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Algeria 1991-Nel cuore del deserto cercando l’avventura

– Posted in: Africa, Nord Africa, Resoconti di viaggio

By FRANCO PRESTIFILIPPO
Originally Posted Saturday, July 24, 2004

NEL CUORE DEL DESERTO

CERCANDO L’AVVENTURA

INTRODUZIONE

 

Mai la goccia aveva varcato, prima d’ora, la soglia del mio occhio, che mirabile osservava, per l’ennesima volta le impervie coste Africane, sulla nave, tra gli odori del deserto e il puzzo di sudore e grasso. Ricordavo il silenzio del deserto, la solitudine che la sabbia ispirava; come se inclinasse il mio spirito ad ascoltare il mio mito, che solo in quei momenti, usciva dalla profonda mente.

La sabbia sparsa, ad ogni angolo di quella terra, come fuoriuscita da una clessidra, che il tempo fermava, annullava, spariva in quelle giornate afose di Agosto. Mi saltavano in mente le ardite parole del battaglione D’Annunziano in Africa, “Mi scaglio a ruina”. Immaginavo quegli uomini, scheggiati dai dardi D’Annunziani, che le parole scagliavano nei loro cuori, pensavo che ora, la sabbia copre le loro ossa.

La sabbia di un suol che non era il loro e che io stavo per varcare. Il vento, che dall’otre di qualche caverna usciva, percorreva tutta la terra, sfiorava ed accarezzava le alte dune, le falesie scolpite e plasmate dagli aurei fedeli, come dita, accarezzavano l’ammasso sublime, simile a gote di bellissime fanciulle giacenti in un morbido guanciale, nel silenzioso sonno, quasi mortale.

L’occhio mio che si era fatto pittore, ormai ho abbandonato; ed i colori rimasti impressi nella tavolozza della mia mente trionfavano: le giornate trascorse in viaggio con Giuseppe, i Tuareg celati dagli azzurri “Lituam”, le segrete donne, gli affollati e rumorosi mercati, il richiamo armonioso del “MUEZZEN”. Un viaggio nella terra di nessuno, ancora oscura, una terra per molti e per nessuno!

Palermo 27/01/1993 DANIELE TAORMINA

MARTEDI’ 2 APRILE 1991

Il vento, fedele servitore di ALLAH, cancellava le tracce di coloro che le impronte avessero tracciato sulla biondeggiante sabbia del Sahara, per rendere qualunque cosa terrena “NULLA” di fronte all’immensità divina del deserto, regno di “ALLAH“.

Quel vento divino che ci avvinse sul ponte della “Capo Spartivento”, salpata da Trapani alle ore ventidue del due Aprile 1991.

Della mattina dello stesso giorno, ricordavo l’eccitazione che ancora riuscivo a percepire nella mia mente: le diverse carte viste e riviste, quelle grandi mappe con scritte in Francese, quel giallo monotono su quei nomi pieni di fascino, sonorità, curiosità. Avevamo preparato tutto con la massima accuratezza, ma la paura di sbagliare era sempre presente nella mia mente. La Land Rover era equipaggiata di tutto punto, partiamo da casa di Giuseppe alle diciassette e trenta; il motore della macchina si fermò a Trapani alle diciannove e quaranta, con il serbatoio del carburante privo di gasolio e con i sette bidoni di riserva vuoti. Ci imbarcammo, la nostra cabina era una doppia senza servizi, senza spogliarmi mi distesi in cuccetta e ho dormito profondamente. Come ferzate sui nostri volti, il vento padrone nel regno di ALLAH, l’Harmattan decise la vita nella sua terra, le tremolanti immagini, che sull’orizzonte si prospettavano falsamente, davano incertezza e fascino al deserto, poco chiara restava la vita degli abitanti di tale luogo.

MERCOLEDI’ 3 APRILE

Alle 08,00 arriviamo a Tunisi, incontriamo Mauro e Donata e fissiamo un appuntamento lungo la strada che porta a Kairouan. Le uniche voci che investirono le nostre orecchie furono quelle maschili, che scrosciavano, correvano, sguazzavano per ogni angolo del porto La Goulette.

Incutevano timore e terrore quelle voci, che stordivano la mia mente, guardai l’orologio, mentre Giuseppe avviava il motore della Land per sbarcare dalla nave, segnava le otto e trenta ed era il tre Aprile, mese del RAHAMADAN.

Il mio occhio, più per curiosità che per altro, navigava tra la gente alla ricerca di qualche donna, che sapevo essere rare in questi posti, le uniche che riuscii ad intravedere furono delle tedesche, era davvero strano il loro vociare al femminile tra tanti uomini che imponevano la loro. Voci di stampo militare, autoritarie, quasi a metterci in riga, ubbidienti come cani. Da questo si intuiva la loro grande debolezza. La donna, qualcosa che è nulla nel nulla, un essere indescrivibile, indecifrabile, senza volto, senza passioni, senza voce. Misteriosa ed affascinante, come “GINN” fantasmi senza figura, con volti diabolici e misteriosi, da immaginare. Seguiamo il road-book che è molto preciso. Temperatura fresca 12° paesaggio mediterraneo, meno emozionante del previsto, crediamo di essere ancora in Sicilia, seguendo il road-book attraversiamo velocemente Tunisi e già siamo sulla strada che ci condurrà a Kairouan, siamo senza dinari e rimandiamo ancora una volta il cambio. Subito entrati in autostrada ci ferma una pattuglia della polizia, molto cordialmente controllano i nostri passaporti, ci raccomandano di andare piano e con prudenza e chiedono a Giuseppe se io fossi un tunisino con passaporto italiano, oggi è la seconda volta che vengo scambiato per tunisino. Arriviamo a El Fahs cambiamo la valuta £. 400.000 per 293,600D, facciamo gasolio costo 0,310 litro, sono le 10,00 sostiamo per riposarci un poí. Mi chiedevo se quel pezzo di ferro su cui viaggiavamo, togliesse qualcosa di naturale alla nostra spedizione. Scesi dalla macchina, quando mi girai osservai il sole superbo, ed un uomo non più giovane nei suoi anni, guardandomi esclamò:

“ECCO ALLAH, ALTO SOPRA OGNI TERRA!”.

Ripartiamo alle ore 10,30 per Kairouan, alle 12,45 siamo sulla Kairouan-Gafsa cielo coperto strada in buono stato, ancora non abbiamo fatto scorta d’acqua. Ore 13,45 stiamo attraversando il centro abitato di Bir Haffy ore 14,00 siamo a Gafsa, piove a dirotto, cerchiamo l’ufficio postale per telefonare, compriamo líacqua e la travasiamo nei bidoni (il vuoto costa più dell’acqua). Abbiamo fame e siamo stanchi, decidiamo di mangiare un boccone, carne in scatola e pane locale molto buono. Sono le 16,30 Mauro e Donata ci sorpassano e non si accorgono che noi siamo fermi a ciglio strada sotto un albero, ma ecco che ritornano indietro e con loro procediamo per Tozeur alle 18,15 arriviamo a Nefta sosta per la notte. Giuseppe ed Io abbiamo mal di testa, per cena abbiamo cucinato pasta con sugo e capperi, ma né io né Giuseppe abbiamo cenato siamo stanchi e andiamo subito a letto, dormiamo in macchina su di un materassino matrimoniale da mare. Il giorno moriva, il sole morente decadeva disegnando sulla sabbia le nostre ombre; nel folgore dei suoi ultimi focosi segnali ci mandava il suo saluto. Il sonno si impossessò dei miei occhi all’una del giorno dopo, il sacco a pelo stringeva le mie membra simile ad una camicia di forza e, sul giorno si chiuse il sipario di una notte tranquilla. Verso le due del mattino si è avvicinato, alle nostre auto, un camion della polizia ed un poliziotto in buon italiano, mi ha chiesto se tutto andava bene.

GIOVEDI’ 4 APRILE

Alle ore 05,30 sveglia abbiamo preparato il caffè e con i nostri amici abbiamo fatto colazione. Il nostro locale igienico è a circa quaranta metri dalle macchine, un gran cespuglio isolato. Né io né Giuseppe stiamo male, prepariamo le macchine e alle 09,00 siamo già al confine pronti per fare dogana, due vetture prima delle nostre, molto veloce le pratiche per il visto di uscita, adesso stiamo attraversando questi venti chilometri terra di nessuno (per ora la nostra). Sono le 09,35 siamo alla frontiera Algerina si prevedono tempi lunghi, alle 12,30 ci restituiscono i passaporti, dobbiamo fare ancora la pratica doganale. Alle 13,30 siamo liberi ma dobbiamo fare l’assicurazione per le auto, un doganiere ha voluto cambiare i suoi occhiali con i miei (che poi sono di Giuseppe), sono di una marca molto nota e istintivamente ho fatto il cambio, in compenso non ci ha fatto scaricare la macchina, Giuseppe è rimasto senza occhiali. Sono le 14,30 per El Oued, finisce l’attesa e comincia l’avventura. Durante la sosta alla frontiera è venuta giù della pioggia, adesso il sole si fa più caldo e tutto diventa più facile. Non fermeremo ad El Oued per la notte, cerchiamo le poste per telefonare, l’addetto ci assicura che le linee internazionali sono interrotte, dietro consiglio di Donata, facciamo due telegrammi. Com’è noto la guerra del Golfo è terminata da poco il Nord Algerino è ancora euforico per la vittoria (?) e quando hanno visto le nostre macchine è cominciata una sassaiola, insulti, sputi; fortunatamente i più anziani hanno mandato via i ragazzi, che erano i più calorosi. Procediamo per Touggort sono le 17,00 e per strada volevamo comprare della legna, ci hanno chiesto 13.000 lire per un fascio, non l’abbiamo comprata. Durante una sosta per lavare i piatti, in un pozzo vicino la strada, siamo stati avvicinati da una persona anziana, che ci guardava con stupore ed incredulità nel vedere la quantità di acqua che stavamo sciupando per lavare le poche stoviglie!! Sono le 18,30 e stiamo attraversando Touggort gran centro industrializzato, non ci fermiamo, proseguiamo e ci fermiamo subito dopo l’uscita della città, sono le 18,45 e pensiamo di cercare un posto per il campo notturno. Il tratto che abbiamo attraversato oggi è forse il più bello, abbiamo cenato alle 20,30: tortiglioni con olive e capperi, tonno con olio e limone, acqua niente alcolici, abbiamo una bottiglia di vino che contiamo di aprire sull’Assekrem. Alle 21,30 dentro le macchine per la notte.

Abbiamo avuto rammarico per non aver comprato quella legna, dopo tutto, riflettendo, sarebbe costata 3.500 lire a testa. Eí la quinta volta che ritorno nel Magreb, con lo stesso entusiasmo e la stessa voglia di ritornare, si la stessa voglia di ritornare perché quando sbarco dalla nave penso al rientro, penso che tutto presto finirà. I legami familiari m’impediscono di rimanere. Con la macchina fotografica cerco sempre di cogliere quante più immagini possibili per poi, al rientro, guardandole provare le stesse emozioni, le stesse sensazioni, gli stessi odori come se fossi in quei luoghi. Nel vedere con quale animosità scattavo le foto, un tunisino, quasi rimproverandomi, mi disse in buon italiano:

– Non ti basta la memoria? Per ricordare devi necessariamente scattare delle foto?

Rimasi di ghiaccio, non seppi rispondere, conservai la macchina fotografica nella borsa, ripresi a camminare lungo la strada pensando a quelle parole. I musulmani ed in particolare quelli praticanti, in osservanza della loro religione non si fanno fotografare. Quello che colpisce noi occidentali, nel visitare i Paesi Arabi, è l’accoglienza che hanno nei nostri confronti, in particolare con noi italiani. Ho molti amici in Tunisia e, parlando con uno di loro, sul loro modo di vivere, su gli usi e costumi, cercavo di fargli capire che la loro terra, il loro modo di vivere libero erano superiori al nostro, poiché la nostra è una società imperniata sul consumismo, si cerca di avere di più di quello che si ha anche non potendoselo permettere. Dopo che parlammo per diverse ore, mi rispose:

– parli così perché sei un turista, domani ritorni in Italia e dimentichi, noi restiamo, siamo costretti a vivere una vita di stenti.

Queste parole a distanza di tempo risuonano nella mia mente con una cadenza quasi quotidiana. Da quel giorno ho capito perché emigrano, emigrano in Italia, Francia, in paesi che saranno ostili per loro e i loro figli.

DAL CORANO

LXV

CHI ABBIA ABBONDANZA DI MEZZI, SPENDA DELLA SUA ABBONDANZA, E CHI ABBIA MEZZI DI SOSTENTAMENTO SCARSI, SPENDA DI CIO’ CHE DIO GLI HA DATO; DIO NON IMPONE AD ALCUNA ANIMA, un carico, SE NON in ragione di ciò CHE egli AD ESSA HA DATO; DIO DOPO UNA DIFFICOLTA’, CONCEDE AGEVOLEZZA.

VENERDI’5 APRILE

Ore 05,30 sveglia, sistemiamo la macchina, facciamo il caffè salutiamo Mauro e Donata e partiamo per fare tappa a H. Bel Guebbour. Sono le ore 07,00 dopo circa due ore arriviamo a H. Messaud e procediamo per In-Amenas, strada ottima e con traffico regolare facciamo gasolio. Dopo qualche chilometro il paesaggio diventa squallido e monotono, l’asfalto è notevolmente deteriorato, lungo la strada incontriamo una moto ed un furgone sono turisti tedeschi. Sono le 12,00 fa caldo siamo a 90 Km. Da Hassi Bel Guebbour, decidiamo di sostare a 15 Km. Dal centro abitato dove ci dovrebbe essere una foresta pietrificata, non l’abbiamo trovata sostiamo lo stesso per riposarci e fare uno spuntino.

Riprendiamo la corsa verso il Sud, lungo la strada un cartello indica una deviazione a destra per Djanet, senza dovere attraversare H. Bel Guebbour Decidiamo di imboccare questa strada e arriviamo a BORDI ONAR DRIS. Sono le 13,55 paesaggio con vegetazione sparsa strada a 40 Km. dal bivio dissestata per alcuni chilometri. Scompare la vegetazione, il nulla a destra e a sinistra, la nostra bussola indica direzione SUD/SUD-EST. Siamo a 30 Km. da BORDI OMAR DRIS 14,45 arriviamo fa molto caldo Giuseppe s’informa con la polizia quale pista prendere per DJANET, c’informano che la pista é interdetta.
Abbiamo sbagliato tutto. Stiamo tornando indietro altri 76 Km. in più al preventivato. Necessariamente dobbiamo fare il nostro itinerario. Strada dissestata, sono le 14,50, questo é il primo errore che facciamo. Non abbiamo incontrato nessuno né in andata né al ritorno, sono le 15,45 e siamo al famoso bivio, rientriamo sul nostro percorso.Al chilometro 221 da H.BEL GUEBBOUR, qualche buca segnata da cumuli di pietre o da grossi copertoni. Facciamo gasolio 70 litri manteniamo una media di 10 Km./l. Sono le 19,00 e stiamo procedendo per OHANET. Siamo stati in una base petrolifera dove il guardiano é stato molto gentile nel farci lavare i piatti e darci la possibilità di fare rifornimento d’acqua non potabile. Sono le 19,30 e stiamo cercando un posto dove fare il campo per la notte. E’buio siamo sulla strada delle basi petrolifere, l’asfalto é in buono stato e decidiamo di proseguire per IN AMENAS 130 Km., ci appare uno spettacolo fuori dal normale, il cielo di colore rosso a causa delle fiamme che fuoriescono dalle bocche dei pozzi, molto suggestivo. Adesso la strada é piena di buche procediamo ad una media di 50h./orari, al 59 Km. deviazione per lavori in corso a destra prendiamo la pista per circa 7 Km. incontriamo un Toyota che procede in senso inverso. Riprendiamo a sinistra la strada asfaltata, che poco dopo diventa, a tratti, come una Tole Ondulée siamo a 50 Km. da IN AMENAS ancora una deviazione, abbiamo davanti un grosso camion che lascia molta polvere e quindi rallentiamo per stare a distanza. Sono le 21,30 siamo arrivati, cerchiamo un posto tranquillo per passare la notte. IN AMENAS é un grosso centro petrolifero con industrie per la lavorazione del greggio. Sosta, ceniamo: pasta con piselli e uova fritte con piselli. Alle 22,30 a letto tutto OK.

SABATO 6 APRILE 1991

Ore 07,15 siamo pronti per ripartire entriamo in città per cercare il posto di polizia che dovrà rilasciarci il permesso per proseguire, apprendiamo che 1’addetto non verrà in ufficio prima delle ore 09,00 facciamo un giro per la città cercando anche una cabina telefonica per chiamare le nostre mogli, non riusciamo a telefonare cerchiamo le poste, aprono alle nove trascorriamo queste ore in giro e ci soffermiamo a parlare con dei bambini che stanno andando a scuola, regaliamo loro qualche penna. Sono le 09,30 abbiamo già ottenuto 1’autorizzazione per proseguire, dopo che il poliziotto ha controllato la macchina, i passaporti e dopo averci fatto riempire un modulo. Ultima domanda del questionario: in caso di necessita chi avvisare in Italia (diamo rispettivamente i nomi delle nostre mogli e i numeri telefonici),ci fanno capire che in caso di ricerche le spese sono a nostro carico. Partiamo, la strada sembra ottima gasolio a ILLIZI 49 lt., presso un meccanico incontriamo un Algerino certo Azzaoui Kadda il quale ci da 1’indirizzo di un albergo di DJANET. Sono le 19,15 sostiamo, sistemiamo la macchina per la notte. Ceniamo e alle 09,30 siamo a letto.

DOMENICA 7 APRILE 1991

Alle ore 08,00. sistemiamo il carico partiamo, a 70 Km. da ILLIZI c’è lungo la pista un cippo fatto da noi, stiamo attraversando il Tassili N-Ejjer. Alle ore 14,00 sostiamo per mangiare un boccone (panini e formaggini). Sulla guida c’è indicato un villaggio HIERIR al Km.216, a sinistra, un cartello indica appunto HIERIR, pista dissestata con molte curve, centro formato da una cinquantina di capanne e qualche pittura rupestre, é obbligatorio prendere la guida, abbiamo comprato qualche souvenir offerto dalle donne del luogo. Sono le 18,00 e partiamo per DJANET, dimenticavo per vedere le pitture rupestri abbiamo percorso circa due chilometri a piedi, sono le 20,00 é buio fitto usciamo dalla pista per sistemare il campo, ceniamo alle 22,30 a letto.

Lungo la pista per ILLIZI, eravamo circondati da un paesaggio monotono selvaggio, i centri abitati quasi scomparsi, e case inghiottite da chissà quale valle di sabbia, su tutto ciò che stava intorno a noi, gravava pesante il silenzio, in questi luoghi la vita inghiottita, supplicante, ai piedi del tempo, chiedeva tregua, ed egli taceva l’inclemenza dell’ora, trattenuta a stento.Tutto in quei luoghi. La sabbia per alcuni é la mappa deve leggere le varie tracce, che in una qualsiasi metropoli vengono a perdersi, indecifrabili, tra i rumori del caos quotidiano, tra le “grida”, tra 1’anonimato della gente che si incrocia.

LUNEDI’ 8 APRILE 1991

Alle 06,00 siamo già svegli, contiamo di partire alle 07,00, oggi dobbiamo fare 220 Km. di dura pista per giungere a DJANET, cercheremo di arrivare per le 17,00. Partiamo con ritardo, sono le 08,30 e siamo arrivati a ZOUATALLAZ formalità di polizia e subito in macchina, tutta pista sabbiosa, abbiamo lasciato alle nostre spalle il massiccio del Tassili N-Ejjer. Inizia il deserto sabbioso grandi spazi il colore della sabbia, a quest’ora, é bianco. Un forte bagliore acceca i nostri occhi, ci mettiamo gli occhiali, procediamo spediti. Sono felice. La radio ci fa compagnia, dopo aver preso qualche buca, decidiamo di spegnerla e stare più attenti ai rumori della macchina. In lontananza notiamo una carovana di cammelli che sta dirigendosi verso di noi, lasciamo la pista e andiamo incontro a questi Tuareg. Anche loro hanno notato la nostra presenza si fermano. Aspettano il nostro arrivo. Siamo arrivati, ci guardano e sia loro che noi, dimostrando un certo imbarazzo, con dei gesti ci chiedono dell’acqua e delle medicine per il mal di testa, del collirio per gli occhi soddisfiamo le loro richieste, regaliamo loro una confezione di succhi di frutta, in cambio ci concedono di fare delle foto, dopo poco il capo della carovana ci ritorna indietro i succhi di frutta, non capiamo il motivo, sono diretti a TAM impiegheranno sei giorni.

In questi luoghi il tempo non ha alcun significato, qui si fa tutto con molta calma, il tempo deve pur passare. Lungo la pista c’è un camion che si ‘é ribaltato, incontriamo due Italiane, sono in compagnia di una guida locale, sono diretti a SETIF una grande stazione di pitture rupestri, le salutiamo e proseguiamo per DJANET, alle 11,45 entriamo a DJANET, evidentemente avevamo sbagliato i calcoli. Andiamo in prefettura e poi alla polizia, per segnalare la nostra presenza. Cerchiamo l’albergo ZERIBA, un grosso albergo in fase di ristrutturazione, con le camere in un edificio e i bagni, all’aperto, in un altro blocco. Facciamo un giro per 1’oasi, centro turistico per via dei siti di pitture rupestri che sono disseminati in questa zona. Pranziamo in un ristorante e poi torniamo in albergo per fare una doccia (acqua a -20°;), la camera é senza letti con due sedie, dormiremo a terra su materassi scomodissimi. La sera incontriamo il nostro amico Azzaoui Kadda stiamo un po a parlare, ci offre del thè alle 22,30 siamo a letto.

Mi resi subito conto di quanto fosse importante, per noi occidentali, il deserto, alieno da qualsiasi rumore, da qualsiasi traffico che potesse offuscare la sua diamantina purezza. Lo sguardo silenzioso dei bambini, i volti delle donne berbere, le pietre, le ossa degli animali morti per sete, le carcasse di auto lungo la pista segnata da pietre, la foresta pietrificata che ora giace sulla sabbia priva di odore, di vita. Tutto in questa terra viene negato, pero tutto questo assume, nel suo contesto, la vera importanza.

Ci sono tre tipologie di deserto: quello si sabbia, quello pietroso e quello montuoso, li ho attraversati tutti e tre ed ho provato tre diverse emozioni. Senza ombra di dubbio quello più affascinante é quello sabbioso, quello montuoso mette paura e quello pietroso é molto faticoso e noioso. Ciò che colpisce del deserto sono gli spazi, che qui non hanno dimensione, il rumore del silenzio, la solitudine. I1 giorno da una vitalità che sembra uscire da tutti i pori, lungo la pista si sta sempre in ansia per quello che può accadere, al tramontare del sole si cerca un posto fuori la pista per fare il campo per la notte. Di notte il colore del cielo é diverso da quello che siamo abituati a vedere, illuminato da milioni di stelle, che sembrano molto vicine, non ci sono i riflessi delle illuminazioni dei centri urbani. Non avevo mai visto un cielo così, si distinguono la via lattea e le varie costellazioni, con la guida sottomano riconosciamo con facilita: Pegaso, L’Orsa Minore, L’Orsa Maggiore.

Ma é di notte che la paura ti attanaglia ,una paura indescrivibile, vengono alla mente i pensieri più strani :chi siamo, dove andiamo, guardando l’immensita’ del cielo si capisce quanto siamo piccoli, la mente si libera da ogni zavorra, si dimentica di avere una famiglia, una casa, un lavoro, gli amici, di aver vissuto una vita; ed ogni notte per tredici notti ho fatto gli stessi pensieri senza saper dare una risposta. Per me il famoso “Mal d’Africa” e tutto questo, quel male oscuro che per diverse volte mi ha spinto a solcare il Magreb, senza mai stancarmi delle stesse cose, degli stessi luoghi, cosi diversi volta per volta.

DAL CORANO

VI 60

EGLI E’ COLUI CHE VI ACCOGLIE a sé LA NOTTE E SA CHE AVETE FATTO NELLA GIORNATA; egli VI SUSCITA QUINDI AL MATTINO,AFFINCHE’ SI COMPIA IL TERMINE STABILITO della vostra esistenza; A LUI RITORNERETE QUINDI un giorno, ED allora egli VI FARA’ CONOSCERE CIO’ CHE AVRETE FATTO.

MARTEDI ‘ 9 APRILE 1991

Sono le 06,30 per la prima volta sento il MUEZZEN che, tramite l’altoparlante della Moschea, invita i fedeli alla preghiera, é il mese del RAMADAN, in albergo mi hanno dato un calendario dove, oltre tutto quello che può contenere un calendario, viene riportato 1’ora del sorgere del sole e l’ora del tramonto. Questo per facilitare i Musulmani praticanti nell’osservare il digiuno. Durante il giorno non si può mangiare, fumare, avere rapporti sessuali, di giorno i mercati brulicano di persone intente a comprare tutto quello che servirà per la cena, alle 19,20 per strada non c’è nessuno, non si ha il tempo per capire dove sono andate tutte quelle persone e allo stesso tempo si sente il MUEZZEN, che con una cantilena invita alla preghiera. Mi siedo su di un marciapiede, mi metto la testa tra le mani, chiudo gli occhi, penso. Sono proprio solo, diversamente dalla paura notturna, mi assale un’ansia, un interrogativo mi assilla: sono o non sono un cristiano? Lo sono per fede o perché sono nato e vissuto in un paese dove si pratica la religione Cristiana?

Saldiamo il conto dell’albergo facciamo gasolio e con la macchina ci spostiamo verso la periferia. DJANET é un’oasi formata da quattro villaggi, é molto turisticizzata. Cerchiamo, prima di partire, di telefonare in Italia non é possibile la linea telefonica é interrotta, sono le 12,30 partiamo per ZOUATALLAZ, sono le 14,30 lungo la pista c’è un albero di pino, solitario, cerchiamo riparo sotto di esso, facciamo uno spuntino, alle 15,00 partiamo.
Adesso siamo sulla via del ritorno ci sentiamo sicuri e andiamo speditamente tanto é che non stiamo più attenti alla pista, errore grave, sbagliamo per ben due volte, dobbiamo stare più attenti. Alle 15,30 siamo a ZOUATALLAZ (polizia) é presto, non c’è nessuno, aspettiamo. Alle 15,45 viene il funzionario, sbrighiamo le pratiche e ci rechiamo presso gli uffici del parco nazionale del TASSILI dell’Hoggar, altra tassa altro permesso, ci informano sulle condizioni della pista, ci viene detto che per i primi chilometri non é segnata e non bisogna mancare il cippo in muratura che indica le direzioni per AMINGUID e per TAMANRASSET, ci indicano come riferimento il monte THAZAT che dobbiamo tenere a destra per 50 Km. e averlo alle spalle per 40 Km.
Partiamo; sono le 17,50 siamo all’altezza del monte THAZAT seguiamo le tracce più fresche, quando non si perdono del tutto, andiamo in direzione EST, non intercettiamo il cippo prendiamo il binocolo e cerchiamo di vedere da che parte dobbiamo andare. Non c’è ombra di cippo, addirittura scambiamo un alberello per una macchina. Ora siamo sotto 1’alberello decidiamo di fare il campo per la notte e non muoverci. Per la prima volta dopo sette giorni abbiamo ascoltato il secondo programma della radio incredibile, davano notizie sulla crisi di governo. Non sapevamo più in che direzione andare, ma non perdevamo di vista il monte THAZAT, con le squadrette alla mano e la bussola cerchiamo di fare il punto, dopo circa trenta minuti di discussione decidiamo di rimandare tutto all’indomani, siamo stanchi e nervosi sono le 23,00

MERCOLEDI’ 10 APRILE 1991

 Ci svegliamo alle 05,30 caffè sistemiamo la macchina e decidiamo di ritornare indietro. Siamo quasi sulla montagnola dalla quale ieri abbiamo visto, con il binocolo l’alberello, traguardiamo con la bussola a traguardo il monte THAZAT, rileviamo la lettura e con le squadrette la riportiamo sulla carta, dobbiamo mantenere la direzione S/W per 225°.Di comune accordo ci mettiamo in questa direzione e partiamo, sono le ore 09,20. Alle 10,30 intercettiamo il cippo murario con la segnaletica per terra, la rimettiamo a posto, facciamo le foto di rito e per 1’euforia,di aver trovato il cippo, non pensiamo di posizionare la macchina nella giusta direzione e partiamo. Dopo circa venti minuti di marcia, guardo la bussola che indica 330′ N/W, fermiamo di colpo, ritorniamo al cippo e questa volta partiamo per la giusta direzione. Poco dopo incontriamo un uomo che cammina a piedi in direzione di ZOUATALLAZ, a gesti e con la carta alla mano, gli chiediamo se quella fosse la giusta direzione per TAMANRASSET, ci fa segno che quella é la direzione, confortati da questo, procediamo speditamente. Pista non segnata e in cattivo stato, sono le 12,30 sostiamo per farci un panino e riposarci, ripartiamo alle 13,30.Sono le 18,00 siamo a pochi chilometri da IDELES, alcune persone, che sono ferme sulla pista, ci fanno segno di fermarci, ci chiedono del carburante e noi spieghiamo loro che non abbiamo benzina ma gasolio, diamo passaggio ad uno di loro fino a IDELES, ci ha dato appuntamento per dopo cena, ci ha fatto posteggiare 1’auto vicino casa sua. HAMED, questo il suo nome, dopo cena ci ha offerto del thé a casa sua, con lui ci sono altre persone, tutti attorno ad un tavolo, seduti per terra, senza scarpe e senza calzini, anche noi prima di entrare ci siamo tolti scarpe e calze, abbiamo parlato per più di due ore, abbiamo ascoltato della musica e alle 23,00 siamo tornati in macchina per la notte.

L’ospitalità é una delle tradizioni più vecchie della civiltà Araba oggi, malgrado la vita moderna, é ancora viva. Ha senso soltanto se è esente da interessi di qualsiasi natura. Questa realtà é un valore che la società consumistica ha quasi eliminato.

La lettura di queste righe (tratte da Ospitalità Francese di Tahar Ben Jelloun) mi riportano indietro nel tempo, al mio primo viaggio in terra Araba, quando uscendo da una pista, mi sono ritrovato in una oasi, dove un contadino che era intento a coltivare ,nella sabbia del deserto, una piantagione di carote, la prima cosa che fece nel vedermi fu quella di smettere di lavorare e avvicinatosi mi porto in giro per la piantagione, poi mi presento la sua famiglia ed insieme mangiammo quello che era bastevole per loro tre. A IDELES fui invitato a bere del thé in casa di un ragazzo incontrato lungo la pista, senza conoscerci e non parlando la stessa lingua, siamo stati per ore a conversare gesticolando, ad ascoltare musica Italiana. L’indomani mi ha portato in giro per il suo villaggio. HAMED era felice di stare in mia compagnia.

DAL CORANO

II 275

QUELLI CHE EROGHERANNO LE LORO SOSTANZE, IL GIORNO E LA NOTTE, IN SEGRETO E PUBBLICAMENTE, AMULNNO LA LORO RICOMPENSA PRESSO IL LORO SIGNORE; NESSUN TIMORE SARA’ SU DI ESSI, NE’ SI RATTRISTERANNO.

GIOVEDI’ 11 APRILE 1991

Sono le 06,30 sono sveglio non mi alzo, preferisco spiare da dentro la macchina quello che accade intorno a noi. Mi accorgo di un continuo viavai di persone che dalle loro case vanno al centro della piazza, si siedono e dopo poco si rialzano, sistemano la loro djellaba, chiamo Giuseppe e gli faccio notare quegli strani movimenti. Sono le 08,00 già l’oasi é in piana attività, i ragazzi vanno a scuola, gli uomini al lavoro e le donne sono sedute per terra ed accudiscono i loro figli. Alcuni bambini si avvicinano e noi regaliamo loro delle penne BIC (ne vanno matti),ai più piccoli diamo del latte in polvere, si sparge la voce, siamo sommersi da molte donne e bambini, credono che siamo dei medici, cerchiamo di spiegare loro che non siamo dei medici e con l’aiuto di HAMED li convinciamo ad andare via. Facciamo un giro per IDELES un’oasi fatta di case di terra rossa, c’è anche 1’ufficio postale ma non possiamo telefonare, HAMED lavora presso 1’ufficio del parco nazionale del Tassili dell’HOGGAR. Compriamo del thé verde, ci informiamo sulla pista per TAMANRASSET e HAMED ci dice che occorrono quattro ore, la pista é molto brutta. Alle 11,30 partiamo per TAM sono le 15,00 bivio sulla destra per l’ASSEKREM altri 6 Km.

Giungiamo in vetta dove c’è un albergo e un ristorante, posteggiamo la macchina e a piedi saliamo per raggiungere l’eremo di PADRE FACOULD, ci accoglie un prete di colore é del TOGO, parla bene la lingua Italiana ci fa visitare il rifugio, dove PADRE FACOULD trascorse la sua vita;1’eremo é costituito da quattro locali, di cui uno é adibito a cappella negli altri locali ci sono: un osservatorio meteo, una biblioteca ed una camera da letto. Stiamo qualche ora sono le 16,30 e decidiamo di scendere, alle 17,00 dopo aver preso un boccone e bevuto 1’unica bottiglia di vino partiamo per TAM dove arriviamo alle 19,45.Con il buio pesto entriamo a TAM, cerchiamo l’albergo,mettiamo la macchina in garage e usciamo per cenare, non possiamo telefonare. Lungo la via principale c’è un via vai di persone, ceniamo e alle 22,30 siamo in albergo.

VENERDI’ 12 APRILE 1991

Sono le 08,00 scendiamo al ristorante dell’albergo per fare colazione chiediamo nuovamente di poter telefonare, aspettiamo circa mezz’ora, impossibile, usciamo per fare un giro a piedi, TAM ci delude, ci appare diversa da come viene descritta sulla guida. Un mercato, due banche, un posto di polizia, un ufficio postale tanti TUAREG che con i loro scerc blu fanno bella mostra lungo la strada principale, andiamo alle poste per telefonare impossibile. Adesso sono diversi giorni che non sentiamo le nostre mogli; ci suggeriscono di arrivare ad INSALAH dove sarà più facile telefonare. Decidiamo di non aspettare 1’indomani e partiamo sono le 13,30.Strada asfaltata e in buone condizioni, stiamo attraversando la famosa Transahariana una monotonia allucinante. Alle 18,00 stiamo attraversando il grande ERG OCCIDENTALE, usciamo di strada e percorriamo qualche chilometro sulla sabbia, arriviamo nelle vicinanze di alcune dune fisse e a piedi procediamo fin sopra la cresta, uno spettacolo emozionante, la sabbia é di colore arancio intenso a causa del sole che sta tramontando, c’è un po di vento mi siedo sulla cresta, non vorrei. più andare via, aspetto che il sole tramonti all’orizzonte sono attimi abbiamo il tempo di fare qualche foto. In lontananza notiamo un Tuareg su di un cammello che procede verso Sud, cerchiamo di raggiungerlo con la macchina, non facciamo in tempo, scompare tra le dune dorate. Ripartiamo per INSALAH sono le 21,30 siamo all’Hotel TIDIKELT 1a categoria, finalmente possiamo telefonare il primo a prendere la linea é Giuseppe litigio telefonico con Renata, devo far capire al portiere che erano dieci giorni che non aveva notizie del marito, adesso sono io a parlare con Giuseppina. ancora più accesa é la conversazione, mi dice che é stata a stretto contatto con 1’Ambasciata Algerina di Roma per fare avviare le ricerche. Le spiego che é stato impossibile telefonare. Da questo momento capisco che é tutto finito. Niente più deserto dorato, niente Tuareg, niente avventura, niente cielo stellato, niente MUEZZEN, ricomincio a pensare :il lavoro, la famiglia; lo stress quotidiano, quello che mi aspetta in quel caos che é Palermo. Ho quasi timore. Vedo che anche Giuseppe é cambiato in volto dopo la conversazione con Renata.

Fortunatamente il portiere dell’albergo conosce la nostra lingua, é un ragazzo sveglio, capisce i nostri stati d’animo, é scherza un pò sull’accaduto. Saliamo in camera facciamo una doccia e scendiamo per cenare. Sono le 23,00 siamo a letto.

SABATO 13 APRILE 1991

Lasciamo l’albergo e andiamo alla prefettura per consegnare 1’ultima autorizzazione sono le 08,30..Sulla guida é segnata una foresta pietrificata ci facciamo indicare la pista, sembra tutto molto facile, sono le 10,40 andiamo in direzione W/NW ci dovrebbe essere 1’oasi di GHAR e dopo, questa famosa foresta. Lasciamo sulla destra una catena montuosa e a vista d’occhio seguiamo una palificazione di luce, fa caldo. Lungo questa pista ci siamo insabbiati e con le pale e le piastre siamo riusciti a venirne fuori.

Troviamo questa foresta pietrificata, che é poi del legno pietrificato sparso sulla sabbia, addirittura c’è un tronco di quasi 10 Mt. che ha una recinzione tutto attorno, con qualche timore abbiamo raccolto delle pietre che abbiamo nascosto in macchina, facciamo ritorno a INSALAH. Lungo la pista incontriamo degli Spagnoli due ragazzi con un cane, hanno difficoltà nel trovare la pista, vengono dal Marocco con una R4, li facciamo accodare e con la loro andatura ripartiamo, dopo qualche chilometro bucano una ruota, non hanno l’attrezzatura per cambiare la ruota, a questo punto indichiamo loro la pista e andiamo via.
Sono le 15,00 siamo ad INSALAH pranziamo e partiamo per EL GOLEA, alle 21,00 cerchiamo l’albergo la cat., senza acqua né luce, ci dicono che tutto il giorno sono stati in quelle condizioni. Decidiamo di prendere la camera a condizioni di poter telefonare ci dicono che é possibile. Sono le 00,30 non abbiamo telefonato! le nostre mogli non crederanno una parola del nostro racconto, sono le 01,00 siamo a letto.

DOMENICA 14 APRILE 1991

Ci siamo svegliati alle 07,00 alle 08,00 partiamo già convinti che in serata avremmo passato la frontiera, anche perché ci sta scadendo il visto di soggiorno, adesso é tutto asfalto alle 12,30 siamo a GARDAIA decidiamo di fermarci e fare un giro per la Medina. E’ una bellissima città, il centro storico gravita su di una collinetta, attorno alla piazza grande c’è il mercato che é affollato, tutti uomini, fotografo tutto e tutti, nessuno ci disturba.

Compriamo qualcosa che ci servirà per il pranzo e la cena, scendiamo in periferia e partiamo, trasferimento molto veloce, alle 19,00 siamo a EL OUED pochi chilometri per la frontiera. Cerchiamo un posto appartato per cucinare e cenare, alle 21,00 siamo già in macchina sono le 22,00 siamo alla frontiera Telarbi-Lari, ci sono gli stessi doganieri dell’andata. Il comandante del posto di frontiera ci chiede se possiamo dare un passaggio ad un militare che deve andare a Nefta, lo mettiamo in macchina e partiamo, sono le 23,00 confine Tunisino, l’Algeria ormai resta un sogno, alle 24,00 siamo a TOZEUR.

LUNEDI’ 15 APRILE 1991

Ci svegliamo alle 07,00 sistemiamo la macchina e andiamo alla ricerca dell’ufficio postale per telefonare orario di apertura ore 09,00 non possiamo telefonare, soltanto oggi capiamo perché gli uffici aprono così. tardi, é il mese del RAMADAN. Andiamo all’albergo Continental, dove già siamo stati altre volte, chiediamo il permesso di poter telefonare in Italia tramite il loro centralino, sono molto gentili e cosi possiamo chiamare le nostre mogli.

Risaliamo la Tunisia attraversando lo CHOTT-EL JERID, ci fermiamo dai fratelli HAMMA, sono due gemelli; abbiamo ancora molte provviste e le barattiamo con tutto quello che ci viene offerto. Alle 20,30 siamo a TUNISI Hotel DU LAC, una costruzione a forma di piramide rovesciata, ottimo servizio telefoniamo a casa, i litigi iniziano in teleselezione(costo delle due telefonate 50.000.lire).

MARTEDI’ 16 APRILE 1991

Riprendiamo i ritmi normali di vita sveglia alle 08,30 facciamo colazione al ristorante dell’albergo, usciamo per andare alla KASBA, lungo l’Avenue Burghibba, ci affianca un ragazzo che si offre come guida, sa parlare la nostra lingua e come ricompensa ci chiede 5 D. Il pomeriggio lo trascorriamo a CARTAGINE e SIDI BUSAID, alle 20,00 ceniamo e trascorriamo la serata in albergo.

MERCOLEDI’ 17 APRILE 1991

Ultimo giorno. Ci imbarchiamo sulla nave che ci porterà a Trapani alle ore 09,00. Ho la mente confusa, non ricordo più niente, penso al ritorno, al caos, alla battaglia che dovrò affrontare con mia moglie, un casino. Siamo in navigazione sono stanco, mi assale una stanchezza mentale, dovere riorganizzare la propria vita con i ritmi stressanti é quasi difficile. Chiudo gli occhi vedo: il cielo blu scuro con milioni di stelle, una carovana di Tuareg, un oceano di sabbia, le dune altissime, il Tuareg che con il suo cammello scompare tra le dune, i mercati affollati, sento il richiamo del MUEZZEN. E’ Giuseppe che mi chiama, mi sveglio siamo arrivati a Trapani.

FRANCO PRESTIFILIPPO

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