By Simone Monticelli
Originally Posted Wednesday, January 10, 2007
Capodanno in Tunisia
23-12-2006 Da Genova a Tunisi
Oggi ci imbarchiamo, il traghetto parte alle 18. Scendendo da Milano incontro in autostrada innumerevoli automobili stracariche, alcuni addirittura fermi in corsia d’emergenza a sistemare il carico nei modi più impensati, è evidente che ci imbarcheremo sulla stessa nave.
Entrati in porto continuano le scene assurde di gente che pressa roba nei bagagliai, sui tetti, tra le ruote, insomma ovunque ci sia dell’aria da riempire.
La nave parte in ritardo e noi non avendo posto in cabina ci sistemiamo alla buona tra le file di poltrone di quello che doveva essere il cinema.
24-12-2006 Tunisi
Sbarcati a Tunisi cominciano le estenuanti pratiche doganali. Sulla nave abbiamo compilato una serie di foglietti dove tra una cosa e l’altra scrivi sempre la stessa pappa: Nome, Cognome, che auto hai e dove vai. A terra invece, consegni, timbri, fai firmare ti fai guardare in faccia, fai due o tre file, insomma fai un girotondo per guadagnare l’uscita al più presto, noi ci impieghiamo circa due ore.
Assieme a dei ragazzi conosciuti in nave e che sono diretti in Algeria, ci dirigiamo verso La Goulette, dove si trova l’albergo che avevano prenotato loro.
Raggiunto l’albergo in fronte al mare, prima di cena, sognando un mega couscous, colgo l’occasione per testare la moto sulla spiaggia.
25-12-2006 Verso Sbeitla
Inizia il giro vero, oggi attraverso una strada che costeggia l’antico acquedotto romano nei pressi di Oudna e ci dirigiamo a tutto sud verso Zaghouan. La strada che sulla carta Michelin doveva essere sterrata si rivela invece uno splendido nastro d’asfalto che serpeggia tra le montagne verdi. La temperatura è fresca, ma non ci mettiamo molto a scaldarci quando la nostra rotta attraverso il Jebel Chiric che si rivela impraticabile. I sentieri previsti dal mio programma a causa delle piogge dei giorni scorsi sono diventate delle trappole d’argilla.
Impariamo subito che con queste strade, che possono sembrare banali, non si scherza, dopo un primo tentativo le moto non si muovono più e ci vorrà circa un’ora nonostante l’aiuto di alcuni abitanti dei dintorni per ripulirle e per riuscire a proseguire.
26-12-2006 Sidi Aich e Tamerza
La notte a Sbeitla passa veloce, diretti a sud prendiamo la deviazione per Sidi Aich, dove si trova la diga omonima, questo, come gran parte degli altri nostri itinerari non attraversa zone turistiche, per questo ci fa assaporare la realtà del luogo, fatto di gente che lavora la terra rubando centimetri di sabbia al deserto, di persone cordiali che sorridono al nostro passaggio e che ringraziano se si scambiano due parole. Alcuni ci indicano una pista attraverso il fiume secco e le montagne bianche per raggiungere Magel Bel Abbes e poi grazie alla fantastica pista che corre lungo la ferrovia a Redeyef. I panorami di queste zone sono fortemente caratterizzati dalla presenze delle miniere che segna le montagne in maniera indelebile. Un pranzo veloce e poi seguiamo la famosa strada di Rommel, un’ottovolante tra le montagne che si affacciano a picco sul Chott El Gharsa. Percorrere questa pista ormai in disuso è un’esperienza unica, ad ogni curva è necessaria una sosta per le foto, ad ogni foto è necessario fermarsi per gustare il momento e magari dedicare un secondo per riflettere su cosa è significato costruire questa strada durata la guerra. A valle, quando abbiamo l’immensa distesa del chott che riempie il nostro orizzonte deviamo a ovest in direzione di Chebika, una splendida oasi di montagna incastonata tra sabbia e roccia. Dedicata un’oretta alla visita alla sorgente dell’oasi ci dirigiamo a Tamerza, dove pernotteremo al camping La Cascade. Le tre oasi di montagna offrono un’ottimo esempio di come un popolo abbia saputo adattarsi a situazioni di vita difficili, dove un’albero cresce accanto a una goccia d’acqua, e dove l’uomo ha costruito un villaggio sfruttando le palme e le montagne.
27-12-2006 Attraverso il chott verso Nefta
Oggi ci aspetta un’entusiasmante giornata, percorrendo la pista che scende da Redeyef al Chott, attraverso panorami mozzafiato raggiungeremo El Hamma du Jerid. Lungo la pista ad est della strada asfaltata che attraversa il lago salato sorgono piccole oasi dove non si incontra nessuno. Qui, percorriamo anche circa trenta chilometri di fuoripista su un fondo stepposo in direzione della traccia che ho sul mio GPS. Mentre procediamo lentamente tra sabbia e piante basse tentando di evitare quelle dall’arbusto più grande non posso fare a meno di sentirmi libero dai vincoli che la strada impone.
Oggi mi sono anche reso conto che il traversino di rinforzo del mio telaio portaborse tocca con la ruota nei dossi più impegnativi, quindi dopo un pranzetto in un ristorante di El Hamma andiamo da un saldatore a farlo modificare. In meno di trenta minuti il lavoro è fatto, spendo solo sei dinari e mi accorgo subito nei primi chilometri della pista successiva che ora è perfetta. Facendo un giro ad anello verso Tezeur, affrontiamo le prime dune nei pressi di Ong Jemel, dove sorge uno dei set dove furono girate alcune scene del film Star Wars. Qui ci divertiamo anche in occasione del passaggio di alcuni tunisini in fila indiana su dei Pegeut 103 che devono spingere a gambe larghe per salire sulle dune.
28-12-2006 Il Chott El Djerid
Inutile negare la mia emozione nel dover affrontare la pista che attraversa il Chott El Djerid ma anche un po’ di timore a causa delle piogge dei giorni scorsi che potrebbero rendere la nostra scelta impraticabile. Ci addentriamo nel chott inseguendo i punti memorizzati sul Garmin, trovandoci presto nel bel mezzo del nulla. Attorno a noi solo il piatto a 360 gradi, il terreno è molto umido e lo strato superficiale di argilla decisamente scivoloso, ma senza abbandonare le tracce non ci sono problemi. Qui le foto si sprecano e anche nei chilometri successivi non posso fare a meno di godere lentamente dei panorami di questa zona.
Procediamo per chilometri e chilometri senza incrociare nessuno, nel tratto finale del percorso ci ritroviamo tra le montagne russe seguendo una pista che scavalca dune rocciose molto alte dalla cui sommità si vede la traccia perdersi all’orizzonte. Qui abbiamo a nord il vuoto del chott, mentre a sud le alte dune di Redjim Maatoug.Dopo circa 120 chilometri di nulla raggiungiamo El Faouar dove tentiamo un fuoripista su dune in direzione Douz. Alcuni bambini dell’oasi ci consigliano una traccia che tuttavia seguendo ci porta solamente ad un pozzo troppo a sud rispetto alla nostra direzione. Il panorama di questo posto isolato ci ripaga ugualmente e dato che sta per tramontare il sole torniamo sulle nostre tracce e prendiamo l’asfalto per Douz.
29-12-2006 Tembain
Forse dovendo dare una meta precisa al nostro viaggio potrei dire che questa era Tembain, un panettone roccioso nel bel mezzo dell’erg al disotto di douz. Durante la pianificazione dell’itinerario e nelle consultazioni tra forum ed amici non nego che la possibilità di dover rinunciare a questa tappa si rendeva possibile. Il carico, l’autonomia necessaria l’essere soli senza fuorstrada al seguito rendeva il tutto più emozionante, ma ahimè un po’ più difficile da realizzare. Partiamo da Douz dopo aver fatto il carico di benzina alle taniche e dopo aver comprato l’acqua necessaria a far campo una notte e per due giorni di viaggio. La pista è fantastica, penetra nell’erg senza diventare mai troppo impegnativa. Raggiungiamo il parc Djebil all’ora di pranzo, so di una pista che taglia la zona recintata invalicabile e che ci eviterebbe trenta chilometri di strada, chiediamo quindi ai custodi se ci lasciano passare, spiegando loro che abbiamo problemi d’essance.
Questi acconsentono e simpticamente ci offrono anche il pranzo. Mangiamo un’ottimo couscous seduti sulla sabbia, facendo due chiacchere con questi simpatici ragazzi. Dopo pranzo ci indicano la direzione da seguire e partiamo dando loro appuntamento per il giorno successivo dato che per andare verso Ksar Ghilane ripasseremo da qui. Il tratto di pista che attraversa il parco è uno dei più belli percorsi fin ora, essendo un tratto chiuso navighiamo seguendo il GPS quando la traccia principale si perde.Raggiunta la vetta di una collina ci si apre all’orizzonte un panorama da sogno, oltre la valle sottostante racchiusa tra due rocciose montagne, dopo un maremoto di dune spunta il panettone di Tembain, la nostra meta. Emozionati ci mettiamo in moto e raggiungiamo il primo cordone i dune, dove sperimentiamo qualche insabbiata. Stanchi ma appagati, raggiunto il monte ci mettiamo all’opera per montare la tenda. Raccogliamo degli arbusti per fare il fuoco e accendiamo il fornello per cucinare i nostri risotti. Seduto davanti al fuoco, guardando il deserto penso al detto Touareg che dice : “Dio ha creato le città per vivere, il deserto per ritrovare se stessi”.
30-12-2006 Ksar Ghilane
Sveglia prestissimo, la notte in tenda è stata fantastica ma troppo veloce. Scaldiamo il te sulla brace ancora calda e dopo aver svuotato le taniche nei serbatoi ormai vuoti cominciamo a smontare il campo. E’ davvero un peccato dover abbandonare questo angolo di paradiso, ma la strada per Ksar Ghilane è ancora lunga quindi dobbiamo metterci in moto. Ripassiamo dai ragazzi del parco Djebil e con dispiacere gli diciamo che non ci è possibile pranzare con loro. Si legge il dispiacere nei loro occhi, ma gli prometto che ci rivedremo in un’altra occasione. Ieri, mi sono reso conto che la KTM sulle dune consuma davvero tanto, dopo 80 km sono in riserva e anche se rifacendo i conti sui consumi e i chilometri restanti ce la dovremmo fare, raggiunto il Cafè Du Parc provo a chiedere se c’è della benzina per stare più tranquillo. Chiaramente la risposta è no, ma con un bel po’ di dinari me l’avrebbero procurata. Non ci sto a farmi fregare e colgo l’occasione della presenza di un gruppo di italiani per chiedere loro due litri di benzina, che mi danno. Attraverso una bella pista a tratti rocciosa e a tratti su dune raggiungiamo il forte di Ksar Ghilane. Per salire al forte bisogna arrampicarsi su un salitone roccioso dopo aver scavalcato delle belle dune. Il panorama di cui si gode dalla vetta ripaga a pieno della fatica.
L’aria che si respira a Ksar Ghilane è completamente diversa rispetto a quella vissuta fino ad oggi. L’oasi colma di turisti di tutti i tipi ci porta un pochino alla realta’ pur essendo nel bel mezzo del deserto. Sul forte facciamo subito amicizia con dei motociclisti dediti a godersi il tramonto dalle mura del forte. Pur essendo per la prima volta in questa vacanza tra altre persone in moto mi sento comunque un alieno. Le facce perplesse degli enduristi amanti delle dune sono evidentemente attratte dal carico delle nostre moto. Sembra quasi risultare strano a loro che gente dotata di bagaglio e tenda possa arrivare dalla strada che abbiamo percorso.
Scendendo dal fortino incontriamo un ragazzo su un XT600 che ci ferma gridando: “siete Italianiiii? Dove finisce sta strada???”, io lo guardo un po’ perplesso e gli spiego che va verso in diversi luoghi, ma seguendo le tracce principali si arriva a Douz, ma gli sconsiglio di partire alle 17 e perdipiu’ da solo. Ceneremo assieme all’oasi la sera accompagnati da altri due ragazzi venuti fino a Ksar Ghilane in bicicletta. Durante la serata abbondano le discussioni sulle piste, i way point, le tracce, le condizioni stradali, si sfogliano mappe e si rileggono pagine di guide. Una piacevole serata tra gente che ama viaggiare, ognuno a suo modo, ognuno col suo spirito, ma accomunati dalla voglia di scoprire.
31-12-2006 L’anello su Ksar Ghilane
Non abbandoniamo di certo il deserto la notte di capodanno, quindi per oggi prevediamo un fantastico giro verso le montagne con destinazione Chenini, Douiret e Guermessa.
La mattina salutiamo i ragazzi in bicicletta che prenderanno anche loro ma di buon’ora la pista verso Chenini. La notte e’ stata fredda, le tende dei camping di Ksar Ghilane offrono branda e coperte, ma anche con sei di queste addosso sono crepato di freddo. Riempiamo le taniche in uno dei chioschi fuori dall’oasi e ci mettiamo in pista. Sassi aguzzi e tole ondulee ci accompagnano fino ad incontrare i ciclisti, che si voltano col viso gia’ stanco e ci assicurano che e’ dura. Li saluto con ammirazione, la pista e’ dura per me in moto, figuriamoci per loro che si spingono con le gambe e le braccia. Dopo 60 Km in cui mi sembra di essere sottoposto ad un massaggio shiatsu arriviamo a Chenini, dove dopo pranzo visitiamo la moschea dei sette Dormienti. Questa piccola e bella moschea si trova proprio dietro al paese e per raggiungerla si percorre una stradina asfaltata di recente.
Salendo sullo Ksar Guermessa ci sembra di entrare in un luogo leggendario, a picco sulla valle sorge questa fantastica citta fortificata che domina l’intera montagna. Noi l’aggiriamo percorrendo una piccola traccia e iniziamo il ritorno verso Ksar Ghilane. La pista che ci ritrovaimo a percorrere e’ da mille e una notte. La via del rientro inizia sperduta tra le montagne dietro Guermessa e prosegue prima tra fantastiche oasi seminascoste per poi inerpicarsi sul Djebel Ghar El jani. Qui ci accompagneranno fino all’oasi di Ksar Ghilane delle fantastiche dune rocciose intercalate da sabbia molle e roccia tagliente. Stiamo seguendo una pista realmente in disuso, non ci sono che le tracce coperte dalla sabbia e il ricordo del passaggio di qualche pastore.
A 15 chilometri da Ksar Ghilane incrociamo sulla nostra direzione la Pipe Line, la pista che segue l’oleodotto e che arriva fino in Libia. Noi taglieremo dritto puntando diretti alla nostra tenda gia’ montata nell’oasi e pregustando la festa per il capodanno.
La sera grande cena al ristorantino dell’accampamento, non mancano anche dei turisti italiani che ahime’ spiace dirlo non ci fanno bella pubblicita’ per il mondo, sia per alcuni atteggiamenti da maleducati nei confronti della gente che lavora, sia per certi commenti da puzza sotto al naso del tipo: “ma come sono sporchi questi bagni …. e ma l’acqua ha un odore strano … e ma non possiamo cambiare campeggio .. ecc ecc” io mi domando certa gente cosa pretende di trovare andando nel deserto, ma alla fine non e’ un problema mio.
La serata procede con una festa e un bello spettacolo berbero, ma sfortunatamente siamo troppo stanchi per attendere la mezzanotte e cosi’ come nel famoso film di Paolo Villaggio spostiamo le lancette avanti e ce ne andiamo in branda, questa volta nel sacco a pelo.
1-1-2007 Verso sud
Per raggiungere Tataouine, distante solo un’ottantina di chilometri da Ksar Ghilane decidiamo di fare il giro passando da sud. Ci lanciamo verso Kamur, limite della zona percorribile senza permessi, utilizzando una splendida pista che corre ad ovest della Pipe Line. Questa traccia offre lo spettacolo delle dune ad ovest e delle montagne ad est. Non manca la sabbia e a tratti anche qualche bella duna, che pero’ ormai affrontiamo come se fossimo degli espertoni e infatti non manca l’insabbiamento. A due chilometri da Kamur prendiamo la direzione ovest diretti all’intersezione con la Pipe, ci fermiamo a chiedere indicazioni ad un pastore che indicataci una pista tra le colline non esita a insistere per farsi fare una foto.
I pochi chilometri che ci separano dalla Pipe line sono un connubbio di sabbia e verde offerto dalle piante che sembrano sbucare dal nulla. E’ incredibile fermarsi a pensare come riesca la natura a sopravvivere in ambienti tanto ostili.
La pista verso Bir Amour fila dritta come un fuso fino ad incrociare l’asfalto della statale che porta al confine con la Libia. Tocchiamo per pochi chilometri il nastro bitumato dopo diversi giorni e lo abbandoniamo subito seguendo dei Way Point di Gandini che ci portano diretti sulla strada per gli Ksar. Dopo una visita a Ksar Ouled Soltane e a Beni Barka, raggiungiamo Tatouine, citta’ piacevole e tranquilla, famosa per i suoi dolci tipici, le Corne de Gazelle.
2-1-2007 Le montagne del Dahar
Tutte le piste segnate sulla michelin in questa zona come non asfaltate ormai sono state abbondantemente ricoperte di bitume. Un’attenta ricerca di passaggi ad est delle montagne dietro Ghromassen rivelano invece bellissimi itinerari non asfaltati che conducono direttamente a Matmata. La distanza da coprire e’ di circa 120 Km, non sono tanti ma specialmente il primo tratto del percorso non e’ da sottovalutare per quanto riguarda l’impegno enduristico. Bisogna prestare attenzione alle rocce affilate, che se prese con troppa nonchalance potrebbero rivelarsi fatali per gli pneumatici. Meglio andare piano e godersi i panorami mozzafiato, stupirsi dei balconi con le palme amorevolmente curati dai contadini della zona e fermarsi ogni qualvolta si vuole per prendersi il giusto tempo per una foto.
Il tratto finale verso Matmata e’ caratterizzato da dei profondi solchi sul tracciato provocati dalle forti piogge dei giorni precedenti il nostro arrivo e da una roccia rossa come il fuoco.
Arriviamo presto a Matmata, nota per le case troglodite e per essere un altro dei set dove sono state girate delle scene di Guerre stellari.
Troviamo un albergo dove ci concediamo un po di tempo per sistemare le moto, ormai visibilmente segnate dai 9 giorni di Piste.
3-1-2007 Torniamo a Douz
Gli ultimi giorni del nostro viaggio non prevedono delle tappe troppo impegnative a livello chilometrico ne tantomeno a livello delle condizioni delle piste. La stanchezza comincia a farsi sentire, quindi e’ giusto riposarsi e godere di tutto cio’ che offre il tratto di strada che va da Matmata a Douz. Questa tratta che potrebbe essere facilmente percorsa grazie all’asfalto che collega in circa 140 Km le due localita’ decidiamo di effettuarla utilizzando la Variante Gandini che parte da El Hamma.
Esiste una pista, segnata anche sulla Michelin che corre a ridosso del Jebel Tebaga e che collega El Hamma a Kebili in circa 90 Km. La pista di un fondo inizialmente sassoso e poi un po’ piu’ sabbioso offre degli scorci di paesaggio veramente stupendi.
Arriveremo a Kebili per l’ora di pranzo, quando seduti in un piccolo ristorante, mangiando pollo e patate fritte vediamo sbucare i ragazzi conosciuti sulla nave di ritorno dall’Algeria.
Iniziano gli abbracci e i saluti, incredibile incontrarsi qui, in questo piccolo scorcio di oasi e senza nessun tipo di appuntamento. Pranziamo assieme e ci raccontiamo gli eventi e le emozioni vissute fin’ora, dandoci appuntamento a Douz per la sera.
Noi prenderemo la direzione Douz seguendo una pista che parte poco piu’ a sud di Kebili, non abbiamo nessun tipo di riferimento, ma avendo un po’ di tempo a disposizione per percorrere solo 20 chilometri proviamo a zigzagare tra le oasi, le dune e il chott kebili godendo di fantastiche viste sul lago salato e sui palmeti carichi di datteri.
Un contadino ci ferma dandoci indicazioni di tagliare per delle dune e raggiungere una piccola oasi dopo Jemna, la tratta si rivela molto impegnativa e perdipiu’ il chott a tratti e’ allagato.
Dopo circa due ore abbiamo percorso solo 14 chilometri e quindi per evitare che faccia buio guadagnamo l’asfalto a pochi chilometri da Douz e quando io sono ormai in riserva sparata, arrivero’ al distributore proprio quando stavo per fermarmi ad aprire la mia fida tanica d’emergenza.
4-1-2007 Il Chott Fejaj
Oggi ci aspetta una splendida giornata che prevede l’attraversamento del Chott Fejaj e del Jebej Hachichina attraverso il passo omonimo.
Prendiamo la pista che attraversa il Chott pochi chilometri dopo Limagues, l’asfalto finisce quasi subito e dietro due piccole casupole inizia la traccia. Quando il GPS mi indica che a 50 metri inizia il Chott vedo dei solchi nel terreno provocati da un mezzo rimasto impantanato. Ci fermiamo e sondiamo la situazione a piedi. Il terreno sembra compatto, le tracce del disastro sono evidentemente vecchie, ma non nascondo che sono preoccupanti, si legge evidente come se quelle tracce fossero un libro aperto che per tirare fuori quel mezzo ci deve esser voluto diverso tempo e fatica. Procediamo a rilento ma l’emozione e il fascino provocato dalla sensazione di liberta’ che offre la distesa argillosa ci fanno dimenticare le paure e lasciano spazio solo al piacere dell’occhio.
Il Chott e’ un’emozione che a mio modo di vedere trascende quella delle dune, la perfezione del terreno piatto e livellato mista alla tensione nella guida a causa del terreno sdrucciolevole si fondono a pieno con i miraggi causati dal riflesso del sole sul deposito salino tipico di questi luoghi. Tutto finisce troppo in fretta, siamo gia’ a ridosso delle montagne, salutiamo questo luogo con rispetto e ci dirigiamo verso altre emozioni. IL jebel Hichichina e’ aspro e imponente, si presenta con delle formazioni rocciose che paiono quasi scolpite dall’uomo, si sale a rilento e in vetta ci fermiamo a fare il nostro campo per gustare i nostri cibi disidratati Italiani.
Prepariamo tutto e quando accendo il fornello con disappunto quasi tendente all’incazzatura mi rendo conto che questo ha smesso di funzionare. Faccio ancora il pieno di benzina alla boccia e pur pompando diversi minuti sullo stantuffo dell’MSR non succede nulla. Ci vediamo gia’ costretti a rimettere tutto a posto e rinunciare al cibo, quando come tentativo disperato ci mettiamo a smontare il fornello e a ripulire da tonnelate di sabbia l’attrezzo. Lo rimontiamo e con le dita incrociate scocchiamo la fiamma …. funziona! Si mangia un ottimo piatto di riso e acciughe.
Dopo pranzo con la gola secca a causa delle acciughe, faccendo capolino tra una splendida gola dietro Bir Saad utilizzando una stradina che sembra intagliata nella roccia raggiungiamo Gafsa.
5-1-2007 La quarta citta’ santa
Siamo consapevoli del fatto che la nostra vacanza sta per finire, oggi ci spostiamo velocemente verso Kairouan, guadagnando il Nord attraverso delle belle strade che attraversano delle piantagioni di fichi d’india. Incredibile come il paesaggio sia mutato in pochi chilometri, oggi il nostro orizzonte e’ diventato improvvisamente verde, lasciando il giallo della sabbia e il rosso delle rocce alle nostre spalle.
A kairouan facciamo acquisti di tappeti e alla buona carichiamo tutto sulle moto dirigendoci verso il mare di Hammamt. Pernottiamo in un simpatico albergo del centro spendendo pochissimo e parcheggiando come al solito le moto direttamente nella reception.
6-1-2007 Tunisi
Oggi ci imbarchiamo, dedichiamo la giornata alla visita di Nabeul e alla Medina di Tunisi. Abbiamo ancora un po’ di dinari da spendere, cosi’ tra trattative varie portiamo a casa anche altri tappeti e diverse cose da mangiare. QUando porto tutto davanti alla moto per caricare mi rendo conto che forse ho esagerto, il mio telaio portaborse e’ sopravvissuto alle piste peggiori ma soccombera sotto il peso dei souvenir?
A casa. Impossibile commentare in poche parole un viaggio come questo, abbiamo vissuto in due settimane tante esperienze diverse, conosciuto molte persone e ammirato i paesaggi mutare kilometro dopo kilometro. Sono dell’idea che questi viaggi vanno gustati col tempo, a casa, tornati alla realta’, sfogliando l’album delle foto assimilare cio’ che e’ appena terminato, rendendosi conto di aver vissuto un’esperienza unica. Cio’ che differenzia un viaggio da una vacanza Alpitur a mio modo di vedere e’ che si apprezzano le difficolta’, il contatto con la gente e i luoghi belli e brutti di un pese che, anche se ospitale e per nulla restio a farsi scoprire rimane completamente diverso dal nostro, sia come paesaggi che sopratutto come cultura. Un viaggio come questo, che ti avvicina chilometro dopo chilometro al deserto ti fa apparir scontati panorami che se riguardati seduti sul comodo divano di casa appaiono come i luoghi descritti dai racconti de le mille e una notte. La Tunisia mi piace molto anche per la varieta’ dei luoghi, puoi ammirare un lago salato e pochi chilometri dopo rimanere a bocca aperta per lo spettacolo dell’Erg. Ti puoi spostare ad Ovest sulle oasi di montagna, dove tra miniere e siti archeologici puoi rimanere impressionato vedendo l’acqua sgorgare dalla roccia. Puoi viaggiare ad Est e scoprire come l’uomo ha saputo vivere in luoghi aspri e difficili come le montagne del Dahar, costruendo fantastiche opere architettoniche che altro non sono che granai.
Era la mia terza Tunisia, cosi’ come il viaggio e’ stata una Tunsia diversa dalle altre due, i bei momenti vissuti non nego che mi fanno venir voglia di tornarci una quarta volta, magari per arrivare a sette : “Sette volte a Kairouan porta fortuna”.
Simone Monticelli