By Luciano Pieri
Originally Posted Tuesday, January 31, 2012
GILF el KEBIR
viaggio sulle tracce di Laslo Ede Almasy il “Paziente inglese”
testo e foto di Luciano Pieri
Lo conosciamo come il romantico personaggio del libro scritto da Michael Ondaatje, portato poi sullo schermo dal regista Anthony Minghella con il volto di Ralph Fiennes, ma il “Paziente Inglese”, alias Laslo Ede Almasy è veramente vissuto.
Nato da padre ungherese e da madre austriaca il 22 agosto 1895 nel castello di Bernstein, allora Ungheria ma attualmente Austria, già a sedici anni ottenne il brevetto di pilota di aerei e come tale combatte sul fronte italiano nella guerra 1915-18 ottenendo anche una medaglia al valore.
Parlava correntemente sei lingue: ungherese, tedesco, inglese, francese, italiano e arabo.
Agli inizi degli anni venti trovò impiego come collaudatore nella fabbrica di automobili Steyr di Graz.
Indicando l’Egitto quale possibile mercato d’esportazione, fu autorizzato dal suo datore di lavoro ad andare laggiù per collaudare i veicoli Steyr in condizioni estreme.
Sapendo anche trasformare in sponsor dei suoi progetti, banche, giornali e privati, compì dal 1926 al 1931 spedizioni in auto, per quei tempi al limite dell’estremo, come il viaggio da Mombasa in Kenia fino ad Alessandria in Egitto, percorrendo per la prima volta la storica “via dei quaranta giorni” (darb al-arba’in) utilizzata fin dai tempi dei faraoni per tutti i commerci con l’Africa nera, compreso il traffico degli schiavi.
Nel 1932 con tre inglesi: sir Robert Claiton-east, uno sportivo dell’aria che mise a disposizione il suo biplano, H.G.Penderel, comandante di squadra della RAF e Patrick Clayton topografo, partì verso il quasi inesplorato sud-ovest egiziano, l’altipiano del Gilf el Kebir, alla ricerca della mitica oasi di Zerzura.
Almasy aveva letto antiche fonti arabe ed in particolare il “Kitab al-durr al-maknuz”,(Il libro delle perle sepolte).
Tra tante cose conteneva il seguente paragrafo:
“Descrizione di una città e della via per arrivarci”……..si trova ad est della cittadella di Alsuri.
Ci troverai palme da datteri, viti e sorgenti. Segui il wadi e sali, finché incontri un altro wadi che porta ad ovest in mezzo a due colline.
Lì troverai un sentiero, seguilo ed arriverai alla città di Zerzura. Troverai chiuse le porte.
E’ una citta bianca come una colomba. Sulla porta d’ingresso troverai un uccello scolpito nella pietra. Allunga la mano fino al suo becco, prendi la chiave, apri ed entra nella città.
Troverai grandi ricchezze ed il re e la regina addormentati nel castello. Non ti avvicinare a loro e prendi quel che puoi degli oggetti preziosi. La pace sia con te.
Su questa leggenda e sui rapporti di viaggio dell’inglese Wilkinson del 1835, del principe egiziano Ahmad Hassanein Bey del 1923 e del pricipe Kamal-al Din degli anni 1920, dette inizio a quella spedizione che seguita da altre, gli fece esplorare e cartografare il grande altipiano, con una superficie pari alla Svizzera, con pareti di mille metri a picco sul Deserto Libico, al quale, proprio Kamal-el Din dette il nome di Gilf el Kebir (Il grande scoglio), già conosciuto anticamente dalle popolazioni Tebu, una etnia della regione del Tibesti, che risalivano verso nord per portare i loro armenti a pascolare nelle valli, allora ricche d’acqua, del Gilf el kebir, che essi chiamavano Gebel el Shamati (Il monte del nord).
Ho avuto la fortuna di visitare per quattro volte questa affascinante zona del grande Sahara e per quattro volte ho percorso rotte diverse.
Parlerò di quella che parte da sud dall’oasi di Dakhla, a ovest di el-Kharga, che ai tempi di Almasy era il punto di partenza.
Usciti dall’oasi si percorre un breve tratto di asfalto e subito dopo si affronta in direzione ovest il grande deserto dove per una quindicina di giorni già sappiamo che non troveremo ne’ oasi ne’ pozzi d’acqua.
Vuoto delle nostre comodità ma pieno di luoghi di un fascino indescrivibile, la prima sorpresa che riserva è una collinetta chiamata Abu Ballas.
Quando Almasy ci arrivò vide insabbiate qualche centinaio di giare in terracotta, ora ridotte a pochi cocci dai soliti vandali, anticamente deposito segreto di acqua, finora non è stato svelato né quando furono messe lì né da chi.
Sempre a ovest per arrivare in una grande valle dove la natura, con l’erosione eolica, si è divertita a fabbricare centinaia di strane figure di fango simili a sfingi o meglio a leoni, che qualcuno ha voluto chiamare “red lions”.
In circa due giorni si giunge sotto la parete sud del Gilf el Kebir in una piatta pianura dove gli inglesi, durante l’ultimo conflitto mondiale, costruirono, ancora visibile, un piccolo campo d’aviazione, segnato da bidoni per carburante insabbiati e dal quale partivano le incursioni aeree contro le truppe italo tedesche dislocate ad El Kufra, Tobruck, El Alamein.
Il nome di questo campo “8 BELLS” è scritto sempre con i bidoni ed ancora leggibile.
Siamo ai piedi del Gilf el Kebir, si parte da qui alla ricerca delle tre valli esplorate e rilevate con esatto metodo cartografico dalla spedizione di Almasy.
Sono tre wadi stretti e lunghi che si addentrano nell’altipiano: wadi Hamra, la valle rossa, wadi Talh, la valle delle acacie, wadi Abd el-Malik, dal nome dell’ultimo pastore che la abito. Poi Almasy ne trovò una quarta che lui chiamò wadi Sura, più piccola ma importante per le grotte con pitture rupestri tra le quali la “Grotta dei nuotatori”.
Proprio in questo wadi, un esploratore italiano, Massimo Foggini, nel 2002 scoprì una grotta, ora conosciuta come “Grotta Foggini” così ricca di pitture da poter essere definita la Cappella Sistina del Sahara.
Per salire sull’altipiano c’é una sola via, il Passo di Aqaba, difficile ed impegnativo che da sempre costituisce una specie di esame per i conduttori nel deserto.
Raggiunta la sommità del passo si apre davanti un mondo incantato fatto di valli, dune di sabbia rossa, paleosuoli ricchi di antichi strumenti litici databili fino a 300.000 anni fa.
Di solito dopo un attraversamento di un paio di giorni la discesa si effettua più a nord percorrendo una stretta gola designata col nome di chi la discese per primo, mister Lama, valida solo per discendere ed impossibile da risalire.
In fondo si sfocia sul wadi Abd el-Malik, forse la favolosa Zerzura, poi continuando verso nord si aprono davanti mille chilometri di dune altissime e corridoi, territorio chiamato appropriatamente “Il gran mare di sabbia”.
Qui circa duemilacinquecento anni fa scomparve inghiottita da tempeste di sabbia, una grande armata inviata dal persiano Cambise che, partita dall’oasi di Dakla per andare a punire il famoso oracolo di Siwa, non arrivò mai.
Il ritrovamento di questo favoloso esercito è stato, e lo è tuttora, il sogno di tutti gli archeologi.
L’arrivo all’oasi di Siwa segna la fine del grande viaggio perchè dopo, per arrivare al Cairo, la strada è asfaltata e relativamente facile.