Sono Francesco Fossa (Mediaset) e ti disturbo con l'invito e il materiale della mostra "Africa Italia" che si inaugura domani Venerdì 27 a Palazzo Braschi della quale ho curato la sezione Libia, con foto mie e foto di mio nonno Manfredo che per tre anni dal 1933 al 1935 ha vissuto tra l'Oasi di Cufra e l'avamposto di Auenat. Mio nonno era un militare con spirito d'avventura, osservatore aereo, esperto di guida nel deserto. In quegli anni ha incrociato più volte Lazlo Almazy (il Paziente Inglese), e altri personaggi che hanno fatto la storia dell'esplorazione del Sahara. E' una storia di spionaggio e scoperte scientifiche che offre numerosi spunti di riflessione per arricchire l'analisi sui fatti contemporaneiComunicato stampa
AFRICA, ITALIA
A Passage to Eritrea
Crossing Ethiopia Today
Libya, the Captain and Me
Somalia, Time Ago
Mostra fotografica, multimediale e documentaria
Inaugurazione : venerdì 27 febbraio 2015, ore 18:00
28 febbraio - 24 marzo 2015
Museo di Roma Palazzo Braschi
Piazza Navona 2 - Piazza S. Pantaleo 10
Da martedì a domenica, ore 10.00 - 19.00
I viaggi sono passaggi, attraversamenti. Viaggiare ti lascia prima senza parole, poi ti trasforma in un
narratore di storie, ha scritto Ibn Battuta. La mostra Africa, Italia mette assieme viaggi diversi, in
Afriche un tempo italiane, diventati storie, quadri di vita, frammenti di paesaggio: nella normalità
quotidiana dell’Eritrea contemporanea (A Passage to Eritrea), lungo i percorsi degli esploratori e
dentro la capitale (Crossing Ethiopia Today), tra le sabbie libiche sulle tracce del proprio nonno
(Libya, the Captain and Me), alla conquista e scoperta di terre e genti (Somalia, Time Ago).
Accanto a fotografie a colori e in bianco e nero (contemporanee e d’epoca), sono esposti materiali
provenienti dagli archivi di Società Geografica Italiana (mappe antiche, libri con formule magiche,
taccuini di viaggio, dipinti di leoni) ed Eni (foto di ieri e di oggi). Video installazioni di diverse misure e
caratteristiche integrano l’allestimento in alcune sale espositive, ospitando materiali eterogenei: video
interviste esclusive alle scrittrici italo-somale Ubah Cristina Ali Farah e Igiaba Scego; montaggi di
immagini in movimento e di suoni raccolti in viaggi; una raccolta di citazioni sull’Africa di esploratori,
scrittori, storici, antropologi.
La mostra, promossa dall’Assessorato alla Cultura e al Turismo - Sovrintendenza Capitolina ai Beni
Culturali di Roma Capitale, è un’iniziativa del Festival della Letteratura di Viaggio - Società Geografica
Italiana. L’ottava edizione del Festival, nato a Roma nel 2008, è in programma dal 24 al 27 settembre
2015 con il consueto calendario di incontri, mostre, spettacoli, laboratori, visite guidate ed eventi
collaterali.
1. A PASSAGE TO ERITREA
di Antonio Politano
L’Eritrea era un vecchio amore, dai tempi dell’università. Alla sua lotta di liberazione avevo dedicato
una tesina, uno dei miei migliori amici era del Fronte di liberazione popolare. Ho seguito la sua storia,
da lontano. Poi è venuta l’occasione di andarci e attraversarla per quanto possibile. Di cercare di
capire, fermare, restituire qualcosa – in occasione del ventesimo anniversario dell’indipendenza –
nelle pagine del National Geographic. Di raccontare alcune facce di un paese giovane, uscito con grandi
speranze da una guerra di liberazione durata trent’anni (la più lunga del continente), che vive oggi un
tempo sospeso, tra l’emergenza permanente per un conflitto mai finito con l’Etiopia, l’orgoglio del
proprio percorso, la voglia di modernità, la lotta per inserirsi in un mondo globale, le fughe alla ricerca
di libertà e opportunità, gli approdi drammatici alle porte della Fortress Europe. Un pezzo d’Italia (ex
http://www.francescofossa.com/features/MANFREDO TARABINI CASTELLANI: UN ESPLORATORE NEL DESERTO LIBICO
Nel gennaio 1931, con la conquista italiana dell’oasi di Cufra, la resistenza anticoloniale libica ebbe definitivamente termine. L’Italia si trovò dunque nella possibilità di estendere il suo dominio su una vastissima regione del Sahara fino allora interdetta agli europei.
Da sempre però il deserto si conquista presidiando militarmente i punti d’acqua. La diplomazia inglese accampava pretese su un vastissimo cuneo di territorio tra Libia e Ciad che includeva le uniche sorgenti esistenti per un raggio di quattrocento chilometri. Era una pretesa ovviamente inaccettabile per l’Italia. Per contrastare pretese territoriali era necessario agire rapidamente. Perciò, tra il 1931 e il 1934, inglesi da una parte e italiani dall’altra organizzarono spedizioni verso il Gebel Auenàt e la regione di Sarra, avvalendosi delle persone più abili e capaci a disposizione.
I militari italiani stabilirono un presidio permanente presso la sorgente di Ain Dòua, ubicata nella parte occidentale del massiccio del Gebel Auenàt. Al fatto compiuto l’Inghilterra replicò con urgenza costituendo a sua volta un presidio militare presso la sorgente di Ain Murr, nella metà orientale del massiccio.
Presso le basi italiane di Cufra e Ain Dòua trovarono accoglienza anche studiosi e avventurieri di altre nazioni, quali l’africanista tedesco Leo Frobenius e il celeberrimo esploratore ungherese László Ede Almásy. Furono proprio gli scritti di Almásy, alla ricerca dell’oasi perduta di Zerzura a conferire una luce romantica alle vicende esplorative parallele alle operazioni necessarie allo stabilimento dei confini.
Dell’opportunità eccezionale ne beneficiò anche il tenente Manfredo Tarabini Castellani. Manfredo era allora un giovane promettente, in grado di contribuire agli eventi coloniali in modo innovativo per freschezza d’animo ed energie fisiche. Tarabini divenne un pilota desertico provetto. Fu così che entrò a far parte della 1ª Compagnia Autosahariana, che poi ebbe un ruolo importante ancorché poco riconosciuto nella guerra del deserto durante il secondo conflitto mondiale. Nel marzo e aprile 1934, Tarabini fu ripetutamente alla guida dell’auto su cui viaggiava il professor Umberto Mònterin, a capo della Missione della Reale Società Geografica nel Deserto Libico. Divenne in questo modo il primo italiano a penetrare in Wadi Abd el Malik all’interno del plateau del Gilf Kebir, la valle che Almásy identificò con la perduta oasi di Zerzura, un luogo fra mito e realtà su cui si sono versati fiumi d’inchiostro.
Nell’agosto del 1934, raggiunta l’intesa sui confini della Libia con il Sudan Anglo-Egiziano, Manfredo sovraintese alla posa delle dodici pale confinarie a sud del Gebel Auenàt, poi verificate dalla commissione ufficiale mista anglo-italiana.
Percorrendo il deserto, Tarabini incontrò tutte le personalità attratte a Cufra dai riflettori momentaneamente accesi sulla regione. Nel marzo 1934, il giovane tenente ebbe persino modo di accompagnare a spasso per Cufra i giornalisti Hassan Sobhi del quotidiano egiziano Al-Ahram e Ugo Dadone, corrispondente in Egitto del Giornale d’Oriente e del Popolo d’Italia, agente segreto e amico personale di Mussolini.
Nel 1935 prese infine il comando della compagnia autosahariana “Cufra”, che alcuni anni più tardi, nel 1941, si rese famosa per aver catturato vicino a Cufra uno dei grandi esploratori britannici del 1932-33.
Tarabini coltivò con scrupolo professionale la grande passione che nutriva per la fotografia, allora passatempo non alla portata di tutti. A distanza di ottant’anni, la figura di Manfredo riemerge ora nella qualità inedita di reporter fotografico e testimone storico, grazie alle sue delicate fotografie in bianco e nero, spesso commentate, ai documenti, giunti a noi in un baule per decenni dimenticato in una soffitta, perfetta capsula del tempo finalmente dischiusa.
ALESSANDRO MENARDI NOGUERA
Libya, the Captain and me.
Il deserto annulla gli spazi. Così accade che due visioni, lontane nel carattere e distanti nel tempo, possano convivere e correre parallele come nel lavoro fotografico a quattro mani “Libya, the Captain and me (Sulle tracce del Paziente Inglese)”. Le immagini scattate tra il 1933 e il 1935 da un giovane ufficiale degli Alpini nell'oasi di Cufra e sui contrafforti dell'Auenàt - un triangolo conteso per ragioni strategiche da italiani e inglesi a cavallo di Libia, Egitto e Sudan - scatenano la curiosità del nipote: molti anni dopo prova ad andare in quei luoghi per capire di più del nonno che non ha mai conosciuto. Una tempesta di sabbia lo costringe a ripiegare verso ovest. E lui - Francesco Fossa - si tuffa in un’altra Libya, un altro deserto. L'Ubari e poi il Maridhet che si stende lungo il confine algerino. Su, fino a Gadames ( la città dei Tuareg ) e le rovine della romana Sabrata.
 Tornerà a casa con una sua visione di quei luoghi, fatta di architetture storiche e naturali. Saranno due studiosi esperti di esplorazioni nel deserto - Alessandro Menardi Noguera e Michele Soffiantini - a ridare slancio a questo progetto. Un lavoro di ricerca che sovrappone un aspetto intimo a quello storiografico. Le foto del Tenente Manfredo Tarabini Castellani, le riflessioni private con le quali annotava i suoi scatti, i documenti riservati, i rapporti di servizio preparati per i superiori, tutto questo materiale recentemente ritrovato ha un valore storico enorme. Il giovane Tenente ebbe frequenti contatti con i militari inglesi nei tre anni trascorsi nel deserto libico, tra Cufra e l’avamposto di Auenàt. Di lui parla nei suoi diari di viaggio anche l'esploratore ungherese Làszlò Almàzy ( più conosciuto come il Paziente Inglese ) che l’ufficiale italiano incontrò in almeno due occasioni. Manfredo Tarabini Castellani divenne esperto nella guida fuoristrada e condusse il professor Umberto Mònterin, responsabile della Spedizione della Reale Società Geografica nel Deserto Libico. Divenne in questo modo il primo italiano a penetrare in Wadi Abd el Malik all’interno del plateau del Gilf Kebir, la valle che Almásy identificò con la perduta oasi di Zerzura. Tra il 1933 e il 1934 fu parte attiva nel braccio di ferro tra Italia e Inghilterra per la delimitazione dei confini tra della Libia e Sudan Anglo Egiziano. Il suo nome ritorna frequentemente negli archivi inglesi e nei rapporti segreti del generale Graziani, vice-governatore della Libia: la sua è una storia intrisa di spionaggio militare, scoperte archeologiche, gesti cavallereschi e momenti di intimità familiare che consentono di dare luce a una figura morta troppo presto, in combattimento sui monti d'Albania nel 1940 con i gradi da Capitano.
Ora nonno e nipote sono molto più vicini di un tempo. Con le loro visioni fotografiche, diverse ma parallele.
Foto di Francesco Fossa e Manfredo Tarabini Castellani
Si ringraziano:
Andrea Campesi (post-produzione fotografica)
Foto Sciamanna (stampe e grafiche)
Giovanna Giordano/ Roberto Chiarvetto (traduzioni)