By Sandro Maria Carucci
Originally Posted Tuesday, February 7, 2006
SOGNANDO BIR HOGGAT
Sandro Maria Carucci
M. Baroni Editore Viareggio
Isbn 888209124 4
€ 8,26
Recensione
Sognando Bir Hoggat è una silloge di poesie di Sandro Maria Carucci? Viene logico chiedersi cosa il mondo e la dimensione del viaggio sahariano possano avere a che vedere con la lirica di quest’autore?
Una prima risposta la troviamo già nella dedica “Ai pastori, ai contadini alle genti della mia terra di Gefara”. Un “omaggio” inconsueto, forte per un esule di un Paese che ancor oggi respinge anche il suo semplice “sogno” di potervi ritornare per rivedere i luoghi natii. Averlo fatto implica, comunque, un superamento di quella cronica quanto generalizzata incomprensione sugli avvenimenti finora avvenuti ed ostacolo irremovibile e sempre frapposto a ogni tentativo, da qualunque parte avanzato, o volto a chiudere definitivamente questa annosa, quanto storica contingenza..
Gefarà è quell’ampia pianura in suolo libico che dal confine tunisino corre, in ampiezza fino Misurata e in profondità fino ai contrafforti del Djebel Nefusah e che, oggi viene distrattamente e frettolosamente attraversata dai turisti diretti alla ricerca di quell’agognata esperienza sahariana che le più illustri sabbie del sud, forte di altrettante frettolose e superficiali testimonianze, promettono loro come uniche.
Così facendo ignorano e perdono una delle realtà più autentiche e genuine della Libia, la vera essenza di questa antica e camitica terra. I brevi 22, ma intensi componimenti di Bir Hoggat, in gran parte liricamente descrittivi di questa natura essenzialmente paesaggistica sono una vera scoperta alla comprensione della a noi elusiva globalità della realtà libica, sulle sue aurore irreali, sui suoi accesi tramonti, sulla disumana esistenza dei suoi figli più sfortunati come può essere la vita dello storpio che vive e sparisce in pochi istanti fra le sidre di questa nuda terra fatta di solo vento e solitudine, ma che racchiude in questa sua incredibile ed innaturale accettazione del destino, inconcepibile per noi occidentali, il seme più profondo della berbera e indomita forza coagulante del popolo libico.
Una forza ancora oggi interamente costituita e promanata da orizzonti infiniti, da colori e luci cromaticamente impossibili, da odori indefiniti, da atavici, costumi tribali, da rapporti fraterni, da una ostilità sincera da tutto quanto si può oggi si contrapporre al nostro vetusto e avaro mondo occidentale ormai tecnologicamente fagocitato e disumanizzato. Di sola natura si soffre è certo, ma si vive, al di fuori è come non essere vissuto. Carucci che ha potuto godere appieno di questa Gefara ci insegna che il Mal d’Africa è un male essenzialmente formato proprio dal profondo vissuto con una natura incontaminata, da sensazioni forti, da rapporti sinceri, fraterni. Per esserne contagiati non è necessario, ieri come oggi, andare più giù di Bir Hoggat che dista appena 33 km in linea d’aria dalle sponde tripoline.
Nella nota introduttiva dell’autore, quanto in quella finale dell’editore appare più che evidente che la scelta poetica del Carucci esule è, ancora una volta determinata dall’intento di continuare a scrivere di questi interminabili spazi della sua Gefara di quei suoi sovrumani silenzi che la civiltà postmoderna ci ha ormai precluso e che egli ha invece potuto vivere e sentire in diretta. Una visione oggi nostalgica della sua gioventù in terra di Gefara ma autenticamente sahariana, lontana da ogni superfluo orpello o richiamo colonialista, capaci di far respirare al lettore “l’alito ardente del deserto che ti prende incipriando i tuoi zigomi..” Il Sahara con Carucci è e resta ancora una volta la poesia. degli spazi infiniti di una Gefara che ancora lo attende.