By Luciano Pieri
Originally Posted Tuesday, June 5, 2012
GHANA-BENIN – Dal regno degli Ashanti al regno del Dahomey
Lo stato del Ghana si affaccia sul Golfo di Guinea e da qui ha inizio un grande viaggio che, attraversando il regno degli Ashanti, ci porta ad un altro grande regno, il Dahomey.
Era il 1482 ed i portoghesi arrivarono su queste coste e come primo logico atto, fondarono a picco sulla scogliera un castello, che sarebbe servito come base di appoggio per le loro navi, e lo intitolarono a San Giorgio da Mina.
Questa denominazione, col passare degli anni, si contrasse fino a diventare l’attuale Elmina, nome terribile, evocatore di inumani commerci di schiavi, di soprusi orrendi che dimostrano dove la crudeltà dell’uomo può giungere.
Elmina nel 1637 passò agli olandesi che a maggior difesa del castello portoghese costruirono a poca distanza la fortezza di san Jago.
Successivamente si affiancarono gli inglesi, i danesi, gli svedesi, i brandeburghesi, e tutti, prima depredarono in ogni maniera gli Ashanti dell’oro che estraevano in abbondanza dalle ricche miniere della regione interna dell’Alto Volta, poi verso la fine del XVII° secolo, parteciparono alla sconsiderata attività del commercio degli schiavi che unitamente definirono “lecita e morale”.
Gli schiavi negri venivano razziati da altri negri in terribili guerre che si scatenavano di continuo fra le molteplici etnie ognuna alla ricerca della supremazia in queste regioni, poi portati sulla costa venivano venduti agli europei per essere destinati alle americhe.
Nel 1872 il complesso di Elmina venne ceduto agli inglesi che iniziarono la loro colonizzazione di questa parte d’Africa dandogli il nome di Costa d’Oro.
Attualmente gli Ashanti sono rimasti l’etnia dominante e più ricca in Ghana, anche grazie a Kwame Nkrumasi.
Questo signore, che aveva studiato in college americani e poi inglesi, dopo la seconda guerra mondiale, fondò nella colonia inglese un partito politico, il CPP (convention people’s party).
Con una intelligente attività politica costrinse gli inglesi a concedere l’indipendenza, nel 1957, a questa loro colonia che ritornò a prendere il nome dell’antico, grande impero del Ghana che fino al XII° sec. era situato nel nord-ovest africano e comprendeva l’attuale Senegal, Mauritania e buona parte del Malì.
Era l’impero dell’oro e gli attuali Ashanti, eredi diretti di queste antiche popolazioni, hanno ancora il culto per questo metallo.
Il loro re più importante, con palazzo e corte a Kumasi capitale storica e morale del paese, periodicamente indice feste e raduni per i piccoli ras locali e in questi momenti vengono sfoggiati pesanti e ricchi monili d’oro.
L’ultima città a nord è Wa importante tappa sull’antica pista carovaniera che costeggia il confine del Burkina Faso.
Il re locale, wa-na, riceve nella sua casa i viaggiatori che transitano da lì ed è buona norma di cortesia, portargli in omaggio alcune bottiglie di liquore di canna che lui gradisce moltissimo.
Attraversando poi il fiume Volta Nero, si lascia il territorio degli Ashanti per addentrarci nel territorio dei Lobi.
Questa popolazione differisce moltissimo dalla precedente, sono più bassi, più tarchiati e girano seminudi.
Vivono in case fortificate fatte di argilla, simili a piccoli castelli distanti uno dall’altro un tiro di freccia, per un motivo difensivo, in caso di attacco nemico possono colpire chi tenta di invaderli, senza colpirsi reciprocamente.
Le donne portano caratteristici piattelli di osso inseriti sopra il labbro superiore o sotto l’inferiore e anche se il padre è il capo assoluto della famiglia, le donne sono l’anima della casa.
Quando esse muoiono vengono seppellite nel pavimento del cortile interno dell’abitazione mentre agli uomini vengono fatte delle tombe a fiasco fuori dal recinto e seppelliti in posizione fetale.
Dopo i Lobi è un susseguirsi di etnie diverse: Kasson, Fra-fra, Gurunsi.
Le case sono belle, particolarmente rifinite con una cura maniacale e decorate con disegni geometrici bianchi, neri, rossi e ocra.
Gli stessi disegni che si vedono sulle case, si vedono anche sui corpi, sui visi, sui petti dei giovani uomini, fatti a mezzo di piccole cicatrici li trasformano in quadri viventi.
Si entra nel territorio dei Talensi, animisti che vivono su un selvaggio altipiano riuniti in clan, in tipiche abitazioni fortificate.
Qui, in una profonda scanalatura della montagna più alta della zona, si può fare visita all’oracolo di Tongo.
E’ un vecchio molto venerato che riceve i suoi credenti dispensando previsioni sul futuro e consigli pratici, rimanendo sempre nella grotta davanti ad una macchia d’umido sulla parete, che ricorda il viso di uno spirito.
Attraversando poi il territorio dei Somba, corpi statuari completamente nudi a parte un piccolissimo perizoma e il territorio dei Taneka, gruppo etnico che ha conservato intatti antichi rituali di iniziazione, si entra nello stato del Benin, il nuovo nome dato all’antico regno del Dahomey.
Il Benin è piccolo, largo circa 120 chilometri e lungo circa 650 chilometri, ma detiene alcuni primati; nel passato quello del maggior numero di schiavi catturati e venduti ai trafficanti per essere trasferiti nelle americhe, nel presente è il terzo stato africano come numero di colpi di stato, bisogna aggiungere tutti incruenti.
Essendo nato nel Benin, il Vudù da qui fu esportato dagli schiavi nelle Antille e nel Brasile.
Il culto del Vudù, religione dai caratteri fortemente esoterici estrapolati dall’animismo, è una delle più antiche credenze.
Conta circa 600 milioni di fedeli, non è come erroneamente si può credere una magia nera ed ha un corpus di dottrine morali e sociali ed una complessa teologia.
L’adorazione degli spiriti vudù, i feticci, trae le proprie origini dalla credenza che Dio abbia creato centinaia di spiriti con poteri soprannaturali in grado di intervenire nella vita degli uomini.
E’ affascinante assistere ai riti vudù, sia che si tratti di semplici offerte fatte da singoli individui ad un feticcio o di complesse danze rituali di gruppo.
Fino a cento anni fa, prima della colonizzazione francese, il Dahomey era retto da sanguinari sovrani assoluti che da sempre avevano un solo impegno: quello di lasciare alla loro morte un regno più grande di quello che avevano ricevuto dal loro predecessore.
Questo significava guerre continue con i vicini, prigionieri da vendere come schiavi, morti ai quali, ultimo atto, tagliare la testa come trofeo.
Il palazzo reale di Abomey, ancora esistente, ha nel cortile grandi tombe dei re ed un tempio, il tutto costruito con un impasto di argilla, polvere d’oro e sangue umano.
Il Benin è per il viaggiatore curioso molto interessante, ci sono cittadine particolari come Ganviè completamente costruita su palafitte al centro del lago di Nokwè o riti religiosi che non si trovano in alcuna altra parte dell’Africa.
Il nostro viaggio potrebbe concludersi in un mercato dei feticci dove è possibile acquistare dalle pozioni magiche, agli oggetti religiosi, alle ali di pipistrello, ai testicoli di scimmia, tutto estremamente sorprendente.
foto e testo di Luciano Pieri