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Evocando il deserto di casa mia

– Posted in: Cultura, Fuori rotta

Originally Posted Wednesday, March 4, 2009

EVOCANDO IL DESERTO DI CASA MIA

“dedicato ad Alberta”

Questo è il ricordo dei passi di un viaggio di dolore e di speranza, di un cammino compiuto in cui ogni tappa ogni incontro ogni avvenimento è scritto per il recupero di passi dimenticati, dimenticati dall’inizio del mondo, passi di un Adamo perfetto, passi di uomo di pace assoluta vissuto in sublime armonia nell’oasi del terrestre paradiso. Nato, creato poi evoluto, poi caduto come l’angelo di luce nell’inferno d’oggi, caduto in rovina tra guerre e strazianti delitti. Homo Erectus , Homo Sapiens, Homo Proficuus, Homo Degenaratus

Poi, percorso sfilante nei millenni di epoche trascorse alla ricerca di quella perfezione smarrita. Cammino di riconquista di una realtà perduta nel continuo tentativo di riparare l’errore di dio. Passi che lasciano orme sulla sabbia nel deserto dei mille deserti. Cammino, esperienza vissuta nel nulla, che inciampa nelle umane ed inutili regole, in leggi inventate dall’uomo demonio per ingabbiare l’essere umano. Visione di un mondo senza orizzonti, dove la luce distrugge ogni cosa, polverizzando in miraggi tremolanti tutte le certezze. Lungo questo cammino mi ha ucciso una vena scoppiata mentre il sangue scorreva come un fiume alla ricerca del suo mare, anch’esso nell’ansia di ricomporsi in perfezione perduta sulle piste sconosciute di deserti interiori e reali.

Liquido e rosso essenza d’energia, esplosa e riflessa in un prisma scomposta in frammenti di luce lanciati in ogni direzione, lontano…divisi e perduti soffrono la nostalgia del ricordo dal cuore da cui sono partiti. Deserto, patria mobile di frammenti di specchio, luogo di solitudine, terra di civiltà nomade, sigillo di misteri reconditi. Deserto percorso, deserto pensato, deserto scritto. Mi sono abbeverato alla sorgente dei pensieri ingannevoli ed ho inondato la mia anima fino allo scoppio del cuore. Salvato dalla mammella di una cammella da cui ho succhiato il latte più amaro in una notte di bivacco all’ospedale dei cuori spezzati. Una notte trascorsa nella somma di tutti i deserti attraversati. Poi il lamento…lotte notturne con ciclopi e fantasmi seduti sul mio petto mi toglievano senza alcun sforzo l’aria dalla bocca.

Nomade tra i nomadi, la mia vita ritmata da un bivacco all’altro cammino con impresso un tatuaggio su cui vi è scritto “alla ricerca d’amore” per dare senso al mio cammino. Il deserto pervade la mia vita ed anche la struttura delle mie strampalate composizioni. Ripercorro in ricordo il deserto biblico incontrando Mosè con il suo magico bastone, Erodoto il pagano greco e Gesù tentato dal demonio. Tutti si confrontano con la prova dell’ignoto e del mistero attraverso la sfida che divampa tra l’immensità della natura e la città degli uomini. Nel tentativo di popolare il vuoto. Di esportare là dov’è il nulla un ombra d’umanità. Per riempire lo smarrimento dell’incerto, scongiurandolo con il pieno, fossanche di sole idee. Vuoto, infinito dalle proporzioni disumane, mi trovo allucinato e perso senza possibilità di un ritorno.

Cammino immobile e dolorante in un deserto di lenzuola bianche, oltre i confini del sapere, nello spazio della ricerca mistica sempre nemica del mondo opulento e corrotto nel tentativo di lenire il dolore. Cerco lo spazio elettivo dove realizzare la fuga mundi dalle dispute sguaiate dei polemisti e dai pericoli teologici dei filosofi televisivi sempre presenti ed invasivi. Cerco il luogo degli ultimi rifugiati che vogliono sfuggire alle persecuzioni medianiche, piste dove incontro gli amati e gli amici, trovo anche gli spiriti di Charles de Foucault e Théodore Monod ancora modelli di riferimento per il 21° secolo, bussole per non smarrirsi rinnovano quotidianamente quella purezza che si è assentata dal mondo insieme con il tramonto degli ideali. Purezza cercata ogni giorno nella luce dell’”Alba” dove ritrovo la pista verso la gioia e l’euforia, vino e zucchero inebriante, apparizione inattesa dell’oasi che diventa subito paradiso terrestre. Atomo vivente in una nuvola di polvere. Fonte dal potere taumaturgico, lavacro di tutti i mali e dei pensieri negativi. Punto energico, centro isolato nell’immensità del nulla che attira inghiotte e seppellisce gli elementi e i punti di riferimento per restituirli nella cordialità di un incontro d’amore. Come una madre, una donna che accoglie, calda e amorevole, occasione edipica in cui l’incesto diventa bramosia da soddisfare. Punto del mutamento e fulcro per la rappresentazione del mondo. Terra Madre, venere primordiale, dispositivo di conversione dal deserto assoluto alla fertile terra dell’oasi, in equilibrio del sogno biologico di un “Alba” erta che all’orizzonte dissolve la notte. Mi perdo quando l’immaginazione si fa creazione attraverso il verbalizzare delle idee.

Sconfinamento dei tracciati e fuoripista, obbligo e trasgressione di un etica che non mi appartiene come il caos di un deserto pietroso che invade l’armonia dell’oasi. Spazio amato che si fa anima in cui non si trova lo scompiglio del mondo. Nido definitivo, multiplo, gestazione continua dell’amore, ispiratrice di forze rigeneranti e propositive nella lingua madre per la comprensione del reale.

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