By Marino Zecchini
Originally Posted Monday, November 12, 2007
I MERCATI DEL DESERTO NEL SUD TUNISIA
In tutti i paesi del deserto il mercato prima ancora di essere un punto commerciale è il luogo in cui gli abitanti della regione fanno riferimento per lo svolgersi della vita sociale. È d’uso tra i beduini considerare il sûq (mercato) il miglior posto per incontrarsi, per parlare degli avvenimenti recenti, degli interessi familiari ed economici.
È nel sûq che il più delle volte nascono proposte per nuovi matrimoni tra i vecchi “pater familias”, negli incontri si contrattano appezzamenti di terreno, si diffondono le notizie di maggior importanza attraverso uno stretto giro di voci che mediante il passa parola arrivano sino alle zone più lontane.
Gli allevatori si incontrano non solo per stipulare atti di compravendita, ma anche per discutere problemi sanitari e zootecnici, per informarsi vicendevolmente degli spostamenti transumanti e per promuovere progetti di eventuali ampliamenti o riduzioni del loro patrimonio animale.
Il sûq è la cassa di risonanza delle notizie e degli avvenimenti politici; è inteso come piazza, da cui partono le istanze di libertà del popolo. Il sûq delle zone desertiche dove la società beduina e le tradizioni antiche sono più che altrove rimaste inalterate è un ambiente caratterizzato quasi dalla esclusiva presenza maschile e in un certo senso è vietato alle donne, salvo qualche anziana beduina e le inconsapevoli turiste. L’idea di una passerella di donne locali nel sûq è impensabile: sarebbe certamente deplorevole o poco seria quella donna disposta a sottoporsi agli sguardi delle migliaia di maschi frequentatori del mercato; differente è il giudizio nei confronti di una straniera, tollerata per la sua ignoranza della cultura locale.
Persino gli acquisti sono normalmente fatti dagli uomini, non solo per quei prodotti di pertinenza maschile ma anche per i tessuti, i cosmetici e tutti gli altri generi destinati ad un uso esclusivamente femminile.
Gli uomini acquistano dunque i drappi dai fili dorati e argentati da cui le donne ricaveranno la futa (abito femminile), le erbe cosmetiche come l’henna o il kohl; adempiono insomma alle indicazioni impartitegli dalle loro mogli, costituendo al fine un ulteriore ostacolo alla libera circolazione delle donne nel mercato. Ma la gente del deserto deve obbedire alle regole dell’antica morale, pena il decadimento di quelle tradizioni che costituiscono il nucleo portante della società beduina.
Nel sud tunisino vi è per ogni mercato di paese un giorno fisso nella settimana, durante il quale si svolge in luoghi predisposti la vendita delle merci e degli animali.
Nelle botteghe e nei punti di vendita all’aperto non c’è alcuna specializzazione per ciò che riguarda la tipologia delle merci, ma i differenti prodotti sono venduti insieme, nell’intenzione del mercante di accontentare tutte le esigenze del cliente, tanto che gli alimenti sono a volte esposti e venduti con abiti o utensili di ogni sorta. Interessante è anche un tipo di commercio abbastanza diffuso, che consiste nell’acquisto e nella vendita di prodotti senza alcuna condizione di categoria praticato da un tipo di commerciante che acquista un po’ ovunque la merce, secondo la propria convenienza e senza un ordine merceologico e la trasporta nei sûq, vicini e lontani, nell’intento di effettuarne la vendita all’ingrosso, sperando di fare guadagni. I prodotti così acquistati vengono venduti sia alle botteghe che ai piccoli mercanti dei sûq, non trascurando l’eventualità della vendita al dettaglio.
La differenziazione merceologica sui banchi di vendita segue in buona misura le produzioni stagionali, come i datteri, l’olio, i cereali, la lana e gli animali giovani, i cui prezzi variano secondo i periodi per l’alternanza della abbondanza o scarsità del prodotto.
Nella maggior parte dei casi, il beduino deve contare sulle proprie capacità pratiche per costruirsi ciò che gli abbisogna per la vita nel deserto: i capi di abbigliamento, le attrezzature per la pastorizia, i contenitori per l’acqua ed il latte, la tenda e molti altri oggetti sono fabbricati da lui stesso o dai componenti della sua famiglia, secondo la tradizione e la consueta distribuzione dei compiti tra l’uomo e la donna.
In questo mondo saharawy dunque, dove gli oggetti sono in gran parte costruiti dallo stesso fruitore, le iniziative artigiane di tipo produttivo e commerciale non possono prosperare se non per coprire le necessità del mercato turistico che, comunque, non appare ancora sufficientemente remunerativo per creare un vero e diffuso sviluppo e rimane per questo concentrato negli interessi di pochi. Alcuni rari esempi di spinta produttiva sono rilevabili nell’artigianato del tappeto, di cui fa esempio la cooperativa di ‘Udref, un paese di circa 10.000 persone, di cui 2.500 sono donne consociate nell’impresa che nelle proprie case producono i conosciutissimi merghum commercializzati dalla cooperativa in tutta la Tunisia ed all’estero.
Un altro tipo di artigianato si è sviluppato alcuni decenni or sono nel villaggio di Douz e consiste nella produzione di originalissime calzature sahariane. A Douz le piccole botteghe di ciabattini sono numerose, tanto che il visitatore non può fare a meno di notarle, in ogni angolo e nei luoghi più impensati ecco un artigiano di bolgha (tipiche calzature). Prima del 1950 queste calzature venivano prodotte con la medesima forma di quelle attuali, ma la loro fattura era assai scadente: la suola di gomma, la tomaia di pelle sfoderata, mal tagliate ed altrettanto mal rifinite. Ancora oggi è possibile trovare esemplari di questo genere nei sûq per pochi dinari. Fu un beduino di Douz, di nome Muhammad bel Haj Ibrahim negli anni precedenti alla liberazione dai francesi (1950-1962) che, dopo essere emigrato a Misurata e aver imparato l’arte di ciabattino, ritornato a Douz iniziò a produrre le scarpe di nuova fattura: ricamate, foderate e ben rifinite. Alla gente del luogo piacque la novità tripolitana e gli affari di Muhammad andarono bene. Il suo laboratorio si trasformò in breve in una piccola fabbrica, dove lavoravano venti persone. In seguito l’impresa si sciolse per mancanza di mercato, ma molti giovani, che avevano acquisito le capacità artigianali del maestro, seppero individualmente sfruttare l’occasione. Oggi a Douz una ventina di piccoli laboratori producono balgha saharawya calzature sahariane e diversi giovani apprendisti stanno imparando quell’arte. Potremmo dunque dire che Douz è un villaggio di agricoltori, pastori e ciabattini del deserto.
Fra tutti i villaggi del sud tunisino Douz si contraddistingue per essere il centro sahariano più importante, tanto che il sûq, che ha luogo tutti i giovedì, è il più importante e frequentato del territorio. Già dalla sera del martedì alcuni mercanti occupano il loro posto sulla piazza del mercato ed il giorno seguente si concludono gli arrivi e l’esposizione delle mercanzie dentro e fuori il quadrato della piazza. Durante la notte del mercoledì i mercanti, giunti anche da lontano, bivaccano un po’ ovunque, bevono the e discutono dei loro affari, poi si coricano vicino alle proprie merci in attesa dell’alba. Dopo la preghiera del fejr (preghiera effettuata nel momento in cui la luce solare rompe le tenebre della notte) iniziano le vendite e tutto il sûq si anima.
Dentro la piazza gli incontri tra parenti o semplici conoscenti si svolgono secondo i canoni tradizionali: i baci di saluto, gli abbracci accompagnati dalle frasi rituali.
La nota enfatica dell’eloquenza araba si evidenzia anche nei formali saluti che il popolo beduino usa tuttora scambiarsi. Rispetto e dolcezza accompagnano sempre il dialogo ed i baci di saluto si accompagnano a contemporanee strette di mano.
Di seguito un esempio tradotto in lingua italiana dei saluti di due anziani beduini
che si incontrano al mercato
1) Sid l’Hedy (sedentario di Douz)
2) Sid Bel Qassem (nomade Marzughi)
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1) La pace su di Voi
2) La pace e la misericordia
1) Con la salute, come stai?
2) Allah sia lodato, chiedo solo, come state Voi?
1) Come sta’ tutta la vostra famiglia?
2) Non male, però il raccolto è deludente da noi. Speriamo che Allah abbia presto pietà di noi
1) Che dalla tua bocca arrivi Dio
2) Però hanno detto che da voi la campagna va bene
1) Si, è più benedetta dell’ultimo raccolto
2) Avant’ieri è passato da noi Hamed bu Sfar, proveniente da Ghed Saim. La sua famiglia è ferma presso Bir Zumit
1) Speriamo che Allah abbia pietà di noi per tutto il raccolto
2) Suvvia, nella protezione di Allah e salutami la famiglia, insˇ Allah (se Allah lo vorrà)
1) Allah è il più potente per il bene, arrivederci in un giorno benedetto
2) Che questo giorno sia per te datteri e latte
1) Ora vai nella protezione (di Allah), salutami tuo fratello e la sua vecchia moglie, i tuoi figli e tutti quelli che chiedono di noi.
Marino Alberto Zecchini