By Lone Land
Originally Posted Monday, November 7, 2005
BOTSWANA ZAMBIA SUDAFRICA 2005 (30.07.05-22.08.05)
A cura di Lone Land e Lalla
DATI GENERALI:
Viaggio compiuto dal 30 Luglio al 22 Agosto 2004 da Lone Land, Lalla, Elena, Gabriella.
Aerei: Catania Roma con volo Wind-Jet (145 € a persona a/r); Roma-Atene-Johannesburg con volo Olimpic Airways (828 € a persona a/r)
Auto a nolo: dal 31/07 al 21/08: Toyota Hilux D4D 2500 Double Cab Diesel COMPLETAMENTE attrezzato per campeggio e fuoristrada con due“Air Camping” sul tetto. Noleggiato da “Bushlore” al costo di 2.500 € (circa) per 21 giorni.
Voli: Olympic Airways. Prenotazioni effettuate tramite l’infallibile assistenza di Ivana ed Emanuela di “Fuorirotta”.
Documenti: Per Sudafrica, Botswana e Zambia occorre il passaporto. Il visto per lo Zambia viene rilsciato in frontiera. Occorre la vaccinazione contro la febbre gialla per il rientro in Sudafrica essendo lo Zambia considerato zona a rischio per tale malattia.
Cambio:
1 €=8,016 Rand circa (Sudafrica)
1 €=6,65 Pula (Botswana)
1 €=5400 Kwacha (Zambia)
1 €=1,21 Dollari americani
Km Totali: circa 7.600 Km (circa 800 litri di gasolio)
cliccare sulle immagini per visualizzarle ingrandite
Elenco Tappe:
- 30.07.2005 Siracusa – Catania – Roma – Atene – Johannesburg
- 31.07.2005 Johannesburg – Marakele National Park (Km 257)
- 01.08.2005 Marakele National Park – Serowe (Tshwaragano hotel) (Km 390)
- 02.08.2005 Serowe – Kubu Island (camp site) (km 270)
- 03.08.2005 Kubu Island – Chobe National Park (Ihala camp site) (Km 466)
- 04.08.2005 Chobe National Park – Livingstone (Maramba River camp) (Km 169)
- 05.08.2005 Livingstone – Lochinvar National Park (camp site) (Km 397)
- 06.08.2005 Lochinvar National Park – Mvuu Lodge (Km 320)
- 07.08.2005 Mvuu Lodge – Lower Zambesi National Park – Kiambi Lodge (km 112)
- 08.08.2005 Kiambi Lodge –Luangwa Bridge camp (km 403)
- 09.08.2005 Luangwa Bridge camp –Wildlife camp (km 519)
- 10.08.2005 Wildlife camp – South Luangwa National Park – Wildlife camp (km 150)
- 11.08.2005 Wildlife camp – Luangwa Bridge camp (km 501)
- 12.08.2005 Luangwa Bridge camp – Livingstone (Maramba river camp) (km 717)
- 13.08.2005 Livingstone –Kasane (Chobe Safari Lodge) (Km 100)
- 14.08.2005 Kasane – Maun (Audi camp) (km 630)
- 15.08.2005 Maun – Moremi Game Reserve (Xakanaxa camp site) (km 182)
- 16.08.2005 Moremi Game Reserve – Maun (Audi camp) (km 215)
- 17.08.2005 Maun – Palapye (Palapye hotel) (Km 679)
- 18.08.2005 Palapye –Zeerust (Abjerskop hotel) (Km 473)
- 19.08.2005 Zeerust – Pilansberg National Park (Majane camp) (km 260)
- 20.08.2005 Pilansberg National Park – Pilansberg National Park (Majane camp) (Km 130)
- 21.08.2005 Pilansberg National Park – Johannesburg (km200) – Atene
- 22.08.2005 Atene – Roma – Catania
Cliccare sull’icona per visualizzare il percorso sulla Mappa Michelin 955
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30.07.2005 Siracusa – Catania – Roma – Atene – Johannesburg Sudafrica
Partenza prevista alle 14.30 da Catania con un volo della Windjet.
Un po’ di ansia per la coincidenza con il Roma-Atene perché la partenza del volo continuava ad essere procrastinata. Poi finalmente alle 16.00 si parte. Arrivo a Fiumicino dopo circa un’ora e venti. Partenza per Atene alle 19.15 dove arriviamo alle 22.15 per poi ripartire alle 00.55 per Johannesburg.
31.07.05 Johannesburg – Marakele National Park (Km 257) Sudafrica
Atterriamo a Johannesburg alle 9.30 circa e ad attenderci troviamo il gentilissimo Rob, uno dei gestori della Bushlore che dall’aeroporto ci accompagna a Randburg dove si trovano gli uffici dell’agenzia di noleggio di fuoristrada. Rob ci mostra il mezzo (un Toyota Hilux D4D 2500TD double-cab nuovo di zecca) e l’attrezzatura completa per il campeggio (due fornelli a gas, pentole, set di posate, stoviglie, una pentola di ghisa tipica sudafricana, 2 jerrycans per il gasolio, doppia ruota di scorta, compressore, scure, serbatoio per l’acqua (60lt), pala, piastre da sabbia (in gomma!), uno strano crick gonfiabile molto ingombrante (il famoso pallone), sedie, tavolino, torce, frigorifero da 40 litri, griglia per arrostire, lenzuola, asciugamani, sacchi a pelo). Il materiale è quasi tutto nuovo di zecca e molto ben sistemato in comode scatole di plastica. Anche gli air camping sono in buone condizioni. Dopo perso un bel po’ di tempo a sistemare (meglio) la seconda ruota di scorta e le attrezzature, e dopo aver saldato con le carte di credito il costo del noleggio (in Italia avevamo versato solo il 15% di acconto) Rob ci consiglia, dato che sono già le due di pomeriggio, di fermarci per la notte al Marakele National Park nei pressi di Thabazimbi. Un bel parco non molto lontano dalla frontiera con il Botswana. Ci consiglia, inoltre, di passare il confine a Parr’s Halt, un piccolo posto di frontiera dove c’è sempre poco traffico veicolare. E’ domenica pomeriggio e ci fermiamo a Thabazimbi a comprare qualcosa per la cena, rimandando la spesa più consistente all’indomani, in quanto il campo all’interno del parco è sprovvisto di ristorante e di negozi di qualsiasi tipo. Dato che è domenica non riusciamo a trovare purtroppo neanche del vino o della birra per la grigliata perciò ci dobbiamo accontentare della Coca-Cola (sig!).
Il campo (102 Rand a persona) all’interno del parco è molto ospitale e tranquillo, non è recintato quindi tra le tende si aggirano struzzi e facoceri, mentre a cento metri di distanza vicino ad una pozza possiamo ammirare un bellissimo rinoceronte che pascola tranquillo.
Cena con ottima grigliata di carne cotta a puntino, con contorno di fagioli in scatola. La nottata passa non proprio piacevolmente perché fa molto freddo e i sacchi a pelo sono purtroppo abbastanza leggeri. Sarà comunque l’unica notte “fredda” dell’intero viaggio.
01.08.2005 Marakele National Park – Serowe (Km 390) Botswana
Il programma di oggi prevede di attraversare la frontiera a Parr’s Halt e raggiungere il Sowa Pan in Botswana, ma dopo solo cinque o sei chilometri d’ottima pista sterrata di collegamento alla R510, si squarcia un copertone posteriore e si riduce istantaneamente a brandelli. Smontiamo e rimontiamo velocemente la ruota con l’aiuto di due gentilissimi rangers del parco che si fermano ad aiutarci. Purtroppo però nel rimettere a posto la ruota nell’assurdo meccanismo sotto il telaio del Toyota s’incastra la leva di comando dello schifosissimo verricello d’abbassamento della catena (che la Toyota si ostina a continuare ad adottare sui suoi pickup) e non c’è verso di disincagliarla. Ci dirigiamo quindi ad Ellisras a cercare un gommista per comprare il copertone nuovo e cercare qualcuno che riesca a disincagliare la leva incastrata. Infatti nella situazione attuale la ruota di scorta sotto il pianale è assolutamente irrecuperabile in caso di necessità (se non effettuando un complicato taglio della catena del paranco). Il lavoro si presenta complicatissimo. All’officina Toyota il capofficina appena visto il problema si limita a mormorare un poco rasserenante “oh, my God…my God…” scuotendo la testa e indirizzandoci verso un altro meccanico-gommista. Lì dopo tantissime prove da parte di vari meccanici d’ogni razza e colore alla fine si arrendono e ci reindirizzano verso un’altra officina dove un tizio davvero in gamba (e dotato di ponte sollevatore), in un quarto d’ora taglia la catena con il cannello, libera la ruota e la leva bloccata, e risalda la catena. Così verso le due di pomeriggio riusciamo ad avere il Toyota sistemato e il copertone nuovo per la modica cifra 164 € (poteva andare peggio!). Riusciamo a fare una veloce spesa in paese, non vogliamo perdere altro tempo, e compriamo anche delle coperte in “pile” nel timore (si sa, le ragazze sono freddolose…) di altre notti ghiacciate (che per fortuna non ci saranno!). Decidiamo quindi, avendo perso tutta la mattinata, di continuare l’asfalto e di passare la frontiera a Martin’s Drift e di continuare sempre via asfalto verso Serowe che raggiungiamo al tramonto. Troviamo posto in albergo a Serowe al Tshwaragano Hotel, (è ormai tardi per cercare di meglio) (270 Pula la doppia con bagno). L’albergo si trova in cima ad una collina che domina il paese, ha un piccolo ristorante (cucina buona ma essenziale) e un graziosissimo bar all’aperto, una verandina dove è piacevole sostare ad osservare il panorama sul centro abitato bevendo un paio di birre fresche. E così passiamo la serata. Facciamo anche in tempo a fare amicizia con una simpaticissima cameriera assieme a cui facciamo delle foto, con la promessa di spedirgliele appena arrivati in Italia. Cena discreta ed economica al ristorante dell’albergo (39 Pula ciascuno).
Foratura
Serowe – Tshwaragano Hotel
02.08.2005 Serowe – Kubu Island (km 270) Botswana
Ci dirigiamo verso nord-ovest sulla nuova strada asfaltata fino alla cittadina di Letlhakane, dove facciamo rifornimento di gasolio e di generi alimentari, per poi seguire un discreto sterrato fino al villaggio di Mmafshume posto ai margini dell’enorme zona dei Makgadikgadi Pans. Questa zona comprende il più grande complesso di saline al mondo ed è formato dalle saline di Sowa, Naxai e Ntwetwe che coprono una superficie di 12.000 km quadrati. Si tratta in pratica dell’equivalente idrografico degli chott nordafricani, ma con dimensioni molto più imponenti. Una serie di percorsi sterrati, percorribili solo con un fuoristrada durante la stagione secca (e micidiali trappole durante la stagione delle piogge) attraversano da nord a sud le saline. Dal villaggio di Mmafshume seguiamo la pista verso nord per circa 20 chilometri fino ad un controllo veterinario. Il percorso lungo questo tratto si snoda nel bush, in questa stagione caratterizzato dai caldi colori autunnali; poi l’orizzonte ad un tratto si apre sul paesaggio austero ed etereo della salina. La pista percorre il fondo asciutto del lago salato attraversando splendide distese di veld dall’erba gialla e secca (attraversando queste zone bisogna mettere una rete protettiva davanti al radiatore per proteggerlo dai micidiali semi). Dopo circa 25 chilometri si scorge l’isola, un antichissimo cumulo di rocce alto circa 20 mt., che si eleva da un mare di sale. Avvicinandosi all’isola si possono ammirare i maestosi e spettrali Baobab di cui l’isola è ricca e da cui prende un aspetto particolare. Alcuni affermano che questo sia uno dei siti più incantevoli dell’Africa. Noi non l’abbiamo certamente girata tutta, ma questo luogo è veramente suggestivo. Circumnavighiamo in auto Kubu Island, che è area protetta e monumento nazionale benché non faccia parte di alcun parco o riserva, e ci fermiamo lungo la costa con l’intenzione di arrampicarci sulle rocce granitiche fino a raggiungere un enorme baobab dove contavamo di accamparci. Appena scesi dal fuoristrada, si materializza letteralmente dal nulla il custode dell’area, in bicicletta, per chiederci se vogliamo campeggiare nella zona e ci propone anche la visita guidata dell’isola. Ci spiega che c’è una tassa (modestissima) da pagare (con ricevuta). Accettiamo e ci diamo appuntamento per le tre di pomeriggio sotto il baobab dove faremo campo e proseguiamo la nostra piccola esplorazione della costa. Ci fermiamo a fare uno spuntino all’ombra del maestoso baobab prescelto per fare campo. Alle tre in punto compare, sempre dal nulla, il giovane per il giro guidato (permesso per il campo + visita guidata dell’isola verranno 81 Pula a persona). La visita dura circa un’ora e trenta, si possono ammirare le tracce di un antico recinto in pietra dall’origine e dalla datazione incerta. Ci vengono illustrati i vari tipi di vegetazione esistenti nella zona e mostrato un piccolo, microscopico baobab dell’età di cinque anni (incredibile! Se nessuno ce lo avesse detto lo avremmo certamente calpestato senza neanche accorgercene). Ci spiega che tutti i baobab dell’isola sono censiti. Alcuni purtroppo sono ormai morti, ma continueranno a restare interi per molti anni ancora. Poi saliamo nel punto più alto dell’isola (indicato da una colonnina in cemento) da dove si gode un panorama a 360° sull’isola e prima di tornare alla base visitiamo una zona rocciosa dove si trova un’area sacra. In un’anfratto fra grandi massi, sono deposti piccoli oggetti devozionali. Fa molto caldo e torniamo al campo per goderci il meritato riposo e ammirare il tramonto da cartolina, sorseggiando un bicchiere d’ottimo vino sudafricano. Il campo non è attrezzato e bisogna essere autosufficienti, non vi è acqua, si trova solo un interessante gabinetto con delle lunghe e dettagliate spiegazioni in inglese sul suo uso(!?!) che in realtà non è per niente intuitivo. Per cena ottima grigliata sotto le stelle. Nel buio due inquietanti occhi felini ci osservano a lungo nascosti fra i cespugli all’interno dell’isola!
Kubu Island
Kubu Island
03.08.2005 Kubu Island – Chobe National Park (Ihala camp site) (Km 466) Botswana
Seguendo le tracce a terra e le rotte dei nostri fedeli GPS ci dirigiamo verso nord. Per alcuni chilometri si attraversa il piatto margine della salina, andando oltre, in alcuni tratti la pista diventa sabbiosa e difficile, con buche abbastanza profonde dove il Toyota non troppo alto tocca con il differenziale posteriore e la ruota di scorta. Il veicolo è davvero eccellente, ma il suo unico limite è rappresentato dalle inadeguate gomme (205/16) che monta e che ci faranno soffrire in tutti i tratti fuoristradistici del viaggio. Troppo piccole! Lo sterrato è abbastanza pesante, ma riusciamo a non insabbiarci mai; attraversiamo ancora vasti prati erbosi e tipiche zone di savana con i caratteristici baobab. Riusciamo a godere di splendidi panorami, anche se in questo periodo poveri d’animali selvatici. Vediamo, però uccelli dagli splendidi piumaggi, e attraversiamo alcuni piccoli ma suggestivi villaggi di capanne che sembrano vivere in un’epoca senza tempo. Attraversata tutta la zona dei Pans arriviamo all’asfalto a circa quaranta chilometri dalla cittadina di Nata da dove imbocchiamo la strada che sale a nord verso il confine con lo Zambia. La strada è un lunghissimo rettilineo che attraversa una rada foresta per trecento chilometri fino al confine dove non s’incontra nulla, tranne un piccolo centro abitato al duecentesimo chilometro dove facciamo un breve spuntino- pranzo con delle sfoglie ripiene (non si sa di cosa) comprate al microscopico market del paese. Proseguiamo per altri cento chilometri, attraversando un’area in cui la foresta è stata distrutta per lasciar posto ad immense coltivazioni estensive di girasoli (probabilmente dalle multinazionali), con l’intenzione di attraversare il confine e fermarci a Livingstone per la notte. Arriviamo a Kazungula, la città di confine con lo Zambia, e andiamo immediatamente a fare rifornimento di gasolio prima di attraversare la frontiera. Al rifornimento troviamo una coda spaventosa per la benzina e ci informano che il gasolio è finito in tutta la zona e che (forse) arriverà l’indomani mattina, ma la cosa è più grave del previsto. Sembra che tutto lo Zambia sia privo di gasolio(!!!!), non se ne troverà almeno per tutta la prossima settimana e per chissà quanto altro tempo perché hanno chiuso delle raffinerie per non ben identificati motivi (qualcuno parla addirittura di sabotaggi). A questo punto che fare??? Siamo un po’ depressi per la cattiva notizia e stanchi per la lunga galoppata fuoristrada + asfalto. Sono le tre di pomeriggio, l’unico posto dove forse si potrebbe trovare forse (o forse no!!) del gasolio è cento chilometri più indietro sulla strada già percorsa, ma decidiamo che non vale la pena tornare. Cerchiamo un’alternativa: decidiamo di andare a Kasane e da lì entrare nel Chobe National Park (163 Pula a persona campeggio + ingresso parco) (era previsto di visitarlo al ritorno). Passiamo le ore che ci restano prima di sera lungo i sentieri del parco, vediamo lungo il fiume un numero incredibile di elefanti, alcune giraffe, dei babbuini, e numerosi impala, fin quando non raggiungiamo al tramonto, stanchi per la faticosa giornata, il campo di Ihala. Il campo si trova in una posizione magnifica lungo la sponda del fiume Chobe. Sull’altra sponda è la Namibia! Purtroppo non abbiamo il tempo per godercelo appieno, e dopo una meritata doccia ristoratrice ci prepariamo una ancor più meritata cena a lume di candela (il campo non ha ristorante). Ci addormentiamo cullati dai versi degli animali della savana sognando un futuro pieno di gasolio(!!!).
Chobe National Park
04.08.2005 Chobe National Park – Livingstone (Maramba river camp) (Km 169) Zambia
Sveglia all’alba, e continuiamo il giro del parco seguendo gli sterrati sabbiosi (è possibile percorrerli solo con un fuoristrada), lungo il fiume avvistiamo zebre, bufali, antilopi e ancora tanti elefanti ed alcuni ippopotami. Nella tarda mattinata usciamo dal parco e andiamo fare rifornimento perchè è arrivato il gasolio. Riempiamo tutto il riempibile: i serbatoi (circa 180 litri) e le due taniche metalliche. Una di esse ha la chiusura difettosa, cerchiamo di sistemarla alla meno peggio, ma purtroppo quando faremo fuoristrada ci ritroveremo il suo gasolio ovunque (un classico). Le notizie sul gasolio in Zambia sono in ogni caso pessime, non se ne dovrebbe trovare per almeno una decina di giorni (proprio il tempo che prevediamo di rimanere noi in Zambia). Ci dicono che giornali e televisioni continuano a lanciare messaggi rassicuranti a cui però non crede nessuno. Decidiamo di essere ottimisti e di proseguire comunque il nostro viaggio. Contiamo infatti sul black-market del diesel che ci spiegano sia diffusissimo e fiorentissimo. L’uscita dal Botswana è abbastanza lunga e complicata a causa di un funzionario poco amichevole e pignolissimo che ci fa perdere del tempo con richieste di tutti i tipi (quanti chilometri segna il contachilometri, qual è il valore del fuoristrada in moneta locale, qual è il numero del motore, ecc. ecc.).
Il confine si passa poi su di un traghettino che attraversa il fiume Zambesi proprio alla confluenza con il Chobe. Completate le operazioni di frontiera sull’altra sponda del fiume (anche qui non scherzano in quanto a moduli da riempire e registri da firmare…) proseguiamo per Livingstone che dista solo sessanta chilometri dalla frontiera. Raggiungiamo il piacevole Maramba River Camp (10 Dollari U.S.A. a persona) dove prenotiamo per la notte. Visto che sono circa le quattro di pomeriggio decidiamo che possiamo tentare la visita della cascate Vittoria. Il campo si trova a quattro chilometri da Livingstone, sulla strada che porta alle cascate Vittoria che raggiungiamo in pochi minuti. Lo spettacolo delle cascate è davvero emozionante, anche se non siamo nel periodo in cui la portata d’acqua è massima, ma è tutto egualmente coinvolgente ed affascinante. Il percorso lungo alcune centinaia di metri attraverso una lussureggiante vegetazione permette la vista del fronte dell’acqua da più punti. Anche lo stretto ponticello pedonale dove arrivano i rinfrescanti spruzzi della cascata, è veramente spettacolare. Peccato solo che proprio sopra la cascata si vedano le rosate costruzioni di un lussuoso albergo e delle altissime antenne ridicolmente camuffate da palme!!! Soddisfatti della visita alle cascate Vittoria ci possiamo rilassare nel grazioso campeggio dove al ristorante gustiamo finalmente un’ottima cena a base di pietanze locali, tra cui del curioso pesce dello Zambesi (10 dollari U.S.A. a persona). Peccato che ci siano un bel po’ di zanzare (causa la vicinanza delle cascate), ma fidiamo nei nostri repellenti e nell’efficacia di Lariam e Malarone di cui siamo ben imbottiti.
Victoria Falls
Maramba River Camp – “curioso (e ottimo) pesce dello Zambesi”
I05.08.2005 Livingstone (Maramba river camp) – Lochinvar National Park (Km 397) Zambia
Facciamo una breve puntata nell’ordinata e graziosa cittadina di Livingstone (che ci descrivono comunque come non troppo sicura) per cambiare dei soldi in banca, e poi ripartiamo verso nord-est seguendo la strada asfaltata verso Lusaka. Lungo il percorso chiediamo ai pochi rifornimenti che incontriamo se è possibile acquistare del gasolio, ma nessuno sa quando arriveranno le scorte. “Potete provare a cercarlo al mercato nero!” è la loro risposta. Appena chiediamo in giro, si avvicinano dei giovani che ce ne offrono 25 litri ad un prezzo praticamente doppio rispetto al prezzo del gasolio in Italia. Tentiamo di contrattare, ma sono irremovibili, quindi decidiamo di prenderlo lo stesso convinti che probabilmente più avanti sarà ancora più difficile trovarlo (e sbagliamo). Proseguiamo fino al centro abitato di Monze dove ci fermiamo a pranzare nell’ottimo fast food “The Golden Pillow” (che raccomandiamo caldamente a chiunque si trovi a passare da quelle parti!). All’esterno del piccolo locale possiamo gustare dell’ottimo pollo con patatine (10.000 Kwacha ciascuno) e prendere informazioni dai vari avventori. Infatti, è un posto dove oltre alla gente del luogo, vengono a pranzare molti degli europei che lavorano nei dintorni. Incontriamo un simpatico missionario protestante (Statunitense) in Land Rover che ci aggiorna sulle ultime, vaghe, e poco confortanti notizie riportate dai telegiornali locali sulla penuria di gasolio, mentre dei ragazzi tedeschi di un progetto di cooperazione umanitaria ci aggiornano con altre notizie sul paese. A poche centinaia di metri dal fast food imbocchiamo quindi lo sterrato verso il Lochinvar National Park che raggiungiamo dopo circa quaranta chilometri di sterrato discretamente brutto. La moglie del pastore statunitense lo aveva descritto come il peggior tratto di strada che avesse mai percorso in vita sua. In realtà si tratta solo di un brutto sterrato, ma ne vedremo ahimè di molto peggiori nel corso del viaggio.
Il Parco è citato dalla Lonely Planet come ricco d’animali ed in particolare di avifauna, quindi decidiamo di passare la notte al camp site del parco. Arriviamo nel primo pomeriggio e all’ingresso ci spiegano che dormendo all’interno ed uscendo dal parco la mattina presto dobbiamo in ogni caso pagare due giorni d’ingresso (33 dollari U.S.A. a persona compreso il campo).
Il camp site non ha servizi igienici, tranne una pompa a mano di sollevamento dell’acqua. Decidiamo, non avendo alternative, di dormire al camp site e di passare le ore fino al tramonto in giro per il parco (è comunque possibile visitarlo solo con un mezzo 4×4). Il parco non è particolarmente interessante, riusciamo a vedere solo pochi impala e babbuini, ed anche gli uccelli (ce ne dovrebbero essere circa 400 specie) sono pochi in questa stagione. Raggiungiamo la stupenda laguna ai cui margini sorge un bellissimo campo tendato (per ricchi!!! 305 dollari U.S.A. a persona per notte) con pista d’atterraggio per piccoli aerei, ma anche qui gli animali sono pochi. Solo qualche impala e pochi kudu si avvicinano timidamente per l’abbeverata serale.
Un luogo interessante da visitare, non lontano dal camp site, nei pressi di un piccolo villaggio, è una sorgente d’acqua calda, dove le donne e i bambini delle vicine capanne lavano i panni tra le canne. Sembra di essere in un altro tempo! Quell’acqua è piacevolmente tiepida ma decisamente lurida. Il camp site ha un aspetto veramente spettrale e si trova nel più completo abbandono. In una capanna vicina vive la famiglia del custode senza luce elettrica ne’acqua corrente (come d’altra parte la maggior parte degli abitanti dello Zambia). E’ l’unico discreto segno di vita intorno a noi. Siamo gli unici visitatori a fare campo, in ogni modo passiamo una piacevole serata accanto al fuoco e armeggiando con la primordiale pompa di sollevamento a mano (riusciamo persino a lavare tutte le nostre cibarie invase dal vino fuoriuscito da una bottiglia ahimè rottasi con gli scossoni ricevuti in fuoristrada !!). Vino + gasolio… uno scempio!. Notiamo inoltre un inquietante gocciolamento di gasolio sotto il serbatoio supplementare, che ci farà stare in pena per tutto il viaggio. Scopriremo solo alla fine del viaggio che è il gasolio della tanica con chiusura difettosa nel cassone che arriva a gocciolare attraverso il pianale…).
Lochinvar National Park – Blue Lagoon
06.08.2005 Lochinvar National Park – Mvuu lodge (Km 320) Zambia
Dopo aver lasciato il parco in prima mattinata, ritorniamo a Monze per riprendere l’asfalto verso Lusaka. A Mazabuka, centro abitato di medie dimensioni, cerchiamo nuovamente il gasolio al mercato nero. Lo troviamo stavolta da un tipo (che lo chiederà a sua volta al cugino che ha un camion e lo spillerà per noi dal serbatoio), ad un prezzo più ragionevole, quasi lo stesso prezzo che in Italia. Questo prezzo che si manterrà costante per il resto del viaggio in Zambia. Sembra che i prezzi del Black Market siano uniformi in tutto il paese, con solo sporadici tentativi di “raggiro”, risolvibili con un minimo di contrattazione).
Proseguiamo sulla T1 fino al bivio nei pressi di Kafue, dove ricompriamo il gasolio al mercato nero da due ragazzi (che tengono le loro scorte nascoste dietro un cespuglio), e giriamo a destra verso Chirundu cittadina di confine con lo Zimbawe. Il paesaggio attraversato dalla strada per Chirundu è caratterizzato da una bellissima foresta e punteggiato da villaggi con capanne dal tetto di paglia che s’inseriscono perfettamente nell’ambiente circostante. Non c’è ancora nessuna costruzione in cemento a guastare la bellezza del luogo! La strada a tornanti che scende vertiginosamente da un’altezza di circa 1600 mt. a poche centinaia di metri, percorrendo strette gole, è anche abbastanza pericolosa a giudicare dal notevole numero di rottami d’auto e di camion cappottati lungo il percorso. Fra l’altro spesso l’asfalto nasconde buche spaventose o tratti di sterrato completamente sconnesso e ritrovarseli davanti in pieno tornante in discesa non è per niente piacevole.
Chirundu è invece letteralmente invasa dai camion fermi in attesa di attraversare la frontiera, probabilmente senza gasolio. All’ingresso del paese prendiamo uno sterrato sulla sinistra che conduce in pochi chilometri al fiume Kafue, che attraversiamo con un piccolissimo e primordiale battello, il cui motore è un grosso argano manuale, azionato da due marinai. Un lungo cavo d’acciaio tirato fra le due sponde e due carrucole rendono possibile il traghettamento (!).
Proseguiamo lo sterrato verso il Lower Zambesi National Park che dista da Chirundu un centinaio di chilometri. Lo sterrato, nel primo tratto discreto, diventa sempre più sconnesso, pieno di voragini e selvaggio. In breve diventa fuoristrada spaccaossa bello e buono. Sicuramente i turisti arrivano fin qui quasi esclusivamente con i piccoli aerei privati delle agenzie. In compenso il paesaggio è molto vario attraversa zone coltivate vicino al fiume dove sorgono piccoli e colorati villaggi, zone di foresta vergine circondate da altissimi massicci montuosi. Arriviamo al Mvuu Lodge (25 dollari U.S.A. a persona per campeggiare), verso le cinque di pomeriggio spossati dal caldo e dal pesante off-road. Ci riprendiamo quindi dopo una magnifica doccia, nel piacevolissimo bar del lodge che ha una splendida terrazza sullo Zambesi.
Anche il sito del campo è molto suggestivo tra gli alberi e ad alcuni metri dall’acqua del fiume. Speravamo in una cena al ristorante del lodge, ma il proprietario (un tizio simpaticissimo e veramente “sui generis”) ci spiega che loro cucinano solo per i turisti dei viaggi organizzati, per questo hanno le provviste “contate” essendo molto lontani dai centri abitati. Le nostre provviste cominciano a scarseggiare (scatolame a parte, che vorremmo evitare), abbiamo solo due bistecche in quattro e il nostro barbecue si preannuncia abbastanza misero. Mosso a compassione ci fornisce dei sostanziosi spiedini di selvaggina (di razza indefinita) molto speziati, ottimi da fare alla brace che accompagniamo con delle pannocchie bollite acquistate da una signora sul traghettino che attraversava il Kafue e che innaffiamo con il solito ottimo vino sudafricano.
Facciamo campo proprio sulla sponda del fiume fidando che il dislivello esistente in quel punto dissuada gli ippopotami dal considerarlo un punto di transito. La serata e la nottata passano in compagnia degli ippopotami che vicinissimi, ci fanno compagnia con i loro strani e rumorosissimi versi. (In pratica non ci faranno chiudere occhio).
Traghettino sul Kafue
Mvuu Lodge – Fiume Zambesi
07.08.2005 Mvuu lodge – Lower Zambesi National Park – Kiambi lodge (km 112) Zambia
Appena alzati e dopo aver fatto colazione ci dirigiamo verso l’ingresso del Lower Zambesi National Park che dista solo una quindicina di chilometri dal Lodge. Già prima dell’ingresso al parco si cominciano a vedere i primi elefanti (il parco non ha recinzioni quindi gli animali sono liberi di uscire e rientrare quando vogliono). Arriviamo ad alcuni chilometri dall’ingresso ed il GPS ci segnala una serie di precorsi per raggiungere il Chongwe gate. Scegliamo di seguire una di queste tracce (la più diretta) che ci porta ad un guado che a prima vista ci sembra profondo. Ci fermiamo, analizziamo la situazione e decidiamo quindi di percorrerne un’altra che sembra la principale, anch’essa porta al fiume Chongwe che anche qui sembra abbastanza largo e profondo. Scendiamo dall’auto, il panorama è bellissimo, numerosi uccelli popolano le rive e scattiamo alcune foto nell’attesa che passi qualche altro veicolo per dirci se siamo sulla strada giusta. Ma da lì non passa proprio nessuno, quindi ci dirigiamo verso un vicino campo tendato a chiedere informazioni. Una gentilissima ragazza (dall’aspetto molto scozzese) c’indica l’unico guado sicuro per attraversare indenni il fiume. Guadiamo il Chongwe senza problemi e ci presentiamo all’ingresso. Paghiamo l’ingresso al parco (24 dollari U.S.A. a persona) e giriamo al suo interno per tutta la mattinata. Il parco è molto selvaggio; i sentieri sono stati lasciati allo stato naturale, infatti, sono percorribili solo con fuoristrada e neanche facilmente. I paesaggi sono molto vari e ricchi della tipica vegetazione locale. E’ possibile avvistare numerosi animali, ma il parco è popolato soprattutto d’elefanti, perciò molto spesso ce li ritroviamo improvvisamente davanti sul sentiero che stiamo percorrendo. Per fortuna sono abbastanza pazienti e non s’infastidiscono (in genere) troppo per il nostro passaggio, spesso a poche decine di centimetri da loro. Occorre dire che si tratta comunque di animali molto meno “domestici” degli elefanti che siamo abituati a vedere in Namibia ed in Sudafrica. Spesso si spaventano e talvolta si infastidiscono sfoggiando tutte le loro (efficacissime) tecniche di dissuasione, che vanno dal barrito (terrificante) al “puntamento” (imbarazzante) e alla “finta carica” (che è meglio non sperimentare).
L’unica cosa che troviamo purtroppo carente è la mancanza di percorsi che permettono di vedere lo Zambesi da vicino, infatti, tutti i percorsi si snodano all’interno facendo sentire poco il contatto con il maestoso fiume. Verso l’ora di pranzo usciamo dal parco e ripercorrendo il guado ammiriamo un branco d’elefanti che si abbeverano con calma al fiume. Ripercorriamo quindi a ritroso i lunghi chilometri di strada sterrata in direzione Chirundu. Sarebbe stato interessante continuare all’interno del parco, lungo lo Zambesi fino alla confluenza con il fiume Luangwa, per poi risalire sempre su sterrato fino al Luangwa Bridge Camp, ma tutti coloro a cui abbiamo chiesto ce l’hanno sconsigliato in maniera molto decisa spiegandoci che è una strada impossibile da affrontare (specialmente con un solo mezzo). Viste le condizioni delle quasi inesistenti piste all’interno del parco non è difficile crederci.
Ci fermiamo verso le tre del pomeriggio a fare campo al Kiambi Lodge (ex Lower Zambesi River camp) (10 dollari U.S.A. a persona) altro simpatico e ben attrezzato campo, sempre sul fiume Zambesi e posto quasi alla confluenza con il fiume Kafue. C’informiamo se è possibile fare una gita in battello lungo lo Zambesi e ci assicurano che possono organizzarcela seduta stante! (20 dollari U.S.A. a persona). Il giro in battello è splendido e vale sicuramente il denaro speso. Siamo soli, noi e il pilota del battellino fuoribordo. Il giro dura circa due ore e trenta, si rientra al tramonto. Ammiriamo i numerosi ippopotami, uccelli, ed elefanti che abbondano lungo le rive del fiume, e assistiamo ad una scena che non avevamo mai visto finora nei nostri viaggi africani e che si rivela uno dei momenti più suggestivi e affascinanti del viaggio. Gli elefanti che attraversano il fiume a nuoto!
Lo Zambesi in questo lungo tratto fa da confine con lo Zimbawe e lungo il fiume ci sono parecchie isole. Gli elefanti sempre in cerca di fresca erba da mangiare, non hanno confini e passano da un’isola all’altra (e quindi da una nazione all’altra) liberamente. Ma il fiume è profondo e non possono attraversarlo camminando! S’immergono perciò in acqua lentamente e cautamente e camminano fino a quando riescono a toccare il fondo, poi sollevano la proboscide (e la coda) nuotando, anzi più che altro con la loro mole direi galleggiando, e completamente immersi respirano con la proboscide cercando di tenere fuori dall’acqua la punta della coda! Uno spettacolo veramente emozionante!
Ritorniamo a riva dopo aver assistito ad uno dei più bei tramonti africani del viaggio. Eccellente cena al ristorante del campo (10 dollari USA a persona).
Lower Zambesi National Park
Elefante che nuota attraverso lo Zambesi…
L’elefante dopo il guado…
Elefante al pascolo sulle isole dello Zambesi
08.08.2005 Kiambi lodge – Luangwa Bridge camp (km 403) Zambia
Dopo aver riattraversato sul piccolo traghetto a carrucola il Kafue (stranamente l’attraversamento del fiume sia all’andata che al ritorno è gratuito, nonostante l’argano sia azionato a mano!), ritorniamo a Chirundu, dove facciamo rifornimento di gasolio sempre di contrabbando da camionisti locali che ci spiegano ridendo un famoso proverbio africano (?): “Chi ha degli amici non resta mai a secco!” Boh! Sarà, ma certo che a ‘sto prezzo non è poi tanto difficile trovare amici…
Proseguiamo via asfalto verso Kafue e poi verso la capitale Lusaka che attraversiamo abbastanza velocemente anche se particolarmente trafficata. All’uscita becchiamo una multa per (presunto) eccesso di velocità che si conclude con la scelta: “tornare a Lusaka al posto di polizia a pagare o pagare subito senza ricevuta!” Accettiamo il taglieggiamento… Procediamo quindi sulla Strada T4 che si dirige verso est costeggiando per un tratto il Lower Zambesi National Park. La strada scorre abbastanza monotona e non offre attrattive o vedute di particolare interesse tranne qualche bella veduta sulla fitta foresta. Giungiamo quindi nel primo pomeriggio in prossimità dl fiume Luangwa, dove prima di attraversare il ponte prendiamo uno sterrato sulla destra che ci conduce in tre chilometri al piacevole Luangwa Bridge camp (6 dollari U.S.A. a persona). Il campo è amministrato da un simpatico e amichevole gestore e dalla sua compagna ed ha un rilassante bar in un edificio di legno e paglia con una magnifica terrazza con vista dall’alto sulle anse del fiume e sul Mozambico che sta dall’altra parte. Fa molto caldo, 33°, quindi passiamo un po’ di tempo a sorseggiare bibite sui divani del bar. Quando ci riprendiamo andiamo a fare un giro nel mercatino che abbiamo adocchiato all’andata sull’asfalto, subito prima dell’incrocio con lo sterrato che porta al camping. Nelle colorate bancarelle si possono acquistare oggetti d’artigianato locale come stoffe, scope fatte con arbusti secchi, cucchiai intagliati, cestini ed altri lavori in legno e paglia. Particolarissimi, nelle bancarelle di generi alimentari, sono i pesci pescati nel vicino fiume e fatti seccare in intelaiature in legno e corda (che ricordano le antiche racchette da neve).
Al piccolo ristorante del campo gustiamo un’ottima e abbondante cena (una delle migliori del viaggio!) preparata dal simpatico gestore. Antipasti a base di verdure cotte in molteplici modi, dell’ottimo pollo al forno e dolce d’ananas con creme (un po’ stucchevoli per la verità) (6 dollari U.S.A. persona) (il reale prezzo doveva essere 15 dollari a testa, ma dell’errore ce n’accorgiamo solo quando ceneremo nello stesso posto al ritorno).
Luangwa River (al di là c’è il Mozambico…)
ZAMBIA (considerazioni):
Lo Zambia è un paese bellissimo, ma NON è proprio come gli altri paesi “tipici” dell’Africa Australe (Namibia, Botswana, Sudafrica, Swaziland, Mozambico) che abbiamo visitato.
Si tratta di un paese in cui il turismo non è ancora decollato appieno ed in cui le strutture (parchi) stanno ancora (per quanto rapidamente) sviluppandosi.
Fra l’altro i parchi dello Zambia hanno dimensioni notevoli, e questo consente di vedere gli animali in un ambiente “realmente” naturale, molto più che nei paesi sopracitati.
Le distanze fra i vari posti meritevoli di visita sono notevoli, e le strade sono pessime, fra le peggiori dell’Africa. In particolare le strade che portano all’ingresso dei principali parchi (e l’interno degli stessi parchi) sono delle piste pessime, assolutamente improponibili senza un buon fuoristrada.
Occorre quindi predisporsi mentalmente a tappe lunghe, spesso noiose e comunque faticose. Questo può essere causa di stress e tensioni e occorre tenerlo bel presente nella pianificazione di un viaggio simile e nella scelta dei compagni di viaggio.
09.08.2005 Luangwa Bridge camp – Wildlife camp (km 519) Zambia
Dopo un’ottima colazione al ristorante del campo lasciamo il Luangwa Bridge Camp e attraversiamo l’alto e suggestivo ponte sul fiume. Procediamo poi sempre sulla T4 che diventa, man mano che si procede, sempre più piena di buche e dissestata. Dopo Nyimba il percorso diventa più pianeggiante e si susseguono una serie infinita di microscopici villaggi. Il traffico veicolare è quasi inesistente, quasi nessuno può permettersi un automobile, in compenso c’è moltissima gente in giro a piedi e in bicicletta. Questi ciclisti hanno purtroppo come abitudine costante l’utilizzo indiscriminato del lato sinistro e del destro della carreggiata. In genere all’appressarsi di un veicolo si stringono verso il bordo più vicino. Di solito…
Procediamo abbastanza spediti fin quando un ragazzo in bicicletta (nel nostro stesso senso di marcia, ma sulla corsia destra (in Zambia si guida a sinistra, all’inglese)), anziché accostare a destra al nostro appressarsi si sposta a sinistra. Lone frena e stringe a sinistra (con due ruote ormai fuori dall’asfalto), suonando il clackson. Il ragazzo, senza neanche voltarsi svolta COMPLETAMENTE a sinistra e ci taglia letteralmente la strada. I freni sono ormai inchiodati, ma non è possibile evitarlo nonostante non andassimo per niente veloci. Ce lo ritroviamo rimbalzare sul cofano con tutta la bicicletta e poi a terra, sul ciglio della strada.
Ci precipitiamo a terra sconvolti dall’incidente, letteralmente agghiacciati. Il ragazzo si lamenta a terra per brutto colpo subito. Decidiamo di non trasportare il ragazzo e andiamo subito a chiedere aiuto alle prime capanne che incontriamo. Purtroppo non abbiamo telefoni satellitari e i cellulari non funzionano. Raccontiamo concitatamente l’accaduto ai primi uomini che incontriamo, li carichiamo con noi in auto e torniamo sul luogo dell’incidente (un paio di chilometri più indietro). Saranno trascorsi si e no 2-3 minuti. Il giovane non c’è più, probabilmente lo hanno caricato su un auto e portato nell’ospedale più vicino. Riprendiamo a guidare sempre più in crisi chiedendoci cosa fare.
Arriviamo a Sinda, il primo paese, che si trova a circa quindici chilometri sulla nostra strada, e raccontiamo l’accaduto a una poliziotta all’ingresso del paese che ci trova veramente sconvolti dall’incidente e ci conforta spiegandoci che già sapeva tutto e che il ragazzo è stato portato all’ospedale. Ci accompagna ad un piccolo posto di polizia dove vengono ricostruiti i fatti. Assieme al capo della polizia locale Lone raggiunge l’ospedale dove il giovane è ricoverato. Per fortuna sembra che il ragazzo stia bene. Il poliziotto sconsiglia a Lone di entrare, ma all’uscita lo rassicura con le parole “Good news: He’s going to be OK…”. La fine di un incubo!
Dopo aver ricostruito sul luogo dell’incidente con l’aiuto di alcuni testimoni le fasi dell’accaduto, e aver compilato un dettagliatissimo rapporto, la polizia riconoscendo la nostra incolpevolezza per l’accaduto ci lascia proseguire il nostro viaggio. Per fortuna non è accaduto niente di irreparabile, ma questo incidente condizionerà l’umore di tutto il resto del viaggio, che non sarà mai sereno fino in fondo. Solo chi ha avuto la sfortuna di avere un incidente può comprendere…
Percorriamo altri cento chilometri di asfalto fino a Chipata, città di confine con il Malawi, dove al rifornimento troviamo l’unico gasolio legale del viaggio in Zambia. E’arrivato dal Malawi ma viene venduto razionato, solo venti litri per auto. In paese facciamo anche alcune provviste e poi prendiamo lo sterrato D 104 verso il South Luangwa National Park. Sono già le quattro del pomeriggio e ci vogliono ancora 130 chilometri di duro fuoristrada per raggiungere il Wildlife Camp (23 dollari americani a persona compresa la cena), consigliatoci dal gestore del Luangwa Bridge Camp. Arriviamo al campo che è già buio, quasi distrutti dalla strada e dagli avvenimenti della giornata. Guidare al buio su quelle piste è un’esperienza da non augurare a nessuno, specie dopo l’accaduto…
Non possiamo purtroppo neanche apprezzare, per la mancanza di luce, la bellezza del campo che si trova proprio sulle rive del fiume Luangwa. Ceniamo al ristorante del campo, che dista alcuni chilometri dal sito per campeggiare, e siccome c’è da attraversare un tratto di parco, veniamo accompagnati dal personale del campo su una Land Rover scoperta, in quanto con il buio nei pressi si aggirano animali feroci.
Tutta la notte il concerto degli ippopotami ci costringerà a rimuginare l’accaduto del giorno…
Dopo Nyimba si susseguono una serie infinita di microscopici villaggi…
10.08.2005 Wildlife camp – South Luangwa National park – Wildlife camp (km 150) Zambia
Dopo aver atteso invano più di mezz’ora la colazione prenotata dalla sera prima al poco efficiente ristorante del campo, ci dirigiamo a stomaco vuoto al South Luangwa National Park, la riserva naturale più grande e famosa dello Zambia, e a detta di molti una delle più ricche di fauna di tutta l’Africa. L’entrata del parco si trova a pochi chilometri dal campeggio (entrata al parco 20 dollari americani a persona + 15 dollari per l’auto).
Siamo solo due: Lone e Lalla, in quanto Elena e Gabriella hanno dato forfait dichiarandosi troppo stanche per visitare il parco e decidendo di trascorrere la giornata ai tavolini del bar in attesa del nostro ritorno. All’ingresso le guardie del parco ci spiegano che a non molta distanza un branco di leoni ha ucciso un grosso bufalo, e ci indicano sulla cartina come raggiungere la zona. Ci dirigiamo immediatamente sul posto e troviamo le leonesse con alcuni piccoli, a pochi metri dallo sterrato, distese all’ombra vicino alla loro preda. I leoni sonnecchiano un po’ più distanti. Ogni tanto qualcuno di loro si avvicina al bufalo e va a fare uno svogliato spuntino avvicinandosi senza il minimo timore ai fuoristrada dei visitatori del parco. E’ incredibile come i leoni in queste occasioni evitino ostentatamente di incrociare lo sguardo dei visitatori! Ci ignorano letteralmente. Gli avvoltoi aspettano pazientemente sugli alberi il loro turno e quando qualcuno di loro cerca riavvicinarsi al bufalo, le leonesse sono pronte a cacciarlo. Proseguiamo poi la visita attraverso suggestivi scenari naturali che si susseguono spesso lungo le sponde del fiume Luangwa regalandoci belle vedute di ambiente e di animali. Durante il nostro giro incontriamo Giuliana Fea, che abbiamo conosciuto in Algeria, e che sta girando da due anni l’Africa con il suo fuoristrada attrezzato di tutto punto. Decidiamo di darci un appuntamento per la cena al ristorante del nostro campeggio, e per poter scambiare quatto chiacchiere sul suo viaggio e sul nostro. Passiamo quindi tutta la giornata nel parco e torniamo nelle ore più tranquille, ad osservare veramente da vicino le leonesse con i loro cuccioli. Non ci sono altri visitatori e volendo potremmo quasi toccarli!! E’ uno spettacolo terribile ma bellissimo. Questa volta i leoni ci guardano…!.Complessivamente la visita del South Luangwa National Park si rivela una delle tappe più interessanti del viaggio. La natura è “davvero” selvaggia, molto più che nei parchi sudafricani o namibiani. Nel tardo pomeriggio facciamo una visita al piccolo ma interessante mercato del villaggio di Mfuwe. La cena, anche se come servizio e cibo non può definirsi delle migliori, passa piacevolmente in compagnia di Giuliana che ci racconta del suo incredibile viaggio dandoci degli ottimi consigli e aiutandoci a ridefinire l’itinerario per i prossimi giorni che passeremo in Botswana.
South Luangwa National park – Leoni
South Luangwa National park – Leoni
South Luangwa National park – Leoni
South Luangwa National park – Leoni
11.08.2005 Wildlife camp – Luangwa Bridge camp (km 501) Zambia
Siamo alla meta più distante dal punto di partenza del nostro viaggio e purtroppo è ora di tornare sui nostri passi. Oggi è prevista una lunga tappa di trasferimento lungo lo stesso percorso dell’andata. Ripassiamo da Chipata nella speranza di trovare del gasolio, ma i rifornimenti sono nuovamente a secco per cui siamo costretti a ricomprarlo al mercato nero (ormai siamo diventati dei contrattatori provetti!) Unica divagazione rispetto all’andata è una breve ma piacevole digressione su sterrati che attraversano piccoli villaggi di capanne costruiti con fango e paglia. I muri esterni delle capanne sono dipinti a motivi geometrici con colori naturali. Sembra davvero di fare un giro nella preistoria! Il percorso attraversa belle formazioni rocciose probabilmente granitiche. Lungo tutto lo sterrato notiamo degli strani oggetti, costituiti da due pali infissi nel terreno collegati da un drappo di stoffa teso e rigorosamente nero con dei tagli in verticale. Nessuno di riesce a capirne l’uso quindi facciamo scommesse sulla loro funzione. Lalla ipotizza che siano una sorta di paravento per la caccia agli uccelli, ma chissà? [NDR: Un utente del forum di Sahara.it (samburu) trova poi la risposta al dubbio dopo aver visto la nostra foto. Si tratta di trappole per le mosche Tse-Tse! Sembra che si tratti di un efficace sistema di lotta contro questo pericoloso insetto, molto diffuso in Zambia].
Nel pomeriggio, dopo aver percorso 500 chilometri, in parte su sterrati, arriviamo stanchi al piacevole Luangwa Bridge River Camp, dove ci eravamo già fermati all’andata (25.000 Kwacha a persona). Ci rifocilliamo al ristorante del campo con un ottima e, come la volta precedente, veramente abbondante cena (80.000 Kwacha a persona).
“Lungo tutto lo sterrato notiamo degli strani oggetti…”
“…piccoli villaggi di capanne costruiti con fango e paglia”
12.08.2005 Luangwa Bridge camp – Livingstone (Maramba River camp) (km 717) Zambia
Il programma della giornata prevede ancora una lunga tappa di trasferimento lungo la via di ritorno verso il Botswana. Riattraversiamo la trafficata capitale Lusaka e ci fermiamo a pranzare a Monze al solito “The Golden Pillow” dove ci siamo fermati all’andata e questa volta gustiamo dell’ottimo spezzatino di carne con delle favolose verdure stufate e della polenta bianca chiamata mabele dai locali (17.000 Kwacha a persona).
Riprendiamo la strada che si dirige a sud-ovest verso Choma da cui ci proponevamo di raggiungere su sterrato Sinazongwe sul lago Kariba, ma arrivati al villaggio decidiamo di proseguire direttamente per Livingstone anche per recuperare un giorno da utilizzare più proficuamente in Botswana. Arriviamo a Livingstone che è quasi buio, abbastanza stressati dalla lunghissima tappa, e ci fermiamo al solito Maramba River Lodge (44.500 Kwacha a persona). Cena (ottima) all’affollato ristorante del campo (52.500 Kwacha a persona), solite zanzare…
13.08.2005 Livingstone (Maramba River camp) – Kasane (Chobe Safari lodge) (Km 100) Botswana
Dopo le lunghe e monotone tappe degli ultimi due giorni decidiamo di passare le prime ore della mattinata a fare un po’ di shopping. Abbiamo letto nella Lonely Planet che un buon posto per fare acquisti sono le bancarelle nei pressi dell’entrata alle Cascate Vittoria. In realtà cerchiamo di scaricare un po’ dello stress accumulato nei giorni scorsi. Raggiungiamo il posto quasi all’orario di apertura e ci diamo da fare per scegliere, cercando di contrattare un minimo, tra le numerose mercanzie di artigianato più o meno locale. Di interessante acquistiamo un minuscolo pianoforte da pollice (strumento tradizionale del popolo San) in legno intagliato, e una graziosa bicicletta realizzata piegando ad arte il fil di ferro. A Livingstone andiamo a dare un’occhiata allo Zulu Net, un piccolo negozio sulla via principale. Il negozio che fa anche da cambiavalute, come struttura e arredamento sembra essere rimasto agli anni cinquanta. Propone una interessane gamma di tessuti batik non molto costosi, oltre ad altri oggetti di artigianato. I tessuti sono originali ed acquistati anche dalla gente del posto tanto che all’interno in un angolo delle signore con una macchina da cucire realizzano camicie o vestiti proprio con queste stoffe. Ne compriamo alcune molto belle, ed approfittiamo anche noi della macchina per cucire per fare l’orlo a una stoffa appena acquistata che verrà usata in Italia come tovaglia, e per cambiare gli ultimi Kwacha rimasti.
Nella tarda mattinata attraversiamo la frontiera con il Botswana, finalmente facciamo gasolio in un rifornimento ufficiale e ci fermiamo al Chobe Safari Lodge consigliatoci da Giuliana, una attrezzatura turistica molto grande e molto ben organizzata. Somiglia un po’ a un villaggio Valtur, ma dopo alcuni campi abbastanza selvaggi in Zambia può andar bene anche il megavillaggio (50 Pula a persona per il campeggio).
La cosa più interessante è che possiamo partecipare al giro in battello lungo il fiume Chobe. Anche se sarebbe necessaria la prenotazione (in Botswana hanno la mania delle prenotazioni, ed in prima istanza ci dicono infatti che è tutto prenotato) riusciamo ugualmente al momento della partenza ad ottenere i posti in uno degli affollati battelli. Il giro parte alle tre del pomeriggio e dura fino al tramonto. Si possono osservare nel loro habitat gli animali che vivono e muoiono lungo le sponde del fiume. Infatti oltre ai coccodrilli, ai numerosi uccelli ed elefanti e agi ippopotami, abbiamo visto la carcassa di un elefante morto da una settimana nelle tranquille acque del fiume e ormai cibo per i coccodrilli e per gli altri animali-spazzino.
Lo spettacolo degli enormi branchi di elefanti che pascolano pacifici sulle grandi isole del chobe è davvero indimenticabile e rasserenante. Il battello si avvicina sino ad approdare alle isolette a pochissimi metri dai branchi di elefanti e spegnendo i motori ci da modo di apprezzare lo spettacolo con tutta calma.
La cena a buffet nel grande ristorante del lodge (100 Pula a persona) ci permette di gustare gnu arrosto, impala e molte altre pietanze digeribili solo da stomaci ben allenati. Probabilmente è la migliore cena del viaggio.
Livingstone – Zulu Net
giro in battello lungo il fiume Chobe
Chobe – carcassa di un elefante morto
BOTSWANA (considerazioni):
Il Botswana è un paese favoloso, che merita sicuramente più di un viaggio. Le attrezzature turistiche sono buone e le cose da vedere sono davvero tantissime. Si è parlato a lungo delle difficoltà di organizzare un viaggio “fai-da-te” in Botswana. Probabilmente era vero nel passato. Possiamo assicurarvi che pur essendo sempre ribadita la necessità della prenotazione obbligatoria per gli ingressi nei parchi e la permanenza nei campi, in realtà con un po’ di buona volontà è quasi sempre possibile ottenere un posto. Ovviamente occorre avere il buonsenso di tenersi sempre un’alternativa di scorta.
14.08.2005 Kasane – Maun (Audi camp) (km 630) Botswana
Il programma previsto per le prossime tre tappe consiste in un attraversamento del Chobe National park fino al campo di Savuti per entrare il secondo giorno nella Moremi Wildlife reserve facendo tappa al Xakanaxa camp site o al Kwai camp site ed infine dopo una visita alla riserva terza e ultima tappa nella cittadina di Maun.
Ma dopo la cena della sera precedente, la nottata per una delle ragazze si presenta davvero difficile. Nella mattinata il forte indigesto, curato con iniezioni disintossicanti e medicinali vari non accenna a diminuire. Quindi riteniamo improponibile per chi sta male di stomaco il lungo percorso tutto su piste sconnesse e zone sabbiose con tutti gli sballottamenti conseguenti. Inoltre i campi all’interno dei due parchi sono molto spartani e molto lontani dai centri abitati per un eventuale aiuto medico. Purtroppo non possiamo permetterci di aspettare un giorno in più al Safari Lodge, perchè ormai a fine viaggio siamo abbastanza stretti con i tempi, dovendo assolutamente mantenere un paio di giorni di margine in Sudafrica per eventuali imprevisti.
Dopo una sofferta discussione decidiamo quindi di andare via asfalto direttamente a Maun ed eventualmente nei prossimi due giorni visitare la Moremi Wildlife Reserve entrandoci da sud. La tappa è molto lunga e abbastanza monotona, l’unico diversivo è dato da un punto di controllo veterinario (contro la foot&mouth desease) dove ci sequestrano le bellissime bistecche acquistate a Kasane nella mattinata e ci fanno disinfettare tutte le scarpe che abbiamo in auto.
Raggiungiamo Maun nel pomeriggio e ci fermiamo all’Audi Camp un campeggio a circa otto chilometri dal centro molto ben organizzato e con un’accoglienza cordiale (25 Pula a persona). Il campo possiede un piccolo negozio di artigianato locale, un bar grande e fornito e di un piacevole ristorante. Ricca e gustosa cena a buffet al ristorante del campo (85 Pula a persona).
15.08.2005 Maun (Audi camp) – Moremi Wildelife Reserve (Xakanaxa camp site) (km182) Botswana
In mattinata ci dirigiamo subito all’ufficio prenotazioni del Department of Wildlife and Natural Park per prenotare (anche in questo caso è richiesta la prenotazione) e pagare l’ingresso al parco. Dopo una verifica ci dicono che possiamo andare a visitarlo ma non sanno se ci sia posto nei campi del parco (a cosa serviranno mai le prenotazioni ???) eventualmente dovremo dormire fuori dai confini. Inoltre ci dicono che in quel momento non è possibile pagare lì ma sarà possibile farlo all’ingresso del parco.
Dopo aver acquistato nell’ufficio una bella cartina del parco, realizzata con foto satellitari, ci dirigiamo al South Gate distante da Maun circa novanta chilometri. Al cancello ci dicono che anch’essi che non sanno se c’è posto nei campi interni, di provare a chiedere sul posto e di pagare il parco e l’eventuale campo all’uscita.
La riserva comprende parte del famoso delta del fiume Okawango ed anche se in auto è difficilmente percepibile il complesso sistema di canali e lagune che lo costituiscono, la natura è veramente bella ed incontaminata. I percorsi all’interno del parco sono abbastanza sabbiosi e si addentrano spesso in una fitta vegetazione costeggiando aree paludose. Il fondo sabbioso, infatti, crea qualche difficoltà alle piccole ruote del pesante Toyota. Tanto che in un lungo tratto sabbioso facciamo finalmente l’unica insabbiata del viaggio, che però riusciamo prontamente a risolvere con l’aiuto della pala, delle simpatiche piastre in gomma in dotazione, e dando una bella sgonfiata alle gomme. Nell’operazione confidiamo nell’astuzia dei leoni e degli altri animali feroci, nel diffidare dall’assaggio le nostre poco appetibili membra, stracariche di adrenalina e probabilmente avvelenate dal Lariam!
Il giro nel parco che ci occupa buona parte della giornata di ferragosto ci consente di osservare zebre, giraffe, elefanti, ippopotami, coccodrilli e tantissimi uccelli che vivono in questa zona paludosa. Arrivati a Xakanaxa, con sadico piacere i custodi senza neanche controllare, ci dicono che senza prenotazione non è possibile campeggiare e di provare da qualche altra parte. Si narra che proprio il loro passatempo preferito sia divertirsi a mettere in difficoltà i turisti senza prenotazione, infatti, vivono completamente isolati tutto, per tutto il giorno e la notte in una palafitta di legno ad alcuni chilometri dal campo senza alcunché da fare. Ma Lone Land con le sue qualità dialettiche (inglesi e gestuali), dopo una lunghissima e patetica discussione di mezzora, toccando i più svariati argomenti (il che li diverte abbastanza), riesce a convincerli a farci campeggiare a Xakanaxa (in realtà il campo era veramente poco popolato). E’ interessante il modo in cui i custodi passano da un diniego sdegnato ed adirato ad una solidarietà assoluta con pacche sulle spalle e strette di mano reiterate! Anche loro non vogliono i soldi per la notte di campeggio dicendoci di pagare l’indomani all’uscita dal parco.
Si cena al tramonto con riso e scatolette di vegetali, una cena davvero misera considerando che è il giorno di ferragosto ma allietata dalla piacevole presenza di numerosi scoiattoli e di bellissimi uccelli. Con il buio non è possibile spostarsi dal campo neanche per andare in bagno, in quanto il posto è visitato da temibili iene, che qualche anno fa hanno addirittura ucciso e sbranato un turista. Non esistono infatti recinzioni di nessun tipo.
Moremi Wildelife Reserve
Moremi Wildelife Reserve
16.08.2005 Moremi Wildelife Reserve (Xakanaxa camp site) – Maun (Audi camp) (km 215) Botswana
La nottata passa tranquillamente. Solo Lone Land sente la presenza discreta delle iene che si aggirano attorno al Toyota e racconta dei loro ululati. La mattina troveremo le loro orme dappertutto attorno alla macchina, e ci dispiace moltissimo di non essersi affacciati dalla tenda per poter osservarle durante il loro giro di perlustrazione.
Continuiamo la visita della riserva fino al primo pomeriggio avvistando numerosi animali nel loro splendido habitat naturale così da arricchire il nostro repertorio fotografico sulla fauna selvatica della savana. Per completare la visita di questi luoghi sarebbe stato molto interessante partecipare ad una escursione a bordo di un mokoro (la tradizionale canoa scavata nel legno), ma purtroppo non abbiamo abbastanza tempo per fermarci un giorno in più ed organizzare l’escursione. Lasciamo il parco dall’uscita nord ed anche questa volta ci dicono che non possono farci pagare lì ma di andare l’indomani all’ufficio prenotazioni di Maun. A questo punto visto che nessuno ha voluto registrare il mezzo al nostro ingresso o uscita dal parco, e visto che il risparmio è di circa 60 euro a persona, decidiamo di ringraziare l’ente parco del Botswana per la loro gentile ospitalità, anche nella considerazione che in mattinata partiremo prima dell’apertura dell’ufficio prenotazioni. Nessuno potrà dire che non abbiamo fatto del nostro meglio per pagare!
Nel pomeriggio andiamo a fare un giro nella piacevole cittadina di Maun. Facciamo uno spuntino nel simpatico pub “The Buck & Hunter” di fronte all’aeroporto. Più tardi visitiamo alcuni negozi di attrezzature da campeggio e il fornitissimo “General Trading Company”, un vasto negozio con un grande assortimento di oggetti di artigianato, libri, abbigliamento e materiale da safari. Dopo aver fatto acquisti, nel tardo pomeriggio, torniamo all’Audi camp dove incontriamo degli amici italiani (Riccardo e Daniela, di Bologna), in giro con il loro Land Rover da due mesi, con cui trascorriamo un piacevole dopocena.
Moremi Wildelife Reserve
17.08.2005 Maun (Audi camp) – Palapye (Km 679) Botswana
Oggi lunga tappa di trasferimento. Si parte da Maun di buon mattino in direzione ovest ripercorrendo la A3; una strada che corre quasi rettilinea per più di trecento chilometri fino a Nata, attraversando il margine settentrionale dei parchi di Makgadikgadi Pans. Anche ai margini dell’asfalto, ogni tanto si incontrano struzzi, antilopi, orici ed altre specie di mammiferi e uccelli. Da Nata in poi l’asfalto corre in direzione sud-est, e noi puntiamo verso Francistown, una delle maggiori città del Botswana.
Attraversata abbastanza velocemente la città prendiamo la A1 verso sud per fare tappa nel centro urbano di Palapye. La cittadina non è molto interessante per il turista e si sviluppa attorno a due centri commerciali che fanno da richiamo all’ampia zona rurale che la circonda. Dopo aver dato un’occhiata ai centri commerciali ci fermiamo per la notte al “Palapye Hotel” un alberghetto molto più simile a un motel che a un vero albergo (85 Pula a persona compresa la colazione) (volendo nelle vicinanze esiste anche un campeggio). La struttura sorge di fronte alla stazione ferroviaria e ricorda nella struttura principale un edifico scolastico dei tempi che furono. Possiede una sala adibita a bar, molto frequentata dalla gente del posto e tappezzata da belle e vecchie foto degli anni ’20 del secolo scorso, dove è possibile bere piacevolmente qualcosa e sgranocchiare biltong prodotto localmente, in un’atmosfera tipicamente ed autenticamente coloniale. Anche il ristorante (37 Pula a persona), sia per l’arredamento, sia per il personaggio che serve ai tavoli, sembra appartenere a ai primi del secolo scorso, il cibo non è affatto male (buono il pollo arrosto).
18.08.2005 Palapye – Zeerust (Km 473) Sudafrica
Lasciata Palapye riprendiamo la A1 fino a Gaborone, capitale del Botswana.
Gaborone è una piacevole, ordinata e moderna città, non troppo grande né con il traffico caotico delle capitali. In centro visitiamo il “National Museum” (ingresso gratuito) dove è esposta una modesta collezione di reperti archeologici e varie collezioni di materiali etnografici. All’interno del museo sono in vendita anche begli oggetti di artigianato locale, tra cui stoffe dipinte a mano, ceramiche, cestini, bracciali e collane in cuoio e perline. Dopo aver fatto altri acquisti ci dirigiamo verso Tlokweng, posto di frontiera con il Sudafrica che dista solo diciotto chilometri dal centro cittadino di Gaborone.
A pochi chilometri dalla frontiera, in Sudafrica, si trova la Madikwe Game Reserve, descritta dalla Lonely planet come una delle più interessanti della nazione. Arrivati all’ingresso il ranger ci spiega che la riserva è stata acquista due anni fa da privati per costruirci due lodge di lusso e non è più visitabile dai “normali” turisti a meno di avere una prenotazione nei costosissimi lodges. Vedendoci molto delusi perla mancata visita, e in fondo anche lui consapevole dell’ingiustizia nel rendere visitabile un così bel parco solo a pochi ricconi, ci propone ammiccante uno stratagemma per poterla visitare ugualmente per alcune ore. Ci dice di telefonare a uno dei lodge e dire che vogliamo visitarlo per decidere se ci piace ed eventualmente fermarci lì per la notte. Questo ci farà ottenere l’autorizzazione all’ingresso. Poi, una volta entrati nel parco e attraverso percorsi secondari, avremmo potuto osservare con calma gli animali, ed infine raggiungere il lodge che dista una trentina di chilometri dall’ingresso. Arrivati lì avremmo detto che ci siamo persi nel raggiungerlo e che non vogliamo più dormire nel lodge, quindi uscire dalla riserva. Apprezziamo il consiglio del ranger e lo mettiamo in pratica. Funziona!
Visitiamo questo interessante parco ricco di animali. Osserviamo a pochi metri di distanza di un bel esemplare di rinoceronte e numerosi altri animali. Quando siamo stanchi e soddisfatti torniamo all’ingresso senza essere nemmeno passati dal lodge, ed a un altro ranger (non c’è più quello che ci ha fatto entrare con cui avevamo fatto amicizia) con grande faccia tosta diciamo che uno di noi si è sentito male e quindi dobbiamo lasciare il parco senza poterci fermare al lodge. Il poveretto è perplesso ma non può fare altro che prenderne atto e lasciarci uscire.
Proseguiamo per Zeerust dove ci fermiamo per la notte all’ “Abjaterskop Hotel”, un bell’albergo che oltre le camere possiede anche dei bungalow ad un prezzo accettabile (340 Rand la doppia e 240 Rand il bungalow). L’albergo ha anche un bar e un ottimo ristorante con abbondanti e ben preparate portate (77 Rand a persona compreso il dolce).
Madikwe Game Reserve
19.08.2005 Zeerust – Pilansberg National Park (km 260) Sudafrica
Oggi non abbiamo fretta, siamo ormai alla fine del nostro viaggio e passiamo alcune ore della mattinata a fare shopping nei negozi di Zeerust, acquistando materiale da campeggio e accessori vari in alcuni interessanti negozi del centro. Poi seguendo la N4 arriviamo a Rustenburg dove facciamo una passeggiata nelle vie del centro. Anche questa come Zeerust è una città moderna sorta attorno ad un centro commerciale.
Nella tarda mattinata arriviamo al Pilansberg National Park dove, al Manyane Resort passeremo le prossime due notti (48 Rand a persona a notte).
Il pomeriggio lo passiamo dentro il parco (24 Rand a persona) uno dei più conosciuti e ricchi di fauna del Sudafrica. Anche l’anno scorso eravamo stati in questo bellissimo parco, racchiuso da una catena di vulcani spenti, e ci eravamo ripromessi, se fossimo riusciti a visitare il Botswana, di ritornarci quasi per devozione.
L’immagine più bella del giro nel parco è quella di un branco di elefantesse che portano i loro piccoli a bere e della loro attenzione nel proteggerli ed aiutarli nella difficoltà.
Nel tardo pomeriggio torniamo al campo, molto affollato in quanto siamo nel fine settimana, ed il parco dista solo alcune centinaia di chilometri da Pretoria e da Johannesburg. Facciamo amicizia con i nostri simpatici vicini di tenda (dei simpatici ragazzi sudafricani con cui condividiamo le nostre ultime bottiglie di vino) e restiamo colpiti dalle imponenti grigliate che durano anche tutta la notte dei molti campeggiatori.
Ceniamo nell’ottimo ristorante a buffet del campo (125 Rand a persona).
Pilansberg National Park
Pilansberg National Park
20.08.2005 Pilansberg National Park – Pilansberg National Park (km 130) Sudafrica
Dopo una abbondante colazione continuiamo il nostro safari fotografico all’interno del Pilansberg Park, fermandoci spesso nei numerosi capanni di avvistamento in prossimità dei bacini d’acqua, che permettono di ammirare la natura in maniera tranquilla e senza disturbare gli animali. Da uno di questi osserviamo un simpaticissimo cucciolo di ippopotamo, di qualche mese appena, che cerca di convincere i membri del gruppo a una qualsiasi attività ludica. Ma i grossi e pesanti ippopotami, mollemente sdraiati al sole non ne vogliono proprio sapere!
Un altro incontro notevole avviene con la madre e un bellissimo cucciolo di rinoceronte che passano molto vicini al nostro fuoristrada permettendoci di ammirarli in tutta la loro maestosità. All’ora di pranzo ci fermiamo per uno spuntino al piacevole posto di ristoro collocato al centro del parco. Decidiamo quindi di fare una visita a “Sun City”, la Las Vegas africana, costruita da un miliardario sudafricano negli anni settanta.
Questa città (ingresso 60 Rand a persona) è un enorme complesso di alberghi di lusso e case da gioco un tempo precluse alla popolazione di colore. Oggi il luogo è frequentato da gente di ogni razza, ma resta uno dei capolavori del kitsch mondiale. Si prende un affollatissimo trenino che porta all’Entertainment Centre, pieno di cinema, ristoranti e aree giochi dalle luccicanti slot-machines. Si esce poi all’aperto sul “Ponte del tempo”, scosso diverse volte al giorno da finti terremoti con nuvole di fumo e tuoni in una scenografi alla Spilberg di finte pareti rocciose scolpite con elefanti e scimmie, che rimanda al mito della città perduta “Lost City”. Fa da sfondo il “Palace hotel” dalle cui torri spuntano busti di cervo e dalle cupole rivestite di finte zanne d’avorio. Fa parte di “Lost City anche la scenografica “Valley of Waves” una enorme piscina circondata da sabbia fine e bianchissima e orlata di palme, dotata di un meccanismo capace di creare onde alte fino a due metri per gli amanti del surf.
Quando usciamo da questa simpatica allucinazione post-moderna, torniamo al campeggio del Manyane Resort a preparare i bagagli per la partenza di domani.
Cena al ristorante del campo (sempre ottima).
Pilansberg National Park
Sun City
21.08.2005 Pilansberg National Park – Johannesburg (km 200) – Atene
In un paio d’ore raggiungiamo Randburg dove si trova la Bushlore e dove ci attende Mark, uno dei gentilissimi gestori dell’agenzia di noleggio dell’auto.
Paghiamo i danni al fuoristrada dovuti all’incidente e veniamo accompagnati all’aeroporto con i nostri bagagli cresciuti di peso e dimensione.
All’aeroporto abbiamo ancora abbastanza tempo per fare numerosi acquisti nei negozi all’interno. Alle 19.40 partenza per Atene.
22.082005 Atene – Roma – Catania – Siracusa
Arriviamo ad Atene alle 5.45 del mattino dove aspettiamo di partire per Roma alle 9.05, ed anche qui un giro nei negozi dell’aeroporto aumentando ancora il già voluminoso bagaglio a mano. Alle 10.10 atterriamo a Roma dove con una minima spesa anticipiamo il volo Wind Jet per Catania dove arriviamo verso le 14.00.