By Robogabraoun
Originally Posted Saturday, January 1, 2000
CAPITOLO PRIMO.
L’INCONTRO….
Ho incontrato il Sahara per la prima volta quand’ero molto piccolo. C’era un librone nella mia casa,un volume fotografico sul Nord Africa…Ricordo che divoravo quelle immagini con voracità…Giocavo con la fantasia,e nei miei sogni di bambino mi immaginavo in groppa a destrieri, guerriero tra i guerrieri velati,legionario o esploratore…
Il fascino che le immagini di quelle colline di sabbia,sinuose,perfette,esercitavano in me era immenso.
E nutriva la mia fantasia,chiaramente con i luoghi comuni che la celluloide poteva allora trasmettermi.
Fu all’epoca della Scuola Media che le mie pulsioni infantili cominciarono a prendere una direzione precisa,ancora una volta grazie ad un libro,”Il Cimitero dei Dinosauri” di Boccazzi e Boccardi.Quel resoconto sulla spedizione Italiana a Gaoudoufoà in Niger, alla ricerca del più ricco giacimento di fossili al mondo,mi catturò. E da guerriero Tuareg o Legionario incominciai ad immaginarmi invece alla guida di un Land Rover sulle piste Africane,alla ricerca di verità perdute…Il richiamo era potente,per quanto possa essere determinato un ragazzino di 14 anni.
Poi mi allontanai dalla sabbia.La mia famiglia non era certamente agiata: i miei genitori non avevano mai superato i confini geografici dell’Italia né erano nella possibilità di farlo,anzi, ad essere sinceri neppure ci pensavano:negli anni 70 viaggiare era ancora privilegio di pochi.
La mia creatività mi avvicinò alla musica che prese allora ogni mia energia,fantasia,sogno…Eppure ogni tanto ancora sfogliavo il librone di fotografie,che ancora oggi sta nella mia libreria…E immaginavo il silenzio,il vento,la pista tra Bilma ed Agadez, l’Hoggar…
Crescendo l’attrazione per la terra battuta mi portò in sella ad una moto,a cercare in giro per l’Italia le strade sterrate…E la Dakar ogni anno riaccendeva i miei sogni di bimbo.
Eppure ancora pensavo fosse impossibile per me realizzare un sogno così grande.
La musica cresceva con me ed alimentava la mia creatività, dava sfogo ai miei sogni, mi apriva porte inaspettate….La sabbia ogni tanto tornava, per poi di nuovo sparire tra un concerto e l’altro, tra gli alti ed i bassi della vita.
Fino a quando un amico carissimo incominciò a viaggiare…Ed io e la mia compagna,nel frattempo divenuta moglie,sognavamo insieme,tra un palco e l’altro,di poterlo seguire un giorno……Grandi scorpacciate di diapositive,migliaia di guide turistiche sull’Africa del Nord…Poi, con una decisione direi improvvisa, ci ritrovammo tra le dunette di Ghilane, ai margini dell’Erg Orientale, in Tunisia, con un viaggio organizzato da un famoso Tour Operator.Diciamo che allora, per noi, fu quasi un “proviamo”…
Ho pianto, nella sera, sotto le Tamerici alle propaggini dell’Erg Orientale,con lo sguardo che si perdeva ad ovest,verso il mare di onde dorate che si incendiava nel tramonto dell’oasi di Ksar Ghilane.Fu un’emozione incredibile, indescrivibile.
Siamo tornati da quel primo piccolissimo eppure importante viaggio cambiati dentro;l’attrazione per la sabbia superò ogni altra cosa.Non posso dire che cancellò la musica: diventò, con essa, parte integrante del mio essere uomo, del mio divenire…
Ed ho incominciato a crescere…
Ho letto,studiato,provato sulla mia pelle errori e gioie…E tutt’ora vivo,insieme a mia moglie, solo per ritornare, una due, tre volte l’anno nel silenzio del nulla, accanto al fuoco del campo, a battere i denti nel gelo della notte o a schiattare di caldo al sole del giorno, con le ruote della mia moto o della mia auto su quella sabbia che ora so essere parte della mia anima…La sabbia è in me.
CAPITOLO SECONDO:
CAMILLA
Ho viaggiato in Sahara con la mia moto, e devo dire che l’emozione delle due ruote è impagabile…Ma implicava la dipendenza fisica da altri:viveri,acqua ,carburante dovevano essere trasportati da altri…Ed il Sahara,regno del silenzio e dell’intimismo,chiede a gran voce invece un incontro in solitaria…La scoperta dei popoli,della natura,di noi stessi è agevolata se si viaggia soli…Insomma, ci occorreva un’auto.
Camilla è stata la nostra auto, un vecchio Patrol scalcinato che ci ha regalato le più belle emozioni della nostra vita…
Camilla era un’auto abituata ad andare in città…Così,con le scarpe cambiate ed il cuore rimesso a nuovo,ha vissuto una seconda giovinezza sulle piste della Tunisia,del Marocco, della Libia…Camilla veniva insultata senza pietà quando si piantava fino ai ponti nella sabbia molle con i suoi 2000 kg, per poi venire coccolata e lusingata quando ci tirava fuori dai guai. A Camilla parlavo,ascoltavo il suo rombo.Avevamo una fiducia immensa in lei, e questo penso sia una condizione indispensabile per viaggiare soli in Sahara…Non ci ha mai traditi, neppure quando aveva i differenziali rotti o la frizione praticamente defunta…
E visto che a lei chiedevamo tanto,tanto le abbiamo dato:tutte le nostre finanze erano per lei e per ciò che ci permetteva di vivere…
Certo per qualcuno poteva apparire fuori luogo per le vie di Cuneo,con il cofano rivestito di alluminio antiscivolo, la bagagliera immensa,quell’altezza da terra da carrarmato…Eppure non si vergognava quando si trovava ai semafori accanto ai scintillanti 4×4 metallizzati ed impeccabili…Lei aveva la tuta da lavoro e non l’abito da sera,lei certo non bruciava le altre auto in ripresa né aveva la vernice lucida…ma aveva un cuore Africano, e sicuramente aveva visto luoghi che la maggior parte delle sue simili neppure sognavano.
Quando, a quota 600.000 km il suo cuore ha incominciato ad essere stanco, abbiamo ritenuto giusto farla vivere tranquilla. Così Camilla ha cambiato casa, portandosi però dietro tutte le cose che le avevamo donato,gli ammortizzatori che in città non serviranno a nulla, le balestre da carico che non dovranno più sostenere 800 kg,la bagagliera per l’Air Camping, e tutto il resto:perché lei non è stata degradata per inadempienza,ma congedata con tutti gli onori ed ora si gode il suo riposo meritato portando a spasso un imbianchino,al quale sicuramente ogni tanto racconterà di quanto era bello galleggiare sulle dune o scendere in picchiata dalle loro creste.
E sono certo che la sua anima ora è nell’altra auto che sta nel mio cortile,bianca come lei,
con la tuta da lavoro come lei…e Camilla, come lei.
CAPITOLO TERZO
I LUOGHI COMUNI
Viaggiando in Sahara e venendo in contatto con le genti che lo abitano ci si rende conto di quanto sia falso tutto ciò che da sempre ci viene propinato su queste regioni.
Già solo l’aspetto fisico del territorio viene distorto dalla pubblicità dei tour operator e dei media…perché se i viaggiatori lo sanno, sono pochi coloro che sanno che la sabbia non ricopre che un decimo del Sahara, ed il resto sono pietre,pietre ed ancora pietre.
E montagne, canyons, valli aride ed altre invece verdeggianti come smeraldi, pianure infinite di ghiaiume, plateau di sabbia dura come il granito, fiumi disseccati che a volte, dopo una breve pioggia, tornano a mugghiare di onde e schiuma fangosa…
No c’è turista che non abbia incontrato un tuareg, in Tunisia, in Marocco, forse anche in Kenia…Perché la bibliografia post-coloniale ci ha insegnato che il tuareg è colui che indossa il taghelmoust indaco, o che cavalca il mehari, o porta la camicia turchese, il bubu…Ed il tuareg del turista è un ex-predone, il terrore dei deserti…Mentre quella Tuareg è un’etnia con radici culturali millenarie,che va ben oltre gli episodi di brigantaggio che la Francia colonialista le ha cucito addosso,che prescinde dalla suddivisione in caste che la storiografia europea ha voluto coniare per lei,che invece è una società complessa basata sulla specializzazione del singolo individuo…Ed il tuareg in Marocco ed in Tunisia non c’è, non c’è mai stato né mai ci sarà!
Perché il popolo Tuareg è concentrato nel Sahara centrale,in Niger,Mali ed Algeria, Burkina e Libia del sudovest…Ed in questi Paesi l’etnia Tuareg viene calpestata ed emarginata dai governi centrali,racchiusa entro confini stabiliti da noi europei,confini che non uniscono ma dividono…
Non c’è turista che non abbia rubato una fotografia a gente che se ne stava placida per strada,o al mercato, o a lavare i panni…Senza pensare a come ci sentiremmo noi se accadesse il contrario…Sareste contenti se qualcuno, mentre girate per le piazze della vostra città vi piazzasse un obiettivo in faccia per immortalarvi in una foto che non saprete mai dove diavolo andrà a finire?O se qualcuno entrasse nel vostro cortile per dare un’occhiata, così, tanto per vedere come vivete la vostra quotidianità?
E perché meravigliarsi dell’insistenza dei procacciatori di affari tunisini o marocchini? La faciloneria e la credulità degli europei che ci hanno preceduto l’hanno creata e fatta crescere, il turista dal portafoglio facile l’ha resa un’abitudine…Ed ormai luogo comune in quei Paesi che l’Occidentale sia un credulone superficiale, pieno di soldi e facile da spennare…Perché stupirsi se le donne europee vengono credute in Nord Africa di facili costumi? Non sono forse le turiste europee che viaggiano in pantaloncini corti, in bikini o addirittura in topless nei villaggi turistici della costa Tunisina o Marocchina, se non nei land rovers dei Gruppi Organizzati, in quei paesi ove l’Islam è la religione prevalente ed impone la castità di costumi?
Perché stupirsi se i ragazzini ci tirano i sassi, a noi che passiamo con i nostri bei fuoristrada da 50 milioni là dove non c’è quasi la possibilità di acquistare una vecchia bicicletta?In quanti ci siamo fermati a discorrere con i locali, in un bar, intorno al fuoco la sera,davanti ad un tè che non sia quello del commerciante che intende venderti il suo tappeto?In quanti abbiamo sorseggiato un bicchiere di tè offertoci in un incontro nel nulla, rifiutando il secondo bicchiere, offesa ignobile secondo la cultura del Magreb?Quanti sono coloro che, viaggiando in Sahara, hanno passato mesi e mesi a leggere , cercare, studiare tutto ciò che era possibile trovare sul Paese che stavano per visitare?Quanti sono i viaggiatori aperti al dialogo e quanti coloro che non sono che di passaggio?
E quanti ancora, oggi che siamo nel 2000, affrontano un viaggio in Sahara come una sfida, un’esperienza quasi di sport estremo, mentre dovrebbe essere un umile approccio ad un ambiente che altro non è che la culla stessa della civiltà in cui noi viviamo?
Quanti pensano che viaggiare in Sahara sia uno scherzo alla portata di tutti e partono mettendo in pericolo non solo sé stessi ma anche coloro che forse dovranno andarli a cercare, mettono due taniche nel loro 4×4 e pensano di essere pronti a vincere chissà quale battaglia?
Quanti partono avendo chiaro in mente dove andranno,che rischi affronteranno?
E tutto questo non è che il frutto di una letteratura superficiale,da rotocalco d’Agenzia Viaggi…
Il Sahara è ben altro:sediamoci intorno al fuoco del campo e respiriamo l’essenza del vento, del silenzio, cogliamo l’anima delle persone che lo vivono quotidianamente…lasciamo che il Sahara entri in noi, ad aprire in noi porte sconosciute, a fare di noi persone nuove…
CAPITOLO QUARTO:
IL VIAGGIO
Ci prepariamo…
La maggior parte delle volte ho viaggiato solo con mia moglie, altre volte con amici.Sono esperienze diverse: il gruppo ha una forte valenza positiva, e ci si diverte.Viaggiare soli regala emozioni più forti e profonde.Chiaramente il gruppo dà sicurezza: in caso di panne la solitaria può divenire tragedia…Ma se il viaggio viene preparato con cognizione e si rispettano i principi basilari della sicurezza in Sahara, al 90% si è certi di non andare incontro a conseguenze irreparabili. Certo, occorre essere preparati ad affrontare ogni evenienza,dal guasto al mezzo all’infezione intestinale…Ed essere certi di potersela sbrogliare da soli!!!
La preparazione del mezzo è a mio parere uno dei momenti più emozionanti di un viaggio:studiare come sistemare taniche,viveri,piastre,ricambi,attrezzature varie, e farlo in maniera che non occorra svuotare ogni volta tutto il bagagliaio per prendere una simmenthal fa già parte del viaggio,anche se si è ancora nel cortile di casa…
Al primo viaggio il carico sarà un disastro, ma con l’esperienza si acquistano le malizie; le pentole qui il vestiario là…E tutto diverrà semplice.
I gadgets da negozio di auto accessori sono inutili: l’inclinometro non lo guarderete mai mentre salite su una duna perché i vostri occhi saranno incollati alla sabbia, e quando davanti a voi vedrete solo cielo e cofano dell’auto, sfiorando i 40° di inclinazione, l’inclinometro non ricorderete nemmeno di averlo.
Il ventilatore adesivo si staccherà dopo 10 km di tole ondulè. Il compressore da supermercato si fonderà a metà della prima gomma da 7.50-16 da portare da 0,8 di pressione a 2,8!!!Le taniche di plastica si foreranno per l’attrito alle scosse della pista, ed il termometro interno andrà a fine scala alle 10 del mattino!!!
La valigia di vestiti si ridurrà, col tempo e con i viaggi ad una borsettina con quattro cose indispensabili, per lasciare spazio a cose più utili o, meglio, ad una diminuzione dei pesi da trasportare….
Dopo che avrete caricato tutta la batteria di pentole,la doccia con tanto di mobile da toeletta,il letto matrimoniale, la TV ed il frigo e, per tre settimane vi sarete piantati nella sabbia ogni 30 metri, vedrete che il viaggio successivo sarete più accorti nel redigere la lista delle cose necessarie!
Devo dire che l’organizzazione del carico è ad opera di mia moglie: è un genietto nel porre le cose indispensabili sempre a portata di mano!
Per i più danarosi esistono sul web delle Aziende specializzate nell’allestimento del vano bagagli dei 4×4 da Raid: commerciano sistemi di stoccaggio dai nomi allettanti: Awbari, Tenerè etc….Ci sono dei bei disegni e delle foto di questi gioielli: si può sempre utilizzare l’idea…
Caricate le cartine(quelle serie!!),bussole e Gps …
partiamo…
Sono stato accolto da tre Paesi: Marocco, Tunisia e Libia.
MAROCCO
Meraviglioso Marocco,Paese in cui non esistono itinerari di puro trasferimento, perché ogni luogo è splendido,colorato, direi magico.
Ho sempre evitato il Marocco del turismo di massa:nonostante sia uno dei Paesi più assaliti dai Tour Operators, offre ancora impensabili possibilità per chi ricerca,come me, il silenzio, i grandi spazi, la gente vera…
Il Marocco dei cataloghi di Agenzia è purtroppo ormai ad uso e consumo del turista di passaggio; Marrakech è una città senza dubbio affascinante,ma occidentalizzata nel senso che tutto di essa, o quasi, è una sorta di circo, di spettacolo messo su a favore di noi occidentali.Non c’è biglietto d’ingresso, ma è come se vi fosse, perché tutto ciò che sembra particolare od originale, ciò che cattura l’attenzione del viaggiatore che vi giunge nasconde un prezzo,e di conseguenza perde ogni genuinità,spontaneità:Marrakech è un immenso bazar dell’esotismo, ed il turista vi annega. Djema El Fna è l’apoteosi di questo “inganno”; nulla in questa piazza è vero, nemmeno il souk labirintico che si apre all’estremità orientale della piazza.
Ciò nonostante non si può non visitare Marrakech; tutti ormai sanno che è un inganno, ma è un inganno tutto sommato piacevole da gustare, sempre però ricordando che resta tale.
Questo stesso Marocco artefatto lo ritroviamo nei Club Mediterranee, nei grandi campi da golf di Ouarzazate, alle dune di Merzouga, ad Essaouira, ad Agadir, a Chefchaouen e Tetouan… Ma c’è un altro Marocco, fatto di strade poco frequentate, di piste deserte, di vasti altipiani silenziosi, di grandi erg che si perdono all’orizzonte…Solo che la maggior parte della gente ne ignora l’esistenza.
Nei miei viaggi in Marocco ho sempre fatto delle grandi tappe ” di trasferimento” dal Nord direttamente fino alla fascia predesertica alle pendici dell’Atlante e del Riff.
Certo, ho visitato Fes, splendida cittadina ancora non troppo contaminata nonostante l’immensa mole di turisti che vi approda ogni giorno…Ho visitato Taza e la regione di Friouato…Ma cercavo altro.
Ho incontrato il silenzio sulle alture oltre Azrou ed Ifrane.Qui, abbandonando la rotabile per Midelt o Kenitrha, ci si può addentrare nella Foresta dei Cedri.Lasciamo perdere gli sterrati da Dakar tipo Circle Du Jaffar: non sono mai venuto in Africa per mettere alla prova le mie capacità fuoristradistiche…
Nella foresta ci si può buttare attraverso brevi piste ,solitamente utilizzate dai taglialegna…
Se li si incontra, a bordo dei loro scassatissimi camion Berliet, è una festa di chiacchiere, più che altro gestuali. L’invito alle loro baracche nel cuore della foresta è abituale.
La stessa ospitalità la si ritrova presso i nomadi accampati sul grande altipiano con le loro greggi. E’ un luogo splendido, mite in estate e proibitivo in inverno a causa dell’alta quota e della neve abbondante.
Ho percorso la strada dimenticata tra Taza e Midelt, senza incontrare anima viva in 300 km, fermandomi con Camilla a bordo strada, giù le seggiole ed i fornelli, e mangiando contemplavo le cime d’Atlante, ad Ovest, incappucciate di neve, mentre intorno a me il terriccio bruciava sotto un sole che portava la temperatura oltre i 26 gradi in Dicembre.
Ho superato le colline di sabbia dell’Erg Chebbi per incontrarle più a sud e più ad est, dalla parte di M’fis, dove non ci sono colonne di Land Rover e dove la gente ancora si stupisce se ti vede arrivare lì in mezzo al niente.
Ho cercato e trovato l’Erg Debaia a sud est di Tegounite, splendido nel suo silenzio, nella sua maestosità, nel suo repentino sollevarsi in colline di sabbia rosata di oltre 100 metri.
Dalle creste non si vedono che dune, come nel Fezzan Libico, dune che vanno a perdersi ad oriente, verso il letto asciutto del Draa ed oltre esso, confondendosi con le sabbie dell’Erg Occidentale Algerino, o verso l’immensa distesa dell’hammada di Tindouf.
Proprio a Debaia ho incontrato la dissidenza al regime di Hassan II, nella persona di un ex filosofo all’esilio volontario nel nulla…Anche questo è vivere.
Ho incontrato la tole ondule di Foum Zguid, mitigata dalla simpatia di una guida amabile e gentile, di nome Boubker Ikhlaff, che affondato nel vento di sabbia, col motore di Camilla che urlava in seconda ridotta tra le dune cercando alla cieca un passaggio senza visibilità alcuna, cantava sereno limitandosi con brevi cenni della mano ad indicare la direzione da seguire nei gassi o su per le chine soffici.
Ho incontrato il me stesso iroso, stressato dai bambini pedanti ed asfissianti di Tamtattouche,con le loro sassate e le loro false informazioni, ed ho incontrato il falso amico che fingendo di aiutarmi a risolvere i miei guai meccanici ha tentato di vendermi tappeti.Ma ho anche incontrato la fiaba di un uomo di cui non so il nome, che davvero mi ha aiutato a riparare un guasto a Camilla, mi ha cercato un meccanico e l’ha pagato di sua tasca, andandosene rifiutando non solo il rimborso di quanto speso, ma persino un caffè…
O di quell’altro, Aziz, di Erfoud, che mi ha visto accaldato e senza cappello e dopo ore se ne torna con un cappello per me…
Ho percorso le piste tra Taouz e Zagora, incontrando la povertà di Oum Jirane e Tissemimoune, Fezzou, povertà che strideva con lo splendore dei luoghi che le facevano e le fanno da sfondo.
Ho incontrato la musica, in una bettola lungo la via per le Gole di Dades, senza luce elettrica, con candele e lumi ad olio.Una festa di due ore in nostro onore, col servizio da tè più bello che mai ricordi di aver visto.
Ho incontrato la grandine in pieno agosto, la pioggia torrenziale ad Er Rachidia, dopo 7 anni di siccità, e la gente per le strade a festeggiare, incurante del diluvio, tra il fumo di decine di improvvisati grills…Ed ho partecipato a quella festa, partecipe di quella gioia, e l’ho ritenuto un dono immenso.
Ho incontrato l’innocenza di un bimbo di 10 anni, che ha passato un paio di ore accanto a noi, sui valichi del Riff, felice per il solo fatto che noi eravamo lì, accanto alle sue pecore.
Ho conosciuto l’immane colosso burocratico delle frontiere ed ho imparato l’arte della pazienza, lì dove le ore non hanno la stessa valenza che possono avere nel nostro quotidiano.
Ho toccato l’oceano ad Essaouira, emblematica città dal duplice aspetto, perla di tranquillità in inverno ed incubo di folla in estate.
Ed ho toccato con mano l’infondatezza dei pregiudizi sulla gente assillante di Marrakech o Fes…A Fes mi hanno accompagnato al camping alle 11 di sera senza volere un soldo in compenso. A Marrakech non solo nessuno si è offerto come guida nel souk, ma addirittura, per fare acquisti, ho dovuto cercare i negozianti!!!!
O ancora il Marocco di quel ragazzo di Marrakech, a cui chiesi di dare uno sguardo alla mia auto, dietro un modesto compenso…Lo ritrovai il mattino dopo, seduto sul cofano di Camilla;ci aveva passato la notte!
Il Marocco di Tegounite, della Casbah Ait Issfoul, dove abbiamo giocato per ore in una pozza d’acqua sorgiva a palla-mano con i bimbi del villaggio.
Oh sì, ho incontrato i mercanti di Kif, ma non ho mai avuto problemi di nessun tipo, nemmeno girovagando nei vicoli delle città la sera tardi, anche nei luoghi dove io ed Anto eravamo gli unici occidentali…Certo ho conosciuto l’insistenza di alcuni procacciatori d’affari,ma questa stessa insistenza non è che il frutto di un turismo superficiale da parte di noi occidentali e, in primo luogo, un vero e proprio modo per riuscire a sopravvivere là dove la povertà dilaga.
Ho vagato per giorni sugli altipiani a sud di Oum Jirane o di Tazzarine senza incontrare nessuno, bivaccando sotto le acacie, godendomi meravigliosi silenzi e tramonti,notti stellate incomparabili.
Splendido Marocco, dove nell’aria aleggia odore di storia, di grande storia passata, paese radicato alle proprie origini Berbere…Marocco dai mille colori,Marocco Paese della gente,più che dei luoghi, più volte visitato e che ancora incontrerò…
Itinerari:
Inverno 1997– CEUTA-TAZA-MIDELT-ERFOUD-TAOUZ-RISSANI-TAZOULAT-FEZZOU-ALNIF-TAZZARINE-ZAGORA-BOULMANE-THINERIR-OUARZAZATE-MARRAKECH-CASABLANCA-TETOUAN-CEUTA
Estate 1998 – CEUTA – FES – IFRANE – FORESTA DEI CEDRI – KENITHRA – ER RACHIDIA – ERFOUD – M’FIS – CIRCUITO DELLE MINIERE – RISSANI – TINHERIR – TAMTATTOUCHE – FORESTA DEI CEDRI – CEUTA
Estate 1999 – TANGERI – OUEZZANE – FES – FORESTA DEI CEDRI – ER RACHIDIA – TAOUZ – OUM JIRANE – ZAGORA – TEGOUNITE – ERG DEBAIA – FOUM ZGUID – BASSO DRAA – MAHAMID – AIT BEN HADDOU – TELOUET – MARRAKECH – ESSAOUIRA – BENJ MELLAL – MEKNES – VOLUBILIS – CHEFCHAOUEN – CEUTA
TUNISIA
Paese del nostro primo contatto con l’Africa…Da molti poco considerato è a mio parere un bellissimo mondo da visitare e conoscere.Bisogna perforare la cortina dei paesi della costa mediterranea, ormai fagocitati dal turismo organizzato, per “perdersi” nel sud e cercare i veri colori di questo Paese.
Tunisia dai colori meno sgargianti del Marocco ma affascinante con i suoi scenari pastello, con l’immensità dei suoi orizzonti.
La sete di apertura al turismo organizzato ( sicuramente più remunerativo del turismo “sahariano”) sta coprendo di asfalto tutte le piste del centro – sud.Anche se questo può dispiacermi da un punto di vista emotivo, non posso far altro che comprendere lo sforzo del Governo Tunisino per accogliere un sempre maggior numero di turisti.
Nonostante la scomparsa di alcune tratte “classiche” la Tunisia rimane un luogo in cui viaggiare è splendido, e la gente è meravigliosamente ospitale.
Ho percorso in Tunisia delle tratte assolutamente incontaminate.Ho avuto la fortuna di incontrare ottime persone che mi hanno aiutato a trovare questi percorsi, a volte non segnati sulle mappe più dettagliate.
La vicinanza con l’Algeria ed i non proprio cordiali rapporti tra questi due Paesi mi hanno portato a volte a spiacevoli incontri, come un reparto di carriarmati in pieno deserto con le bocche da fuoco puntate, altre volte mi ha costretto a ritornare sui miei passi, come nella tratta diretta da Tamerza a Nefta via Chott …
Ho avuto la fortuna di esplorare a piedi le montagne a sud est di Tamerza, imbattendomi in famiglie di nomadi, in canyons che parevano merletti, in veri e propri depositi di conchiglie fossili.
Mi sono trovato a socializzare con giovani baldanzosi di questa città, che mi hanno regalato dei sentieri nascosti tra Mides e e Chebika di una bellezza selvaggia.
Ho navigato fuori pista tra Douz e Bir Soltane, e poi ancora verso Ghilane e Remada, tra quelle dune basse e caotiche che caratterizzano le propaggini dell’Erg Orientale e che sembrano semplici ma non lo sono, dato che la sabbia ha la consistenza della polvere.
Ho percorso le piste che portano a Benij Keddache, ad Ouled Soltane, a Duirat, fin quasi ad El Bhorma, dove non sono giunto per la mancanza delle necessarie autorizzazioni.
Ho camminato lungo le vie degli ksour in rovina, respirando una storia antica di coraggiosa resistenza all’invasore dell’est…
La mia moto mi ha accompagnato lungo le gole che si perdono tra le colline a sud di Matmata, sprofondandomi in un paesaggio marziano, aspro e dolce insieme.
Ho anche qui schivato i sassi dei bimbi di Sabria, di Duirat, di Remada.E sono stato per lunghe ore in silenzio ad osservare le cicogne e gli aironi abbeverarsi alla pozza di Zaafrane.Ho attraversato la pista argillosa tra Nefta e Rjiem Maafhoug, con l’orizzonte piatto a 360°, abbagliato dal sole e da una sensazione di infinita mia piccolezza al confronto di questi spazi incalcolabili.
Ho pianto tra le tamerici di Ghilane, con lo sguardo perso verso ovest, in un silenzio rotto solo dal canto degli uccelli che qui nidificano a milioni.
Ed anche qui mi sono piantato inesorabilmente nella sabbia, spingendo e sudando per uscirne, eppure mai pago di altra sabbia ancora…
Qui ho vagato per i più bei mercati che mai abbia visto,sedendomi sulle scale di un caffè a sorseggiare un tè, o a mangiare in luoghi che non penso mai avessero avuto modo di accogliere un occidentale.
Qui ho dormito senza tenda, col cielo come coperta, sperando di avere in dono quell’emozione che in pochi hanno avuto, ossia di sentirsi non sdraiati , ma appesi ad un soffitto, con un senso di vertigine, con la paura di cadere nel vuoto stellato…
Qui sono caduto con la mia moto e mi sono anche fatto male, per poi rialzarmi zoppicante e fortunato, con ancora la voglia di cercare ancora, di conoscere ancora, di incontrare ancora…
Qui ho acquistato le mattonelle che ogni giorno vedo nella mia casa in Italia, e sanno un po’ di sabbia, un po’ del mare di Nabeul, dove sono divenute mie.
Qui ho conosciuto persone meravigliose che sono divenute amici, che come me qui si sono innamorati di queste latitudini, di questo mondo forse per certi aspetti ostico ed incomprensibile eppure affascinante, ricco,capace di farci crescere dentro.
Qui ripasso ogni inverno, tornando dalla Libia, e l’emozione è sempre forte: forse può sembrare un luogo comune, ma in questo caso è certo: il primo amore non si scorda mai…
Itinerari.
Primavera 1996. DJERBA- MEDENIINE- TATAOUINE- CHENINI- GHILANE- DOUZ-TAMERZA- MATMATA – GABES-DJERBA
Estate 1997. TUNISI – TEBOUSOUK – DOUGGA – EL KIEF – METLAOUI – CHEBIKA – TAMERZA – MIDES – NEFTA –HAZOUA – RJIEM MAHAFOUG – SABRIA – DOUZ – BIR SOLTANE – GHILANE – DUIRAT – CHENINI – REMADA – BENIJ KEDDACHE – MATMATA – KAIROUAN – NABEUL – TUNISI
LIBIA
L’immensa, disabitata Libia…
La Libia non è luogo per chi ricerchi villaggi, mercati colorati, oggetti da acquistare.
E’ la regina dei silenzi, delle lunghe traversate in solitaria, dei bivacchi glaciali, delle distese infinite di dune alte come colline, dei reg piatti ed aridi più estesi del nord Africa, secondi solo al Tannezrouft Algerino.
Libia è il sapore dell’avventura, il fascino dell’ignoto. E’ il poter viaggiare per centinaia di chilometri in una direzione senza incontrare villaggi, persone…E’ lo spettacolo della Ramla Zellaf con i suoi 21 specchi d’acqua, caso unico in tutto il Sahara. E’ l’emozione di ritrovarsi faccia a faccia con i segni tangibili dei primi uomini, forse proprio di coloro dai quali, secoli dopo, sarebbe sbocciata la civiltà Egizia, tra i picchi d’Akakus o sulle pareti del Mathendousc…E’ l’immensità dell’Edeyen Murzuq, il più arido deserto del NordAfrica insieme al Tenerè nigerino.
E’ la meraviglia dei prati verdi di Berijui, a sud del Messak Settafet…E’ l’asprezza delle hammada di Tingit, El Homra,Zegher…E’ la lontananza non solo geografica ma psicologica di Kufra, del Tibesti, di Jalo….
E’ la freschezza dei giardini di Gadamesh, ombrosi, silenziosi ed anch’essi deserti, privi delle persone che li renderebbero vivi…
Libia è la fatica di decine e decine di cordoni di dune da superare, la tole ondulè da affrontare, il passaggio d’uscita da trovare… e la gioia di un villaggio dopo giorni di nulla, di un piccolo mercato di cose povere eppur ricche di umanità…
Libia è il bimbo di Agadez che ho incontrato in periferia a Ghat, Libia sono gli immigrati Maliani, Sudanesi,Nigerini venuti qui a cercare fortuna nel “Pese dei Balocchi”, qual è la Libia nei confronti dei confinanti…
Libia sono i Tuareg di Ghat o d’Akakus, e gli haussa imprenditori di Ubari, Serdles, Murzuq…Libia è Sheba, da evitare secondo le Guide per episodi di brigantaggio, dove la gente mi ha aiutato in ogni modo a trarmi d’impaccio nella ricerca di un certo indirizzo…
Libia è il Paese in cui la tua auto è tutto, perché se viaggi solo è lei che fa la differenza tra la vita e la morte. Libia è il Paese in cui un percorso fuori pista non si improvvisa, perché la vastità delle zone spopolate e quindi prive di qualsiasi possibilità di soccorso è incredibile: basti pensare che dei 4 milioni di abitanti circa 3,5 milioni stanno lungo le coste!!!
Libia è il vento che spazza le creste delle dune e ti acceca, o ti accarezza alla sera dopo un giorno rovente passato a stendere piastre…
E Libia è il Paese messo in ginocchio da un occidente filo americano, che ha reso le auto dei catorci ambulanti, ha paralizzato le linee aeree, ma non ha piegato la volontà di un popolo che ha lottato per essere padrone delle risorse naturali della sua terra ed è riuscito ad essere, nonostante la chiusura, il Paese con la migliore scolarità ed il più alto reddito pro capite medio di tutto il Nord Africa.
Libia è il paese disastrato dalla nostra colonizzazione e che eppure accoglie noi italiani come vecchi amici, come coloro che hanno costruito le strade e le case che ora ospitano, nel sud, le guarnigioni libiche…Libia è il Paese delle vestigia di quella colonizzazione, a Bir El Gazeil, a Timenokalin, Murzuq, Kufra e decine di altri luoghi.
Libia è il luogo in cui la sera, a centinaia di km da ogni città ed in ogni direzione, ci si accosta al fuoco del campo con uno spirito diverso, con l’anima aperta, e si parla a lungo con autoctoni che non parlano altra lingua al di fuori dell’arabo o del tamachek, eppure ci si comprende, si diviene amici, si incontrano quotidianità che da straniere divengono nostre, e ci cambiano la vita dall’interno, a partire dalla concezione del tempo, e tutte le cose che si ritenevano importanti divengono superflue, perché tutto è relativo, e la cosa più importante e bella al mondo è l’esserci, il vivere, ed essere lì, accanto a quel fuoco.La Libia è inshallà, è tutto al di fuori del certo, del prestabilito…
Libia è il militare che viene a domandarti il caffè col bicchiere in mano e poi ti porta in cambio le arance che forse sono la sua cena…
Libia sono i posti di blocco nel nulla, come ad Elauen o Awaynat Ouenine, dove il controllo diviene occasione per poter parlare, incontrare qualcuno, e la formalità diventa occasione di socializzazione e festa.
Libia sono i Tebu del Tibesti, con la loro nomea di briganti.Libia è la terra di nessuno tra Tummu e Madama, in Niger. Libia è l’Akakus, lo sconfinare in Tassili, l’impresa di attraversare Murzuq o invece la quiete di Sabrata, con le onde che si infrangono sulle vestigia del porto Romano.
Libia è il richiamo imperativo della sabbia,è, perché negarlo, il piacere infantile di guidare tra le dune, il gioco degli equilibri sui siouf, le discese mozzafiato lungo i pendii a 40°…
Libia è giocare a bocce sulla sabbia al tramonto, o giocare con le coloquinte a baseball…
Libia è un’emozione immensa. E’ tutto questo… e molto di più.
La sabbia è in me…
Itinerari:
inverno 1999: ZWARA – NALUT – GADAMESH – TIN KARTENE –ERG IDEHAN – ERG TITERSINE – SERDELES – IN HANNIA – ERG OUAN KASA.
Inverno 2000: ZWARA – QARYAT- BRAK – MAHAROUGA – RAMLA ZELLAF – GERMA – GHAT – ERG TANNEZOUFT – ERG TAKARKORI – AKAKUS – ERG OUAN KASA – MATHENDOUSC – EDEYEN MURZUQ – GERMA
Inverno 2000: ZWARA – NALUT – DERIJ – HASSI EN NAHAIA – HAMMADA ZEGHER – EDRI – UBARI – TIMENOKALIN – GHADAMESH