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Algeria: nel mare di dune di Manuele Boccadoro

– Posted in: Africa, Nord Africa, Resoconti di viaggio

By Manuele Boccadoro
Originally Posted Monday, July 26, 2004

 

Algeria: NEL MARE DI DUNE

di Manuele Boccadoro

 

Mezzi e piloti

1° Jeep. Mercedes GD290 del 1997 a passo lungo, ove siamo gentilmente ospitati, modificato appositamente previa oculata pignoleria del pilota: 400 litri supplementari di carburante abilmente stipati assieme ad un contenitore d’acciaio inox con 30 litri d’acqua con annessi rubinetti snodabili, baule di legno con il coperchio trasformabile in tavolino, una cambusa comprendente cibo per 1 milione di lire, 3 taniche da 25 litri d’acqua potabile, 4 taniche supplementari di benzina per i motociclisti rompicoglioni, un comodo Air Camping matrimoniale stile “concepimento”, ruote di scorta per auto e moto, sedie pieghevoli con schienale per meglio osservare il fuoco la sera. Pilota: Guido (commerciante). Copilota: Marco (architetto) del paese di Guido. Passeggeri: le due zavorre rompicoglioni Manuele (il sottoscritto) e Simona dalle Marche.

2° Jeep. Nissan Patrol 3300 turbo diesel del 1990, 2 posti furgonato, meno abilmente stipato da due simpatici veneziani alla loro prima esperienza africana, ma con tanto di cappello per il risultato ottenuto. Nota: non dire mai al pilota il proverbio “la vecchietta vien di notte con le scarpe tutte rotte” perché è capace di prendergliele per rinforzare le sospensioni del fuoristrada. Pilota: Giorgio (commercialista). Copilota: la moglie Nicoletta (avvocato)

3° Jeep. Toyota Land Cruiser diesel con cilindrata ininfluente, motore non turbo ma ..sospirato! Il risultato è che ce l’ha fatta contro l’incredulità di molti. Tanto di cappello al pilota camminatore e al super cuoco copilota. Pilota: Fulvio (dipendente stampista) di Varese. Copilota: il cuoco Enrico (in realtà architetto) detto “er cappellotto”. Passeggeri: sigari toscani a volontà e un po’ d’alcool

1° Moto. KTM 620 appesantita come il pilota, preparata per l’Africa ma non di affidabile risposta. Del pilota bisogna ammirare coraggio, resistenza, determinazione e sangue freddo. Pilota: Giorgio (web designer) di Firenze

2° Moto. Suzuki DR 350 denominata la bicicletta dell’Africa. Pronta, agile e in dotazione, capacità di riportare un pò di sabbia, come souvenir…nel pistone!! Pilota pronto, sveglio, audace e..crinato!! Pilota: Davide (architetto) di Pisa in cerca di cammelli (ma grigi) per il figlio Dei passeggeri marchigiani ne parleranno meglio gli altri del gruppo in un prossimo viaggio, senza di noi!

IL VIAGGIO

20 dicembre 2000

Siamo stanchi dal lavoro e appesantiti dai pensieri che vorticosamente turbinano nella mente di ogni viaggiatore, o turista che si voglia, che si accinge a visitare un paese poco frequentato dal turismo di massa: quali difficoltà incontreremo? Abbiamo portato proprio tutto? Ognuno con il proprio punto interrogativo, a mo’ di aureola, sopra la testa ci troviamo in un mite mattino di Dicembre a Casciavola in provincia di Pisa a casa di uno dei realizzatori dell’attraversamento del Grande Erg Orientale, Guido. Ci siamo conosciuti attraverso Internet. Dovremo condividere 18 giorni con delle persone mai viste fino ad ora. Guido è lo sprone delle missioni in Africa per se e per tutti quelli che lo circondano. Il maestro dell’organizzazione e preparazione dei veicoli, delle tappe, degli approvvigionamenti; ma la parola Algeria incute un pò di timore anche a lui. Ore 9:00. Gli ultimi ganci sono tirati, le valige stipate come bestiame tra le quali escono due testoline dei due passeggeri. Partiamo con un carico di circa 3000 kg poggiato su quattro gomme da sabbia al loro 4° viaggio (una cederà alla nostalgia africana). Dietro ci segue un motociclista, Davide, infreddolito e marciante con una gomma trovata in un cassonetto dell’immondizia. Le prerogative non sono delle migliori. Dopo poco incontriamo lungo la strada l’altro motociclista, Giorgio. La prima e unica volta che avevo visto i loro volti era stato dieci giorni prima di partire in un fugace incontro a Reggio Emilia. Allora non avevamo la più pallida idea di cosa facessimo. Ad un’insicura Simona avevo detto almeno di provare a vedere se entravamo nella jeep di Guido. Ora abbiamo un visto sul passaporto, una decina di telefonate alle spalle e nessun biglietto tra le mani. Biglietteria del porto di Genova. Alle 11:00 io e Simona siamo già esausti. Passiamo 2 ore in fila come carne da macello assieme ad un nugolo di tunisini che sbraitano. Due guardie giurate davanti a noi fanno da cordone all’unica entrata di una vecchia e fatiscente biglietteria portuale della Compagnia Tunisina di Navigazione. Alcuni sono in fila dalle 5 del mattino, i loro visi espongono tutta la loro incazzatura, non sanno ancora se saliranno con la loro vettura sulla nave che li riporta a casa dalle famiglie. Tantomeno noi siamo sicuri di prenderla. Poi uno spiraglio, dopo alcune ore finalmente i computer si sbloccano, con i biglietti in mano (e £ 535.000 in meno nel mio portafoglio) corriamo all’imbarco dove il nostro nuovo gruppo, che ci dava per dispersi, ci attende. Dopo poche ore tramutiamo il nostro posto ponte in una cuccetta di 1° classe pagando una differenza di £ 95.000 x 2 pax. Ceniamo sempre in 1° classe con £ 33.000 cad. (comprendente la colazione). Mangiamo ciorba, poi un secondo ed un budino di cioccolata.

21/22 dicembre 2000

Freschi e riposati di prima mattina c’imbattiamo nella lezione di GPS. Poi con la pratica capiremo di più! La nave arriva con 3 ore di ritardo ma nel frattempo abbiamo modo di sbrigare qualche formalità per risparmiare tempo prezioso a terra Decidiamo di percorrere almeno un centinaio di chilometri e di uscire da Tunisi, ma la gomma posteriore delle Nissan di Giorgio ci spedirà a dormire in un lussuoso hotel a piramide rovesciata, De Lac, forse progettata da un avo fondamentalista egiziano. La camera costa 60 DT. Durante la riparazione Nicoletta si procura uno strappo alla schiena. Le portiamo del cibo in camera mentre il marito cerca un gommista alle 20:00 per tutta Tunisi. Dopo aver trovato una gomma, solo al mattino seguente, alla modica cifra di £ 500.000, per le 11:00 siamo in marcia verso Nefta. I cartelli dei paesi scorrono veloci e instabili come un treno in movimento e dopo una strada quasi sterrata arriviamo verso le 21:30 in dogana. In mezz’ora usciamo da quella tunisina e in poco meno di 2 ore da quella algerina. Siamo a Taleb Larbi, i doganieri (o chi per loro) sono molto cortesi. Alcuni sono in divisa, altri in ciabatte, alcuni in pantofole. Cortesemente rispondiamo a tutti, vogliono parlare, scherzare, i turisti non passano più a frotte come un tempo. Dormiamo in un hotel a pochi passi dalla frontiera, con colazione e cena, All Inclusive (Giorgio mi dice che con lui sono stati piu’ gentili donandogli bacarozzi, varie puzze nauseabonde con annessa cagata algerina nel loro cesso), a £ 15.000 cad. Gentilmente i gestori asciugano i nostri sacchi a pelo, bagnati dalla pioggia italiana, sopra un rudimentale fornello, volteggiando a mo’ di amaca i nostri contenitori per la notte sopra una pericolosa fiamma.

23 dicembre 2000

Con 200 FF espletiamo le ultime formalità alla frontiera e con l’assicurazione in mano siamo sull’asfalto algerino……ma ancora per poco. Fatti pochi chilometri il pitagorico Guido decide di tagliare imboccando la prima traccia verso le dune. Gli insabbiamenti si contano sulle dita di un millepiedi. In una giornata avanziamo di pochi chilometri. Simo ha provato a guidare. Facciamo campo e ci guardiamo incuriositi attorno al primo fuoco.

24 dicembre 2000

Grande Erg Orientale. Le dune diventano impegnative, Fulvio con il suo “asino” ansima mentre Giorgio taglia due scarpe per farvi dei tamponi di fine corsa degli ammortizzatori, che il meccanico, “superesperto” e “superpagato”, aveva DIMENTICATO. Incontriamo un gruppo di tedeschi con due camion e due moto. Ci dicono di aver perso la guerra contro il grande erg: tornano indietro. Tutto ciò fomenta il mio pessimismo. Ne usciremo? I rischi di cappottare sono all’ordine del giorno, Giorgio, esperto velista, nella sabbia sembra affogare. Avviene anche la prima riparazione alla ventola della KTM. La sera proviamo a spedire qualche e-mail. Poi i fatti e le parole la notte lasciano spazio a fragorose russate che più tardi imputeremo (come capro espiatorio) a Giorgio il motociclista.

25 dicembre 2000

Natale: sono contento di non essere attorno ad una bella tavola imbandita di ipocrisie. Le dune prendono piede. Dune, solo dune; è bello, ma allo stesso tempo difficile e stancante. Procediamo troppo lentamente, Guido cerca di impaurirci ribadendo il concetto che se continuiamo di questo passo non faremo nemmeno in tempo a prendere la nave; su di me farà presa. Idem per Giorgio che me lo confessera’ solo dopo. Intanto la Toyota di Fulvio la sento ragliare, la trasmissione anteriore macina e non sappiamo cosa. Intanto qualche improvvisato sherpa paletta la via migliore, con alcuni rami, di duna in duna, e i motociclisti fanno la spola tra l’orizzonte e noi in cerca di passaggi migliori. Anche io provo a guidare il Nissan di Giorgio, ma sono più le volte che spaliamo ! Facciamo campo vicino al fortino Mouiet Er Rebha.

26 dicembre 2000

Abbiamo raggiunto il fortino (Mouiet Er Rebha) sperso in una valle pianeggiante immersa nelle dune, forse un miraggio, no, un pozzo artesiano. Qualcuno osa lavarsi. Siamo sporchi ma ancora non puzziamo. L’acqua è veramente gelida, ma il “super cappellotto” del cuoco veneziano non si fa intimidire. Nudo come un lombrico, si lava indisturbato. Ci descrive ogni passaggio del suo elegante lavarsi in un simpatico veneziano…….fino al minuzioso particolare del “cappellotto”. Devo dire che abbiamo un cuoco veramente pulito. Ho guidato la Mercedes e la Nissan, poi ho capito di poter essere solamente un passeggero.

27 dicembre 2000

Fortino di Bir Djedid. Affascinante, sembra emerso da una favola o costruito appositamente per alcune scene di un film di S.King. Il vento ci sputa folate di sabbia in ogni anfratto del corpo. Qualche goccia d’acqua fa capolino. Il prodigo Guido soccorre un esausta KTM, Giorgio gioca con un aquilone, qualcuno mangia, altri si riposano. Tutto sembra irreale, il tempo pare essersi scordato di noi e la civiltà diviene un’immaginazione dell’uomo. Un frastuono di moto irrompe nel silenzio, qualche smanettone è venuto in cerca di incaute evoluzioni. Riconosco un mio vecchio compagno di viaggio in Libia. Me lo ricordavo diverso. Assieme agli altri firmano il loro passaggio con un sacco pieno di immondizie inarso dentro un fiabesco caminetto. Lavoriamo per loro come improvvisati operatori ecologici.

28 dicembre 2000

La paura lenisce. Il varco si apre davanti a noi, le dune si assottigliano e i reg si moltiplicano. Vediamo la prima e vera pista. La promessa di Giorgione e’ stata mantenuta, abbiamo il nostro piattone….con un ritardo di 3 giorni!! Prendo la moto “scampanellante” di Davide per 97 km, una dolce concessione che si rivelerà dannosa, non gli e la lascerò fino all’asfalto! Visitiamo il fortino di Bir Rhoraffa. Trovato l’asfalto facciamo campo due dune dopo.

29 dicembre 2000

L’asfalto è campeggiato da dune. A tratti procediamo veloci per poi rischiare di trovarci una duna dietro una curva. Prestiamo un cric idraulico a tre algerini che forano un pick up pieno di legna. Poi loro si sdebiteranno con noi guidando su di una collina di sabbia la Nissan di Giorgio come uno smoderato smanettone; poi Giorgio si affeziona al pilota e tenta di seguirlo fino a casa… Al 1° posto di blocco ci regalano 20 litri di benzina e ci chiedono se abbiamo bisogno di altro. Al 2° posto di blocco ci chiedono invece qualcosina, del whisky o altro. Il generoso Enrico donerà loro degli ottimi sigari toscani. Guido il KTM di Giorgio mentre l’altro Giorgio prende il Suzuki di Davide. Arriviamo a Deb Deb, una città nata intorno al petrolio. Un nugolo di bambini ci investe chiedendoci a raffica penne e regali di vario genere. A fatica conteniamo la loro vivacità. I prodigi Giorgio e Nicoletta hanno svuotato le loro soffitte e ora regalano vestiti e scarpe a chiunque passa. Osserviamo come ci siano bambini scalzi e malvestiti e altri ben vestiti con biciclette nuove. Dormiamo in uno “stadio” (un rettangolo di deserto cintato da mura) vigilati, moralmente, dai locali poliziotti (che all’arrivo ci hanno accolto con datteri e pane), per tenerci lontani i tanti bambini curiosi che ogni tanto si affacciano. Dopo cena un algerino ventenne ci fa assaggiare il suo té, che come un ottimo rappresentante portava da casa in una borsetta assieme a teiere, bicchierini per gli ospiti e una coperta per sederci. Per molti è la prima esperienza di “tè nel deserto”.

30 dicembre 2000

Al mattino la polizia ci fa fare rifornimento di acqua. Doniamo loro una preziosissima tavoletta di cioccolato. Poi ci dividiamo, la Toyota e il Nissan andranno via asfalto ad Illizi, noi procederemo attraverso una bella e varia pista da Ohanet. Ore 18:00. Il buio rapisce alla luce le ultime speranze di ritrovare l’asfalto. Facciamo campo noi 6 in una buca di sabbia. Le chiacchiere e la compagnia che sprigionano più persone insieme si allenta. Noi sei siamo stanchi e la loquacità non ci da corda.

31 dicembre 2000

Ore 10:00. Finalmente raggiungiamo l’asfalto poi come un miraggio vediamo Illizi. Cambiamo i soldi in una banca spettacolare, con gli interni tutti in legno. Cerchiamo un hotel per dormire e come d’incanto troviamo nel parcheggio retrostante la Toyota e la Nissan. Gli altri del gruppo ci dicono che non hanno trovato nessuno capace di capire lo strano rumore proveniente dalla trasmissione anteriore del vecchio Toyota. Prima della cena di fine anno un tranquillo meccanico locale controlla la jeep non rilevando niente di preoccupante: ci sentiamo un po’ tutti risollevati, tranne Guido, pronti a trangugiare insieme altri 300 km di pista. Ore 13:00. La camera con doccia e lavabo è pulita, costa 1280 DA (circa £38.000) inclusa la colazione. Nella modestissima hall notiamo un computer nuovo di zecca. Il proprietario si diverte a farci ascoltare la musica algerina su cd. Siamo stanchi e non sappiamo come congedarci, la musica e’ cosi’ alta che non gli diciamo niente, ci congediamo farfugliando qualcosa per immergerci poco dopo in una rilassante doccia. Questo e’ il preludio di un giorno veramente indimenticabile. Giorgio, la nostra “guida” fiorentina di importazione, detta “babbo natale” ha un aggancio qui ad Illizi. L’anno prima ha conosciuto una guida locale e vi ha fatto amicizia, ma oggi non c’e’, e’ in pellegrinaggio. Cosi’ suo figlio ne fara’ le veci. Visitiamo il letto di un fiume, Oued Djerat, costeggiato da pareti rocciose. Per vedere tutti i graffiti, dice la guida algerina, ci vorrebbe una settimana ed i più belli sono proprio i piu’ lontani, ma non abbiamo tempo. In poche ore ne osserviamo a mala pena due o tre, di cui solamente uno ben conservato. La visita ci viene a costare £15.000 a persona, ma….con cena “tipica” inclusa. Verso le 20:45 siamo a casa della guida, non sappiamo bene come comportarci, avevamo discusso se era il caso di portare oltre al panettone lo spumante. La stanza in cui ci accoglie e’ spoglia, c’e’ solo una credenza, per terra diversi tappeti, qualche cuscino e un tavolo molto basso. Le donne vivono separate dagli uomini e fanno vita prevalentemente separata, figuriamoci se si mostrano a degli estranei, qualche bambina timida ogni tanto fa capolino dalla porta. Solo Simona e Nicoletta hanno accesso all’altra ala della casa per salutarle e rendere loro omaggio. Noi siamo gli ospiti e quindi mangiamo da soli mentre i nostri nuovi amici ci osservano attorno ad un braciere. Ci portano due piattoni con cus cus di verdure e carne con una ciotola di salsa piccante e Pepsi a volonta’. Qui si ferma il viaggio di Guido, ognuno di noi ha un cucchiaio. Piano piano ci scaviamo la nostra porzione di cibo all’interno del piatto, quella di Guido e’ la buca piu’ piccola! Ogni minuto che passa parenti e amici si moltiplicano. Parliamo ognuno con un gruppetto, io tiro fuori tutto il francese che posso, Davide mi aiuta nella traduzione e si incazza con me perche’ dice che esagero con loro a parlare di whisky e alcool, ma sono loro che me lo chiedono!?!?! Nel frattempo entra anche il sindaco di Illizi, venuto a farci omaggio e il responsabile dello scalo aeroportuale. Dopo la miscelazione del te’ affidata al piu’ anziano della famiglia, alla fine della cena il nostro Giorgione confida al capofamiglia di avere un po’ di alcool. Vediamo la faccia di questo diventare seria, poi si alza, manda fuori dalla stanza i ragazzi piu’ giovani, chiude la porta, tira la tenda, ci guarda e con il sorriso in bocca ci dice di aprire la bottiglia. Sono tutti molto simpatici, ci dicono che il panettone e’ buono ma lo spumante ancora di piu’. Non facciamo nemmeno piu’ caso che e’ Capodanno, lo scoccare della mezzanotte diviene indifferente, il tempo per un attimo si e’ fermato dentro quella casa regalandoci un’esperienza indimenticabile. Simona ottiene pure lo “sciarpone” blu indaco dei tuareg, di ottima seta, regalatogli dall’eccentrico responsabile aeroportuale, forse, desideroso di ricevere in cambio, qualcos’altro!?!

01 gennaio 2001

Come primo dell’anno ci attende una pista, bella e varia. Durante il percorso incontriamo delle tombe formate da cerchi di sassi nel cui interno vi sono seppelliti i componenti della famiglia. Torno in possesso di una delle due moto, la piu’ pesante e ingovernabile, la KTM di babbo natale. Mi domando il perche’ di cosi’ tanto peso, chissa’, sara’ piena di regali ancora da consegnare? Nell’arco della giornata incontriamo tanti bambini, molti sono scalzi e malvestiti, e diversi beduini. A tutti doniamo qualcosa. I beduini ci mostrano dei piccoli dromedari nati appena da un giorno. Il premuroso cuoco la sera ci cucina un’ottima zuppa di cipolle comprate in loco, unica raccomandazione, ci avverte, occhio alle fragorose flatulenze notturne!

02 gennaio 2001

Ore 7:00. La solita sveglia mattutina di Simona assieme al gracidare del pantografo della Maggiolina di Fulvio, ci riportano alla dura realta’ di alzarsi al freddo e mangiare al gelo. Questo periodo di tempo scandito dalle fragorose russate di tutti (ma il detentore del record è sempre Giorgione) e del gelo mattutino, sembra un flash notturno. Arriviamo al pozzo Hassi. el Hadjadj. Enrico sembra provato, accusa qualche linea di febbre e una linea periodica di diarrea. Questa sera mangiamo sabbia e fantasia, mentre il nostro “cappellotto” dormira’ per 14 ore filate.

03 gennaio 2001

Tabelbalet. Il pane quotidiano e’ sempre la pista. Guido il Mercedes per una cinquantina di chilometri, poi ad un tratto, mentre qualcuno si appisola, scoppia una gomma posteriore. Ora siamo in dieci sopra la ruota smontata, nessuno sa bene cosa fare ma tutti vogliamo fare qualcosa. Nella confusione poi la gomma viene cambiata. Consegno le chiavi a Guido. Passiamo per Gara Kranfoussa, uno splendido altopiano. Prima di raggiungere l’asfalto ad Hassi Belghebbour, sull’ultimo tratto di pista sabbiosa Davide ha un piccolo incidente. Arriva alla nostra auto trafelato, non parla, gli escono le lacrime e il respiro e’ come spezzato. Con un filo di voce ci dice di aver avuto un contraccolpo alla schiena. Pensiamo sia qualche costola incrinata, ma il responso lo avremo solo a casa. D’ora in avanti il silenzioso ed energico Marco guidera’ la sua moto per circa 1300 chilometri in due giorni, senza battere ciglio. Facciamo campo in un delizioso posticino a 100 metri dall’asfalto. Dopo cena Enrico decide di scalare una duna che troneggia sul campo. Io e Giorgione decidiamo di seguirlo, ci fermiamo circa una ventina di volte prima di raggiungere Enrico sulla punta attraverso un’insidiosa cresta a volte compatta ma molto spesso molliccia. Io e Giorgione siamo provati, con gran fatica ci scambiamo due parole e dopo una pisciatina di gruppo scendiamo di corsa come pazzi nel buio di una notte, lievemente illuminata da una luna quasi piena, lungo un morbido costone.

04 gennaio 2001

Le soste per donare gli ultimi scampoli di tessuti divengono continue, Giorgio e Nicoletta baratteranno il poco rimasto per alcune rose di sabbia. Durante il tragitto osserviamo un incidente frontale tra un taxi locale e un camioncino: 1 morto. Qui gli incidenti gravi sono all’ordine del giorno! Ci fermiamo a Touggourt. Mangiamo in un pittoresco ristorantino prevalentemente frequentato da camionisti. La cena a base di ciorba e carne alla griglia e’ ottima ed il prezzo si aggira a circa £ 5000. Infatti un’ora prima abbiamo fatto un cambio vantaggioso, per £ 100.000 il cameriere dell’hotel ci ha dato 5000 DA. La schiena di Davide è stabile, il dolore si acuisce spezzandogli il respiro solo in particolari movimenti. Voltaren (detto “voltarenne” dai fiorentini) diventera’ il suo migliore compagno.

05 gennaio 2001

Al mattino partiamo separatamente per assaporarsi ognuno a modo suo e con i propri tempi il mercatino di El Oued. Veniamo assorbiti dal vorticare dei dedali, le voci dei venditori divengono un sottofondo musicale armonico. Qui c’e’ tutto e niente da comprare. Si trovano diversi oggetti di importazione. Di originale vi è ben poco, tra tutti primeggiano i datteri. Ne compriamo a chili! Ricompattato il gruppo riprendiamo la marcia fino alla frontiera. Sono le 14:00, abbiamo una fame da cani, ma le propaggini burocratiche algerine e tunisine ci costringono ad un forzato digiuno. In dogana non c’e’ nessuno, incontriamo solo un simpatico signore con un vecchio Peugeot di 33 anni. Alle 16:00 proviamo a fermarci per la sosta pranzo, ma quando all’orizzonte scorgiamo un nugolo di bambini in corsa verso di noi, desistiamo. Alle 17:00 consumiamo un veloce pasto sul cofano del Mercedes. Poco dopo raggiungiamo Tozeur. Dormiamo in un camping dentro alcuni bungalow fatti esclusivamente di foglie di palma. Il gestore e’ un simpatico ometto che parla un perfetto italiano. Qui il turismo e’ in massima espansione, attorno a noi troneggiano una miriade di lussuosissimi hotel. Spendiamo £ 8.000 a testa. La sera festeggiamo il 35° (??) compleanno di Nicoletta con cena a base di: musetto e …??? Gli regaliamo una singolare pietra trasparente trovata lungo la pista che avevamo fatto senza di loro.

06 gennaio 2001

Partiamo di prima mattina. Nel tardo pomeriggio raggiungiamo Tunisi. Troviamo un’ottima sistemazione all’hotel Amilcar, anche se un po’ lontano dal centro. La camera costa £ 48.000 con colazione. Nel parcheggio vi e’ una vasta rappresentanza di tutti i sognatori dell’Africa. Tunisi e’ crocevia e partenza per tutte le destinazioni. Vi sono diverse moto, una miriade di fuoristrada, camioncini preparati appositamente per il deserto (specialita’ che appartiene soprattutto ai tedeschi) e un’insolita vecchia Peugeot francese il cui adesivo vanta la scritta: “Citta’ del Capo – Parigi in 42 giorni”. Il grande sogno un po’ di tutti!! Verso le 18:00 prendiamo due taxi che ci portano, il nostro a folle velocita’, verso la Medina di Tunisi. Piu’ tardi ci ritroviamo tra le vie della vecchia Medina ormai con i vari negozi chiusi. Consumiamo il nostro ultimo te’ assieme ad un narghile’ all’essenza di fragola in un vecchio “barreettino” (alla toscana). Poi Guido e Giorgione ci raggiungono per l’ultima cena in Africa. Siamo oramai alla fine del viaggio, tra 24 ore vivremo le pause lavorative con bellissimi ricordi !

07 gennaio 2001

Dopo due ore mattutine di fila, anche io e Simona ci assicuriamo il biglietto di ritorno di posto ponte che poi in nave tramuteremo in cuccetta di 2° classe. In nave ripercorriamo il nostro viaggio. Abbiamo modo di condividere e confrontare le nostre esperienze con altri passeggeri. Incontriamo smanettoni che una volta tornati a casa racconteranno solo della sabbia macinata nelle corone abrase delle loro moto, riflessivi pensionati col gusto di assaporare i tempi africani, imborghesiti provincialotti trattati in stile Alpitour in mezzo al deserto, ed altri ancora ognuno con la loro forma mentis.

08 gennaio 2001

Rimettiamo piede dopo 18 giorni a Genova. Decidiamo di pranzare tutti assieme intorno ad un bel piatto di pasta condito con uno squisito pesto genovese. Parliamo del piu’ e del meno, del viaggio fatto, cosa potevamo fare o cosa non fare. Riguardiamo le cartine, ci prestiamo libri e itinerari, ci scambiamo indirizzi e tante promesse. Ma la dura realta’ arrivera’ solo il mattino seguente, quando ognuno nel suo letto si accorgerà’ che l’Africa e’ oramai lontana. Il corpo incastrato nei vari giochi di una societa’ consumistica lascera’ libera la mente di fantasticare sulla prossima meta!! Al prossimo progetto, magari tutti nuovamente assieme.

N.B. (1 Dinaro tunisino = £ 1500 – 1 Dinaro algerino = £ 30)

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