E perché no! Ad un certo punto della mia vita mi sono detta: perché non provare? E così trascinata dall’entusiasmo di altri 5 appassionati ho accettato un’esperienza diversa: Il deserto del Sahara libico. Lasciata la famiglia, siamo partiti con tre fuoristrada per un’avventura per i più da pazzi, dove l’itinerario era solo dei punti sulla cartina in mezzo all’immensità del deserto. La prima sensazione è stata il freddo! Sembra impossibile ma è stato proprio così: tanto freddo nella notte africana! Il gelo sulla tenda che mi ha fatto pensare, non posso affrontare tre settimane così! Ma ormai il gioco è cominciato è bisogna andare avanti. E davanti a me è iniziata la distesa immensa e durissima del pistone che da Derj ci porta ad Idrj.
Avevo deciso per prima cosa di fare tappa al desert club, Tiziano non lo riteneva fondamentale, io ero quasi certo di trovarvi qualcuno orientato a fare la nostra medesima strada.Li incontriamo sulla strada per il campeggio, padre, figlio e un 110 verdone metallizzato che il mio povero birillo sicuramente invidiava per la vernice ancora scintillante. Ceniamo assieme e al momento della grappa mi accorgo di aver cambiato itinerario e tempistica pur di fare qualche giro assieme a questi due. Milanesi entrambe. Uno, a tratti padre a tratti paracadutista, genitore di un figlio, l’altro, più introspettivo che paracadutista. Li arruoliamo.
E’ strano come certe cose pensate ed agognate per tanto tempo possono procurare, nel lasso di tempo imminente alla partenza, la sensazione che non andrà come previsto. Infatti questo viaggio è stato molto diverso da quello che si pensava di fare. Ho voluto segnare l’inizio del racconto sulla differenza fra il pensato e il fatto, che spesso lascia l’amaro in bocca. Diventa questa l’occasione per ripensare al motivo che spinge a viaggiare ed all’aspettativa che si crea intorno a quello che si farà. L’anima del viaggiatore si svolge sul tracciato delle sensazioni umane che ti accompagnano per tutto il viaggio, la misura del risultato finale appartiene al turista ed allo sportivo.
L’umiltà è l’approccio corretto perché è bene ricordare che il deserto perdona chi è capace di adattarsi e di rinunciare.
Dopo tante sere passate a raccontarci cosa sarebbe potuto accadere durante il viaggio che da Boves ci avrebbe portato in Mali, finalmente alle ore 1.15 del 22 febbraio il gruppo di Totem e Tabù lasciava Piazza Borelli per dar inizio ad una nuova avventura. Il progetto di Renzo di partire con delle vecchie “bagnole” si era concretizzato e l’emozione della partenza ci avrebbe accompagnato per tutta la notte. In 36 ore attraversiamo Francia e Spagna per raggiungere le altre due vetture partite un giorno prima. Alle 18 di sabato ecco affiancati i nostri cavalli meccanici che ci accompagneranno per tanti chilometri in terra d’Africa. Il Ford Transit diventato per l’occasione la “chioccia”, il Peugeot 505 “Le Lion” pronto a ruggire al deserto, la Renault 21 con paio di sci sul tettino ed un paracadute nel baule, la Ford Sierra immacolata come appena uscita dalla catena di montaggio e lei, la mitica Panda 30 pronta a mordere l’asfalto marocchino per poi galleggiare sulla sabbia della Mauritania e arrivare trionfante nella coloratissima Africa nera. Dopo 35 minuti di navigazione tocchiamo terra, l’Africa è lì, ci aspetta. Espletiamo abbastanza velocemente le formalità doganali di Ceuta, e nel buio della notte ci dirigiamo verso Tetouan dove pernotteremo.
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Siamo partiti ieri mattina da Tazerbu attraversando una serie infinita di cordoni di dune “a dorso di balena” divertenti come le montagne russe ; abbiamo sostato a Buzaymah , un’oasi abbandonata a causa della forte salinita’ dell’acqua.In vista di Rabianah lanciamo i mezzi sul banco di sabbia, siamo in 4/5 ridotta.
Il piede e’ teso sull’acceleratore che ormai ha raggiunto il fondo corsa, i poderosi diesel ruggiscono senza dare segni di cedimento
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