By Luciano Pieri Originally Posted Friday, May 18, 2012
ARMENIA – Crocevia tra l’oriente e l’occidente – testo e foto di Luciano Pieri
Un ponte di ferro e legno sul fiume Aras collega l’Iran e l’Armenia e una riga bianca a metà delle due sponde demarca il confine.
La guida iraniana ci saluta all’inizio del ponte che attraversiamo trascinandoci dietro i bagagli. Dal lato armeno ci accoglie un militare biondo e giovanissimo che controlla con interesse i nostri passaporti, particolarmente attratto da tanti visti a lui sconosciuti.
Appagata la sua curiosità ci saluta: “dasvidania”, arrivederci, non è armeno ma uno dei duemila militari russi che nel 2004, epoca del viaggio, collaboravano con l’Armenia per il controllo dei confini con l’Iran, la Turchia e l’Azerbaijan.
E’ infatti molto difficile e precaria la situazione politica di questo paese rispetto ai vicini, in particolare con l’Azerbaijan, per il contrasto sulla regione del Nagorno-Karabakh.
Attualmente la regione è occupata dagli armeni sulla base di diritti risalenti al terzo secolo, quando avvenne la conversione al cristianesimo di quelle popolazioni, appartenenti allo stesso gruppo etnico da cui discende il popolo armeno.
Dall’altra parte gli azeri, che rivendicano i loro diritti di prelazione partendo addirittura dal 400 a.c., quando la regione faceva parte dell’Albania caucasica, che non ha alcuna attinenza all’attuale Albania nostra vicina.
Con la Turchia il problema è molto più recente, risale al 1915, quando il Partito dei Giovani Turchi, allora alla guida dell’impero ottomano, ordinò il genocidio di circa un milione e mezzo di armeni che risiedevano su di un grande territorio facente attualmente parte della repubblica turca.
In questo momento l’Armenia non ha ancora ottenuto dalla Turchia l’ammissione di questo genocidio, inspiegabilmente un popolo moderno come il turco, candidato ad entrare nella Comunità Europea, continua a negare una evidenza storica.
Neppure la morfologia del territorio tratta meglio gli armeni che, purtroppo per loro, risiedono in questa regione montuosa dove due zolle continentali si scontrano.
Il Caucaso è, perciò, una delle grandi zone sismiche del mondo, e l’ultimo grande terremoto del 1988 causò circa cinquantamila morti oltre migliaia di feriti.
Penso che proprio tutte queste avversità hanno fatto degli armeni un grande popolo, orgoglioso, unito e generoso e ce ne accorgemmo appena entrati nel loro stato.
Ci accolse Alex, un giovane molto preparato culturalmente, che conosceva bene la lingua italiana perchè aveva studiato a Roma all’Istituto Armeno.
Dopo i saluti e le presentazioni di rito ci annunciò subito che il sindaco della vicina cittadina di Maghri, la prima dopo il confine con l’Iran, ci voleva suoi ospiti.
Eravamo quattro italiani e fummo prima ricevuti in municipio, poi a pranzo a casa di Misha Yervandi, sindaco di Maghri, per una iniziale conoscenza della vita degli armeni ed anche della loro cucina tradizionale.
Cominciò in questa simpatica maniera l’attraversamento dell’Armenia dal confine iraniano a sud al confine georgiano a nord. Un viaggio non solo geografico ma anche nella loro storia che incomincia da un leggendario discendente di Noè, Haik, che stabilitosi ai piedi del monte Ararat, sconfisse in una battaglia il re assiro Nimrod e fondò lo stato armeno.
Al terzo millennio A.C. risalgono le prime tracce di elementi artistici su terracotta, nel secondo millennio A.C. si possono collocare le prime importanti lavorazioni di metalli: coppe d’oro decorate con animali, boccali d’argento, braccialetti ed armi, il tutto ritrovato in massima parte nel sito archeologico di Kirovakan.
Del primo millennio A.C. sono delle grandi statue monolitiche di animali, in particolare pesci, ritenuti simbolo di fertilità.
Dopo la nascita di Cristo, essendo stati gli armeni una delle prime popolazioni convertite dagli apostoli, incominciano a nascere piccole chiese arroccate in posizioni impervie, facilmente difendibili.
Il medio evo, oltre all’ampliamento delle prime chiese, ci ha lasciato le Khachkar, croci di pietra finemente decorate espressione unica dell’arte armena, la più antica risale al 900.
Altre forme d’arte particolari dell’Armenia sono i monumenti funerari, che nel caso di ricchi personaggi, raccontano in una sequenza figurata l’attività svolta dal defunto in vita.
Una difficile strada ci porta da Maghri al complesso monastico di Tatev posizionato strategicamente nell’impervia valle del fiume Vorotan; le mura che fortificano questo monastero, ressero nei secoli passati agli attacchi islamici e mongoli, ma non ressero al terremoto del 1931 che causò notevoli danni.
Siamo nella regione montagnosa del Syunik, attraversiamo paesaggi tormentati, scoscesi, di una bellezza struggente; l’uomo abitò questi luoghi da tempi preistorici, come testimonia il sito megalitico di Carahounge, versione armena di Stonehenge.
Su di un pianoro spazzato dal vento, enormi monoliti formano un cerchio e i fori praticati negli stessi monoliti, orientati sui punti cardinali, fanno ipotizzare il loro uso come osservatorio astrale, gli studiosi collocano la loro datazione al terzo millennio A.C..
Risalendo verso la capitale Yerevan, è un continuo incontro con chiese e conventi montani, isolati sulle sommità di montagne, testimonianze della difficoltà di sopravvivenza per queste comunità di cristiani, da sempre, alla mercè di scorrerie di infedeli.
Paesaggi di grande respiro, contrasti di forti colori, colate di basalto nero a canne d’organo e campi colorati di erba verde con miriadi di fiori di ogni tonalità, ci accompagnano.
Attraverso la visita della chiesa di Areni, che custodisce la più antica khachkar, l’incontro col monastero di Noravank, dove sotto severe pietre tombali riposano intere famiglie reali, si giunge in vista dell’immenso cono del biblico monte Ararat, che, da qui in poi, ci accompagnerà dall’alto dei suoi 5.165 metri, con vicino il cono del Piccolo Ararat.
Queste due montagne sono completamente in territorio turco ma fanno parte integrale del paesaggio armeno.
Yerevan è situata in una grande valle proprio sotto il monte Ararat, dalle cui pendici la divide un piccolo fiume che costituisce anche il confine turco-armeno.
E’ una città molto antica, risalente al 782 A.C., quando il re Argishti, come è ricordato su di una tavoletta fatta incidere da lui stesso, fece qui costruire una fortezza: “……che chiamai Erebuni, per gloria del paese di Biaina e per il terrore dei suoi nemici”.
Il momento di maggiore prosperità, Yerevan, l’ebbe fra il VII e IX secolo quando fu crocevia di molteplici vie della seta.
Ora è una città in attesa: attende la soluzione dei rapporti con una Turchia che la spia dalle postazioni militari sulle pendici del monte Ararat e tiene chiusi i suoi confini al traffico proveniente dall’Armenia, costringendo a far passare tutte le merci dalla Georgia.
Attende l’apporto economico degli armeni sparsi nel mondo, quelli che la diaspora degli anni venti del secolo scorso, fece fuggire in Europa ed in America.
Attende ancora di riorganizzare la propria industria dopo l’indipendenza dall’Unione Sovietica del 1991.
Ma Yerevan è cosi interessante da visitare!
Sono da non perdere:
- il sacrario della lingua armena, dettata direttamente da Dio, conservata in 12.000 manoscritti antichissimi, nella biblioteca di Matenadaran;
- il sacrario commemorativo del genocidio armeno, una struttura a forma d’ago che punta verso il cielo;
- Echmiadzin, il Vaticano della religione ortodossa-armena, costruito da san Gregorio, nel punto indicatogli da Dio, alla fine del III secolo;
- ed infine, passeggiare per le strade del suo centro storico, per mangiare, in uno dei tanti ristorantini caratteristici l’ottima cucina locale, o per contrattare un antico tappeto caucasico in un negozietto di un furbo mercante levantino.