche in cerchi, quasi ornamentali: è alabastro con calcite e manganese.
Arrivati ad Erfoud facciamo gasolio e qua costa un pò di più che al Nord. Quattro bambini si avvicinano e quando faccio per dargli una caramella, ne saltano fuori dieci! Fanno baruffa tra loro e cadono, con mio dispiacere, per prendersi per primo il dono. Meglio non dar loro niente o almeno prepararsi a controllare la situazione.
Ritorniamo indietro di una decina di chilometri e prendiamo a destra la pista che passa per Gara Toufliodou: è una pista classica della Dakar, che attraversa un bel altopiano e costeggia tra i canyon il confine algerino. Lungo questa tratta si trova spesso gente che ti ferma per venderti fossili, pietre e oggettistica. Decidiamo di fare campo un po’ appartati dalla pista e Alberto mette sotto la Land il nuovo rivelatore di presenza, che sta volta funziona a 360° avvertendoci di tutte le bestioline che passano! Di notte fa talmente tanto freddo che la condensa in Columbus congela!
Sabato 23: Erfoud- Merzouga, 119 Km
Al mattino ci svegliamo con le stalattiti di ghiaccio e passano un po’ di ore prima che si asciughi tutto. Il sole scalda solo a metà mattina e lungo il percorso si trovano accampamenti berberi o tende di pastori. Ci fermiamo presso una bancarella, perché vediamo due bimbi piccoli, che corrispondono alla misura dei vestiti che ho portato da regalare. Gli offro una giacca imbottita a quello che sembra avere 3 anni e la mette subito con gusto! Anche se non compriamo niente, dopo questo gesto spuntano i genitori e la famiglia intera per offrirci il the. Alla signora regalo i pannolini in tela usati negli anni settanta per i bambini nella mia famiglia e li accetta volentieri, visto che là sono un optional e i bimbi se la fanno addosso appunto. Il capofamiglia ci fa gli onori di “casa” (vivono in tende e case in pietra) e la moglie ci prepara il loro buon pane, cotto nel forno di terracotta sopra dei sassi che assorbono il calore sottostante. Ci spiegano che vivono dei proventi dei souvenir e dei turisti, oltre che fare i pastori e non hanno problemi a farsi fotografare in cambio poi di ricevere la copia via posta. Con tanta ospitalità quasi ci dispiace andare via, ma li salutiamo dopo che mi fanno provare a cucinare il loro pane… Un fallimento visto che lo ho bruciacchiato!
Continuiamo la pista sugli altopiani tra i canyon con all’orizzonte il deserto e ci fermiamo in due punti panoramici spettacolari: enormi crolli dei versanti dell’altopiano di rocce carbonatiche dalla stratificazione metrica con alcune curiose lisce morfologie sul bordo da erosione eolica.
Tocchiamo la prima sabbia sempre rasentando il confine algerino e spaziando lo sguardo oltre con la timida curiosità del proibito visto l’impossibilità di poter sconfinare.
Tutto il viaggio procede quindi bene e tutto è bello, finché accade un fatto che ci turba facendoci conoscere improvvisamente il brutto di questi posti, che non vedresti in un viaggio organizzato. Ci fermano tre bambini, un maschio di 8 anni (difficile datarli!) e due femmine più piccole. Gli diamo vestiti e quaderni con penne: per fargli capire che colore aveva la penna gli disegno una casa e una persona, ma vedo che non capiscono. Rifletto, cambio tattica e sorridono divertiti solo quando gli disegno un dromedario e una palma… Funziona! Vivono nelle tende loro! Che ne sanno delle case coi tetti all’italiana stile Cortina! “Dai mo, Barbara, pensaci bene siamo in mezzo al niente! Non ti sei resa conto o stai ancora con la testa in traghetto?!” mi sono detta. Poi arriva la madre con in braccio la figlia, Fatim, ancora in allattamento con tutto il viso sfigurato e mi chiede medicine. Rimango scioccata e non capisco più cosa devo fare. Voglio aiutarla ma non so come. Cerco di capire cosa le è successo: apparentemente sembrava ferita il viso per una caduta e guardando meglio ha dei bubboni sulla fronte, una narice mangiata, croste a penzoloni… E’ una dermatite. La madre, affiancata da una altra donna di nome Fatim, spiega a gesti che è esplosa di colpo. Non parlano francese, solo la loro lingua e io quasi mi commuovo. Per capire da quanti giorni ha quel problema indico il sole e gli faccio intendere quante volte è andato su e giù! La signora Fatim mi prende la mia mano e la unisce alle sue per farmi capire che era successo quindici giorni fa: questo contatto è stato per me toccante e commovente. Gli avrei dato l’anima per aiutarle. Nel frattempo la bimba piange. Io esclamo di cercare un dottore (capiscono solo sta parola) e Fatim mi guarda incredula come se gli avessi chiesto un viaggio sulla Luna! Eh già, siamo in Marocco, mica in Italia! I berberi sono discriminati e non vengono tutelati. Cominciano a scombinarsi tutti i miei pensieri. Non mi era mai successo un incontro con una simile realtà. Cerco con ansia nella valigetta del pronto soccorso qualcosa da darle. Poi rifletto: non posso regalarle la pomata, non sanno usarla! E poi è quella giusta? Mi prendono le paranoie e alla fine mi riduco a darle solo acqua ossigenata (quella che non brucia) e un fazzoletto per far impacchi e umidificare le croste, raccomandandogli di tenerla lontano dal sole diretto. La bimba piange appena le sfioro il viso. Mi si stringe lo stomaco. In cambio Fatim, la signora, ci offre sulla strada il the, anche se abbiamo rifiutato di andare alla loro tenda. Sono persone socievoli, sorridenti e umili che vivono con poco, magari in modo non tanto igienico ma sono apparentemente felici. Quando alla fine ci salutiamo con la promessa che gli avrei mandato un medico (per me era logico…), la signora si presenta e dice i nomi anche degli altri componenti della famiglia precisando la nazionalità: “Fatim, berber”, dice indicando sé stessa con orgoglio. Sorride incredula quando io le rispondo: “Barbara, italiana!”. Infatti quando ha capito che mi chiamavo Barbara le si sono illuminati gli occhi per l’associazione del nome a berbero! Era come fossi una di loro! Questa scena particolarmente coinvolgente mi rende e andiamo via con nel cuore un segno, che mi rimarrà per tutta la vita, e con fissa nella mente l’immagine del viso sfigurato della bimba.
Con la testa quasi da un’altra parte proseguiamo verso le dune di Merzouga (Erg Chebbi): il panorama è lunare, il suolo nero/verde dato dal controluce delle pietre è punteggiato da qualche deposito di sabbia color rosso mattone. Se giri le spalle al sole, tutto il paesaggio cambia colore!
Passiamo una oasi e mi accingo a raccogliere una roccia, quando Alberto mi fa notare che sono in mezzo ad un cimitero: non usano le tombe, ma una semplice pietra messa in piedi, ovviamente più economica! Proseguiamo fino ad arrivare al lembo di deserto sabbioso marocchino e qua ci sta finalmente il campo tra le dune! Ma neanche tempo di allestirlo che dalla duna spunta un tipo che ci vuole vendere fossili. Per accontentarlo compriamo un paio di ammoniti dopo una breve trattativa (ti invitano loro “al gioco del prezzo è giusto!”) ce la caviamo con 10 Euro, che sono anche troppi (Ciavada N°5).
Domenica 24: Merzouga – Taouz – Rissani – Erfoud, 113 Km
Dopo una ennesima notte fredda, finalmente il sole compare dietro la duna e ci scalda. Mentre metto ad asciugare coperte e Columbus, Alberto va a fare la foto di rito al campo e sparisce per mezz’ora. Quando comincio a preoccuparmi, lo vedo tornare tutto sudato e affaticato: “Ho inseguito le orme di un varano!”, ed io: “Come un varano qua nel deserto?! Che cavolo stai dicendo!”, e lui mi fa vedere le foto ridimensionando poi la bestia: “Ma forse era un iguana, ha camminato per po, ha fatto baruffa con qualcuno e poi le orme continuano ancora tanto, ma non lo ho visto”.
Continuiamo tra le dune fino all’asfalto per Taouz, dove prendiamo una pista che passa tra i monti a creste di drago tra le miniere di galena e barite. In questa zona sono molto diffuse le belemniti in calcari neri, stupendi esemplari dalle dimensioni anche molto grandi (un metro). Le miniere sono localizzate lungo fasce lineari con pozzi profondi anche 20 metri: hanno una forma ad imbuto con un ingresso sostenuto da un preciso muretto a secco, ma non tanto visibili e quindi possono essere pericolosi. Per qualsiasi sosta fatta per raccogliere minerali e fossili, arriva da lontano un marocchino in motorino per vederti oggetti vari: sono peggio delle mosche!
Torniamo a Erfoud a metà pomeriggio e cerchiamo un medico da mandare dalla bimba affetta da dermatite. Due tipi al bar ci adescano e gli chiediamo dove si trova l’ospedale. Giriamo un bel po’ per trovarlo, finché decidiamo di farci accompagnare da uno di loro. Mostro alla guardia medica la foto digitale della bimba e lui la porta alla dottoressa che non si degna neanche di venire a parlarmi. Torna dicendo che è dermatite. Ed io commento: “Eh dai! Lo ho capito anche io che non sono medico! Ma è infetta? E’ pericolosa? La bimba sta male: andate da lei?” e gli mostro la mappa di dove si trova. Da qua inizia una odissea con la sanità marocchina che ha risvolti penosi. Quello che per me è logico, non lo è per loro. Grazie al tipo del bar che mi traduceva in italiano i discorsi del medico, capisco che la dermatite è infetta solo per la bimba e che loro non vanno, ma dovrei andare io a prendere Fatim…Io?! Lei si trova a 50 Km in linea d’aria da qui e devo tornare a prenderla con tutti i mezzi che hanno loro?! Mi pareva assurdo e allora cerchiamo un medico privato consapevoli che dobbiamo pagare comunque. Dopo tre dottori ne troviamo uno, che si dà disponibile ma per trattare dobbiamo trovarci alla sera. In questi posti mai nessuno ha fretta! Nel frattempo scegliamo un hotel per 22 Euro (Farah Zouar) senza cena e colazione ma con lenzuola e asciugami rotti: ci accontentiamo visto la stanchezza! Andiamo a mangiare al ristorante Les Dunes, carino, confortevole con una cameriera simpatica, che ci porta due pizze, di cui una quattrostagioni: non è come le nostre, è una quattrostagioni di carne indefinita anche se buona!
Andiamo all’appuntamento col dottore, che ritarda nuovamente di mezz’ora dopo che gli abbiamo telefonato. Il tipo non mi sta molto simpatico dall’inizio, ma questo non deve riguardare me. Arriva un beduino algerino vestito con turbante e abiti arabi incuriosito a fare amicizia: si chiama Hassan e ci dice che è appena tornato dal deserto con il motorino perché va alla ricerca di fossili! Da qui è iniziata una lunga storia a lieto fine che continua su www.granellodisabbia.it, l’associazione umanitaria di cui facciamo parte e alla quale abbiamo chiesto poi collaborazione (solo dopo qualche giorno abbiamo saputo che a Merzouga c’è “Bambini nel Deserto” e forse se lo avessimo saputo prima, avremmo evitato tutto quello che è successo e saremmo intervenuti più tempestivamente). Comunque in sostanza alla vigilia di Natale ci troviamo a trattare con un dottore, affinché vada a curare la bimba quando voleva… Non sembrano convinti e quando comincio a dire che non capisco come si può lasciar perdere una creatura del genere, marocchina come loro, la gente si zittisce e il medico comincia a fare il conto di quanto gli costa. Capisco intanto che nella zona è in atto una epidemia di questa dermatite su altri bambini. Ci ammazza quando ci chiede 250 Euro! Beh, è Natale… quasi soffrendo te ne diamo 200 va bene (ciavada N°6)?! Considerando che una jeep con la guida costa sui 120 Euro e le medicine anche per un altro intervento, facciamo l’affare con la promessa che ci avrebbe mandato le foto della visita e che Hassan avrebbe fatto da garante. Guarda caso Hassan non è marocchino e chissà perché mi ispirava molta più fiducia. Isha Allah! Buon Natale 2006!
Lunedì 25: Erfoud –Oum Jrane, 168 Km
Abbiamo qualche problema al Land e Alberto cerca un meccanico per riparare l’albero di trasmissione anteriore insieme ad Hassan, ma non trova niente. Prima di salutarlo ci porta a vedere il laboratorio di marmisti suoi amici: lavorano con grande maestria il calcare nero a belemniti e ammoniti creando lavandini, piatti, fontane, tavoli da giardino e salotto veramente molto belli. Spendiamo 90 Euro per due grandi piatti e un trilobite, lavorato da loro facendone risaltare il rilievo e i caratteri.
Penso che Hassan è l’unica persona di fiducia che abbiamo conosciuto in Marocco e che ci ha fatto piacere conoscere, assieme al suo compagno di avventura.
Partiamo per Zagorà. Facciamo asfalto fino a Mecissi e prendiamo una pista carina subito dopo il distributore a sinistra. Ha un leggero toule ondulè e passa tra piccoli paesi con tanti bambini. Attraversiamo pianure desolate simili alla savana. A Tazoulait troviamo una miniera di trilobiti tutta scavata su un interstrato e subito dopo in una estesa pianura tra le pietre nere troviamo degli esigui affioramenti di crinoidi. Continuando lungo la pista incontriamo di nuovo ortoceraditi ma in un calcare più chiaro. Il sole sta calando e ci fermiamo in una miniera abbandonata di rame, dove setacciamo con pazienza il terreno fino a trovare piccole piriti e altri minerali.
Cerchiamo un posto per campeggiare e dietro una collinetta avvistiamo un accampamento di nomadi. Ci allontaniamo di un paio di chilometri e ci fermiamo tra le “braccia” di una duna. Facciamo pulizia del Land e prima di andare a dormire Alberto spegne tutte le luci per farmi una sorpresa: accende una fila di lampadine per albero di Natale: Italiaaa Unooo! Buon Natale 2006!
Martedì 26: Oum Jrane – Zagorà, 105 Km
Pareva tutto bene quando al mattino pronti per partire, il Land non si accende! Alberto ha dimenticato di staccare il ponte di accensione alternativo al blocchetto! Siamo nella merda! La pista è lontana qualche chilometro e chissà quando passa qualcuno. Niente batteria di riserva. Niente! Ed il primo paese è forse a 10 Km… Io guardo incredula Alberto quasi sperando che stia scherzando! Passano alcuni minuti e mi dice: “Vado a chiedere ai nomadi a 3 chilometri da qui se ci aiutano, magari hanno una auto viste le tracce di ieri”, ed io: “Va bene vengo con te…”, e lui: “Eh no! E chi sta a guardia del Land?!”. Allora esclamo: “Ah bene! Resto io allora qua da sola in mezzo al niente! Almeno prendi una delle due radioline e mi fai compagnia!”. E così sto seduta sopra il Land a guardare Alberto sparire all’orizzonte come nei film: lui intanto via radio mi dice di non preoccuparmi, che ritorna… Ed io ci ho creduto fino a quando non lo ho più sentito per mezz’ora: anche nel bel film “Il paziente inglese” lui dice a lei che torna e poi la trova morta! Dal panico mi prendono delle fitte intestinali psicosomatiche ed i miei pensieri si concentrano su un triplice attacco di diarrea tutto attorno alle dunette! Sono diventata come un gatto del deserto e la sabbia è la mia lettiera…intanto all’orizzonte niente Alberto! Quasi perse le speranze lo sento via radio che sta tornando con tre nomadi, padre e due figli, e come tutta risposta la diarrea finisce! Cominciamo a spingere il Land in tre: una utopia è, visti i quintali e anche la contropendenza del terreno. Dopo diversi tentativi il nomade si offre di andare a cercare una jeep al vicino paese. Ci chiede prima 2000 Dirham e poi 100 Euro (Ciavada N°7)… Accettiamo senza tanto discutere non avendo alternative e parte come una gazzella: incredibilmente in una ora e tre quarti percorre 10 chilometri e torna con un Land bianco e due ragazzi ben vestiti. In tutto questo tempo facciamo amicizia con i due figli del nomade (i nomi sono difficili da pronunciare e ricordare per noi!). Gli offriamo da mangiare e vestiti: più gli diamo però più si aspettano! Il più piccolo avrà 8 anni ed è molto furbo, agile e vivace: per mettersi in mostra fa la scimmietta su e giù per la duna, ha la sabbia ovunque e lo osservo quasi invidiosa della sua completa armonia con il deserto. Gli si vede negli occhi che è uno spirito libero, quasi appunto selvaggio. Cerchiamo di farci capire (parlano solo la loro lingua) e loro si dimostrano molto socievoli. Capiscono che veniamo da lontano, ma quando gli parliamo del mare mi guardano strano: gli mostriamo due conchiglie e ovviamente non sanno cosa sono! Non hanno mai visto il mare e allora gli mostriamo la guida del Marocco con tante belle fotografie anche del mare: questo però non gli dice niente, ma sorridono di gusto quando vedono le foto dei dromedari e le palme! Sembrano Valentino Rossi che guarda la sua moto! Gli occhi lucenti di gioia! E mentre le ammirano addirittura imitano il movimento del dromedario come un bimbo imita il rumore della sua macchinina! Che scena bellissima! Poi sfogliano il libro in orizzontale e da sinistra a destra e più volte cerco di spiegargli che non si guarda per così! Gli regalo anche dei quaderni e per giocare gli disegno sempre il dromedario e la palma: riconoscono solo quello e li diverte molto. Ed anche a me fa piacere aver capito come comunicare con loro!
La parte bella finisce per ora, perché arrivano i due ragazzi con la jeep. Io mi allontano per fare la foto e riprendere il momento e Alberto con mi fa capire che stanno litigando. Mi avvicino e con il cavo di traino in mano mi chiedono 200 Euro in tutto!! CHE COSAA??!! Hanno il coraggio di affermare: 50 Euro per il nomade e 150 Euro per loro! “Siamo in Marocco ed è normale”, dicono! E noi siamo stati in Tunisia e questo non è normale, là non sarebbe successo! E la “legge del deserto” dove è finita? C’è l’inflazione anche qua!? Non posso spiegare quanta rabbia ci invade per mezz’ora, sia per la discriminazione verso il nomade sia per il trattamento stupido e arrogante di questi due delinquenti. E’ ovvio che in questi posti si pagano i “favori”, ma dipende come si chiedono i soldi! La discussione si fa accesa e tesa, ma non sappiamo fino a quanto spingerla. Ci minacciano che ci lasciano là se non paghiamo. Gli ribadiamo che al nomade spettano 100 Euro come promesso e loro ci rinfacciano che lui è “solo” un nomade! Oh mio Dio cosa sentono le mie orecchie! E che cavolo cambia! Senza di lui non trovavamo voi meschini, penso! Iniziamo l’estenuante e snervante trattativa sui soldi e li diverte di più se sono io (Barbara) a farlo: rilancio 50 Euro ma minacciano di andarsene, allora ribatto 70 decisa, loro restano per 95 con il cavo in mano (che rabbia!), io pensando che erano intensamente bastardi 70, loro ridendo 95 o niente, io allora 80 e la pazienza è perduta, loro 90 ancora con tremenda arroganza, io li guardo con odio intenso “O per 80 ci tiri fuori della merda o andate a casa senza niente!”. Finalmente accettano (quindi 180 Euro Ciavada N°8), ma quando sembra che la trattativa sia finita, mi chiedono pure vestiti: “Amigos, fare regalo me!”. Ma va cagar! Hai un pile firmato e chiedi pure altra roba?! Incazzata come una bestia gli dico che loro non sono miei amici e se un giorno verranno in Italia, gli auguro di aver un guasto per strada e… no komment!
Ci hanno pelato anche sto giro di soldi, ma quello che conta è che il Land sia in moto. Loro se ne vanno mandati a quel paese col pensiero e facendo gli sbruffoni sulle dune: magari si impiantassero, pensiamo! L’atmosfera si rilassa: portiamo i nomadi al loro campo e offriamo un passaggio anche alla moglie, che troviamo lungo il percorso impegnata a raccogliere legna felice di questa novità, anche perché carichiamo la grossa fascina sul cofano. Arriviamo al loro accampamento: due misere tende, due galline, un mulo ed una capretta appena nata coronano questo presepe!
La famiglia è composta da: il fratello del nomade, che è al pascolo, le due mogli e tre bimbi di pochi anni, uno dei quali soprannominato da noi ironicamente Benito per il suo modo di stare in piedi stile balilla! In realtà ha una semiparesi sinistra del viso, che non gli permette di vedere bene e quindi di avere una corretta postura. E’ però il bimbo che sorveglia tutti e tiene sotto controllo tutto: mentre beviamo il the preparato con cura e arte dal nomade, Benito ci prende i bicchieri e li mette in ordine! Hanno uno zucchero a grossi blocchi, che viene spaccato a seconda dell’occasione. Nel frattempo una delle mogli ci fa il pane nel fornetto di argilla e uno degli altri due bimbi si fa la pipì addosso: mi rendo conto solo in quel momento che non hanno i pannolini ed è tutto normale!
Le condizioni igieniche sono oltre il limite, ma eppure sopravvivono bene, magari con anticorpi da kilo! Passiamo quasi due ore con loro parlando solo un po’ di francese con il capo nomade. Ci lasciano filmare e fare foto dopo aver visto quelle della guida sul Marocco. Sono dei bei momenti educativi e di riflessione personale: loro sono felici con così poco! E poi almeno con quei 100 euro vivono bene per un bel pò.
Ormai si è fatto tardi e quasi con dispiacere li salutiamo. In una mezza giornata si sono susseguite emozioni contrarie e contrastanti, che alla fine ti lasciano comunque un buon ricordo: questo è il Marocco, il bello e il brutto stanno sempre vicini e sono imprevedibili, quasi sconcertanti.
Continuiamo attraverso piccoli paesetti pieni di bambini (sconsigliato fermarsi altrimenti ti pelano) e paesaggi ovviamente interessanti, ancora un po’ turbati dall’esperienza dei due delinquenti ma rincuorati dalla permanenza coi nomadi.
La pista è comoda e dritta in una ampia pianura tra ciottoli e polvere, fiancheggiata dalle montagne passando per il passo di Tizi-N-Tafilaleta a 960 metri. E’ quasi il tramonto quando siamo a Zagorà, una cittadina carina tra i palmeti e sontuosi hotel kasba. Pernottiamo per 320 Dirham al Les Palmarie compreso di cena e colazione. Essendo zona turistica, ci sono molti che si spacciano per uomini – guida per avere la mancia e barattare alcol e sigarette, purtroppo.
Mercoledì 27: Zagorà – Tagounite -Erg El M’Hazil, 154 Km
Appena saliamo in macchina, arrivano tre scassapalle che vogliono venderci oggetti vari e Alberto per 8 Euro (ne volevano 15!) compra un modellino di Land in legno di palma molto carino. Nel frattempo uno ci ferma, perché vuole che andiamo a visitare la sua officina per Land ed un altro a visitare un negozio di bigiotteria: eeeh bastaaa!! Pazzesco come sono incredibilmente insistenti! Il bello è che se ti incazzi si calmano e ti lasciano stare! Come ciliegina sulla torta arriva il guardiano, che ha fatto la notte per il Land, e ci chiede 1 euro! Eh no caro: l’albergo ci aveva detto che tutto era compreso, anche la guardia! E lui ci manda a quel paese dicendoci di cambiare hotel la prossima volta! Insolente che non è altro! Qua in Marocco sono tutti proprio così??!
Partiamo incazzati e giriamo per il paese per trovare il cartello “52 giorni a Timbuctu”. Vaghiamo per un bel po’ quasi disorientati chiedendo informazioni anche ai poliziotti, finché torniamo al nostro hotel: era sotto la nostra camera! Ah Ah!!
Continuiamo per 70 km lungo asfalto attraversando tutta la ampia valle del Draa. A Tagounite compriamo 1Kg di arance, 1Kg di mandarini e pane per 12 Dirham (= 1 Euro e 20)! In Italia forse una arancia costa 1 euro!
Ci fermiamo in un internet point per scaricare email: il dottore di Erfoud ci ha mandato le foto del suo intervento, peccato che la bimba non è quella! Scriviamo alla nostra associazione umanitaria per spiegargli l’accaduto e affinché Franz (il presidente) se ne occupi lui. La tastiera del PC è talmente dura e incragnata (incrostata) di polvere che è quasi uno stress scrivere due righe! E la tastiera ovviamente non è come quella italiana: scrivo come un analfabeta (infatti Franz poi poco ha capito!) e mi pare la prima volta che uso un PC!
Ripartiamo e a Mhamid prendiamo la pista per l’Erg El M’Hazil che costeggia il greto del Draa, che fa anche da confine con l’Algeria. Si usa parlare di più del deserto di Merzouga, invece riteniamo sia molto più bello questo: sul fianco a Nord ci sono le montagne e poi una pianura con tratti a lago salato con la solita patina bianca di sale, poi alte dune color marroncino, che risalta grazie ad una distesa verde di alcune piante strane (della famiglia dei fichi) di media grandezza. Il contrasto tra questi due colori è netto e rende indimenticabile questo posto, arricchito poi anche da un numero considerevole di dromedari al pascolo. I loro custodi ci fermano solo per avere acqua e pane e per noi è una occasione per documentare questo incredibile ambiente!
Purtroppo il bello non è sempre tutto gustabile fino in fondo qua in Marocco: ai piedi delle grandi dune ci sono numerose tende di nomadi e dei viaggi organizzati, con quod e fuoristrada. Quindi è difficile trovare intimità e godersi questo lembo di deserto senza che qualcuno venga a romperti le scatole.
Giriamo un po’ tra le dune, il cui suolo tra una duna e l’altra è duro e incrostato e il passaggio è abbastanza tormentato. Ci fermiamo per sfinimento. Stacchiamo ovviamente i cavi per evitare di rimare senza batteria ancora. Facciamo campo vicino ad una bella duna. Per ora non arriva nessuno, anche se all’orizzonte è pieno di gente!
Giovedì 28: Erg El M’Hazil – Quarzazate, 267 Km
Passo tutta la notte in bianco causa dissenteria, che non mi spiego se non per colpa della frittata del pashà con verdure mangiata in albergo il giorno prima! Prendo la medicina e ripartiamo. Una carovana di dromedari ci fa compagnia durante la nostra uscita da queste dune. Io sto sempre più male. Alberto attraversa il lago salato, che apparentemente sembra asciutto (almeno dove siamo passati noi). Io mi addormento a tratti. La pista diventa ciottolosa e dura. Troviamo qualche fossile di belemnite ancora sui versanti della piana. Su questo tratto sono molte le jeep dei viaggi organizzati che sfrecciano da una parte all’altra. Nonostante tutte queste un tipo con un Patrol ci ferma per chiederci del gasolio: glielo diamo ma possibile che con tutte quelle macchine nessuno si è fermato?! Boh! Anche se con il pensiero gli diciamo che costerebbe almeno 50 Euro (vista l’amara esperienza dei due bastardi), glielo offriamo gratis. Lui ci invita a bere il the e noi rifiutiamo anche se il gesto ci è gradito. Ormai siamo prevenuti un po’ con tutti, ma ciò non toglie che ci si debba sempre aiutare, con cautela però!
Per una decina di chilometri dal paese di Foum – Zguid la pista peggiora: il toulè ondulè si fa quasi insopportabile e la mia pancia ne risente. Percorriamo la strada parallela alla pista, chiamata da noi “la via del presidente” visto che a tratti era interrotta da blocchi per non far passare macchine.
E’ ovviamente molto ben percorribile e comincio a star meglio. Arriviamo in paese e stranamente nessuno ci viene vicino e ci tormenta. Inconsapevolmente a causa del mercato prendiamo la strada contromano e i poliziotti ci fermano solo per farcelo notare. Qua il monarca non c’è, quindi niente multa!
Prendiamo quota e saliamo verso Nord le montagne: tanti bei colori, dal verde al rosso mattone che predomina in assoluto dato dall’arenaria e peliti con mineralizzazioni varie. Gli strati sono variamente piegati, da orizzontali a spettacolarmente verticali. Attraversiamo alcuni passi a quota 1700 metri e nei pressi di Taora, nelle vicinanze di un distributore di benzina in stile americano usato anche in alcuni film e spot pubblicitari, una miniera in disuso in lontananza ci incuriosisce. Andiamo a visitarla e sembra che cavassero ferro. La roccia pare essere basalto e il nero contrasta con il rosso vivo del paesaggio circostante. Continuiamo lungo l’asfalto, che ci offre un panorama di colori contrastanti con la neve di alta quota. Ormai quasi buio arriviamo a Quarzazate e cerchiamo un hotel. Ne ho visti due in centro paese: il Royal non era male, perchè per 164 Dirham offre camera con doccia e colazione; quello dall’altra parte della strada, il peggiore, per 130 Dirham era come una prigione! Ma il Land avrebbe dovuto star parcheggiato sulla via principale e l’idea non ci piace. Quindi troviamo l’Hotel Amlal, che per 440 comprende cena, colazione e parcheggio riservato. La tipa della reception è cordiale e simpatica e ci sentiamo ben accolti. Intanto 4 ragazzi sono appena arrivati con una Niva 4×4, nota auto russa molto usata nei paesi slavi fino a qualche tempo fa, ma la targa riporta una P e li scambiamo erroneamente per polacchi, anche se il simbolo dell’Europa non torna! E’ il richiamo dell’Est! Mentre paghiamo due ragazze chiedono in inglese di visitare una stanza e di spalle sento che una delle due pronuncia una parola a me famigliare: “Solita zima in sto posto!”. Significa “solito freddo”. Sono triestine! Ma dai che mi sento a casa (non perché io sia triestina)! Ma questi triestini li trovi ovunque! Facciamo subito conoscenza. Gli chiedo quante “ciavade” (= fregature, nel loro dialetto questo termine è ben compreso!) hanno preso e mi rispondono: “Abbastanza!”. Le raccomando di stare attente visto che sono sole.
Ceniamo molto bene, con i “polacchi” di fianco che si bevono il vino portato da casa e poi facciamo un giro in centro paese: tutto abbastanza pulito, la città è quasi nuova visto che si è sviluppata negli ultimi 30 anni con i film che ci hanno girato. Nessuno ci rompe le scatole. Si sta bene e tranquilli.
Venerdì 29: Quarzazate – Gole di Dades – Tinerhir, 300 Km
Facciamo una buona colazione con squisite crepes e partiamo diretti alle gole di Dades, salutando i “polacchi” che stavano caricando la Niva. Ci fermiamo a visitare la kasba di Quarzazate e del fumo esce dallaccendisigari vicino ai miei piedi: si sta bruciando tutto l’impianto!! Fumo e scintille ovunque! Alberto stacca tutto in fretta e furia bruciandosi le dita, ma scongiurando un peggioramento della situazione. Tutto ok, no problem!
Per visitare la kasba si deve pagare 10 Dirham a testa. Varcata la soglia una “guida” mi propone 80 Dirham per vedere la kasba e la medina. Non accetto e gli chiedo quanti ne vuole solo per la kasba. E lui rifiuta. Poi torna e me offre 50. Non accetto nuovamente e lui ribatte: “Sei come un berbero, vale sempre la prima parola!”. Ed io convinta: “Eh cazzo, non mi fregate più!”. Così ci godiamo la visita da soli: è molto carina, anche se in parte in rovina.
Lungo la strada per Boulmaine troviamo lunghe file di uomini ordinati in coppia, che protestano non sappiamo per cosa, ma comunque ci lasciano passare. Questo percorso è chiamato “via delle kasbe”: sono posizionate nei pressi del fiume e spesso sono quasi del tutto distrutte.
Saliamo lungo la gola di Dades: sono spettacolari, un parco giochi per geologi! Contrasti ordinati di colori dipingono questo paesaggio unico: il verde, il giallo, il rosso si incrociano nella vallata. Salendo prevale il rosso intenso delle peliti e poi arenarie con vene di gesso, calcari grigi e neri e sopra questi conglomerati. La valle diventa una stretta gola in prossimità dei calcari: nel versante Ovest gli strati sono orizzontali o suborizzontali, mentre in quello a Est sono verticali e immersi a Ovest. Purtroppo non è possibile fermarsi in tranquillità, perché i bambini spuntano dappertutto e risalgono anche i ripidi pendii per chiederci una stilò. Per loro è importante, perché quando vanno a scuola (se ci vanno!) si vantano tra loro per chi ha la penna straniera più bella, insomma ne fanno collezione. Almeno questa è la spiegazione che ci ha dato un marocchino in hotel.
La valle è comunque uno dei posti più belli da visitare del Marocco. Notiamo in giro un generale svacco, più del solito insomma: gente che prende il sole come lucertole, negozi chiusi e sembra quasi che siano tutti in festa.
Passiamo i 2000 metri di quota fino a scendere a 1800: la strada è disastrata e qualche tratto con ghiaccio. I versanti a Nord dei monti sono tutti meravigliosamente bianchi di neve… tutto ovviamente bello fin quando non ci scontriamo con la gente!
A Msemrir una folla di persone in cerchio attorno ad un predicante blocca la strada. Un turista francese ci avvicina e ci dice che è fermo dall’altra parte da circa due ore e non lo lasciano passare. E’ giorno di sciopero nazionale: gli studenti stanno protestando per avere più trasporti pubblici, ma per farlo bloccano le strade volontariamente! Non c’è verso di passare, non gliene importa niente e a noi di loro pure! Il turista ci avvisa che oltre la strada è pessima, quasi inesistente e non si riesce a fare il giro per scendere nelle gole del Todra. Noi siamo più fortunati di lui e facciamo prima a tornare indietro. A Buolmaine troviamo fila, casino di gente e poliziotti antisommossa. Ci mettiamo in colonna e vista la confusione nel paese, decidiamo di riprendere la strada per Quarzazate sperando di trovare una pista per Tinerhir e bypassare il traffico. Purtroppo dopo 24 Km non troviamo niente. Allora decidiamo di ritornare indietro e andare comunque a Tinerhir. Il caos sembra essersi calmato e riusciamo a passare. Ormai quasi buio lungo la strada vediamo la Niva dei “polacchi”, che avevamo salutato in hotel a Quarzazate con il cofano aperto. Quando li passiamo, Alberto esordisce dicendo: “Ci fermiamo, forse hanno bisogno di aiuto… d’altronde sono europei come noi!”.
Ah bene! Allora inversione di marcia e andiamo a soccorrerli! Parlano spagnolo: la P sulla targa non è Polonia ma Portogallo! Ecco perché hanno il simbolo dell’Europa! Hanno problemi con la benzina che non arriva al motore. Alberto cerca di aiutarli e anche se due marocchini si fermano, non si risolve niente. Ci presentiamo: sono due coppie, i due ragazzi si chiamano Zitu e Vasco, mentre le ragazze Lara e Gabriela. Alla fine li trainiamo per 20 km fino a Tinerhir: con tutto quello che ci è successo in questi giorni ci sentiamo dei missionari! Li lasciamo ad un distributore di benzina per cercare un meccanico, mentre io e Alberto cerchiamo un albergo in paese per tutti. Dopo averlo trovato per 150 Dirham senza cena e colazione ma in buono stato, ritorniamo da loro. Niente meccanico: troppo tardi. Ormai domani.
Entriamo in hotel, prendiamo le chiavi e guarda caso entrano anche le due triestine, Chiara e Graziella che abbiamo conosciuto sempre allo stesso albergo di Quarzazate! Che bello! Ci ritroviamo tutti per caso di nuovo nello stesso posto! Ceniamo insieme e passiamo una bella serata in compagnia a scambiarci le proprie avventure/disavventure marocchine: italiani, portoghesi, marocchini tutti meravigliosamente in armonia a scherzare e cantare ognuno nella propria lingua! Lo spagnolo e il dialetto veneto è universale! Basta un po’ di vino portoghese e un po’ di grappa italiana per accendere bene la festa: alla fine ognuno canta il proprio inno nazionale a ritmo di nacchere e tamburi! Non vi dico l’inno italiano come è venuto coi tamburi africani! Per noi è come fosse Capodanno!
Sabato 30: Tinerhir – Gole del Todra – Tazzarine – Quarzazate, 390 Km
Dopo una notte fredda, causa la mancanza di riscaldamento (niente acqua calda poi), facciamo colazione per 40 Dirham da soli, perchè gli altri sono ancora a dormire e scopriamo che la cena ci è stata cordialmente offerta dai Portoghesi. Domani è l’ultimo dell’anno e i marocchini fanno festa per due giorni, quindi bisogna fare la spesa entro oggi.
Partiamo presto per le gole del Todra: consistono in una gola stretta di trecento metri e lunga qualche centinaio a quota 1350 metri circa, meno affascinanti di quelle di Dades, ma comunque merita visitarle. Inizialmente i paesi sono ubicati tra le palme nel fiume senza problemi. La forra si mostra subito ed è una affollata meta turistica: l’acqua rasenta la strada e addirittura alberghi e ristoranti sono costruiti nel greto della gola, anzi sotto la spettacolare parete di faglia, persistente su tutto il versante. Non ho idea di cosa succeda quando il fiume va in piena!
Tutta le vallata si è sviluppata in una successione carbonatica di calcari e dolomie dalla potenza metrica e dagli strati a volte verticali. La forra subito dopo la faglia si allarga e la strada a tratti è inesistente e quindi si deve passare proprio sul greto del fiume. Risalendo la valle si attraversano piccoli paesetti con tanti bambini, che vogliono sempre stilò e ci impediscono spesso di fare foto.
Arriviamo fino a quota 1990 metri dove comincia la neve. Nel paese di Ait-Hani finisce l’asfalto e un signore ci avvisa che la pista per Imichil non è fattibile causa neve.
Ritorniamo indietro e ci fermiamo in una casetta che vende tappeti: stupendi opere d’arte in seta, lana e cotone, mediamente costose e realizzate a mano in non meno di tre mesi. La trattativa ha inizio se si vuole comprare qualcosa e quando capiscono che vuoi mollare, allora ribassano il prezzo e chiedono a te cosa vuoi dare: pazzesco! Tendenzialmente partono dal doppio del valore e quindi occhio! Ci si può portare comunque a casa un bel tappeto di media grandezza per 250 Euro. Alla fine magari ti regalano anche oggetti vari come bracciali, ma il momento dell’acquisto è delicato e particolare. Niente the come Tunisia, però.
Fatto l’affare, scendiamo la valle e dove diventa forra c’è ora una moltitudine di turisti. Per non percorre la stessa strada per tornare a Quarzazate, decidiamo di fare una variante di 200 km, che pensiamo sia più corta! Prendiamo una pista – strada, che stanno costruendo e che porta ad Alnif passando per il passo Boujou a 1290 metri. I bambini sono ossessivi e tantissimi! Ti fermano con la scusa di spiegarti la strada e poi ti mostrano la mano affinché tu gli dia soldi o stilò o bon bon!
Quasi esausti dei tanti “incontri – scontri” con i bimbi, che non capiscono quando smetterla, intercettiamo la strada proveniente da Mecissi. La strada non è eccezionale, ha solo dei bei colori verdi e viola sotto la luce del sole.
Questo tratto si rivela lunghissimo. Passiamo per Tazzarine. A Timiderte intercettiamo la strada Zagorà – Quarzazate e risaliamo le gole sinuose del Draa al tramonto: molto belle! Non riusciamo a vedere molto, ma sono tanto interessanti: la parete presenta strati dai colori variegati, dove risalta il viola delle peliti a tratti piegate.
La strada diventa pericolosa, perché è buio, è rettilinea con ampie curve e non si vede bene il tracciato. Troviamo anche un incidente, dove una auto ha investito un bimbo, quindi si deve fare attenzione.
Ci fermiamo a Quarzazate all’Hotel Zaghro per 400 Dirham compreso cena e colazione, acqua calda e riscaldamento finalmente!
Domenica 31: Quarzazate – Telouet – Marrakech, 222 Km
Visitiamo gli studi scenografici dell’Atlas Corporation, dove hanno girato grandi film. Grazie ad un gruppo di motociclisti italiani diretti a Dakar riusciamo a fare il gruppo di 10, minimo necessario per entrare a 30 Dirham a testa. Entriamo nei set di case in cartapesta, dove hanno girato “Benhur”, “Il Gladiatore”, ecc.. che nei film sembrano tanto veri! In realtà dietro le facciate sono sorrette da precarie e articolate strutture di pali in legno e tubi innocenti, che farebbero gola a quelli della “626 sicurezza sul lavoro”! Facciamo un giro tra le sfingi dove hanno girato “Cleopatra” e “Ramset”, così possiamo dire che siamo stati in Egitto! In lontananza vediamo anche la barca di Asterix e Obelix!
Continuiamo lungo l’asfalto verso Marrakech attraverso l’Atlante e dopo pochi chilometri deviamo a destra per Telouet. Da lontano vediamo lo ksar Ait-Benhaddou, il migliore del Marocco, e proseguiamo fino a quando finisce la strada e comincia lungo il torrente Ounila una signora pista per veri fuoristradisti, l’unica impegnativa di tutto questo viaggio. Mi convinco che la via è quella giusta solo quando vedo davanti a noi due fuoristrada dei viaggi organizzati! E’ piuttosto stretta in alcuni tratti e sconnessa e viene fatta in alternativa all’asfalto per arrivare a Marrakech. La valle ha dei colori magnifici: dal rosso mattone con vene di gesso in arenaria, al bianco sporco di calcari bioclastitici con agglomerati di conchiglie bivalvi e turitelle, al bianco invece candido con noduli di selce nelle marne.
Tutti questi colori sono ben combinati insieme in strati verticali spettacolari! I paesi si trovano tra quota 1300 e 2000 metri e abitano vicino al fiume/torrente, sul cui letto cotruiscono dei veri e propri orti – giardini tra le palme! Il 31 dicembre in Marocco è come il giorno del ringraziamento americano: mentre gli americani sterminano tacchini, i marocchini ammazzano un montone per famiglia! Per strada o si trova chi porta la pecora in spalla ancora viva oppure capita di vedere che la stanno ammazzando: è un triste rituale di festa.
Proseguiamo addentrandoci nei paesi fino a scorgere sul versante della montagna una traccia commentata da Alberto come “un sentiero per i muli”: invece era proprio la nostra pista! Stretta, disastrata, panoramica e molto pendente: apri la porta e ti trovi nel dirupo!
Facciamo il passo a 1800 metri, dove comincia l’asfalto c’è uno spettacolo di colori: un contrasto notevole di rocce in rosso e verde dato da minerali luccicanti, che non so ancora definire con precisione con strati verticali spaziali! La strada è pulita, incrociamo la strada principale e lo spettacolo in quota continua fino al passo di Col du Tichka a 2260 metri! Tira un forte vento ma il panorama è mozzafiato. Bello questo Atlante! Oltre il passo il paesaggio è più omogeneo e costituito prevalentemente da peliti nere. I colori ricompaiono solo una volta scesi a quota 1400 metri. Per strada la gente vende geodi mai visti prima: sono palle nere fuori con colori futuristici dentro! A parte quelli colorati apposta uno in particolare ci colpisce, perché apparentemente sembra naturale: vendono geodi di cobalto, che si ramifica dentro la palla, molto singolare.
Poca gente per strada e tutti in festa: la sera prima hanno fatto mercato e infatti il cesso di immondizia per i paesi è lampante!
Arriviamo a Marrakech (che flash di città!) totalizzando 3000 km tondi e come benvenuto ci incasiniamo per bene nella medina: motorini ovunque, biciclette che sfrecciano come saette, auto, cavalli, taxi, corriere, tutto un caos! Tutta una corsa sfrenata e non succedono incidenti quasi magicamente! Per fortuna riusciamo ad uscirne e cerchiamo di capire dove si trova la zona degli hotel. Per curiosità entro in uno a 5 stelle (tanto per ridere!) e costa solo 150 Euro la notte: ah però! Ed è al completo pure! Tutto attorno gente in smoking, io mi guardo e sono in sandali e tuta. Bel posto comunque! Cercando poi l’albergo indicatoci dai portoghesi, ci arriviamo per caso: Hotel Hasna 55 Euro solo notte e colazione. La tipa della reception è fortemente antipatica nei modi di fare, ma accettiamo di rimanere. Usciamo a cena in una pizzeria: le fanno precotte col pomodoro! Che tristezza!
Facciamo un giretto fino alla grande piazza: un bordello di gente sia per strada che nella piazza! Mai vista tanta caotica dinamicità “organizzata”: bancarelle che ti fanno cibo da sagra, artisti di strada di ogni tipo, negozi di cianfrusaglie, gente che fa tatuaggi, chi vende incensi o cappellini, chi ha le scimmie, carri di frutta secca e arance spremute al momento, tipi che ci abbordano per attirarci al loro carretto e ti urlano il loro numero… In generale non sono comunque fastidiosi a parte per “l’ultimo fanculo” del 2006 che si sono meritati: faccio una foto ad un musicista, che subito dopo smette di suonare e mi aggredisce con un cesto per mettere soldi! Gli do 1 Dirham e mi ribadisce che ne servono almeno 10… Gliene do 5 e me ne vado! Ma guarda te che modi! E’ così bella e suggestiva l’atmosfera creatasi, che basta una cavolata per guastare la festa! Non è la questione dei soldi, ma del come li chiedono che ti fa restare male! La piazza di Marrakesch è solo un posto per pelare il turista: va sconsigliato qualsiasi acquisto! Non è qua che si fanno gli affari: la stessa medina non ha niente di particolare ed è meglio comprare nei paesi più piccoli, dove è più facile trovare migliori prodotti e di qualità.
Disgustati di questo ennesimo fatto fastidioso, decidiamo di tornarcene in hotel e a mezzanotte siamo già in sonno avanzato!
Lunedì 01 gennaio 2007: Marrakech – Cascate Ouzoud, 180 Km
Andiamo in taxi fino alla piazza grande, anche se è a 1,5 km e ci chiedono 20 Dirham. Per strada si vede di tutto e c’è di tutto: vediamo una Mercedes di lituani, che sul cofano davanti al posto del simbolo Mercedes ha un rubinetto per l’acqua! Nella piazza grande c’è sempre vita e attività in particolare risaltano in bella mostra i cobra ed i lori antipatici incantatori: una ripresa video di pochi secondi mi è costata 10 Dirham e il primo va “fanculo” del 2007! Qualsiasi cosa che fai la paghi! E’ una cosa indegna! Ti aggrediscono sempre in malo modo con il loro cesto per l’elemosina! Lasciatemi fare la foto e dopo te li do questi soldi, caspita! Ci sono poi delle povere scimmie in gabbia con qualche spiraglio per l’aria, che si agitano per uscire: vengono anch’esse tristemente usate per far soldi… Sono penosamente in vendita anche tartarughe, specie di varani e iguane… povere bestie.
Ci perdiamo nella medina anche se gran parte dei negozi sono ancora chiusi causa la festa. Entriamo nel souk quasi per caso: solite cose in vendita, sembra però un mercato spento o meglio solo per “turisti” e non c’è la stessa atmosfera respirata a Fes. Almeno è un sollievo che la gente non è scocciante e insistente.
Mangiano un pasta senza sale al ristorante “Venezia” davanti alla moschea grande per 190 Dirham con calamari fritti e una mancia obbligatoria di 5 Dirham! Ritorniamo all’albergo sempre in taxi e questo per fare la stessa strada ci chiede 15 Dirham. Appena saliamo sul Land spunta uno che si spaccia per il guardiano: che palle vuole 20 Dirham e gliene do 15 e basta. Che ossessione!
Usciamo da questa città dinamica e confusa alla ricerca di un po’ di sana natura e ci dirigiamo verso le cascate del Ouzoud.
Attraversiamo tutta una bella pianura con l’Altas alla nostra destra e facciamo una breve deviazione a vedere il Ponte Naturale a Demnate: è una vecchia grotta che ora funge da ponte attraversata da un torrente e con molte concrezioni sulla volta. Ovviamente se si vuole parcheggiare, tocca pagare e quindi Alberto per non dargli la soddisfazione mi aspetta sul Land. Faccio foto e video di rito quando uno stormo di uccelli (tipo le tacole dei Monti Lessini veronesi) comincia a danzare entrando e uscendo dal ponte naturale: proprio un bello spettacolo!
Il tramonto rende ancora più bello questi posti e ci avviamo verso le cascate. Il colore rosso predomina e risalta ovunque. Ci fermiamo al camping alle cascate, dove ci chiedono solo 20 Dirham.
Martedì 02: Cascate Ouzoud – Zaouia ech Cheikh, 160 Km
Alberto di buon mattino pulisce il land e lo cura con manutenzione varia. Poi visitiamo le cascate del Ouzoud: si trovano ad una quota di 800 metri e sono tipo le cascate dei laghi di Plitvize in Croazia, ovvero tutte in tufo calcareo. Un berbero, Ibrahim, ci avvicina al campeggio e anche se gli diciamo che non ci serve un accompagnatore, insiste talmente tanto (come fanno tutti qua) che dobbiamo cedere, ma ne varrà la pena. In Marocco c’è un detto: “di un berbero ti puoi fidare, di un arabo no”. Lo abbiamo provato ed è vero!
Ibrahim non vuole subito i soldi, ma desidera prima che facciamo la visita e poi decidiamo noi cosa lui merita. Il gesto ci è molto gradito! Ci informa che durerà qualche ora e dovremmo fare circa sei chilometri per andare e tornare. Partendo dalla spettacolare panoramica su queste cascate alte 120 metri, scendiamo tra gli ulivi fino al letto del torrente, che inizialmente presenta cascate di qualche metro e per brevi tratti diventa una forra con belle vasche e terrazzi tutti coltivati. Continuiamo tra la vegetazione simile a quella della giungla fino ad arrivare alla modesta caverna in spettacolare travertino: dalle dimensioni di circa 10x5x5 metri è piena di concrezioni in travertino, colonne, stalattiti e stalagmiti tutte appunto bucherellate. Per dirla alla triestina è proprio un posto cocolo da visitare! Al ritorno facendo molte soste perché la guida per darsi forza deve fumare il kif nella caratteristica pipa piccola e lunga, ci dice che vi sono altre 20 grotte simili a 15 km più a monte ed una di queste consiste in una galleria di 200 metri. Non sono molto famose ed è meglio così perché altrimenti sarebbero oggetto di vandalismo dalla gente locale. Non abbiamo molto tempo a disposizione e ci invita a visitarle una altra volta. Tutta la zona circostante è caratterizzata da profonde valli e gole in calcari dall’aspetto rossiccio, che non abbiamo esplorato ma la zona è interessante.
Ritorniamo indietro e passiamo proprio sotto le cascate: ci sono piccoli bar con vista panoramica, alcuni riservati “ai figli dei fiori” ed ai “rasta fans di Bob Marley”! Un bel ponticello collega i due versanti delle cascate e volendo ci sono un paio di zattere allestite con tanti bei fiori e decorazioni di plastica disponibili per un giro. Alla fine della piacevole gita durata 4 ore chiediamo a Ibrahim quanto vuole e ci dice che in Marocco normalmente gli accompagnatori sono pagati dai 15 ai 24 Euro. Gliene diamo 20.
Ritornati al camping pranziamo con una succulenta pasta al tonno (!), in compagnia di una gallina invadente ed un povero cane: mai visto una gallina così educata e addomesticata che spaventa persino il cane! Partiamo per Beni Mellal scendendo lungo la strada che costeggia la prosecuzione della forra in interessanti rocce carbonatiche dalla potenza da decimetrica a metrica.
Attraversiamo Beni Mellal, che sulla carta è segnato in piccolo ma è una città molto grande, e cerchiamo un albergo a Kasba Tadla: roba da paura! Fanno schifo! Ce ne sono due, ma neanche in colonia si vedono quelle stanze! Proseguiamo per altri 30 km ed esausti ci fermiamo all’Hotel Imichil per 250 Dirham, anche se senza colazione e cena: tutto è nuovo e pulito con bagno completo (volendo si può scegliere). In compenso possiamo mettere il Land in garage!
Mercoledì 03: Zaouia ech Cheikh – Meknes, 200 Km
Partiamo alle 8.30 e osserviamo che in tutta questa tratta da Beni Mellal fino a Knenifra non ci sono molti hotel. Il paesaggio è sempre colorato ed i monti sono modellati alternati da lunghi altopiani. Per non passare di nuovo per Azroud, a M’Riti deviamo verso Boufrakiane fino a Meknes: solito casino e per capire la città l’unica soluzione è fare un giro dentro e fuori le mura più volte.
Affamati cerchiamo un posto e la prima cosa che ci capita è il McDonald’s: almeno so cosa mangio! Pernottiamo all’Hotel Ibis, che dista qualche metro più in là. Costa 550 Dirham solo con colazione, ma è un confortevole e lussuoso albergo. Verso sera andiamo alla medina in taxi (5 Dirham). Facciamo un giro delle mura imperiali e nella piazza, simile a quella di Marrakech anche se più piccola, ci sono i soliti “artisti” di strada più o meno improvvisati: un tipo che si sdraia sui cocci di vetro, un cantastorie e un contorsionista attirano l’attenzione di molte persone. Ho quasi la fobia di fare foto, perché temo che poi mi chiedano soldi! Mi diletto io in pose contorsionistiche per fare la foto da lontano e passare inosservata!
La gente comunque è tranquilla e non ci avvicina nessuno. Il souk è ricco di abiti e tessuti moderni. Riusciamo a trovare un bel tappeto da 70 centimetri ed essendo l’unico ci fanno un prezzo “catastrofico”: 20 Euro! Sono gli unici commercianti simpatici e cordiali che abbiamo incontrato fino ad ora. In generale comunque non c’è la stessa scelta che si trova a Fes, quindi conviene là!
Torniamo all’albergo sempre in taxi: si divertono a provocare ingorghi nelle strade e spesso ci si trova a giocare al millimetro porta su porta! In hotel ceniamo per 200 Dirham un primo e secondo.
Giovedì 04: Meknes –Chefchaouen, 286 Km
Colazione abbondante e partenza! Ovviamente 0,50 Euro per il custode e via tra i colli ricchi di ulivi. Passiamo per curiosità per il sito archeologico romano di Volubilis e visti i quattro “ruderi messi in piedi” (niente paragonabile a Dougga in Tunisia), lo fotografiamo da lontano e basta.
Attraversiamo Moulay Idriss e i paesi degli ulivi: sugli incroci si trovano spesso tende con gente accampata per fare la guardia ai cumuli di olive, che aspettano di essere caricate a suon pala. Giriamo tra le colline a quota tra i 100 e i 250 metri, dove troviamo i primi prati e mucche brune al pascolo. Tutto è coltivato. Seguendo la direzione di Quezzane da Fes el Bali la strada finisce sotto il lago artificiale: hanno fatto un diga seppellendo la provinciale e in alternativa hanno tracciato una strada non asfaltata dai tratti a volte molto pendenti, sconnessa, dura, ciottolosa e con un leggero toule ondulè. Lungo i suoi 15 chilometri abbastanza faticosi offre però uno spettacolare e meritevole panorama sul lago dall’acqua pulita e azzurrissima! La gente è tranquilla e sorridente: sembra che non passino molti turisti e gli unici mezzi che incontriamo sono i mini pulmini stile “A-Team” strapieni di esseri umani! A Mjaara finisce il patimento e poi non è un gran ché.
Con tante curve arriviamo diritti a Chefchaouen, singolare e pittoresco paese arroccato sotto una montagna pieno di bambini che ti chiedono soldi! Se ti rivolgi in modo sgarbato, però stanno buoni! Qualcuno cerca di farci da custode, ma cambiamo posto in continuazione finché troviamo un parcheggio apparentemente libero. Visito una camera del Hotel Rif: 250 Dirham con bagno completo e colazione. Non mi soddisfa e alla fine andiamo al Hotel Madrid per 300 Dirham, perché mi attira per la sua originalità e arredamento tipico marocchino con tanti colori. Il top però è la camera con il letto a baldacchino! In contrasto con tutto questo il bagno è mezzo diroccato ovviamente!
Ceniamo con quello che abbiamo portato in camera e poi andiamo a fare una passeggiata serale in medina: è molto suggestiva, dinamica e piccola, quasi “intima”, in salita e pulita presenta la caratteristica di avere le case mezze bianche, violette e azzurre e le porte basse in pieno stile arabo/marinaresco sempre azzurre. Nelle piazze interne ci sono tanti bei localini per ristoro. Le donne spiccano per la varietà e l’accostamento dei colori dei loro vestiti.
Venerdì 05: Chefchaouen – Tetouan – Larache, 260 Km
Facciamo colazione in camera e poi andiamo a vedere il souk di giorno. Sono le 9.20 e quasi tutti i negozi sono chiusi. Appena alle 10.30 aumenta la vita nei vicoli. Accendiamo il Land per partire e un tipo si avvicina presentandosi come il guardiano della nostra jeep. Ovviamente pretende soldi e si accontenta di 5 Dirham. Uffa! Non era scritto da nessuna parte parcheggio a pagamento!
Invece di andare dritti per Tangeri, deviamo verso Tetouan e percorriamo la bella valle del Qued Laou fino al Mediterraneo. Il mare è calmo e ci fermiamo su una spiaggia inesorabilmente piena di immondizie. Mangiamo un panino e un cane randagio mal messo si avvicina per condividere timidamente qualcosa: pure lui ci fa compassione! Poi arrivano comunque le galline domestiche: qua è una accoppiata che funziona! Tutta la costiera offre un bel panorama con i versanti a rocce scistose traslucide molto didattiche.
Passiamo in periferia di Tetouan e decidiamo di andare a vedere subito l’oceano a Larache. Il paesaggio è collinare tutto coltivato e dedito al pascolo di mucche. Una leggera e strana nebbiolina caratterizza tutta la zona. Lo spettacolo dell’oceano dal paese ci lascia a bocca aperta: le onde si infrangono impetuose nel golfo avvolgendoci in una atmosfera poetica! Giriamo attorno al Castello dei Cinqueros quasi del tutto diroccato e cerchiamo una strada costiera che ci porti in una spiaggia isolata. Per caso finiamo tra le baraccopoli di Larache con grande stupore e disgusto: non so come fanno a vivere in mezzo all’immondizia! Percorriamo la strada per Rabat, ma si discosta troppo dalla costa e quindi insistiamo tra le strade di campo fino a trovarne una che passa sotto l’autostrada, la cui costruzione ha troncato le strade normali (è raro trovare un sottopassaggio!).
Dopo 10 chilometri di campi coltivati con contadini increduli che ci guardano passare, troviamo un bel boschetto di alberi tipo eucalipto. Il GPS e l’istinto fuoristradistico ci portano su piste fino a trovare la costa a picco sull’OCEANO grande e libero!! Stupendo, uno spettacolo emozionante, onde a cavalloni prorompenti, rumore dei frangenti simile a tuoni e lampi, uno che segue l’altro e sempre diversi! All’orizzonte un po’ di nebbia, che si avvicina: è l’aria nebulizzata dalle onde che si esauriscono sulla costa. Vorremmo fare il campo qui, ma non sapendo come funziona l’ambiente ci spostiamo verso l’entroterra tra gli alberi al riparo dall’aria. Intanto l’oceano ci parla lo stesso con il suo fragore impetuoso. Tempo di mettere l’acqua in pentola per una pasta e arriva una jeep verde con tre militari. Si avvicinano e senza tanti convenevoli ci dicono solo “interdicte!” senza dirci il motivo! Gli rispondiamo che mangiamo e poi ce ne andiamo. Uno ci chiede incuriosito se siamo quelli della Parigi – Dakar e Alberto dietro di me ribatte: “Sì, quei persi!”. Mi tengo dal ridere e gli mostro gli spaghetti: siamo italiani, dove c’è Barilla c’è casa o no?! Il tipo sorride e se ne va tranquillo. Tempo di finire la pasta che dal boschetto arrivano due militari, di cui uno col fucile! Eh che palle! Ok! Ci lasciano stare e finiamo velocemente. Accendiamo i fari del Land e vediamo che tutto attorno a noi ci sono 4 uomini di guardia ed uno sempre col fucile! Oook! Vaaa Benee!! Via di corsa senza domande! Pochi metri dopo la nebbia si fa densissima e la visibilità è quasi nulla. Per fortuna che andiamo piano, perché incontriamo lungo la strada un trattore senza fari! Sfruttando il GPS riusciamo ad uscire da quel inferno bianco! Ci dirigiamo a Larache ed il primo albergo è nostro. Pernottiamo all’Hotel Belle Vue per 240 Dirham senza colazione ma con televisione. L’albergo di fronte costava invece 320. Ovviamente comunque il guardiano lo paghi e questo vuole subito 1 Euro! Il tipo del nostro hotel ci spiega che da Sud di Larache fino a Rabat è vietato il campeggio libero per problemi di sicurezza a causa dei clandestini.
Sabato 06: Larache – Asilah – Tangeri, 110 Km
Ci svegliamo con la nebbia e ce n’è talmente tanta che piove! Il tipo dell’hotel ci dice che sono 4 giorni che continua così fino alle ore 14 del pomeriggio. Partiamo per Tangeri e le nebbia pian piano dirada e a tratti c’è anche il sole. Visitiamo le Grotte d’Ercole quale tappa turistica segnata sulla carta: sul piazzale ci sono anche tre poveri dromedari tanto puzzoni, che fanno da cavie per turisti… Queste grotte sono state usate come cave per estrarre pietre da macina.
Lungo la strada ci fermiamo ad una bancarella a comprare alcuni oggetti in ceramica: per 15 Euro ci portiamo a casa 2 grandi vasi, 2 tagine (pentola in terracotta per cucinare in umido), 4 portaspezie e ancora ci regalano altra roba! Incredibile!
Ci fermiamo su una grande spiaggia a fare la foto di rito al Land sull’Oceano.
Alcuni militari ci avvicinano spiegandoci che tutta la costa è interdetta (ci sono postazioni di guardia a vista) di notte a causa dei clandestini, ma di giorno si può stare.
Continuiamo fino alla punta settentrionale dell’Africa Cap Spartel: niente di eccezionale, solite immondizie!
Arriviamo a Tangeri e cerchiamo un hotel. Quello più pulito e confortevole più vicino al porto che troviamo è il Marco Polo sul lungomare per 300 Dirham a notte (qua stiamo due notti). Andiamo in camera e Alberto trova il WC con una bella “frenata” di un ospite precedente! Avvisiamo alla reception della scoperta e gli diciamo di pulirlo, mentre noi siamo fuori a cena…
In un fast–food troviamo il primo pollo intero del Marocco e ce lo mangiamo di gusto! Infatti nel menù ti offrono o il petto di pollo o bocconcini, buoni ma poco soddisfacenti.
Per smaltire passeggiamo sulla spiaggia di Tangeri e ironizziamo sulla vaga e remota somiglianza con il golfo di Trieste! A parte gli scherzi consiste in una spiaggia larga 200 metri su un arco di 1 km piena di squadre di giovani che giocano a calcio, ognuno il suo! Tutto attorno palazzi moderni e impattanti sulla costa.
Ritorniamo in albergo e scopriamo che il WC non è pulito! Ma come?! Li ho visti pulire anche le viti delle maniglie e non disinfettano i bagni?! Ritorno alla reception per lamentarmi e mandano un signore factotum, che in scioltezza mi pulisce il WC davanti agli occhi con lo scopettone! Eh che caspita sono capace anche io! Ritorno di nuovo in reception allibita dalla presa in giro e il tipo scazzato fa finta di non capire più il mio inglese maccheronico! Non occorre aver studiato a Cambridge per capire di pulire il cesso visto che ti pago pure 30 Euro a notte! Comincio a litigarci incredula della scena assurda, finché mi chiede anche cosa voglio allora?! Come cosa voglio testina!? Ormai la figura di merda (appunto!) la ha fatta lui e alla fine ci cambia la camera. Insolenti sono!
Domenica 07: Tangeri – Ceuta – Tangeri, 135 Km
Facciamo una abbondante colazione per 12 Dirham a testa (1 Euro e 20 cappuccino, succo e briosches!) in un bar fuori dell’albergo e girovagando un po’ notiamo che là attorno ci sono molti hotel, locali e ristoranti. Neanche il tempo di prendere qualcosa in auto che il guardiano ci assale chiedendoci soldi perché deve andare a dormire (poi non era vero!)! Gli offro 5 Dirham, ma ne vuole 10. Uffa alla fine 8 e basta! Ci dirigiamo verso Ceuta: gli ultimi 20 chilometri della costa sono distrutti, perché stanno ampliando e potenziando il porto di Tangeri Mediterraneo e non si fanno certo problemi di impatto ambientale. Stanno prolungando l’autostrada e grazie agli sbancamenti è possibile meglio vedere la geologia della zona: le pareti sono variamente colorate di verde, viola, rosso, giallo per la presenza di una stupenda sequenza di rocce metamorfiche di medio – basso grado, il cui colore verde è dovuto alla clorite, mentre il viola traslucido al talco.
Le vette delle montagne dell’entroterra sono però di origine calcarea leggermente cataclasate e modellate dall’erosione e corrosione carsica. Arriviamo fino a Ceuta e la ammiriamo poi dall’alto: è una città autonoma spagnola particolare, un lembo di Europa in Africa ed insieme a Melilla in Algeria costituisce uno dei due luoghi africani storicamente in mano alla Spagna. Certo che questa parte del Mediterraneo è singolare: lo Stretto di Gibilterra è inglese e la punta del Marocco è spagnola!
Ritorniamo indietro percorrendo “la strada dei mulini a vento”, installati tutti in fila sulla cresta dei monti.
A Tangeri passiamo il tempo dentro il caos della medina, ma dopo aver visto quella di Fes, questa non ci dice molto. La gente poi è antipatica e cerca sempre di attrarti dentro il proprio negozio.
Ormai è sera e dopo aver mangiato di nuovo nello stesso posto l’unico pollo intero del Marocco, torniamo in camera e stranamente è tutto pulito col letto rifatto: incredibile!
Lunedì 08 – Giovedì 11: Tangeri – Algeciras – Barcellona – Genova = 4 GIORNI DI NAVE
Solita colazione abbondante al solito bar per 1 Euro e 20 a testa, 10 Dirham di nuovo al guardiano e 19 Dirham (= circa 1 Euro e 90) di spesa varia: 1 kg e mezzo di arance, coca da litro, pane! Il Marocco è proprio conveniente per la frutta e verdura.
Alle 9.00 siamo in porto e ci vuole una ora per sbrigare le carte in dogana: 5 Euro per convalidare i biglietti e poi altri 3 ad un altro tipo per passare il controllo della polizia. Per 10 Euro ci avrebbero fatto tutto loro, ma ci siamo arrangiati comunque.
Ci mettiamo in fila davanti ad un traghetto e conosciamo una coppia di ragazzi speleologi (pure loro) di Pistoia, Christian e Viola. Gli chiediamo come è andata e quante fregature hanno preso. Ci rispondono 50 Euro per essere tirati fuori dalla sabbia nel lago salato di Merzouga! Piacere, noi 180 Euro: siamo tutti in buona compagnia e ci consoliamo le reciproche “ferite” del viaggio in Marocco! Ci raccontano che si sono insabbiati e dopo un pò che Christian scavava da solo circondato da alcune persone divertite della scena, gli ha chiesto un aiuto. Loro gli hanno risposto che per 100 Euro si poteva fare! Lui allora si è arrangiato un po’ da solo e poi sfinito ha trattato sul prezzo: per 50 Euro si sono poi mosse 15 persone! Questo è Marocco!
Nel frattempo i portuali marocchini ci fanno spostare davanti ad un altro traghetto. Di nuovo altra fila. Aspettiamo un po’: è quello sbagliato! Ah! Si scusano e ci fanno tornare davanti a quello di prima! Italiaaa… Unooo!! Avanti e indietro per il porto! Questa è Africa! Passano altre 2 ore, durante le quali assistiamo a scene di clandestini: un camion in corsa presenta nel cassone sotto il rimorchio un marocchino che sta tentando di chiudersi dentro: lo hanno fermato e “punito” con un paio di bastonate. Un altro sotto i miei occhi ci prova con un camion fermo di fianco a noi. Quando esclamo ad Alberto e agli altri: “Guarda quel tipo cosa fa!”, lui si gira e mi chiede: “Cosa hai visto tu?”, ed io intimorita: “Lui il mio pilota! Stavo parlando con lui! Tranquillo”. Visto niente, non so niente! Mi guarda dentro la macchina e mi chiede se posso aprirgli dietro per vedere se c’è spazio! Io muta gli indico il padrone della jeep e lui mi risponde: “Ah, allora non si può fare niente, ciao!”. Ah però! Alberto gli ha fatto paura! Il tipo continua comunque a cercare altre macchine o camion dove infilarsi: sono scene a cui assisto quasi allibita perché è una realtà di cui ho sempre solo sentito parlare e viverla è diverso. Tra un brivido e l’altro, un ridi e scherza, partiamo finalmente dopo mezzogiorno e arriviamo ad Algeciras alle ore 16.00 abbondanti. Sbarchiamo alle 17 passate: insomma UN GIORNO intero per passare dal Marocco alla Spagna! Ci pare assurdo! Facciamo la dogana spagnola e alle 18.30 ci imbarchiamo sulla Grimaldi M/N Victory nuovamente. Andiamo a cena dove ci aspetta ancora il menù fisso e per caso sentiamo che l’arrivo è previsto per giovedì… Ma come?! Oggi è lunedì sera e arriviamo giovedì?! Come è sta storia! Da qua comincia una odissea… Andiamo alla reception e ci specificano appunto che arriveremo a Genova fra 3 giorni con UN GIORNO fermi a Barcellona dalle 7.30 alle 21.00 senza poter scendere! Come è possibile impiegare QUATTRO GIORNI per tornare a Genova??!! UN GIORNO per passare dal Marocco ad Algeciras?! Abbiamo scelto questa compagnia perché con la qualità del Suo servizio ci avrebbe portato a destinazione in 48 ORE. Come si può passare 6 giorni in nave per la linea Genova – Tangeri quando il servizio era di 4 giorni andata e ritorno??!! (Ciavada –italiana- N°9). Ci spiegano che non dipende da loro, che capiscono l’inconveniente, si scusano dicendo che la linea per Tangeri era appena partita per questo periodo di Natale e ci sono stati alcuni intoppi burocratici imprevedibili coi marocchini. Alberto si incazza col comandante più volte e ci difendiamo dicendo che i patti iniziali non erano quelli e che c’è stata una cattiva informazione di base. Infatti parlando tra passeggeri (non tutti sono partiti lo stesso giorno) ci rendiamo conto che tutti abbiamo ricevuto due giorni prima di partire una comunicazione che avvisava del mancato arrivo a Tangeri e dello scalo ad Algeciras, ma poi niente altro specificato. In seguito a questo fatto in nave ci sono state delle forti lamentele sia da parte nostra sia di altri passeggeri e dopo una estenuante trattativa riusciamo a farci concedere almeno lo sbarco a Barcellona. Il viaggio con la Grimaldi questa volta non è stato piacevole e siamo rimasti delusi, ma siamo anche convinti che come tutte le novità con il tempo si sistema tutto e che la linea sarà funzionale senza influire su persone che pagano per avere un servizio che poi non hanno.
Nonostante tutto ironizziamo su come andare più veloci, visto che la nave si muove lenta come una tartaruga a 14 nodi, perché deve arrivare a Barcellona entro l’orario previsto da loro anche se siamo partiti un giorno prima. Pensiamo che forse se ci facciamo trainare dai delfini che ci fanno compagnia in questo lento viaggio, arriviamo prima! Oppure usiamo le piastre da sabbia e la tavolata da snowboard di Christian sotto il Land come surf! Che noia sto viaggio in nave! Lunghissimo! Ci dobbiamo drogare di televisione per passare il tempo!
Finalmente Barcellona e si scende. Almeno nel disagio abbiamo guadagnato una visita qua. Passeggiamo lungo La Rambla e andiamo a visitare il tempio de La Sacrada Famiglia di Gaudì. Paghiamo 8 Euro e con gran stupore scopriamo che è ancora in costruzione dal 1890!
Non lo sapevo e dopo essermi mezza incazzata, perché mi fanno pagare per vedere una cosa ancora incompleta (ignoranza mia!), ho compreso tutto e ci siamo gustati la visita. Saliamo con l’ascensore la torre di 60 metri e il panorama su Barcellona è stupendo. Scendiamo divertiti per le scale a chiocciola, che insieme a tutta la chiesa rappresentano proprio il frutto di una mente bizzarra e creativa oltre il limite.
I particolari di questo posto sono talmente tanti e con una loro logica che niente è ridondante e tutto mi affascina. Prendiamo la metropolitana e ritorniamo lungo La Rambla, che nel frattempo si è riempita di artisti di strada. Rientriamo in nave a metà pomeriggio e ripartiamo.
Sbarchiamo a Genova giovedì 11 gennaio alle ore 16.00, dopo una lunga permanenza in nave quasi come fosse stata la casa del Grande Marinaio, anziché Grande Fratello! Nessuno controllo in dogana italiana. Fuori subito dal porto. Che bella l’Italia…
Anche questo viaggio è fatto, tanto emotivo e un po’ amaro, 4400 Km di gioie e dolori… non tutto il deserto è paese, ma d’altronde è Africa anche questa.
Barbara Grillo (radi587@yahoo.it) &Alberto Casagrande (westlife@libero.it)