By Manuela Sanguini
Originally Posted Friday, September 3, 2004
Manuela Sanguini
Siamo in Nubia, in quella parte di Sahara posta ad oriente tra la prima e la quarta cateratta del Nilo.
Rimaniamo come sospesi in questo luogo senza tempo: colpiti dall’intensità della luce che accende i colori, dal soffio del vento che domina ogni cosa, dagli odori che si spandono nell’aria …
Testimoni di una cultura antica, che vuole i Nubiani diretti discendenti delle prime popolazioni che si accamparono sulle rive del Nilo a sud di Assuan, le donne rappresentano la forza vitale di questo popolo.
Vivono dedicate alla famiglia: una famiglia allargata dove insieme agli anziani si ritrovano i più piccoli in un intreccio solidale di parentela, cugini, nipoti, zii, nonni.
Con silenzioso consenso assecondano i desideri dei loro uomini, di cui condividono la vita con altre mogli; accudiscono gli anziani del gruppo con doveroso affetto; allevano i bimbi, peraltro sempre numerosi, porgendo la loro fiducia nel giorno che verrà.
Le incontri in casa, intente a cucinare, a rassettare il cortile con quelle scope un pò corte che impongono al corpo di chinarsi fino al pavimento.
Si muovono quasi volando con passi veloci.
Talora a piedi nudi, talora indossano ciabatte leggere, ma non disdegnano sandali che pongono in mostra le loro caviglie, magari ornate, e che danno flessuosità al loro incedere.
Vivono il loro destino di donna nella maternità e curano il loro corpo in un desiderio femminile di seduzione.
Si vestono con drappi leggeri e colorati dal giallo, al verde, al porpora, all’indaco, al blu.
Il capo è coperto, sia per osservanza alla religione islamica, ma anche per ripararsi dal sole e dalla sabbia e, quando il movimento talora con la complicità del vento, fa scivolare il velo, le mani ed il corpo si muovono in un magico gioco alchemico per trattenersi.
Amano adornarsi: quelle socialmente più ricche prediligono l’oro in fogge ornamentali che ripropongono disegni geometrici, floreali; quelle meno abbienti usano monili con ossi di animali o pietre.
Sono spesso in compagnia di altre donne: insieme vanno alle funzioni religiose, insieme vivono momenti di complicità mentre si tingono le mani o i piedi con l’hennà.
E’ questo un rito che può richiedere svariate ore e a cui le donne piace dedicarvisi: nella postazione più fresca del cortile, è un momento di aggregazione durante il quale si parla delle proprie cose, mentre “l’artista”, non saprei come chiamarla altrimenti, inventa, con rapida velocità, come ispirata dal vento, complessi motivi che rispecchiano gusti personali, usanze, funzioni scaramantiche e rituali.
Parlano, scherzano, ridono e, seppur nel loro riserbo non indugiano a far parte dei loro pensieri anche le altre donne che vengono a far loro visita, fossero anche di altri luoghi: ci si intende con i gesti, con i sorrisi, con gli sguardi …
Hanno occhi curiosi, che il cohol, applicato sul bordo delle rime palpebrali dell’occhio, rende ancora più profondi e lontani.
Si muovono silenziosamente fiere e noi … rimaniamo come sospesi in questo tempo.