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Il “viaggio” di purificazione nell’escatologia Islamica e in occidente

– Posted in: Cultura, Storia

By Marino – al bahary
Originally Posted Wednesday, August 18, 2004

Il “viaggio” di purificazione nell’escatologia Islamica e in occidente

 

Nella idea degli uomini, il “viaggio” può presentare molteplici valenze che variano dal semplice spostamento geografico, in cui i posti sconosciuti possono apportare nuove informazioni al bagaglio culturale personale, sino a significati che giungono alla sfera mistico religiosa, per diventare ricerca in se stessi del Divino. Il viaggio di esplorazione nei territori misteriosi oltre la morte materiale è definito: “viaggio escatologico”.

Tra i viaggi di purificazione nei luoghi considerati Santi, che preludono il viaggio ultimo, nella storia araba ed occidentale vi sono molteplici analogie; per i cristiani, sino al secolo scorso, era Santiago de Compostela, oggi Fatima, Lourds, ed altri minori. Per l’Islâm invece, il viaggio a La Mecca è un percorso geografico ed interiore dal valore fortemente purificatorio, considerato uno dei fondamenti religiosi lungo il quale i simboli terreni si pongono come pioli di una scala in direzione di Dio.

 

Miniatura persiana su cui sono rappresentati l’Arcangelo Gabriele e Maometto in groppa al Burâq

 

In occidente, il viaggio come percorso alla ricerca di Dio attraverso il mondo dell’aldilà è soprattutto presente nell’immaginario collettivo per la straordinaria opera di Dante Alighieri (1265-1321) la Divina Commedia. Un viaggio escatologico descritto in una forma di altissima poesia dai valori simbolici universali. Un percorso in cui Dante propone il viaggio come ritorno nel luogo da cui ogni cosa proviene, passando per luoghi di dannazione perpetua delle anime, attraverso il Purgatorio sino al Paradiso; in un gioco di richiami ed allegorie su fatti e personaggi storici, in cui la metafora, l’allusione e la sintesi poetica si compongono in una eccezionale architettura, in un insieme intrigante e sublime e teso nello sforzo mistico di giungere fino Dio per estinguersi in esso (“indiarsi”).

 

L’escatologia islamica è una probabile fonte alla cui acqua anche Dante Alighieri si è abbeverato?

Il misterioso viaggio dantesco, esplorato per lunghi secoli da attenti specialisti occidentali, sembrava rivelato e le parti oscure, poste sotto il ” velame delli versi strani” venivano sovente interpretate come esercitazioni “ludiche” di tipo linguistico poetico. Tutto questo sino al 1919 quando M.A. Palacios, noto studioso spagnolo, enunciava l’illuminazione che doveva guidarlo nei suoi lunghi ed approfonditi studi sui rapporti fra Dante e la tradizione islamica.

“…la leggenda musulmana mi si presentava così all’improvviso, come uno dei precursori della Divina Commedia…”

( M.A. Palacios)

La sua esplorazione nella letteratura islamica precedente a Dante però veniva volutamente ignorata dalla critica ufficiale (il testo di M.A. Palacios sarà pubblicato in Italia soltanto nel 1994); Dante continuava ad essere presentato come l’erede del mondo classico e del mondo cristiano, colui che , dopo Enea e dopo Paolo, aveva avuto il privilegio di salire fino a Dio.

Due autori di cultura islamica sono tra gli altri più significativi in questo dibattuto ed attualissimo argomento: As Sanâ´i, che compose in lingua persiana il poema mistico” Il viaggio nel regno del ritorno”, e il mistico Ibn ´Arabi (1165-.1240), autore de: ” Il viaggio notturno alla più alta dimora”. I due autori raccontano il loro viaggio mistico nei regni dell’aldilà, fino “alla dimora più vicina a Dio”. Questi due poemi, nel loro linguaggio esoterico permeato di simbolismi e allegorie mistiche, si sviluppano negli ambienti del sufismo e del marabutismo, per poi diffondersi nella religiosità popolare. Questi racconti prendono spunto da alcuni passi coranici: ” Isrâ” e “Al mi’rag” e dalla tradizione (ahdit) in cui è descritto il “viaggio di Muhammad (Maometto).Costui, una notte fu condotto fino al tempio di Gerusalemme e ascese fino al settimo cielo accompagnato dall’Arcangelo Gabriele, cavalcando una simbolica creatura un po’ donna un po’ animale, dagli eccezionali poteri, di nome Burâq. In questo viaggio mistico nel regno d’oltretomba, il Profeta dell’Islâm passa per l’inferno, dove emergono somiglianze fra la topografia dei luoghi, gli abitanti, i premi e le pene ritrovati poi nell’Inferno, nel Purgatorio e nel Paradiso danteschi.

Al Burâq: il suo nome deriva da barîq ( splendore).

E’ una creatura dalle forme fantastiche e nella tradizione viene descritta con viso da donna, zampe da cammello, zoccoli e coda di bovino ed al posto del cuore un rosso rubino.

La sua falcata volante è ampia “quanto uno sguardo”.

al Hadît: sono i detti del Profeta che nel corso storico sono stati esaminati da profondi conoscitori dell’Islâm per approvarne l’autenticità. Essi formano con il Corano la guida sulla quale la tradizione musulmana cammina.

Come per la Divina Commedia, questi racconti fecero fiorire una notevole produzione iconografica di artisti islamici, soprattutto Persiani con opere di grande pregio e miniature che oggi si possono trovare nei più importanti musei del mondo.

 

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